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Satya Sai Baba

Le biografie di Śaṅkara s’aprono di solito con un solenne prologo al di là di questo mondo, sulla vetta sublime del monte Kailāsa, sacro asilo di Śiva nella profondità del cuore di tutti gli esseri. Il Kailāsa esteriore, meta millenaria di pellegrinaggi fino alla conquista cinese del Tibet di recente verificatasi, è un’imponente massa rocciosa scintillante di nevi che s’erge a Nord del centro della catena del Grande Himalaya, raggiungendo i 6.714 metri nella sua parte più elevata; nella geografia simbolica dei Purāṇa, questo luogo si trasfigura in montagna d’argento e di gemme a Nord dell’aureo Meru, asse dell’universo sbocciante come un’immensa corolla di loto al centro del mondo. Il Nord è la direzione sacra a Śiva, da cui Egli fronteggia in silenzio la Morte, che risiede a Meridione. Verso il Nord si dirige colui che, stanco del mondo, cerca se stesso e Dio nel Grande Viaggio (Mahāpatha), procedendo senza arrestarsi, senza mangiare, senza bere, senza dormire, finché il suo corpo cada come una foglia secca, o sia inghiottito dalle acque d’un fiume o da un precipizio delle montagne. Perché raggiungere la sede di Śiva è impossibile a chi non rinuncia alla propria vita nel perseguimento totale e disperato della ricerca mistica (vira). Come dice il grande poeta dell’India meridionale, Māṇikkavācakar, Egli esige il tutto dell’uomo (Tiruvācakam 10, 13). La scena è dunque il Kailāsa; là Śiva è assiso nel fulgore della Sua coscienza indivisa, in unione d’amore con la Sua potenza trascendente (Parāśakti), Madre del mondo e Parola creatrice. Attorno, lo stuolo dei devoti inneggianti: i veggenti immortali (Ṛṣi), i perfetti (Siddha), coloro che si sono identificati con Lui fino a divenire degli altri «Lui stesso» (Rudra), i servitori fedeli che tormentano i Suoi nemici (Pramatha).

Mosso dalle preghiere del veggente Nārada, messaggero tra il mondo degli uomini e quello del divino e suo figlio, Brahmā, il demiurgo che su comando di Śiva ha forgiato l’universo, si reca al cospetto di Lui. Prostratosi, rimane muto, rapito in contemplazione.

Invitato a parlare, Brahmā dipinge a fosche tinte le condizioni del mondo: il Kaliyuga, l’età della decadenza e del dolore, agisce ormai in tutta la sua potenza corruttrice: dottrine erronee predicate ovunque hanno offuscato la verità immemorabile di Veda e Vedānta nella coscienza dei più e gli uomini sono trascinati ad azioni malvage, fuori dal sentiero della rettitudine (Dharma), povere falene attirate dalla fiamma terribile dei falsi piaceri dell’esteriorità. È giunto il momento di mantenere l’antica promessa: discenda il Signore nel Bharatavarsa, la terra dell’India, per ristabilire la pura verità dell’Advaita fondando in essa nuovamente il Dharma e concedendo all’umanità un nuovo momento di luce! Questo impegno Śiva aveva assunto solennemente migliaia d’anni prima, in presenza della Sua Potenza e delle schiere divine. Śiva dà il Suo assenso con un sorriso. Ma la discesa (Avatāra) del Maestro di tutti gli esseri deve esser preparata da altre discese: la lotta contro le opinioni menzognere per riaffermare la santità dei Veda sarà iniziata dal capo delle armate celesti, Kumāra figlio dello stesso Śiva, che nascerà come uomo nella persona di Kumārila, facendosi campione della scuola di pensiero della Pūrvamīmāṃsā. Indra, il re degli dèi (deva) sempre pronto a lottare per la causa del diritto contro le forze del male, gli darà l’appoggio del potere temporale, nascendo nella persona del rāja Sudhanvabhūti. Per collaborare con Śiva occorreranno discepoli divini che ne continuino l’insegnamento tra gli uomini: Brahmā stesso nascerà come Maṇḍana, e la sua sposa divina Sarasvatī, signora del sapere, come donna mortale per continuare ad essergli vicina, conservando lo stesso nome; Viṣṇu, principio di coesione e di conservazione dell’ordine universale, discenderà tra gli uomini nella persona di Sanandana. Il signore delle acque, Varuṇa, nascerà come Citsukha; quello del fuoco, Agni, come Ānandagiri; quello dell’aria, Vāyu, come Hastāmalaka. Anche Mṛtyu, la Morte personificata, e Yama signore dei trapassati daranno il loro contributo, il primo nascendo come Pṛthivīdhara, il secondo come Viśvarūpa, essi pure destinati a farsi discepoli di Śiva.

Le parti sono assegnate, gli attori divini hanno indossato le loro maschere: tutto è pronto perché il protagonista si faccia avanti e la vicenda abbia inizio.

 

tratto da Mario Piantelli. Śaṅkara e il Kevalādvaitavāda.

Edizioni Parmenides (già Āśram Vidyā)

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