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Qualificazioni del discepolo

QUALIFICAZIONI DEL DISCEPOLO


R - Parliamo delle qualificazioni. La prima è l'intensa aspirazione alla Liberazione. Dev'essere così forte da condizionare tutto il patrimonio psichico. Quando il fuoco aspirazionale è portato al giusto sviluppo, allora ogni ostacolo viene bruciato senza difficoltà. La Realizzazione si concede a chi sa amarla. L'asparśa yoga non è per i deboli, per tiepidi o per coloro che vogliono acquisire poteri psichici o virtù missionarie. Se c'è un'ardente sete d'integrale soluzione della problematica esistenziale ad ogni livello e grado, allora si è pronti a percorrere la via senza ritorno.

La seconda qualificazione è quella che consiste nel saper rientrare in se stessi, creando un adeguato raccoglimento interiore suscettibile di ulteriori possibilità.

La terza è saper trovare l'ardire ad essere sordi a tutto ciò che il mondo e la società possono offrire sul piano delle consuetudini, della morale sociale, della letteratura, della politica e di ogni altra espressione che si riferisce alla condizione associativa dell'uomo. In un secondo tempo si può rientrare in tale orbita, ma con la coscienza cambiata.

La quarta riguarda l'istanza di ricerca caratterizzata dalla descriminazione mentale tra reale e non - reale. Ciò implica un'istanza di conoscenza.

La quinta qualificazione è quella di aderire alla Verità percepita.

Per l'asparśa yoga la Realizzazione si assimila alla Verità ultima, alla Realtà. La Liberazione si consegue quando la coscienza si svela quale Realtà; sotto questa prospettiva la conoscenza diventa coscienza. L'amore è verso la Liberazione è quindi amore per la pura Realtà.
In oltre, sarebbe opportuno non porsi problemi di tempo, né pensare che la Realizzazione debba avvenire secondo le proprie preconcette opinioni emotive, né tenere in gran conto la propria educazione culturale-sociale.
Le tue esperienze oniriche sono veramente interessanti. Qualcosa si sta muovendo. L'altro, con cui facevi a pugni, era sempre una parte di te.

A - Da una parte sento un gran bisogno di ritiro, di solitudine, di rientro in me stesso; d'altra scopro un'abitudine che mi costringe ad uscire fuori di me, a trovare contatti, rapporti. Come posso risolvere questa tendenza conflittuale?

R - Ogni qualvolta l'individuo è impegnato in qualche cosa di creativo non può non rientrare in se stesso, perché i veri tesori sono dentro il nostro cuore, non fuori. Ogni ricercatore scientifico, filosofico, religioso, ecc., cerca la solitudine quale fonte di intuizioni e meditazioni.

Quindi, non devi sorprenderti se la tua coscienza vuole immergersi in se te stessa per trovare la giusta posizione di accostamento alla trascendenza. Il fatto che senti un impulso ad uscire fuori di te, significa che in epoche passate hai dato al tuo moto psichico un'accelerazione lungo una linea di comportamento che oggi ti condiziona. Hai parlato di abitudine e condivido il tuo pensiero; nello yoga si parla di forze tamasiche che sono, poi, forze inerziali. Ciò che conta è non distogliere l'attenzione dal tuo moto di "rientro". Ciò che in questo momento ti necessita è la vigilanza. Nella parola vigilanza troverai la chiave del tuo problema, e non solo di quello immediato.

A - Ci sono delle persone che mi tacciano di misantropia e mi accusano di pensare solo a me stesso: questo mi crea un senso di colpa.

R - Fratello mio, abbiamo detto, parlando delle qualificazioni, che devi saper trovare l'ardire di andare controcorrente. Lascia che la gente parli e dica ciò che vuole, ma tu osa raccogliere le tue forze e tira dritto per la tua strada. Guardati, soprattutto, da coloro che potremmo definire sentimentali e da certi tipi intellettuali che ti prospettano il problema dell'estroversione, dell'altruismo, delle opere di beneficenza, e storie di questo genere. Questi tipi, se osservati nei loro inconsci moventi, sono profondamente egoisti e non servono che se stessi. Gli uni non riescono a star soli e fermi e vanno in giro a intromettersi nelle faccende altrui; con la scusa di essere utili soddisfano un loro particolare bisogno di piacere. Non avendo poi le bisacce piene non hanno niente da offrire. Sono dei ciechi che vogliono guidare altri ciechi. Gli altri poggiano e vivono sugli "utenti". Un politico, un certo tipo di letterato, un religioso fanatico, un conferenziere che cosa farebbero senza il pubblico? Un genio di qualunque ordine e grado mira solo a "creare", a portare in manifestazione idee che si trovano allo stato inconscio, mira a trovare la soluzione, del "problema": scientifico, filosofico, poetico, ecc. Un grande artista crea e basta, e capita spesso che neanche lui sa quello che è venuto fuori dalla sua intuizione.

Nei vari campi vi sono due tipi di persone che seguono questo comportamento: l'uno sente istintivamente le inconscie aspettative delle masse e si rivolge ad esse traendone, ovviamente, profitto; l'altro pensa solo a captare la verità universale e a svelarla.
Il primo, diretto al subconscio delle masse, non può costituire il faro e la direzione verso cui queste dovrebbero dirigersi; il secondo è lo svelatore della verità superconscia e perciò l'unico, il vero punto luminoso in grado di guidare e comprendere. Si dice che il genio è sempre un precursore e fuori del tempo perché le sue idee non sono, appunto, della particolare epoca in cui vive; o meglio, non sono comuni a quelle che il pubblico esprime.

Come puoi notare, l'uno si uniforma al desiderio istintuale delle masse, l'altro trascende la visione delle masse. Ma ogni espansione di coscienza è potuta avvenire perché vi sono stati questi grandi geni, in ogni espressione culturale, che, andando contro corrente, e innalzandosi al di sopra del comune, hanno additato una visione nuova e più ampia. Quindi, fuggi come la peste quelle categorie di persone che senza avere vogliono dare, senza amore vogliono amare, senza intelletto vogliono illuminare.

Quasi tutti gli yogi si sono costretti nella solitudine, nella meditazione, nella perseveranza della loro sādhanā e quando, infine, si sono trovati ricolmi di tesori, allora sono usciti dalla loro condizione per dare quello che faticosamente avevano realizzato. Ricorda questo, fratello mio: dalla tua Armonia interiore dipende l'Armonia del mondo esterno. Se tu realizzi la pura Bellezza interiore, la materia intorno a te sarà del pari trasmutata in Bellezza. Dalla perfezione del tuo cuore, dipende la perfezione del tuo ambiente.

A - Comprendo quello che dice e la cosa mi convince. Eppure, sopratutto oggi, tutti i cosiddetti illuminati non fanno che parlare di attivismo verso gli altri, di impegno per risolvere i problemi degli altri, e così via.

R - Solo per poi aggiogarli, sprezzantemente. I gruppi politici, economici, ecc.; non fanno altro che contendersi le masse, il consenso del pubblico un tempo vi sono state dittature che coercivano fisicamente i popoli, oggi le dittature democratiche o popolari coerciscono sopratutto psicologicamente i propri sostenitori, il che risulta estremamente pericoloso e demoniaco.
Occorre che tu esca da quello che la psicologia definisce subconscio collettivo e, mettendoti le ali, voli verso le più alte vette della conoscenza. Vi sono molti che lottano per cambiare le "strutture" sociali, tu devi invece lottare per trasformare le coscienze, ma non puoi farlo fino a quando la tua stessa coscienza non è trasformata.

A - Può darsi che questi atteggiamenti costituiscano l'effetto di un nostro modo di vedere le cose; in altri termini, noi Occidentali che la realtà debba essere sempre all'esterno e per quanto se ne possa conoscere l'infondatezza, tuttavia, incosciamente, ci sentiamo portati a uscire dalla nostra centralità.

 

Tratto da Tat tvam asi, Ed. Asram Vidya, Raphael, pag 93-98

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