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Il destino della manifestazione

Bodhananda - Il destino della manifestazione

D. La manifestazione credi abbia un destino? Cioè la manifestazione dell'Essere (e noi in essa, in buona compagnia di protoni, muoni, galassie...etc etc) che destino ha? Che destino può mai avere ciò che è manifestazione dell'Essere se non essere ciò che è....manifestazione?

R. La manifestazione come qualsiasi evento appartenente ad un sistema di riferimento segue le leggi di quel dominio. Se consideriamo come manifestazione un evento circoscritto, quindi definibile attraverso l'interpolazione di uno o più insiemi e, pertanto, non come totalità, ma piuttosto come evento definibile, ad esso può essere riferito un nuovo sistema di riferimento.
Se considero come evento questo corpo, ad esso posso riferire un sistema che vede come momento zero la sua espulsione dall'utero materno. Poi utilizzando dei riferimenti spazio temporali posso creare una storia anagrafica.
All'interno di questo sistema, la manifestazione-evento che chiamiamo corpo dell’ente che ti sta parlando è destinata ad annullarsi, ossia a smettere di esistere.
Se considero invece come evento l'insieme energetico di questo corpo, vedremo come la manifestazione evento è destinato ad aumentare il suo grado di disordine, sino alla morte.
Abbiamo seguito l'entropia dell'evento.
Se seguiamo il sistema chimico, vediamo che esso non ha un punto di inizio nè di fine.
I componenti si trasformano nel corpo e alla morte dello stesso, tendono a riunirsi con gli elementi dell'eco- sistema.
Quindi il destino è proprio dell'aspetto che osserviamo.
Se invece come manifestazione prendiamo non più uno o più eventi costituiti dall'interpolazione di più sistemi, ma una totalità degli insiemi, totalità definibile come la somma di ogni sistema possibile, noi stessi ne siamo all'interno e non possiamo definire in alcun modo la sua fine o il suo inizio.
È quanto nel vedanta viene detto māyā, di cui non è definibile la realtà o la non realtà.

D. Destino della manifestazione dell'essere è riconoscersi Essere?

R. Il punto che stai affrontando l'ho già visto esposto nelle parole di diversi maestri, ed è quello che porta a definire l'avidya come l'ignoranza del jiva e maya come l'ignoranza di Isvara.
L'ho spesso visto come una conciliazione forzata fra Vedanta e Advaita. La necessità di dare a tutti i costi a Isvara una parvenza di realtà assoluta. Isvara o Dio persona, nell'advaita non è così dissimile dal jiva.
Manifestazione o manifestazione dell'Essere, nè nell'uno, nè nell'altro caso sono un soggetto reale.
Un’immagine proiettata su uno schermo, può riconoscersi schermo?
Può riconoscersi al limite luce, ma quando? Quando smette di esistere come immagine distinta in colori.
L'Essere potremmo dirlo soggetto nella misura in cui è il sostrato su cui l'immagine viene proiettata e senza la quale non ci sarebbe la percezione. Ma lo schermo è costituito di una massa e la massa è definibile in questo sistema come m=E/c2 Ma lo stesso è la luce che proietta l'immagine. Ora se sono schermo, mi occupo dello schermo. Se sono immagine, della luce.

D. Ma se ne è manifestazione perchè mai deve riconoscersi ciò che non è Essere? Non è più semplice riconoscersi pura e semplice manifestazione?

R. Chi è il soggetto che si interroga? Perchè menarla per le lunghe? Lasciamo che ognuno dichiari il proprio soggetto e che poi esaurisca i contenuti nel tentativo di definirlo/raggiungerlo/trovarlo.

D. Che poi la manifestazione essendo manifestazione dell'Essere si manifesti necessariamente anche con aspetti etici (intesi quali principi universali) credo sia vero.


R. E se definissimo aspetti etici, i principi stessi che regolano la manifestazione nei vari piani?

D. Sono poi quei fili di Arianna da cui tutti noi ci facciamo guidare, per certi aspetti li si potrebbe chiamare la coscienza dell'ente.

R. Sono fili che affiorano allo sciogliersi dei contenuti.

[tratto da Ml Advaita_Vedanta 16 marzo 2002]

 

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