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Guru gita - Canto sul Maestro

- Il maestro Sankara attorniato, da sinistra a destra, dai discepoli Padmapada, Totaka, Hastamalaka e Suresvara -

 

"La Guru gita è un poemetto d'impronta non-dualista che magnifica il "Principio del Maestro" ossia il guru quale volto dell'Assoluto, paradigma di devozione e conoscenza.
Fa parte dello Skanda Purana, e si presenta altresì come tantra e allora è detta esser parte del Rudra-yamala Tantra o anche del Visva-sara tantra.
L'autore è ignoto, ancorchè la tradizione ne ascriva la compilazione al mitico Vyasa, e il testo, composto da 168 sloka, è presumibilmente abbastanza tardo.
L'opera è dedicata per tradizione a Dattatreya, nel quale si ricapitolano le figure dell'avatara, dello yogi e del guru.
In essa vengono descritte alcune caratteristiche del guru e s'insiste sul fatto che non c'è differenza alcuna fra il maestro e Dio. E' in virtù dell'umile servizio reso ai piedi del maestro, nutrito da fede/fiducia incrollabile, che si può attingere la purificazione e quindi la liberazione. Senza il suo aiuto compassionevole, la salvezza è dichiarata essere impossibile.
Egli è il mediatore per antonomasia, colui che solo "religa" l'uomo a Dio, il jiva al Brahman. Se il guru non trasmette la sua grazia al discepolo, invano quest'ultimo s'affatica: non attingerà mai la gnosi salvifica (jnana) nè tantomeno l'uscita dal divenire.
Il maestro soltanto detiene le chiavi che possono introdurre al tesoro del moksa.

I motivi che rendono la Guru-gita d'interesse sono almeno tre:

1. è summa emblematica dell'importanza insostituibile del maestro in ambiente hindu. Il testo propone un ritratto del guru ideale che è uno con l'Assoluto (brahman) e illustra il rapporto che il discepolo deve intrattenere con lui, fondato sulla devozione e sull'attingimento della gnosi quale viatico alla liberazione.

2. Da generazioni, il poemetto o una raccolta di suoi versi è recitato nei monasteri fondati dal maestro del Vedanta non-dualista Sankara. Il fatto che la Guru-gita sia tenuta in alto pregio in questi ambiti più elitari riflette la venerazione di cui è oggetto.

3. La Guru-gita, d'altro canto, non ha carattere settario. Come s'evince dalle sue "incorporazioni" in testi essoterici puranici ed esoterici tantrici, essa è onorata tanto in circoli ascetici quanto in circoli devozionali.
L'inno non manca poi di una sua qualità poetica.

La Guru-gita è dunque trasversale ai sampradaya, essendo stata appropriata da ambienti saiva, vaisnava e sakta: un vero e proprio classico della pietas hindu.
Il guru vi è celebrato quale "divinità d'elezione" (ista-devata) cui rendere ogni atto di culto e cui consacrare l'esistenza intera."

[Tratto da: Antonio RigopoulosIntroduzione alla Guru-gita in Guru - Il fondamento della civiltà dell'India, ed. Carocci, pagg. 225-228]

 

 

Di seguito alcuni sloka, nella bella traduzione del professor Rigopoulos, che riporta a fronte la translitterazione del testo sanscrito:


La sillaba gu, invero, significa oscurità e
la sillaba ru è lo splendore che la dissipa:
il Brahman che inghiotte la nescienza
è soltanto il Maestro, non c'è dubbio!
23


La prima sillaba gu
identifica le qualità della natura, intrinseche all'illusione cosmica del mondo fenomenico;
la seconda sillaba ru identifica il Brahman
che distrugge l'errore generato dall'apparente realtà dell'illusione cosmica!
24


A che scopo praticare per tanto tempo tutti quei soffi respiratori, quelle centinaia di pranayama, che recano malattie e sono difficili da eseguirsi?
E a che scopo praticare i molti esercizi yogici, per loro natura dolorosi e difficili da padroneggiarsi?
Allorchè Quello sorge, il potente soffio vitale si quieta all'istante da sè stesso!
Al fine di attingere quella realtà che è innata e naturale, servi costantemente un unico Maestro!
53


Il raccoglimento mentale sulla Forma fisica del proprio Maestro
è il raccoglimento mentale sull'Infinito Siva,
e il canto glorificante i Nomi del proprio Maestro
è il canto in lode dell'Infinito Siva!
54


Anche una minuscola particella della polvere dei Suoi Piedi
salva dall'oceano della trasmigrazione,
poichè essa è il Ponte che consente d'attraversarlo: Egli è il Signore,
il Maestro, noi Lo adoriamo!
55


Come l'oro purificato nel fuoco, oh Padre,
in virtù d'un intelletto che risplende tutt'attorno come fiamma viva,
io considero quest'inno a Te dedicato, invero il Re tra i mantra:
notte e giorno ci protegga esso dalla morte!
61


I Veda, la percezione diretta, la tradizione
e l'inferenza sono i quattro mezzi di conoscenza:
discerni il potere spirituale del Maestro tramite questi!
E sempre si rammemori il Maestro!
65


I discepoli saggi non dovrebbero mai rivolgersi al Maestro in modo sprezzante!
Dinnanzi al Maestro essi non dovrebbero mai mentire!
103


Chi si rivolge al Maestro in modo irriguardoso, sprezzante,
o Lo irretisce in vane dispute,
è destinato a rinascere in una selva o in una landa desolata senz'acqua
quale mostro nottivago!
104


[ibidem, pagg. 249-277]

 

 

Come la pietra, che diventa un rubino puro,

egli è pieno delle qualità del Sole. 

In lui non rimane più nulla della qualità di una pietra: egli è pieno delle qualità del Sole. 

Poi, se ama se stesso, questo amore è l'amore per il Sole, 

e se ama il Sole con tutta la sua anima, è senza dubbio amore per se stesso. 

Che il rubino si ami per se stesso, o ami il Sole, 

non vi è in verità differenza alcuna fra i due amori: tutti e due sono la luce del sol levante.

Rumi, Mathnawi, V, 1025

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