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Iniziazione effettiva e iniziazione virtuale

Sebbene la distinzione fra l'iniziazione effettiva e l'iniziazione virtuale possa essere già abbastanza compresa con l'ausilio delle precedenti considerazioni, essa è tanto importante da indurci a precisarla meglio; a tal riguardo, faremo rilevare in primo luogo che, tra le condizioni dell'iniziazione enunciate in precedenza, il collegamento ad una organizzazione tradizionale regolare (collegamento che naturalmente presuppone la qualificazione) è sufficiente per l'iniziazione virtuale, mentre, il lavoro interiore che ne consegue concerne proprio l'iniziazione effettiva; insomma, questa è a tutti i suoi gradi lo sviluppo «in atto» delle possibilità cui l'iniziazione virtuale dà accesso. Questa iniziazione virtuale è dunque l'iniziazione intesa nel significato più stretto del termine, vale a dire come una «entrata» o un «principio»; il che, bene inteso, non significa menomamente che essa possa essere considerata come qualche cosa di sufficiente a se stessa, ma soltanto come il punto di partenza necessario per tutto il resto; quando si è entrati in una via, bisogna altresì sforzarsi di seguirla, ed anzi, se è possibile, di seguirla fino in fondo. Si può riassumere tutto in poche parole: entrare nella via è l'iniziazione virtuale; seguire la via è l'iniziazione effettiva; disgraziatamente, di fatto, molti restano sulla soglia, non sempre per colpa della loro incapacità nel procedere oltre, ma anche, nelle condizioni attuali del mondo occidentale soprattutto, a causa della degenerescenza di certe organizzazioni che, divenute semplicemente «speculative», come abbiamo spiegato, non possono per tal motivo aiutarli in alcun modo nel lavoro «operativo», fosse pure nei suoi stadi più elementari, e nulla forniscono di ciò che almeno possa permettere ad essi di avere il semplice sospetto dell'esistenza di una qualsiasi «realizzazione». Epperò, anche in queste organizzazioni, si parla è vero ad ogni istante di «lavoro» iniziatico, o almeno di qualche cosa che si considera tale; ma ci si può porre allora legittimamente la questione: in qual senso e in qual misura ciò corrisponde ancora a qualche, realtà?

Per rispondere ad una tale questione, ricorderemo che l'iniziazione è essenzialmente una trasmissione, ed aggiungeremo che un tal fatto può intendersi in due modi differenti: da una parte, trasmissione di una influenza spirituale, e, d'altra parte, trasmissione di un insegnamento tradizionale: È la trasmissione dell'influenza spirituale che dev'essere soprattutto considerata, non soltanto perchè deve logicamente precedere ogni insegnamento, il che è troppo evidente quando si comprende la necessità del collegamento tradizionale, ma anche e principalmente perché proprio questa trasmissione costituisce essenzialmente l'iniziazione in senso stretto, sicchè, se non dovesse trattarsi che di iniziazione virtuale, tutto si potrebbe insomma limitare a ciò, senza nemmeno porsi la questione di aggiungervi ulteriormente un insegnamento qualsiasi. In effetti, l'insegnamento iniziatico, di cui in seguito preciseremo il carattere particolare, non può essere altro che un aiuto esteriore apportato al lavoro interiore di realizzazione, alfine di appoggiarlo e guidarlo per quanto possibile; donde in fondo la sua unica ragion d'essere, ed è solo in ciò che può consistere il lato esteriore e collettivo di un vero «lavoro» iniziatico, se si intende realmente quest'ultimo nel suo significato legittimo e normale.

Ora, la questione è resa un po' più complessa dal fatto che le due specie di trasmissioni da noi indicate, pur essendo in effetti distinte, in ragione della differenza della loro stessa natura, non possono tuttavia mai essere interamente separate, il che richiede ancora qualche spiegazione, sebbene un tale punto sia stato già da noi trattato in qualche modo implicitamente a proposito degli stretti rapporti intercorrenti fra il rito e il simbolo.

In effetti, i riti sono essenzialmente ed in primo luogo il veicolo dell'influenza spirituale, che senza di essi non può in alcun modo essere trasmessa; ma in, pari tempo, per il fatto stesso che hanno, in tutti gli elementi che li costituiscono, un carattere simbolico, comportano in se stessi necessariamente anche un insegnamento, poiché, come abbiamo detto, i simboli sono precisamente il solo linguaggio conveniente realmente all'espressione delle verità dell'ordine iniziatico. In modo inverso, i simboli sono essenzialmente un mezzo d'insegnamento, e non soltanto di insegnamento esteriore, ma anche di qualche cosa di più, dovendo soprattutto servire da «appoggio alla meditazione» che è almeno il principio di un lavoro interiore; ma questi stessi simboli, in quanto elementi dei riti e in ragione del loro carattere «non-umano», sono pure «appoggi» della stessa influenza spirituale. Del resto, è sufficiente riflettere sul fatto che questo lavoro interiore resta inefficace senza l'azione, o, se si preferisce, senza la collaborazione di questa influenza spirituale, per comprendere come la meditazione sui simboli prenda essa stessa in certe condizioni il carattere di un vero rito, e di un rito che questa volta non conferisce più soltanto l'iniziazione virtuale, ma permette di raggiungere un grado più o meno avanzato d'iniziazione effettiva.

Per contro, invece di servirsi dei simboli in tal modo, ci si può 'anche limitare a « specularvi » sopra, senza proporsi altro; in questa maniera, non vogliamo certo dire che sia illegittimo spiegare i simboli, nella misura del possibile, e cercare di sviluppare, con appropriati commenti, i sensi differenti che contengono (a condizione di guardarsi bene da ogni «sistemazione», incompatibile con l'essenza stessa del simbolismo); ma vogliamo dire che in tutti i casi un tal fatto dovrebbe essere considerato soltanto come una semplice preparazione a qualche altra cosa, ed è proprio ciò che, per definizione, sfugge necessariamente al punto di vista «speculativo» come tale. Quest'ultimo non può attenersi che ad uno studio esteriore dei simboli, studio mediante il quale non si può evidentemente passare dall'iniziazione virtuale all'iniziazione effettiva; questo studio esteriore si arresta altresì molto spesso ai significati più superficiali, poichè, per andare oltre, è già necessario un grado di comprensione che in realtà presuppone una cosa del tutto differente dalla semplice «erudizione»; ed anzi bisogna stimarsi fortunato se tale studio non si smarrisce più o meno completamente in considerazioni «laterali», come ad esempio avviene quando si vuole trovare nei simboli un pretesto per «moralizzare» o per ricavarne pretese applicazioni sociali, oppure politiche, che di certo non hanno nulla di iniziatico o di tradizionale. In quest'ultimo caso, si è già oltrepassato quel limite donde il «lavoro» di certe organizzazioni cessa interamente di essere iniziatico, fosse pure in modo del tutto «speculativo», per cadere, puramente e semplicemente nel punto di vista profano; questo limite è naturalmente anche quello che separa la semplice degenerescenza dalla deviazione, ed è facile comprendere come la «speculazione», presa per un fine in se stessa, si presti sfortunatamente a scivolare dall'una all'altra in maniera quasi insensibile.

Possiamo ora ricavare le conclusioni .da una tale questione: fin quando non si fa che «speculare», anche attenendosi al punto di vista iniziatico e senza deviarne in modo alcuno, ci si trova in qualche maniera chiusi in un vicolo cieco, poichè non sì può in tal modo oltrepassare la iniziazione virtuale; e, d'altronde, quest'ultima esisterebbe ugualmente senza alcuna «speculazione», poichè è la conseguenza immediata dalla trasmissione dell'influenza spirituale. L'effetto del rito, per il cui tramite questa trasmissione è operata, è «differito», come già dicemmo, e resta allo stato latente ed «inviluppato» finché non si passa dallo «speculativo» all'«operativo»; in altri termini, le considerazioni teoriche hanno valore reale, come lavoro propriamente iniziatico, soltanto se sono destinate a preparare la «realizzazione»; ed esse ne sono di fatto la preparazione necessaria, ma il punto di vista speculativo è incapace di riconoscere questa verità, e in conseguenza non può darne menoma-mente la coscienza a coloro che limitano il loro orizzonte a questo punto di vista stesso. 

tratto da Renè GuenonConsiderazioni sull'iniziazione, cap. XXX, , Luni Editrice

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