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Comprensione tradizionale del concetto del Divino

Bhagavadgita

Il canto del beato


Raphael - Prefazione, pagg. 13-17 (ed. Parmenides, già Asram Vidya)

Scopo del libro

1) Comprensione tradizionale del concetto del Divino

In un passaggio dello Yogavasistha, composto di 27.000 versi, Sri Rama chiede ad Hanuman, il grande devoto, il dio scimmia: "In quale modo tu mi adori?". Con questa domanda Sri Rama fa esprimere ad Hanuman il concetto del Divino, secondo la dottrina tradizionale. Hanuman così risponde: "Finchè conservo il sentimento di avere un corpo fisico, finchè non mi è possibile liberarmi dall'idea della forma fisica, io sono vostro servitore, io non sono che un misero organismo (prani) e un abisso insormontabile mi separa da Voi. Se, al contrario, perdendo la nozione del corpo grossolano mi ritrovo jiva con una coscienza individuata, parlo, utilizzo la mia mente e commetto errori. In questo stadio io mi rendo conto che faccio parte del Vostro corpo superiore, ho il sentimento della vostra immanenza. Se mi elevo ancora di un gradino e domino completamente la mia mente, scopro in me un Centro Spirituale che nè il pensiero nè il linguaggio possono cogliere; questo Centro Superiore, che si pone al di là del mondo empirico, è l'atman: tra me e Voi non c'è più alcuna differenza, alcuna distinzione, esiste solo Brahman e nient'altro che Brahman".
Se ci si vuole spogliare dell'idea del corpo e operare sul piano dell'intelletto superiore, ci s'incammina progressivamente verso l'Identità; si può passare, così, dal Dualismo al Monismo fino all'Advaita: Uno-senza- secondo. Se si desidera conservare l'idea del corpo, di fronte a Dio si sostiene un ruolo di servitore, adoratore, devoto, ma questa posizione dualista consente, tuttavia, la purificazione dell'io.
Esistono, dunque, molteplici aspetti del Divino che, dal punto di vista metafisico, vanno dalla concezione più "tangibile" e "concreta" a quella più "sottile" e "noumenica". Quest'insegnamento del differente accostamento alla realtà è sintetizzato nella Gita. Non si deve, però pensare che ciò significhi confusione o disordine sul piano spirituale. L'idea di una religione o fede dogmatica uguale per tutti è assolutamente estranea allo spirito indiano.
Ogni individuo differisce dal suo simile per la sua struttura mentale, le sue aspirazioni o per la gradazione dei suoi bisogni (da questa esigenza sono nati gli ordini sociali). Occorre, dunque, che egli trovi la formula ottimale inerente alla sua particolare esigenza spirituale. Il suo karma è, quindi, di scoprire la verità relativa al suo stato e di esprimerla perchè ciò costituisce il suo dharma (dovere).
Si potrà anche notare in seguito come Krsna gradatamente fa riconoscere ad Arjuna la sua vera condizione coscienziale, che è quella del guerriero, e l'imprescindibile dovere (dharma) di assecondarla e svelarla nell'azione.
Il pensiero tradizionale indù abbraccia così tutte le possibili condizioni coscienziali dell'uomo e usa distinguere quattro aspetti del Divino che possono essere appunto adeguati ai differenti livelli di comprensione umana:

a) L'aspetto dell'Assoluto, Brahman nirguna senza attributi, l'uno senza secondo. Sentiero metafisico puro. L'Asparsavada, (il sentiero del senza sostegno, del non-contatto) di Gaudapada e il Vedanta Advaita di Sankara portano a questo ardito volo.

b) L'aspetto del Dio impersonale, Nirakara, senza rappresentazione mentale di nessuna natura. "Dio è spirito e verità".

c) L'aspetto del Dio personale, Akara, sotto forma di simbolo. E' seguito dalle menti più accese, immaginative e devozionali.

d) L'aspetto del Dio incarnato, Avatara, che assume una configurazione umana per indicare il cammino agli uomini.


Aspetto dell'Assoluto

Brahman non è ciò che si indica con la parola Dio. Egli è al di là del linguaggio e dello stesso pensiero: è l'assoluto nella sua incondizionatezza, inalterabilità, incausalità. Realizzarlo comporta la scomparsa dell'intero mondo dei nomi e delle forme. Solo il nirvikalpa samadhi raggiunge Quello. Tale samadhi non è nè una comunione nè un'unione; è anche impropria la parola Identità perchè questa espressione indica ancora due termini mentre nel nirvikalpa, Brahman rimane l'Uno-senza-secondo, quale Essenza pura. Egli è il sostrato di ogni noumeno e fenomeno, dell'immanifesto e del manifesto, è la base di ogni possibile polarità, compresa quella del finito e dell'infinito.
Brahman non ha termini di paragone o di opposizione, ma è l'abisso ove si annullano e si risolvono tutte le coppie di opposti.
Speculare sul Brahman è impossibile, solo l'intuizione superconscia può coglierne il riflesso.


Aspetto del Dio impersonale

Per la seconda concezione il Divino può considerarsi la causa prima, la sorgente e il principio di ogni cosa manifesta, l'Essenza e la Sostanza universali, l'Uno matematico, mentre Brahman corrisponde allo Zero metafisico.
Si può accostare questo concetto a quello occidentale di Dio. La teologia cristiana ammette la Trinità: Dio Padre, il Figlio e lo Spirito Santo. Lo stesso avviene per gli Indù con l'aspetto Impersonale, Personale e dell'Avatara, incarnazione divina o Dio fatto carne.
Così l'aspetto Nirakara è quello impersonale. Dio è spirito e non può essere raffigurato da alcuna rappresentazione umana. Corrisponde al Brahman saguna con attributi o a Isvara, sorgente del mondo dei nomi e delle forme. Essendo la causa del Tutto, contiene il "Germe d'oro" da cui emerge l'intera manifestazione. In Isvara ogni cosa è già compiuta; Esso è, e la successiva fase manifestante non rappresenta altro che il dispiegamento delle potenzialità latenti della causa prima.
L'Uno è l'inizio di tutti i numeri e non c'è numero che non abbia come base l'uno. Un milione è formato da tanti uno. La causa prima è il sostegno e il sottofondo di tutte le illimitate forme planetarie e cosmiche. Con Brahman saguna, il numero e la geometria sono all'opera, gli archetipi sono potenzialmente pronti. Molti sentieri yoga portano al contatto con la causa prima, con l'Unità. Afferrare i principi primi, il mondo del significato, vuol dire penetrare l'essenza della grande causa. Espandere la coscienza nell'Uno-tutto è la conclusione di molti samadhi. Afferrare le leggi dell'Essere significa comprenderne il meccanismo evolutivo, o meglio, svelante.


Aspetto del Dio personale

L'aspetto di Akara è quello personale del Divino. In tale condizione Dio prende una forma: Siva, Kali, ecc. Non sono figure storiche queste, ma simboliche. Con tali simboli inizia il devozionalismo e il culto; il rapporto tra la Divinità e il fedele è già personale. Queste figure variano con il variare della mentalità dei fedeli, ma, più che altro, e ciò è importante, esse costituiscono veri simboli ideali che aiutano in modo considerevole l'ascesi e la trasmutazione delle potenze interne.


Aspetto del Dio incarnato

Dal Dio simbolo passiamo al Dio carne, all'Avatara o Messia, secondo le terminologie in uso. La Divinità, o meglio, il Principio divino, si esprime mediante un corpo umano abbastanza perfetto. A questo livello gli individui, finalmente, vedono e toccano la Divinità. Dio cammina in mezzo agli uomini svelando un suo particolare attributo: l'Amore, la Sapienza o la Volontà divina. Il più delle volte, però, i fedeli e gli stessi discepoli di quell'Incarnazione non s'innalzano al Principio, ma si fermano all'individualità del semplice mediatore.
In tal modo nasce il culto e l'idolatria dell'individualità.

 

 

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