Sì, abbiamo parpardellato di nuovo la dottrina di quanto il Brahman sia perfetto, ma non abbiamo risposto alle domande fondamentali:latriplice ha scritto:Stai ripetendo in un'altra salsa quello che già si sapeva. Con qualche imprecisazione però. Il Jiva è quella "parte" del Brahman che ignaro della propria natura (maya) si identifica alla proiezione del corpo sottile sua espressione (mente-ego-intelletto) assumendone il punto di vista e da questa condividendone la parziale visione.
E' da questa prospettiva unilaterale, carente e limitata che ha luogo il sogno...di un ente separato nel mondo che sta cercando una via d'uscita. Ma è solo un malinteso che mantiene la sua valenza finché la si considera reale.
Tuttavia se ne stiamo parlando significa che c'è quell'altra "parte" del Brahman consapevole di tale movimento pensativo-proiettivo, ed il semplice fatto che ne sia consapevole non ne condivide il suo potere seducente. Come vedi il discernimento tra reale ed irreale di Samkara che equivale a moksha (se riconosciuto) è sempre all'opera.
Comunque tutta sta pappardella non potrà mai essere perfettamente accurata perché si sta parlando di un principio non-duale dalla prospettiva e con il linguaggio della dualità (maya-apparenza-esperienza).
E' solo dalla prospettiva della veglia (consapevolezza-Brahman) che puoi affermare di aver sognato (ignoranza-maya). O per assurdo come stai tu stesso stai affermando, di stare sognando.
Sta sereno, è solo una metafora
A) la maya può ripresentarsi dopo che un jiva (con conseguente "senso del me") è dissolto fino alla radice? (Compresi quindi jagat ed Ishvara, che hanno senso di esistere solo con un jiva più o meno esplicitamente manifestato.)
B) ci è chiaro che se la maya si ripresentasse (con eventuale nuovo Jiva e quindi con conseguente "senso del me", e quindi anche con jagat ed Ishvara), si ripresenterà a ME (non importa se è un ME privo di un intrinseco SENSO DEL me), perché io non sono il jiva dissolto (con jagat ed Ishvara), ma sono il Brahman, che sempre permane?
C) la proposta di alcuni maestri di stabilizzarsi (come jivanmukta!!!) in un mondo grossolano, sul sottile o in prakriti, può avere un senso in quest'ottica? (E avrebbe veramente un altro senso, altrimenti?)
Corollario: ero stato chiaro all'inizio: possiamo essere dei provetti Shankara o Buddha parlando del Brahman, ma nei confronti della maya niente intellettualità o rilassatezza: se ci viene da dire che "non esiste", diciamolo SOLO nel momento in cui ci diamo (ad esempio) una coltellata ad una mano (astenersi masochisti): questo, oltre a provarci che non abbiamo ancora "interiorizzato" la formula "non esiste", ci dimostra anche che, nonostante noi si sia il Brahman (uno, sempre indivisibile, senza parti "sveglie" e parti "addormentate"), si può cadere "addormentati" e quindi "sognanti".