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Ostacoli alla Realizzazione?

Bodhananda - Ostacoli alla Realizzazione?

 

D. C'è una qualità, o meglio un difetto, che può essere un ostacolo insormontabile nella realizzazione spirituale?

R. Nulla che la Madre divina o la Divina Coscienza non possa disciogliere  nella sua assoluta Grazia.

D. Vuoi dire che non vi sono ostacoli nel sentiero della realizzazione  spirituale?

R. Caro amico, esistono tanti punti di vista, e i punti di vista non sono più o meno reali in funzione di chissà cosa. Sono più o meno reali in funzione dell'adesione di chi esercita quel punto vista.

Questo per quella famosa identità non duale jiva=atman=brahman, che però viene parimenti confermata nel caso duale. Nel primo caso sono "io-essere-individuato" che aderendo ad un punto di vista, proprio per l'individuazione, essendo io stesso "essente", "metto in essere quell'attributo". "Io sono un uomo" è un'affermazione che in sé è, a dir poco, folle. Nessuno è un uomo. In realtà utilizziamo dei corpi, delle personalità cui diamo delle definizioni in funzione della catalogazione che abbiamo fatto in maschile e femminile. Quindi nessuno di noi è uomo o donna.

Maschile e femminile sono delle qualità che usiamo per manifestarci, ma noi non siamo queste modalità.

La capacità creativa dell'essere (o se vogliamo del Purusha) consiste nella copula creativa che trasforma/trasla/causa/sposta/crea l'oggetto dal soggetto. 

"Lo schermo è bianco". Definisco un soggetto attraverso l'attributo. In realtà sto creando lo schermo, definendolo.

A priori ho il mondo delle idee da cui ho tratto le categorie. (Platone forse sarebbe un'utile lettura per andare a rivedere questo meccanismo che sto esponendo confusamente, non avendolo mai attenzionato particolarmente.)

"Io", jiva, essere individuato, creo il mio mondo. I tanti jiva creano mondi diversi? Si. Ognuno vive nel suo, e i vari mondi ogni tanto cozzano.Nell'insieme coesistono perchè l'individuazione è sempre puntuale e poggia sull'unico Essere.

Le onde esistono tutte sulla superficie dello stesso mare, cozzano fra loro, e sono individuate, diverse le une dalle altre.

Nel secondo caso (duale) è la stessa Grazia ad operare.

L'amore del Divino per le sue creature è sì forte e indissolubile che le contenta in tutto... ed esse, avendo avuto accesso all'albero del bene e del male, ossia della Creazione, perchè per creare occorre la dualità, esse creano tutto ciò che pensano.

Quando ci si pone oggettivamente da un altro punto di vista diverso dal proprio, ciò è possibile solo per una sintesi metafisica (jnana vada), un atto di amore (bhakti vada), un riconoscimento di un ordine superiore o ṛṭa (karma vada) .

Ora, ogni domanda che ci poniamo, la poniamo dal nostro punto di vista, ossia nel nostro mondo. La richiesta di una risposta esterna e la sua attuazione, necessita, a priori, una comprensione.

Stai facendo una domanda. Bene. La risposta può essere data a diversi livelli, alcuni dei quali ti toccano, ma non te ne accorgi, alcuni non ti toccano nemmeno e neppure te ne accorgi, di altri ti accorgi se e come ti toccano o non ti toccano.

La cosa folle è che dipende tutto dalle "credenze" o adesioni o identificazioni o vasana o contenuti.

La domanda era: «C'è una qualità, o meglio un difetto, che può essere un ostacolo insormontabile nella realizzazione spirituale?»

La risposta può essere molteplice e sempre vera, in funzione del cammino e del livello coscienziale manifestato nel momento.

L'aspirante jnani dirà no, se fa parte di un lignaggio, "credendo" nel lignaggio e nelle sacre scritture, che conferma nell'esperienza di ogni giorno.

L'aspirante jnani dirà sì, se ancora non fa parte di un lignaggio, "credendo" nella sua incapacità di comprendere le sacre scritture, incapacità che conferma nell'esperienza di ogni giorno.

L'aspirante bhakta dirà no, se la sua fede nell'Ideale è così ferma che non esiste altro oltre al Divino.

Nulla è impossibile al Divino. Tutto è possibile alla sua Grazia. Non ci si interroga nemmeno. Quando il Signore vorrà, se mai vorrà, sarà fatta sempre e solo la Sua Volontà.

Ostacoli? Realizzazione? Spiritualità? Cosa c'entra tutto questo con la Volontà del Divino? "Io" ho un unico compito: adorarlo! In ogni luogo, in ogni ente, evento, momento.

L'aspirante bhakta dirà sì, se la sua fede nell'Ideale non è così ferma, e ritiene che esiste altro oltre al Divino: crede di esistere, separato dalla sua volontà. Addirittura crede di avere il libero arbitrio e che esista qualcosa che non sia Dio.

Chiama Satana il suo non riuscire ad ascoltare la voce di Dio. Crede di essere altro da Lui, invece di essere la sua creatura prediletta! 

D. c’è un vizio, un comportamento o uno stato mentale che ci inchioda in eterno nell'avidya?

R. Avidya? Quale avidya? Non vedo nè l'avidya, nè la non avidya.

D. Vuoi dire che tutti i testi che parlano di avidya sono in errore?

R. Come sopra. Se credo in Dio non me ne può fregar di meno di tutti i testi del mondo e, per assurdo (e seguimi con attenzione), non me ne può fregar di meno, nemmeno di quello che dice: è irrilevante se sia vero o non vero, se ci creda o non ci creda, purché obbedisca alla volontà del Signore.

E qui, attenzione, perché si rischia il fanatismo puro. Il discorso è che se credo realmente in Dio, sino a questo punto-livello, non ascolto altri. Non ascolto nemmeno me stesso. Non ascolto questi pensieri o questi istinti.

È difficile essere fuori dalla contemplazione, a questo livello estremo. Quindi, qui, il fanatismo è la semplice fusione-unità col Divino. Ogni cosa che guardo è Dio.

Ci aiuta in questo senso Paramahansa Ramakrishna, che andava in samadhi appena il Divino si manifestava un pizzico al di sopra della normale molteplicità.

Dal punto di vista jnana: sino a che credo che esista l'avidya, sono nell'avidya. Nel momento in cui smetto di "credere", non è mai esistita l'avidya.

Se mi interfaccio al mondo, dopo che ho realizzato che non esiste alcuna avidya, l'interpolazione dipende dal pralabdha karma [karma residuo] e dal dharma/lignaggio.

D. C’è un vizio, un comportamento o uno stato mentale che ci inchioda in  eterno nell'avidya…oppure la realizzazione spirituale è garantita per tutti?... in un  mahakalpa [era cosmica] o nell'altro!

R. Ci sono bruchi che si riassorbono nell'essere come farfalle  consapevoli. Altri, inconsapevoli, sotto la suola di una scarpa.

D. Paragoni la metamorfosi o la morte di un bruco alla realizzazione  spirituale? 

R. Se ho un euro in mano e lo spendo, l'ho speso. Non c'è più. Ho quanto ho acquistato (oggetto, evento, sensazione, etc.). Se ho un euro in mano e lo dono, non l'ho mai avuto. Non è mai stato mio. È sempre appartenuto (nel mio mondo) alla persona a cui l'ho donato, "io" ero un semplice fattorino, incaricato di portaglielo.

Quale che sia la fine, di un qualsiasi evento o manifestazione dell'essere, ciò che realmente esiste è l'essere, non il contorno. Quando vediamo il bruco, stiamo già osservando la farfalla.

Nel seme è già la pianta. Che essa poi sorga o meno, è irrilevante. Noi non stiamo osservando la pianta in sè, stiamo osservando l'idea della piante, sempre e comunque, è quell’idea che viene in esistenza attraverso l'essere.

Esiste un punto di vista in cui tutto l'universo non esiste e nulla accade. Là nessuno nasce e nessuno muore, ma nessuno è nemmeno mai esistito, nè mai esisterà.

È una posizione coscienziale, ben precisa che non necessariamente nega il manifesto, se non nel nirvikalpa samadhi, ma che, pur non perdendo la sua unicità e realtà, nel sahaja samadhi o nella jivanmukthaviveka o nella brahmavidya, ammette e sostiene ogni molteplicità, in funzione della posizione coscienziale della molteplicità stessa.

Il riassorbimento è il bruco che non è mai giunto all'espressione del suo potenziale di farfalla.

Ma il punto non è nel divenire farfalla, ma nel semplice essere consapevole di non essere "bruco".

Nella metafora, l'essere schiacciati non nega la gioia di essere farfalla, di per sè irrilevante, visto che anch'essa è impermanente e morirà. Nega la scoperta di non essere né il bruco, né la crisalide e quindi, nemmeno, la farfalla.

Il riassorbimento nega all'essere individuato la risoluzione dell'individuazione, non la sua natura di essere.

Cessata la manifestazione, nel riassorbimento l'essere è, comunque, in sé.

Nella metafora del mare, il riassorbimento finale coincide con la trasformazione di questo Sole in una super nova, immediatamente tutta l'acqua (essere) dei mari viene evaporata, smettendo di essere con forma.

Quelle onde che avevano già realizzato di essere semplice acqua (Brahman), continueranno ad essere acqua evaporata.

La loro consapevolezza non verrà toccata da alcunchè.

Quelle onde che avevano già realizzato di essere mare (atman) verranno riassorbite nel Brahman, ma senza consapevolezza, lo stesso per quell'acqua che si crederà ancora onda.

Non chiedete, per favore, quale sarà la sostanziale differenza, fra i tre casi al momento finale, perchè non saprei nemmeno inventare le idee solo per pensarla.

La differenza apparente, ossia dal punto di vista duale è che qualcuno avrà volato e altri avranno vissuto da bruchi.

PS: ovviamente questa è "una" esposizione.

[brano tratto dalla ML Vedanta-SB, 17 gennaio 2006]

 

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