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Ramana Maharshi e la Via della Montagna

Bodhananda: Ramana Maharshi e la Via della Montagna 

Pensando al mondo, vediamo come siano le grandi forze a plasmarlo, i terremoti, i maremoti, gli uragani. Poi ci sono le masse, si pensi alle conquiste romane, all'invasione mongola, alle conquiste arabe, alla potenza britannica, a quella americana, al risveglio dell'Asia. Ma, se osserviamo, vediamo anche che queste trasformazioni sono poi destinate comunque a perire, a scomparire, a rimanere solo nei libri e nelle memorie di qualche storico. Sono altre le cose che rimangono e plasmano veramente l'uomo.

In Occidente i detti di un paio di greci[1] e un falegname[2] palestinese. In India un bovaro[3] e poi un principe[4] irrequieto. Con queste cinque persone potremmo definire l'essenza dell'uomo, la sua trasformazione e le sue mete. Erano singole persone e hanno cambiato il mondo.

Sri Ramana Maharshi ha realizzato il Sé verso i diciassette anni e dopo un po', incapace di continuare la solita esistenza, che gli appariva oramai vuota e non più adeguata, si diresse verso Arunachala, la sacra collina il cui nome l'aveva affascinato. Da lì non si mosse più.

Qualcuno si sarà chiesto com'era vivere accanto ad un Platone, ad un Plotino, ad uno Shankara, ad un Buddha, ad un Cristo... com'è vivere accanto ad un Maestro, ad un Illuminato? Quali sono i ritmi? Come fluisce l'insegnamento? È solo non duale o c'è spazio anche per la devozione e il servizio? La sua è stata una vita pubblica, così "pubblica" che non riusciamo nemmeno ad immaginarlo. Tranne i primi momenti in cui la sua coscienza aveva un'estrema difficoltà nel fissarsi sulla percezione sensoriale del veicolo grossolano, poi la sua vita è sempre stata accompagnata da persone che compresero il suo elevato stato coscienziale e che ebbero estrema cura del suo corpo, nutrendolo e curandolo, evitando cioè che venisse logorato più di tanto.

Nonostante Sri Ramana abbia lasciato un preciso insegnamento non duale, accanto a lui, ai piedi di Arunachala, si raccolse subito un nutrito gruppo di [i]sadhu[/i]. Da allora ci furono sempre dei ricercatori che si accompagnarono a Bhagavan, il saggio della montagna.

Qual'è la caratteristica del suo insegnamento? È l'essenza del Vedanta: la Via della Montagna.

Se dai quattro punti cardinali ci dirigessino verso il centro dove sorge Arunachala, in realtà staremmo percorrendo la via verso il Nord, la via verso il Sud, la via verso l'Est e la via verso l'Ovest. Ognuno sta andando in una direzione diversa dagli altri, eppure tutti staremmo andando nel medesimo luogo. Così è nel Vedanta, benché tutti stiamo partendo da diversi punti, tutti andiamo nello stesso luogo. Poi, col tempo, dopo una certa parte del cammino, scopriremo che in realtà nessuno cammina, non c'è alcun luogo da raggiungere, né alcuno che debba raggiungere alcunché. Dopo ancora, si scopre che già si è ciò che si credeva di voler raggiungere. Ma sono tutte scoperte che è possibile maturare attraverso il percorso stesso e le trasformazioni che esso comporta.

Accanto a Sri Ramana hanno trovato posto le diverse dinamiche interiori e i diversi cammini. Le testimonianze sono varie, prevalentemente tese a mostrare il suo insegnamento non duale, il medesimo di Shankara, ma è più ampio il ventaglio della quotidianità, l'insieme degli aneddoti sulle piccole cose, essenzialmente il rapporto fra Bhagavan e i devoti, sia saltuari che assidui che ci arriva attraverso i diari, i ricordi, le trascrizioni, i giornali e i filmati.

C'è un altro fattore che rende Sri Ramana Maharshi subito gradito al diffidente ricercatore occidentale: a partire da lui nessuna chiesa o movimento ha preso corpo. Il Ramanasramam si occupa di pubblicare le opere sul Maestro e a mantenere vivo il ricordo e i luoghi della sua vita, senza che nessuno si proponga come discepolo preposto a proseguire l'opera del Maestro.

Questo se da un lato affascina, dall'altro sarebbe un problema se lo stesso Sri Ramana non avesse marcato nelle sue opere, nei suoi atti e nei suoi lasciti verbali l'importanza di Arunachala, la montagna sacra a Shiva.

[1] Socrate e Platone

[2] Gesù Cristo

[3] Krishna 

[4] Buddha

 (brano pubblicato sul forum pitagorico il 30/06/2008)

 

View of Arunachala from summit of Parvathamalai

 

Premadharma » 10/06/2014

La prima e unica volta che salii su Arunachala, partimmo all'alba e senza guida come suggeritoci dall'asram.

Facemmo una salita in verticale senza seguire alcun sentiero.

Un vero e proprio massacro, in tutto non ricordo se sette, otto, nove o più ore.

Quando arrivammo in cima c'era questa roccia piatta dove da migliaia di anni si accendeva il fuoco a celebrare la famosa colonna di luce di Shiva attorno a cui Brahma e Vishnu avevano cercato cima e fondo*. 

All'improvviso ci trovammo circondati da migliaia di farfalle che le correnti di aria portavano su dalle vallate.

Fu un bel benvenuto da parte della montagna.

 *Per la storia a cui si fa riferimento si veda l'articolo "La sacra Montagna"

(brano - inedito - tratto da forum pitagorico) 

 


Premadharma » 09/06/2015

Ci sono molti sentieri che portano alla cima di Arunachala, e ci sono molte guide che possono condurvi i viandanti.

Ad alcuni, nel Ramanasramam viene detto di non prendere alcuna guida e costoro, dopo lo Skandasram, prendono la via diretta che giunge in cima senza incrociare alcun sentiero.

In cima Shiva saluta con una brezza di farfalle che raffresca.

È lo scendere il difficile, perché la salita ha bruciato ogni forza e occorre resistere al ritorno delle scimmie, ma se si è ben organizzati non è un problema. La poca acqua va condivisa con chi ne è privo, ma alla fine si arriva nuovamente ai piedi di Arunachala e lì c'è nuovamente l'acqua.

È proprio per la difficoltà della via diretta che chi l'ha percorsa consiglia i sentieri per arrivare in cima ad Arunachala.

Forse sembrerà strano, ma quanto sopra è la narrazione di un evento avvenuto e non una metafora.

(brano tratto da forum pitagorico)

 

 

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