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Lo Spazio

Per Newton lo spazio assoluto è reale, e deve considerarsi come il "sensorium" in cui Dio ha la percezione immediata dell'universo materiale. Per il suo seguace Samuel Clarke lo spazio è una conseguenza immediata e necessaria dell'esistenza di Dio, la proprietà di una sostanza incorporea, il posto non solo dei corpi, ma anche delle idee.
«Noi abbiamo delle idee, come quelle di eternità e di immensità», dice Clarke, «idee che ci è assolutamente impossibile distruggere o bandire dal nostro spirito, e che devono perciò essere gli attributi di un essere necessario altamente esistente ... Lo spazio è una proprietà della sostanza che esiste per sè stessa e non una proprietà di qualsiasi altra sostanza. Tutte le altre sostanze sono nello spazio e lo spazio le penetra, ma la sostanza che esiste per se stessa non è nello spazio e non è da esso penetrata. Essa è, per così esprimermi, il "substratum" dello spazio, il fondamento dell'esistenza dello spazio e della durata stessa».
Secondo la dottrina "nativista" (quella che ammette il carattere innato e congenito d'una funzione, d'un organo, d'una qualità), lo spazio è un dato assolutamente "a priori" che noi troviamo nel nostro spirito e che applichiamo alle cose; le sue proprietà essenziali, che sono l'omogeneità, o identità perfetta delle sue parti, la grandezza e la divisibilità illimitata - proprietà per loro natura inafferrabili dall'esperienza - provano che esso é un dato naturale "a priori" del pensiero.
Così per Kant lo spazio è il molteplice "a priori" come forma del senso esterno; ogni rappresentazione di un "di fuori" presuppone, infatti, per base la nozione di spazio. L'originaria rappresentazione dello spazio è necessaria perchè, quantunque si possano astrarre gli oggetti dallo spazio, non si può però mai fare astrazione dallo spazio stesso, ed è la rappresentazione di una quantità infinita, la quale come concetto comprende infinite altre rappresentazioni: è dunque una "visione sintetica a priori" che in sé congiunge la realtà empirica e l'idealità trascendentale.
Per Hegel lo spazio è mera forma, l'astrazione della esteriorità immediata; l'Idea come natura comincia appunto a porsi come l'essere che è esteriormente ed è altro: «La prima e immediata determinazione della natura è l'universalità astratta della sua esteriorità, la cui indifferenza, priva di mediazione, è lo spazio. Lo spazio è la giusta posizione del tutto ideale, perché è l'essere fuori di se stesso, e semplicemente continuo, perchè questa esteriorità è ancora del tutto astratta e non ha in sè alcuna differenza determinata». [ G. F. Hegel: Enciclopedia delle scienze filosofiche in compendio, pag 204 Ed. Laterza ]
Secondo Alexander e C.L. Morgan, «lo spazio-tempo è la matrice del mondo dalla quale sono emerse la materia, la vita, la coscienza e la divinità. Il mondo, come noi lo conosciamo, si è evoluto dallo spazio-tempo originario». [Dagobert D. Runes: Dizionario di filosofia, Mondadori ]
Albert Einstein e Leopold Infeld nel loro libro L'evoluzione della fisica scrivono: «Rammentiamo che la velocità della luce nel vuoto, altrimenti detto etere, è di 300.000 Km circa al secondo, e che la luce è un'onda elettromagnetica propagantesi attraverso l'etere... Prendiamo a considerare un'altra esperienza basata su di un'idea semplicissima. Immaginiamo una ruota che giri molto rapidamente. Secondo la nostra supposizione l'etere viene trascinato dal moto e vi partecipa. Un'onda luminosa transitante vicino alla ruota dovrebbe dunque possedere una velocità differente, secondo che la ruota fosse in moto od in riposo. La velocità della luce dell'etere in riposo dovrebbe essere differente da quella nell'etere trascinato rapidamente dal movimento della ruota, precisamente come la velocità di un'onda sonora differisce secondo che l'aria è calma o che tira vento. Ma nessuna differenza del genere è mai stata constatata. Qualunque sia il lato di approccio della questione e qualunque sia l'esperienza cruciale ideata, il verdetto è sempre contro la supposizione che l'etere venga trascinato dal moto. Pertanto, il risultato delle nostre considerazioni, confermato da numerosi argomenti d'indole tecnica, è:

La velocità della luce non dipende dal moto della sorgente emittente. Non si deve supporre che il corpo in moto trascini l'etere che lo circonda.

Dobbiamo dunque rinunciare all'analogia tra onde sonore e onde luminose e contemplare la seconda possibilità, quella cioè che tutta la materia si muova attraverso l'etere, senza che questo prenda parte al moto. Ciò significa ammettere l'esistenza di un oceano d'etere, nel quale tutti i sistemi di coordinate si trovano immersi, siano essi in riposo o in moto relativamente ad esso». [ Albert Einstein e Leopold Infeld: L'evoluzione della fisica. Boringheri ]
Questa, pur essendo una congettura intuitiva di Einstein, è molto illuminante e significativa.
La Dottrina tradizionale sostiene che prima della formazione degli universi, a qualunque grado di sostanzialità possano trovarsi, esiste una matrice pregenetica chiamata dal Vedānta mūlaprakṛti (radice di prakṛti) da cui ogni cosa, comprese le varie polarità, è emersa; è la χώρα di Platone.
Possiamo dire che prima di ogni manifestazione oggettiva o soggettiva, grossolana, sottile o causale, esiste lo Spazio metafisico, o lo Spazio astratto, rappresentato da ogni Dottrina tradizionale dal cerchio, non come limite chiuso, ma come infinitezza.
Tale spazio però non è l'Assoluto in quanto tale, non è il Nirguṇa, privo cioè di ogni qualificazione, ma è la determinazione pre-causale da cui viene originata l'intera manifestazione. In altri termini, lo Spazio è la determinazione dell'Assoluto il quale, per essere tale, non si esaurisce in esso, ma lo trascende - pur essendo anche in esso immanente.
Così inteso, lo spazio è potenza pura e per il semplice fatto che esso è potenziale, indistinto, indifferenziato e ancora non-qualificato, é il solo principio che possa dirsi inintellegibile, non perchè in esso non possa essere conosciuto, ma perchè in esso non v'è niente in quanto oggetto distinto che possa essere conosciuto.
La materia dei fisici non può essere considerata come spazio essenziale della Dottrina perchè i fisici la suppongono dotata di certe proprietà, proprietà che rappresentano quantità attuali.
La materia dei fisici può considerarsi una materia seconda, mentre quella della Dottrina una materia prima; è la χώρα sovrasensibile di Platone. Lo spazio di cui parliamo non è quindi quello misurabile dalla scienza perchè non ha estensione nè occupa un "posto" correlato ad altro posto o punto spaziale. Il numero e i punti geometrici emergono dallo spazio metafisico, ma essi non sono lo spazio metafisico. Il nostro spazio può essere considerato come non-misurato perchè non ha ancora alcuna possibilità di misurazione. Esso è amātra (privo di misura) secondo la Māṇḍukya Upaniṣad.
Il non-misurato è l'illimitato, origine del finito-misurato e del non-finito senza misura. Questo spazio metafisico é la Tenebra originaria da cui, mediante il Fiat Lux, emerge il manifestato e il non-manifestato principiale o avyakta in termini Vedanta.
Dallo "zero spaziale" metafisico emerge il Punto o il germe di ciò che sarà una manifestazione, l'Uovo d'oro.
Nel simbolismo iniziatico viene difatti rappresentato dal punto entro il cerchio. A sua volta il punto si sdoppia realizzando così la polarità primordiale; il positivo e il negativo emergono dalla Notte primordiale e incominciano a reagire fra loro creando un campo teso. Tale stadio di sviluppo viene rappresentato con una linea orizzontale inscritta nel cerchio.
L'interrelazione dei poli (Puruṣa e Prakṛti; Chokmah e Binah; Padre e Madre) fa emergere un terzo fattore che rappresenta il Verbo, il Logos, l'Idea nella quale tutte le potenzialità della manifestazione sono incluse. Così, lo spazio metafisico è il contenitore di una triade essenziale che rappresenta l'archetipo su cui tutte le cose sono modellate. Possiamo quindi raffigurarci, secondo i vari rami della Tradizione, una serie simbolica di triadi che costituiscono sempre l'archetipo principiale.

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E, a livello dello spazio grossolano fisico:

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Non c'è aspetto della manifestazione che non presenti questi tre fattori; cioé il Punto uno, scindendosi, determina la diade e poi la triade: il figlio del Padre Madre. Anche nel microcosmo-uomo la triade ātmā-ānanda-buddhi (triade essenziale) manifesta il quaternario materiale e spaziale concreto.
Dallo spazio metafisico, entro cui dimora la triade fondamentale o principiale, si scende allo spazio intermedio, proiezione della triade precedente, spazio che rappresenta il piano sottile universale, Hiraṇyagarbha o Uovo cosmico, uovo che, aprendosi, manifesta lo spazio fisico (Virāṭ) in cui si svolgono tutti i fenomeni elettrici. La scienza attualmente è interessata a questo tipo di spazio, misurabile nella sua estensione, triade esclusivamente fisico-grossolana costituita dal protone, neutrone ed elettrone, nelle sue indefinite trasformazioni, interrelazioni e potenzialità. È comunque degno di nota che l'uomo, allo stadio attuale del suo sviluppo, si sia accorto dell'archetipo triadico primario nello spazio fisico o della "massa".
Ma, come abbiamo potuto notare, questa triade materiale di Virāṭ è il riflesso di un riflesso della prima triade. Nella nostra epoca dovremo riconoscere che si é andati al di là da questa triade grossolana, però non tanto da scoprire quella intermedia, che costituisce poi la "psiche universale", e che è di un altro ordine e di un'altra dimensione.
Noi, come esseri empirici, siamo costretti a fermarci a questo tipo di triade fisica, ombra dell'ombra del Reale, perchè per andare oltre occorrerebbe cambiare metodologia e direzione d'indagine.
Diciamo triade atomica perché vogliamo mettere in evidenza solo i tre aspetti essenziali e fondamentali dell'atomo, quale mattone primo dell'edificio o tessuto materiale, senza proporre la "Teoria dei campi".
A questo punto potremmo chiederci: che cosa tiene uniti i tre fattori della triade e le stesse triadi fra loro? Quando, per esempio, l'idrogeno e l'ossigeno si uniscono formando il composto acqua, cos'è che lega queste triadi atomiche fra loro?
La scienza ha scoperto che l'interrelazione fra le varie triadi avviene per certe forze che, secondo il loro livello esplicativo, sono chiamate forze gravitazionali, forze deboli, forze nucleari o forti e forze elettromagnetiche. Quella nucleare, la più potente, agisce all'interno del nucleo atomico legando protoni e neutroni. Pare che i mesoni abbiano una parte rilevante in questo giuoco ma la forza elettromagnetica, cento volte più debole, assicura la coesione dell'atomo legando il complesso elettronico al nucleo. La forza debole agisce nella disintegrazione delle particelle ed è responsabile dei fenomeni radioattivi. La forza gravitazionale, la più debole, può essere trascurata a livello atomico ma diviene più importante col crescere della massa e assicura la coesione del nostro sistema solare.
Si può notare come, con modalità diverse, opera la stessa legge, quella cioè dell'attrazione e della repulsione. Il sole attrae ma anche respinge i pianeti tenendoli a debita distanza. Già Empedocle si poneva questo problema. Nascita e morte, secondo l'Agrigentino, non sono altro che mescolanza e separazione dei quattro elementi fondamentali (ovviamente, non sono quelli del fisico denso). Ma chi spinge gli elementi a unirsi e separarsi reciprocamente? Empedocle risponde: l'Amore e l'Odio concepiti come forze cosmiche, non come qualità morali.
Noi parliamo di questa legge ritenendola capace di "rispondere" o di "non-rispondere". Essa é un effetto del polarismo fondamentale della vita; è una legge sintetica e costante che troviamo su tutti i piani esistenziali. Lo stesso essere umano (composto triadico) potentemente attrae ed è attratto, respinge ed è respinto; in altri termini, è soggetto alla legge polare attrattivo-repulsiva. Dovremmo studiare a fondo quello che comunemente si definisce "desiderio" o meglio "la forza del desiderio".
Notiamo come alcune unità atomiche umane si precipitino verso altre formando una diade. Abbiamo osservato come vi sono esseri potentemente attratti dal mondo individuato, roteano intorno al centro gravitazionale individuato, esperiscono rivoluzioni (rinascite) intorno al potente centro elettromagnetico che è viśva (piano grossolano) oppure tajiasa (piano sottile)?
Ritorniamo al "desiderio"; nel campo umano esso é dunque una forza che impulsa, sospinge, stimola, per cui determina. Questo termine nasconde una modalità operativa della natura, come d'altronde la nascondono gli stessi termini elettricità e polarità.
Dovremmo "osservare" tale moto psichico: cercare la fonte, l'eventuale emergenza e l'ulteriore maturazione. Esso ha le sue leggi e i suoi ritmi. Se non comprendiamo il meccanismo operativo polare in noi, non possiamo risolvere i nostri problemi di crescita. Un mistico è uno sperimentatore.
Nell'ordine universale, la forza di attrazione-repulsione é causa o effetto? È determinante o determinata a sua volta?
La scienza suggerisce che la forza gravitazionale, per esempio, è governata dalla massa, ma questa è anche movimento per cui il moto determina attrazione-repulsione. Anche la carica elettrica positivo-negativa attrae e respinge, però lo stesso elettrone è movimento; se il movimento è causa di molti fenomeni è anche causa di se stesso? In altri termini, il moto è causa ultima del divenire cosmico?
Possiamo dire di no, il moto è un effetto perché è determinato a sua volta. La manifestazione è moto, "moto verso" qualche cosa, ma questo moto non è causa di se stesso. Esso é in polarità con la "quiete". Qual é dunque la sua causa?
La Dottrina ci dice che causa del movimento, a qualunque grado e dimensione possa trovarsi, è il "Soffio", è il "Fuoco". La scienza direbbe: il calore. Ma occorre dire subito che il calore é una particolare manifestazione del Fuoco-Soffio a un determinato livello esistenziale. Ad altri livelli questo può esprimersi in modo del tutto differente, come in effetti avviene. Può esserci un Fuoco che non riscalda e non brucia perchè non ci riferiamo al fuoco che generalmente conosciamo. Il fuoco fisico, ripetiamolo, è una delle possibili modalità del Fuoco universale. Occorre tener presente che una legge non è uguale per tutte le coordinate esistenziali. Per esempio, la legge di gravitazione dei corpi (massa) non è valida nell'infinitesimo piccolo. Alcune leggi della meccanica classica non hanno rispondenza nel campo subatomico.
Dunque, il Soffio-Fuoco è la causa del movimento che, a sua volta, determina leggi e comportamenti.
Da quanto abbiamo esposto possiamo quindi avere questa triplice espressione:

1. Soffio-Fuoco
2. Moto
3. Forze interagenti (quelle che abbiamo enunciato e quelle ancora da scoprire).

Comunque, questi non sono altro che tre aspetti di una stessa Realtà; un'unità trina che soltanto la mente empirica può separare in assoluto. Anche in Alchimia si afferma: il fuoco anima, la materia sostiene, la forma fissa. Dall'unione di Zolfo e Mercurio nasce il frutto che assume il nome di Sale.
Abbiamo parlato di "Spazio metafisico", che rappresenta la circonferenza senza limiti entro cui il fuoco è acceso, il moto originato e le forze interagenti azionate. Il tutto determina oggettivazione, manifestazione, forma. Se lo spazio é la prima determinazione dell'Essere, e il Soffio-Fuoco il produttore del moto-forma, allora possiamo avere questa triade:

1. Essere
2. Spazio
3. Fuoco

che provoca il quarto evento: cioè maya.

«All'inizio, invero, era solo tenebra. Essa stava nel Supremo». (Maitry Upanishad: V, 2)

Agni è il Dio solare produttore della manifestazione: Agni è il nome mistico del Fuoco primordiale o Soffio divino che, aleggiando sulle acque primordiali dello Spazio, infonde movimento-vita.
L'Essere è l'essenza principiale che contiene tutte le potenzialità della manifestazione. È Iśvara prima del suo risveglio; lo spazio è mūlaprakṛti, la radice della sostanza; il Soffio-Fuoco é la potenza che elettrifica e rende attiva e vitale la sostanza.
A livello di Virāt parliamo di elettromagnetismo ma, come abbiamo fatto notare, questo è l'effetto ultimo. Tale triade, con il suo prodotto, può essere rapportata al punto, al triangolo e al quadrato e il tutto è manifestato dal movimento della svastica (il quadrato allungato o rettangolo è la pietra grezza o non ancora perfezionata, mentre il quadrato rappresenta la pietra cubica o perfetta).

Così abbiamo:

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che denota la nascita della polarità, vale a dire il punto si polarizza in attivo-passivo, positivo-negativo (costituendo così la triade); e infine il quadrato:

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che rappresenta la generazione, e quando è in movimento crea le forme il divenire, la vita formale il cui simbolo è la svastica.
Questa simbologia possiamo rapportarla anche al microcosmo (come in alto così in basso), per cui abbiamo: individualità (quadrato), jīvātman-anima (triade), ātman-spirito puro (punto).
Adesso potremmo chiederci: in che modo possiamo risolvere il quadrato in triade e la triade nel punto? In che modo possiamo risolvere il sale in mercurio e questo in zolfo?
In che modo possiamo dissolvere un composto molecolare in atomi e questi in energia indifferenziata? L'assunto è molto importante ai fini della Realizzazione e Liberazione.


Potremmo utilizzare due mezzi:

1. Accelerare il movimento del composto per ottenere lo squilibrio elettromagnetico e la destabilizzazione dell'elemento, per cui il composto atomico si risolve in energia.
2. Neutralizzare le cariche elettriche, cioè rallentare il movimento per cui l'atomo muore a se stesso per trovarsi altro; è come sgonfiare un pallone. Così possiamo incidere sul quadrato-triangolo oppure sulla svastica.

Se passiamo all'individuo vediamo che per risolvere il quadrato (individualità samsarica) in triangolo (jīvātman-anima) abbiamo due mezzi: incidere violentemente su kuṇḍalinī squilibrando le polarità pranico-fisiche e liberando l'energia accumulata, oppure rallentare il movimento della svastica, estrovertito e formale; in altri termini, incidendo sul "desiderio" quella forza che è appunto moto. L'uno opera sulla massa-sostanza, l'altro mezzo opera sul fuoco-calore. Il primo produce disintegrazione della massa e fissazione dell'energia sprigionata al sommo della testa, il secondo genera estinzione del movimento per sottrazione del fuoco-calore.
La fine naturale di un manvantara-universo o di una stella avviene per effetto del rallentamento graduale del Fuoco fino al punto in cui Hiraṇyagarbha (Anima universale) si astrae da Virāt (corpo fisico universale).
Sappiamo dalla scienza che le stelle muoiono per estinzione degli elettroni (nane bianche), per estinzione degli elettroni e protoni (super nove) e per aver consumato il proprio combustibile (il caso più comune). In ogni modo ciò avviene perché il Fuoco di Iśvara si contrae annullando il composto,
Nelle tre "morti" summenzionate, la forza di gravitazione, per effetto della contrazione della massa, diventa enormemente elevata fino a influire sugli astri più vicini. Ma anche il corpo fisico umano, venendo meno il fuoco animico, aumenta di massa e quindi di forza gravitazionale. Infatti, l'ente individuato, alla morte del fisico, subisce una potente attrazione da parte del grossolano sì da ritardare, il più delle volte, il distacco.
É una forza irrazionale che spesso sfugge allo stesso ente, a meno che in vita questi non abbia cominciato a mettere in azione la legge complementare della "ripulsa".
Possiamo veder ancora la condizione dell'individuo sotto un'altra prospettiva.


Triadi del microcosmo

L'essere manifesto umano è basato sulla triade basale elementare o archetipale:

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e dalla triade individuata e composita:

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L'atman in quanto tale è al di là della triade iniziale.

Quando l'elemento prāna-deha fisico scompare, l'ahaṁkāra-manas diventa instabile e qui due cose possono intervenire: o l'ahaṁkāra-manas si riprende (con la trasmigrazione) i due elementi più densi riconquistando la stabilità (sempre relativa), oppure si lascia "morire" e allora il centro coscienza si ritrova nella triade di ātmā-ānanda-buddhi, che è la triade principiale; in questo caso il composto chiamato essere individuato umano non esiste più perchè l'atma opera su altre frequenze e su diverse intensità coscienziali.
Sappiamo che l'idrogeno ha peso atomico uno (1,008), quindi ha un solo protone e un solo elettrone. Se il suo elettrone dovesse sparire si presenterebbero due casi: o attirerebbe un altro elettrone e ridiventerebbe stabile, oppure sparirebbe come elemento idrogeno e diventerebbe ione.
Abbiamo parlato di Essere-spazio-soffio-movimento-vita formale: questa é una sequenza sintetica. In effetti, ci sono altri elementi, ma non é il caso di addentrarci nel particolare: a noi occorre una visione unitaria archetipica.
Ritorniamo allo spazio; esso, in tale accezione, rappresenta l'illimitato, lo spazio astratto non ancora reso "massa" come intendiamo tale termine. Per quanto la scienza possa dire che lo spazio è rappresentato dalla massa-corpo, la Dottrina sostiene invece che esiste lo Spazio illimitato "astratto" il quale può essere privo di massa-corpi. Anzi la massa si determina entro questo spazio ideale, primordiale che non può essere né misurato né essere oggetto di tatto. La misura é in relazione alla massa perché questa è quantità.
Lo Spazio divino, quando è popolato dalle triadi e dai composti (ecco la nascita della "massa"), presenta diversi livelli o stati vibratori della sostanza che formano gli svariati sistemi di coordinate.
In effetti, anche nel campo della fisica atomica, per esempio F. Capra sostiene: «Il campo quantistico è visto come l'entità fisica fondamentale: un mezzo continuo presente ovunque nello spazio. Le particelle sono soltanto condensazioni locali del campo, concentrazioni di energia che vanno e vengono e di conseguenza perdono il loro carattere individuale e si dissolvono nel campo soggiacente ad esse... La concezione delle cose e dei fenomeni fisici, come manifestazione effimera di un'entità fondamentale soggiacente...».[F. Capra, Il Tao della fisica. Adelphi]. E lo stesso Einstein dice: «In questo nuovo tipo di fisica non c'è posto per mettere insieme campo e materia, poichè il campo è la sola realtà».
Si parlava poc'anzi dei livelli esistenziali che, semplificati, sono - in termini Vedānta - Virāt, Hiraṇyagarbha e Iśvara; o, volendo essere più particolareggiati, il piano fisico-prāṇico, manasico, buddhico, ecc. Come si può notare, vi sono illimitati piani vibratori entro cui si manifesta la vita, la qualità e la forma-apparenza (quantità). Più scendiamo nel composto, nella massa o χώρα sensibile e più la luce, la leggerezza, la libertà, la potenza delle facoltà o possibilità operative scemano. Più ci avviciniamo alla fonte dell'Essere e più la luce, la leggerezza, la libertà e la potenza delle facoltà divengono esaltate. Similmente, più scendiamo dal composto chimico-minerale al centro della materia, rappresentato dall'atomo e dal nucleo atomico, e più troviamo luce, potenza, leggerezza, radianza, ecc. L'atomo splende di luce propria sul suo piano, di contro al composto-massa ferro che è pesante e oscuro.
Da quanto abbiamo detto possiamo comprendere perché gli enti esistenziali sottili o iperfisici sono più leggeri (fino a muoversi con la sola forza del pensiero), più brillanti e risplendenti.
In via di principio non possiamo vedere i corpi più sottili (micro e macrocosmici) perchè la retina del nostro occhio è rapportata solo a una frequenza molto bassa. D'altra parte, non possiamo vedere un elettrone in movimento per quanto appartenga alla dimensione fisica. Occorre anche precisare che non è la distanza che impedisce la percezione visiva, ma il movimento. I piani più sottili sono anche nelle nostre... stanze, non dobbiamo prendere l'aereo per andarli a trovare.
Tutto ciò lo possiamo comprendere in termini scientifici: la materia è "vuota", tra il nucleo atomico e gli elettroni c'è un abisso di distanza, e se potessimo avvicinare gli elettroni al nucleo la terra diventerebbe grande quanto una palla di biliardo; così è per una stella che diventa nana. Ciò significa stranamente che la materia è formata di "vuoto", ma questo vuoto non è assoluto, in esso vive e opera un altro sistema di coordinate che chiamiamo piano più sottile o iperfisico. La manifestazione prende la configurazione delle scatole cinesi. Più ci avviciniamo alla fonte, ripetiamo, e più troviamo semplicità, splendore, leggerezza, identità, libertà; più discendiamo nel complesso e nel composto e più troviamo oscurità, molteplicità, differenziazione, pesantezza, resistenza e facoltà ridotte.
Ciò che ancora occorre sottolineare è che la manifestazione non si sviluppa gradualmente, o nel tempo e nello spazio (questi dati sono semplici riferimenti soggettivi), ma nell'Eterno Presente. Lo spazio, per esempio, è a più dimensioni come lo stesso individuo e queste dimensioni non sono susseguenti nel tempo, ma simultanee. Un solido, un quadrato sono già formati, ma un ente con facoltà a due dimensioni o bidimensionale non vede nè percepisce le tre dimensioni simultaneamente, egli dece spostarsi, muoversi, creando distanza e tempo, e benchè a tratti possa vedere la tridimensionalità, non avrà mai la sintesi e l'unità: dovrà sempre sovrapporre una dimensione ad un'altra. L'individuo, come tale, non potrà mai afferrare la totalità polidimensionale vitale, potrà solo sovrapporre uni spazio-tempo a un altro, senza cogliere l'Eterno presente.
Śūnyatā vuol dire vacuità, vuoto, ed esplica molto bene lo stato della māyā ma anche delle ultime risultanze scientifiche le quali fanno comprendere che la manifestazione non è altro che un fenomeno; Gauḍapāda, Śaṅkara e Parmenide direbbero "apparenza" che, in quanto fenomeno, appare e scompare, fermo restando che esso ha come fondamento metafisico l'Essere assoluto e supremo, l'Uno-senza-secondo.



Articolo tratto da Fuoco di Ascesi, Raphael, Ed. Āśram Vidyā, pag. 109-126



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