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In quello che andrò a descrivere, il lettore è chiamato a porre tutta la sua attenzione su questo punto, non è storia, benché contatti precisi con le discipline storiche ci siano, ma essenzialmente una mitologia. Un insieme di racconti, il cui scopo è anagogico e possono giovare a comprendere e ad orientarsi nel labirintico mondo dell'iniziazione così come, nel XX secolo, si è andata caratterizzando nell'occidente europeo, nell'interrelazione di studiosi, esoteristi, psicoanalisti, iniziati, occultisti, religiosi e pionieri della comparazione fra le religioni su base scientifica.
In occidente mancava, fino al XX secolo, qualcosa che in India, nell'ambito dell'induismo, è rappresentato dal Vedanta Advaita. Una Filosofia e prassi iniziatica che si ponesse come chiave di comprensione, come momento unificante delle varie esperienze del sacro e, non ultimo, come via specifica per la sperimentazione dell'Essere, ovvero, come si dice in seguito all'influsso della metafisica orientale, per la realizzazione del Sè. Benché ogni iniziato, per ciò stesso, ha implicito in sé stesso una simile visione, l'impulso a tentativi di codificazione rigorosa della visione iniziatica in occidente si ebbero, per la prima volta, grazie al Renè Guenon, che per primo inizio a postulare, nell'ambito dell'esoterismo francese, una Tradizione che era la radice e l'origine delle singole tradizioni.


In occidente, nel 1920, Renè Guenon inizia a propugnare che, di là delle singole espressioni storicamente determinate della vita religiosa e iniziatica, c'è una Tradizione che in esse si incarna. Come lo stesso pensiero può essere espresso in diverse lingue pur rimanendo sè medesimo così é per la Verità sacra e le singole espressioni di essa, che appartengono al patrimonio dottrinale, simbolico e rituale delle singole religioni e scuole iniziatiche.  Dopo il Guenon vari sono stati gli studiosi che con maggiore o minore successo hanno dato contributi notevoli per la riscoperta di quello che Raphael ha brillantemente chiamato il tronco dell'Albero delle tradizioni. Personalmente ritengo che il culmine di questo movimento, quello che realmente ha portato a compimento questo compito titanico, sia Raphael in Italia e tutto il gruppo Vidya  che a lui fa riferimento. Medeseimo compito, ma in tonalità diversa, lo ha portato a compimento Beda Griffiths nel Saccidananda Ashram in India del sud.

La Verità, che allo schiudersi dell'occhio della visione appare in tutta la sua semplice evidenza, su cui è stato possibile, in occidente recuperare anche a livello dottrinale una visone corretta dell'essere e del Non-Essere è che: "Esiste un Fondo Comune fra le varie tradizioni sacre, i riti, le dottrine, i simboli e le tecniche ascetiche". Questo Fondo Comune è stato percepito persino nell'ambito di alcuni studiosi "profani" e di orientamento "scientifico" che hanno iniziato a cercare di delimitarlo comparando, da un punto di vista esteriore, le tradizioni religiose dei vari popoli. Per l'iniziato invece questo Fondo Comune emerge nella contemplazione, man mano la sua anima matura, perchè esso si palesa durante il cammino verso la perfezione come Dio. L'unicità di Dio è quello che ci fà vedere, nella diversità, esperienze sacre delle analogie e delle somiglianze sorprendenti, che diventano, con lo schiudersi dell'occhio della visione, identita essenziale.

Una Filosofia che si coniuga a una ascesi che poggia su questa visione essenziale, in occidente, si chiama Tradizione e si pone anche come chiave interpretativa delle varie tradizioni sacre, che nel corso dei millenni si sono susseguite. In oriente, nella filosofia classica indu, questo ruolo lo ha assunto, lo ripetiamo, il Vedanta Advaita che per ciò stesso è vissuto, in occidente, come una delle Metafisiche più pure e ardite e a cui il discepolo della Sagezza viene indirizzato, guidato e iniziato come sicura via per la realizzazione, non di una verità specifica di una tradizione, ma come sentiero per la realizzazione di quel Fondo Comune, della Tradizione in Sé. Questa visione essenziale della Realtà è agevole riscontrarla nelle più profonde esperienze del sacro e costituirsi come la parte più preziosa delle tradizioni sacre di cui costituisce il Cuore e, come tale, la parte irrinunciabile ed essenziale delle tradizioni. Ragion per cui è insegnamento Tradizionale che chi sperimenta il Cuore di una tradizione sperimenta il Cuore della Tradizione stessa che, ripetiamolo, si palesa come Dio o, come dice chi è più inclinato alla Metafisica, l'Assoluto. Nel Vedanta Advaita il Cuore si è espresso come l'identità essenziale fra Brahma e l'Atman, cioè fra l'anima universale e e quella individuale e nella dottrina del Nirguna Brahman.

241-242. Se la sruti con il mantra <<Tat-twam-asi>> (Quello tu sei) enuncia ripetutamente l'Identità completa di Brahman con il Jiva - designati rispettivamente, il primo con <<Quello>> e il secondo con il <<Tu>>, spogliati entrambi degli attributi che normalmente vengono dati loro - occore comprendere che tale Identità deve riferirsi non nel senso letterale - ma nel senso implicito, dato che i due termini sono reciprocamente contradditori e opposti, come lo sono il Sole e la lucciola, il Re e il servitore, l'Oceno e l'onda, il monte Meru e un atono.
(Viveka Cuda Mani di Shankara)

Un'immagine tradizionale offre all'intuizione  la portata del sutra. L'individualita viene paragonata a una brocca e l'Atman  cioè lo Spirito autocosciente che pervade il Cuore spirituale dell'uomo all'aria nella brocca, Brahman,Dio,l'Assoluto è l'aria esterna alla brocca si domanda che differenza c'è fra l'etere che pervade il  vaso e quello in cui è immerso. Sicchè la Realtà principiale dell'uomo è il Vuoto come  un vaso immerso nell'etere o la Pienezza come un vaso immerso nell'oceano. L'Etere onnipervadente in cui i viventi sono immersi e da cui ricevono vita e luce si palesa come pura coscienza, puro essere, pura beatitudine, in sanscrito Saccidananda un composto di tre nomi Sat,Cit,Ananda.

464. Esiste solo Brahman, l'Uno-senza-secondo,l'infinito Brahaman, senza inizio e senza fine,trascendente e senza cambiamento; in lui non vi è traccia di dualità.

465. Esiste solo Brahman,l'Uno senza secondo, la sua natura è <<Sat-cit-ananda>>. Brahman che è esente da ogni attività, in Lui non vi è traccia di dualità.

466. Esiste solo Brahman, l'Uno-senza-secondo, l'Ospite che risiede in ogno cosa. Questo Brahman è omogeneo,infinito, imperituro e onnipresente, in Lui non vi è traccia di dualità.

467. Esiste solo Brahman, l'Uno-senza-secondo; nessun potere può scalzarlo, eliminarlo e neppure afferrarlo, perchè Egli è il sostrato universale che non ha altro sostegno se non sé stesso, in Lui non vi è traccia di dualità.

468. Esiste solo Brahman, l'Uno-senza-secondo, che è aldilà di tutti gli attributi, che non è composto di parti, che è più sottile di ogni possibile sottile, in Lui non vi è traccia di dualità.

469. Esiste solo Brahman, l'Uno-senza-secondo, e la sua  vera natura è incomprensibile [alla mente sensoriale]; non può essere raggiunto né dalla parola né dall'intelletto, in Lui non vi è traccia di dualità.

470. Esiste solo Brahman, l'Uno-senza-secondo, la suprema Realtà autorisplendente, autoesistente, che è Purezza ed Intelligenza assoluta, senza alcun parogone, in Lui non vi è traccia di dualità.
(Viveka Cuda Mani)


Nel Buddismo sia quello indiano che nei suoi sviluppi tibetani questo Cuore è espresso come la Vacuità della realtà ultima del Buddha Shunya. Ma questo vuoto avverte il Bardho Todol non è il vuoto di un non esistente ma il vuoto delle qualificazioni che è pienezza della coscienza, puro essere e su cui il Vedanta Advaita concorda nella dottrina del Nirguna Brahman, cioè della visione di Dio privo di attributi, Coscienza pura, puro Essere e Gioia Assoluta.

"Nobile figlio, (un tale) ascolta: tu stai subendo ora la irradiazione della Chiara Luce di Pura Realtà. Riconoscila, nobile figlio; la tua presente conoscenza in realtà vuota, senza caratteristiche, senza colore, vuota in natura, è la vera realtà, l'universale bontà.

La tua intelligenza, che per sua natura è il vuoto, il quale non deve essere considerato come il vuoto del nulla, ma come l'intelligenza non ostacoltata, brillante, universale e felice, è la coscienza stessa: il Budda universalmente buono.

La tua coscienza non formata in nessuna osa, vuota in verità, è l'intelligenza lieta e brillante, sono inseparabili. la loro unione è il Dharma Kaya: lo stato di perfetta illuminazione.

La tua coscienza brillante, vuota e inseparabile dal Gran Corpo di Splendore, non ha né nascita né morte: è l'immutabile Luce Amitabha Buddha.

Questa conoscenza basta. Riconoscere il vuoto della tua intelligenza come lo stato di Buddha, e considerarlo come la tua coscienza stessa, ciò significa conservarti nello spirito divino del Buddha". (pag 25,26 del Bardo Todol edito dall'Atanor )


Nella tradizione ebraica questo cuore è espresso in modo involuto  in Genesi I

26. Disse Elohîm facciamo l'uomo con la nostra immagine come nostra similitudine abbia dominio sui pesci del mare e gli uccelli del cielo, sulle bestie di tutta la terra e su tutte le creature che sciamano sulla terra.

27. Creo Elohîm l'uomo con la sua immagine, con l'immagine Elohîm lo creò, maschio e femmina li creò.


e in Genesi II

7. Formò Yhvh ElOhîm  l'uomo polvere della terra, soffio nelle sue narici un alito di (nišmat) Vita che divenne per l'uomo anima (nefeš) vivente.

Nella Cabbala Ebraica Il Cuore è espresso come Ain Soph , il Senza- Fine. Quell'Infinito e Assoluto essere che si è contratto in virtù della sua Onnipotenza per fare spazio alla sua opera creativa, il cosmo. Nello spazio che resta dal suo ritrarsi ci ha lasciato, in ricordo della sua pienezza, la fraganza del suo profumo, come di una bottiglia, dice Itsak Lurià, a cui è stato tolto il profumo ma in cui permane l'aroma. In Plotino che raccoglie l'eredità della Sophia ellenica il cuore è l'Uno. Nel cristianesimo si esprime nella identità essenziale fra le tre persone della Trinità e nella identità fra il Padre e il Logos. Giovanni scrive nel suo vangelo al capo XV.

6 Gesù gli disse : io sono la via, la verità e la vita; nessuno viene al Padre se non per mezzo di me.
7 Se m' aveste conosciuto, avreste conosciuto anche mio Padre; e fin da ora lo conoscete, e l'avete veduto.
8 Filippo gli disse: Signore, mostraci il Padre e ci basta.
9 Gesù gli disse: Da tanto tempo sono con voi e tu non m'hai conosciuto, Filippo? Chi ha veduto me, ha veduto il Padre; come mai dici tu: Mostraci il Padre?
10 Non credi tu ch'io sono nel Padre e che il Padre è in me? Le parole che io vi dico, non le dico di mio; ma il Padre che dimora in me, fa le opere sue.
11 Credetemi che io sono nel Padre e che il Padre è in me; se no, credete a cagion di quelle opere stesse.
12 In verità, in verità vi dico che chi crede in me farà anch'egli le opere che fo io; e ne farà di maggiori, perchè io me ne vo al Padre;
13 E quel che chiederete nel mio nome, lo farò; affinchè il Padre sia glorificato nel Figliuolo.
14 Se chiederete qualche cosa nel mio nome, io la farò.
15 Se voi mi amate, osserverete i miei comandamenti.
16 e io pregherò il Padre, ed Egli vi darà un altro consolatore, perchè stia con voi in perpetuo,
17 lo Spirito della verità , che il mondo non può ricevere , perché  non lo vede e non lo conosce. Voi lo conoscete, perchè dimora con voi, e sarà con voi, e sarà in voi.
18 Non vi lascerò orfani; tornerò a voi.
19 Ancora un pò, e il mondo non mi vedrà più; ma voi mi vedrete, perchè io vivo e voi vedrete .
20 in quel giorno conoscerete che io sono nel Padre mio, e voi in me e io in voi.
21 Chi ha i miei comandamenti e li osserva, quello mi ama; e chi mi ama sarà amato dal Padre mio, e io l'amerò e mi manifesterò a lui.


La visione non può essere insegnata ma solo vissuta, le parole non hanno senso se non sono riempite dall'esperienza diretta della realtà che simboleggiano. Questa riscoperta interiore della Realtà divina è così assoluta e coinvolgente che colui che la sperimenta dà l'impulso a una serie di risonanze che possono mutare e indirizzare il mondo circostante lasciando un'Impronta Tipica. Si ha così un duplice movimento interiore ed esteriore. Man mano che ci si spinge nell'interiorità, alla riscoperta di Dio, i conseguimenti spirituali si riflettono all'esterno ordinando la vita in modo conforme e si crea arte, leggi, scienza, costumi  che portano in sé un'eco della visione. Colui che ha sperimentato in una certa misura la visione poi per ciò stesso la trasmette, anche se, apparentemente, non sembra palesarla in modo esplicito.

Questa visione per sua natura è riconosciuta da pochi ed è incarnata da pochissimi . Attorno ad essa si sono poi sviluppate le varie tradizioni sacre presenti nelle varie epoche e civiltà e a una trasmissione che è essenzialmente una rivelazione del Non-Umano, cioè della Divinità al Veggente.  Dice il profeta Isaia "hai schiuso i miei occhi e aperto le mie orecchie e per ciò io posso capire la tua parola, mentre a loro essa è come un libro scritto in una lingua che non conoscono". Si è formata una tradizione umana cioè una trasmissione da maestro a discepolo. Si badi bene la tradizione umana non è sorta solo per scopi puramente didattici ma è sorta perchè partecipiamo realmente alla Divinità e per ciò  partecipiamo  del potere demiurgico di Dio e nel microcosmo man mano che si procede nel cammino di perfezione spontaneamente creiamo e le opere che creiamo, istituzioni sociali, letteratura, arti plastiche, architettura, scoperte scientifiche, hanno un eco in sè della nostra reale natura e la contemplazione di queste opere creative ci può pizzicare quelle corde interiori che di risonanza in risonanza ci fanno fruire della  loro comune Sorgente.

Attualmente l'anima dell'iniziato occidentale vede confluire in sè diverse tradizioni che nel loro reciproco dialogo si stanno fondendo vieppiù. Si può affermare che le correnti fondamentali della spiritualità occidentale sono da un lato l'esperienza della tradizione semita, specificamente ebraica, includendo in essa il cristianesimo primitivo, dall'altro l'esperienza che potremmo chiamare indoeuropea e infine una componente che possiamo chiamare meridionale. E' probabile e anche auspicabile che nell'immediato futuro la nostra esperienza interiore si arricchirà con i resto della spiritualità  africana visto la crescente presenza di popoli le cui radici sono in quel continente, in passo in più per restaurare l'unità della  lingua adamitica che si franse nella diaspora di Babele. Attualmente vediamo queste esperienze dialogare e arricchirsi reciprocamente nella forma del cristianesimo, del Vedanta, sia Shankariano che quello di Madva e Ramanuja, e del Buddhismo. In passato, invece, il dialogo si svolse fra l'ebraismo, i cristiani e quella che possiamo definire l'esperienza della Sophia greca.

Si favoleggia che questo dialogo si possa ricondurre a dei popoli primordiali una, quella degli Iperborei, che risiedeva in quelle che adesso sono regioni del polo nord e un'altra che invece aveva sede all'opposto polo quello meridionale, il sud. Si favoleggia che gli Iperborei in seguito alla glaciazione della loro sede originaria si spostarono in altri luoghi dando origine a nuovi insediamenti uno dei quali fu la leggendaria Atlantide. Si favoleggia che i Cromagnon, uno  dei protouomini popolavano la preistoria, furono i discendenti di questa favolosa razza. Si è voluto identificare, sulla base anche di precisi riferimenti astronomici contenuti nei Veda, questi Iberborei con gli Indoeuropei un popolo che ha una sua precisa collocazione nella "mitologia scientifica". Gli indoeuropei sono una popolazione le cui origini la scienza non ha individuato, ancora, ma che a un certo punto, 1400 ac, ha invaso l'India del nord, l'Iran, la Grecia, l'Europa del nord e per inciso un gruppo di essi ha fondato fra l'alto Tigre e l'Eufrate il regno dei Mitanni. Il ramo di questo popolo che invase l'India si dava il nome di Arya che dovrebbe significare <<persona rispettabile>> e da cui Ariani termine che ebbe  grande fortuna presso i nazisti che la considerarono la razza per eccellenza di cui i tedeschi rappresentavano la quint'essenza. Comunque sia gli Ari, nell'invadere l'india, portarono con Sè, oltre al canglore delle spade e delle lance, una tradizione religiosa che trovò la sua espressione scritta in quella che è la più antica letteratura sacra dell'India i Veda soprattutto nel Rig Veda che sembra riflettere lo strato più antico della letteratura Vedica che proprio per questo dovrebbe contenere gli echi della religiosità propria degli Iperborei e quindi di una religiosità che risale all'alta preistoria. Gli Indoeuropei incontrarono però sui territori che stavano invadendo quella popolazione di origine meridionale, pochissimo conosciuta, che si potrebbe identificare con gli antenati di quella civiltà che è chiamata, dalla paleolinguistica, Subarea che era diffusa in tutto il bacino mediterraneo. In India erano le cosiddette popolazioni pre arie o come lo chiama il Monchanin substrato dravidico. E' interessante notare che gli ebrei, che fanno parte del ceppo Semita, negli stati più arcaici del racconto biblico hanno un rapporto assai conflittuale con gli esponenti di questa religiosità mediterranea o subarea, gli eredi della civiltà del sud. L'origine dei Semiti è incerta la bibbia sembra rinvii all'Armenia poi da li migrarono nella Mesopotamia e in genere nel mediooriente. Sembra che provengano  da siti contigui a quelli degli Indoeuropei. Queste dunque le tre arcaiche correnti che hanno contribuito, reciprocamente fecondandosi e rinnovandosi in sé attraverso l'apporto di veggenti, profeti, santi, a fecondare, dopo un dialogo di un tre o quattromila anni, l'anima dell'occidente.

Pietro Mancuso - Collaboratore Vidya Bharata
Redattore Mountain Path Vers. Italiana

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