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La sacra Montagna

LA SACRA MONTAGNA

«Chi è il veggente? Quando cercai dentro, vidi la scomparsa del veggente e ciò che vi sopravviveva. Non sorse il pensiero ‘io vidi’; come dunque poteva sorgere il pensiero ‘io non vidi’?
Chi ha il potere di esprimere ciò a parole, quando pure Tu, (apparendo come Dakshinamurti), nei tempi antichi hai potuto farlo solo con il silenzio?
Ed è solo per esprimere il Tuo Stato con il silenzio che Ti ergi come una Montagna splendente dal cielo alla terra» .

Di Arunachala, i Purana shaiva narrano di una disputa sorta fra Brahma e Vishnu su chi fosse il più grande. Si racconta che, poiché tale disputa si era presto trasformata in uno scontro che stava devastando l’universo, Shiva si manifestò fra loro sotto le sembianze di un’enorme colonna di fuoco. I due contendenti, sorpresi, decisero che chi avesse trovato la fine della colonna sarebbe stato il più grande. Vishnu assunse la forma del verro (cinghiale maschio) Varaha e iniziò a scavare giù, attraverso i mondi inferiori, mentre Brahma prese la forma di un cigno e si involò verso l’alto. Vishnu arrivò sino al quarto mondo inferiore, ma la fine della colonna non era nemmeno lì, così si arrese e tornò indietro.

Nemmeno Brahma riuscì a raggiungere la sommità, ma raccolto un fiore caduto dal paradiso affermò di averlo colto sulla sommità.

In questo mito Shiva, il Distruttore, è il Sé e distrugge l’illusione di un’esistenza individuata; Vishnu, il Preservatore, è il senso dell'io e preserva l'esistenza apparentemente separata, unendo tutti i suoi momenti in un insieme apparente. Scava dentro se stesso, cercando invano di Essere.
Brahma, il Creatore, è la mente quando assume la funzione creativa e vola alta, fra idee e teorie, e se anche riceve un'intuizione dal paradiso erroneamente si crede illuminata.

Quando Shiva si mostrò [con la sua forma] benedisse Vishnu per la sua verità e devozione e condannò Brahma, per l’offesa, a non avere dedicato alcun tempio. Effettivamente i templi indiani sono prevalentemente dedicati a Shiva e Vishnu.
Sono i Purana stessi a sostenere che allora Brahma aveva un’ulteriore quinta testa sporgente sopra le quattro con cui viene raffigurato, che venne recisa dallo stesso Shiva.

“La quinta testa di Brahma è la quintessenza oltre i quattro elementi, il centro oltre le direzioni dello spazio, la pura conoscenza che trascende la conoscenza relativa della mente e dei sensi. È l'equivalente del terzo occhio di Shiva, la conoscenza unitaria che sottende la dualità. La sua recisione è la caduta dell'uomo secondo la tradizione cristiana: l’uomo, privato della conoscenza diretta del paradiso precipita nel mondo degli opposti, il mondo del bene, del male e del conflitto tra loro.
Si narra che Vishnu intervenne e pregò il Signore Shiva, ricordandogli che Brahma è il Dio dei quattro Veda (le sue quattro facce) e che questi non sono costituiti da meri concetti, ma sono il suono originario, di base, da cui l'universo è creato ed è tenuto in essere. Pertanto se il Dio dei Veda fosse stato distrutto, anche l'universo si sarebbe sbriciolato cadendo in rovina.
Śambhu [il Benefico: epiteto di Shiva] rispose che Brahma restava ancora il Dio dei Veda e che in qualunque luogo, i Veda fossero stati salmodiati, quello sarebbe stato il suo tempio.
Allora Vishnu e Brahma, pregarono Shiva di ritrarre il Suo splendore lasciando che la colonna di fuoco assumesse la forma di una inerte collina per l’eterna e continua benedizione del mondo.
Fu così che il Signore Shiva, ascoltando con misericordia le loro preghiere, ritrasse il suo splendore nella collina di Arunachala per la benedizione di coloro che la visitano. Ogni anno, durante la festa di Kartikai, un fuoco sacro alimentato col ghee (burro chiarificato), donato dai devoti, viene acceso sulla sommità di Arunachala come simbolo della sua reale natura di puro fuoco.”

 

brano tratto da La Via della Montagna, vol. 1 - luglio 1964, n. 3 La Mitologia di Arunachala Di T. K. S.

 

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