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Sulla meditazione

14. Privo di qualsiasi [attuale o potenziale] espressività, privo di mente, privo di intelletto, libero da ogni affezione, distaccato da tutto e [apparentemente] senza lo splendore [della consapevolezza]: così viene descritto colui che è immerso nel samadhi. Invero, colui che così medita, libero dalla triade, si affranca da ogni schiavitù. (Uttaragita, Primo Capitolo)

L'essere immerso nella contemplazione del Sè non è più un individuo nel senso ordinario del termine. Tutti gli attributi che caratterizzano e definiscono l'individualità si dissolvono in presenza della Coscienza non-duale.

In quello stato che trascende la mente e tutte le sue possibilità (unmanī avasthā) si può dire che il meditante si è fuso con l'oggetto di meditazione. La sua meditazione, qualora egli abbia attinto l'Unità, si è transmutata in una Consapevolezza totale, priva di limite e di centralità ma che abbraccia tutte le cose; il suo ego è scomparso assieme alla nozione del corpo e persino a quella della mente con tutto il suo contenuto, attuale e potenziale. Invece non si può dire la stessa cosa della sua coscienza, che è rimasta presente e, anzi, ha visto diperdersi tutto ciò che si opponeva alla sua illimitata espansione.

Quando ci si addentra nel cammino della meditazione si attraversano varie fasi e si sperimentano diverse condizioni, relativamente allo stadio raggiunto. La meditazione, teniamo a ribadire, non è un atto mentale ma uno stato coscienziale. Il meditante si propone di attingere uno stato di coscienza trascendente e comprensivo risolvendo (solve) ogni legame di identificazione (attributi, ecc.) e fissando (coagula) sempre più stabilmente tale condizione. Riteniamo che sia utile accennare alla condizione di uscita dalla meditazione profonda, cioè di ritorno al piano empirico-formale, poiché essa è particolarmente indicativa ai fini di una verifica personale.

Possiamo dire che, mentre all'inizio della pratica permane il ricordo della meditazione quale rappresentazione proiettiva, in un secondo tempo tale ricordo - come forma-pensiero o impressione, sia pur positiva - va via via dissolvendosi nell'assenza di ricordo; infine, quando comincia a svelarsi la Coscienza pura, cioè la Consapevolezza priva di qualsiasi contenuto, allora non vi saranno più né ricordo né assenza di ricordo, e al loro posto subentrerà la semplice Presenza continua. Realizzata la Coscienza senza modificazioni, la piena consapevolezza di Sé in quanto ātman onnipervadente e onnicomprensivo trasfonderà spontaneamente nelle condizioni relative illuminandole, armonizzandole e riassorbendole in sé.

Le tre fasi descritte corrispondono rispettivamente alla dualità, all'unità e alla non-dualità, ossia agli stati attraverso cui passa la consapevolezza del meditante, allorché la sua mente proiettiva si risolve mano mano nella pura Coscienza.

Realizzazione è comprensione totale. Per comprendere è bene non porsi limiti di tempo perché lo svelamento del Sostrato implica la trascendenza della triade dimensionale e la sintesi della totalità. Una vera sintesi comporta un'effettiva integrazione; da qui la retroattività della comprensione realizzativa, la quale ingloba anche le dimensioni spazio-tempo-causali, ogni qualificazione e ogni possibilità.

(Tratto da "Uttaragita - Il Canto successivo", Ed. Asram Vidya, pag 27-29)

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