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L'esperienza del Sé

L'esperienza del Sè

Quando parla del Sé, Saradamma spesso lo chiama “il Cuore”. Altre volte usa questa definizione per indicare il centro del Cuore, nella parte destra del petto. Questo centro è quello che Swami indica come la sorgente del pensiero io. Nelle conversazioni che seguono Saradamma parla di questo centro e della sua esperienza di esso, prima e dopo la realizzazione del Sé.

Domanda: “Ho sentito Swami che parlava della tua esperienza del centro del Cuore. Si è rivelato subito come qualcosa di permanente? E come ti influenzò poi?”

Saradamma: “Quando la mente muore nel Cuore, è morta per sempre. Non si rialza più. Non posso descrivere la mia esperienza di questo stato perché non può essere fatto a parole; ma posso raccontare come mi influenzò. Ora non ci sono più preoccupazioni, paure o desideri.

“Prima della realizzazione del Sé, qualche volta entravo in samadhi. Mentre entravo e uscivo da questi stati, c’era la consapevolezza del centro del Cuore sulla destra del petto. Comunque, fin dalla realizzazione, so che il Cuore non può essere localizzato nel corpo. E’ il Sé ed è immanente in tutte le cose. E’ la sorgente di ogni cosa e non è né all’esterno, né all’interno del corpo. E’ ovunque.”

Saradamma: “Poco prima della realizzazione del Sé, ero consapevole del pensiero io che saliva e scendeva dal capo al centro del Cuore. Andava su e giù in un lampo, ma ero ancora consapevole di ciò che avveniva. Quando gli occhi erano chiusi, l’io ritornava al centro del Cuore, ma appena li aprivo, correva ancora al cervello. Quando l’io tornò temporaneamente al centro del Cuore, ci fu una sensazione di costrizione e un restringersi qui (Saradamma chiuse il pugno e indicò la parte destra del petto). Ci fu anche un’intensa sensazione di prurito, come centinaia di formiche che correvano attorno al centro del Cuore. Quando l’io finalmente morì, la sensazione di costrizione e prurito cessarono per lasciare posto a un dirompente sentimento di vuoto, di apertura, pace e beatitudine. Seppi immediatamente che il mio io era morto per sempre e questo fu il motivo per cui volevo abbandonare il corpo. Sapevo che non aveva più alcuna importava, perché avevo realizzato il Sé.”

Domanda: “Ho ascoltato il tuo nastro in cui parlavi mentre eri in samadhi, prima che realizzassi il Sé. Pensavi che il tuo io fosse morto in quel periodo. In che modo era diverso dalla realizzazione finale? Come venisti a sapere con certezza che il tuo io era morto?”

Saradamma: “Quando ero in samadhi, la mente scompariva solamente quando avevo gli occhi chiusi. Non appena li aprivo, il mio io rinasceva. Inoltre, durante gli stati di samadhi, c’era questa forte sensazione di costrizione al petto che era provocata dalla mente ancora latente nel Cuore.
Quando la mente mori, non vi fu più la costrizione al centro del Cuore ed io ero in grado di aprire gli occhi senza che il pensiero io sorgesse. In quel momento aprii gli occhi e guardai Swami. Seppi che avevo finalmente realizzato il Sé, e sapevo che anche Swami ne era al corrente. Era cosi felice che pianse e le lacrime solcavano le sue guance.”
Quando Swami lesse questa frase a Saradamma, durante la verifica di questo capitolo, ella fece i seguenti commenti: “Non c’era un io a sapere che il Sé era stato realizzato. L'io era totalmente scomparso, solo il Sé rimaneva.”
Swami le chiese se voleva che la riga venisse modificata, ma ella rispose che poteva andare, perché non c’era modo di spiegare a parole come era venuta a sapere che aveva finalmente realizzato il Sé.

Domanda: “Qual’è stata la tua prima reazione a questa nuova esperienza?”

Saradamma: “Non ci fu alcuna reazione. Semplicemente sapevo che avevo trasceso la veglia, il sonno e il sogno, che ero il Sé senza forma e che non avevo più bisogno di un corpo. Ecco la ragione per cui non mi curavo di rimanere in vita. Nulla poteva influenzare il Sé. Quel giorno stavo per morire, ma non me ne preoccupai. Sapevo che ero già al di là della nascita e della morte.
Ricordo che quando riaprii gli occhi, forse alcuni giorni dopo, nella mia casa di Gudur, vidi Baia con le lacrime agli occhi. Pensava che stessi per morire, ma non mi dispiacque per le sue lacrime, la morte non poteva più toccarmi.”

 Saradamma
Il disegno di cui sopra (a pagina 240) rappresenta un ricamo che Saradamma fece nel 1984. La montagna raffigurata è Arunachala e il fiore di loto al di sopra simbolizza il Cuore. Nel petalo centrale ci sono due fiori invertiti. Quello superiore rappresenta la mente durante il sonno. In questo stato essa riposa nel Cuore, sperimentando inconsciamente la pace e la beatitudine del Sé. Subito prima del risveglio, la mente si eleva al cervello in una frazione di secondo. In questa forma è il puro pensiero io, incontaminato da qualunque altro pensiero, ma quando raggiunge il cervello, comincia ad accumulare pensieri e percezioni. Saradamma dice che dapprincipio i pensieri sono molto semplici: “Sono sdraiato a letto”, “devo alzarmi”, “devo andare in bagno”, eccetera. Nella loro semplicità, sono rappresentati dalla linea a zig-zag che si muove a spirale allontanandosi dal pensiero io (il fiore all’insù al centro della spirale). In breve tempo la mente comincia a fare dei calcoli più complessi: “Oggi devo fare questa cosa”, “Farò in tempo a mangiare prima di andare a lavorare?”, eccetera. Questi pensieri sui problemi della vita di ogni giorno sono rappresentati da un giro più stretto della spirale della mente. La forza, la densità e la continuità di tutti questi pensieri e problemi oscurano l’esperienza del Sé. Alla fine di ogni giorno viene il sonno e la mente sprofonda nuovamente nel Cuore. Sebbene la mente riposi in esso durante il sonno, è consapevole solo vagamente della pace e della beatitudine che prevalgono là. Saradamma paragona questa limitata quantità di pace alla fioca luce lunare che filtra sotto il fitto fogliame di un albero. Essa è appena sufficiente a rendere il sonno un’esperienza piacevole, ma non può essere paragonata alla pace e alla beatitudine che si sperimentano quando la mente sprofonda nel Cuore.

Alla base del petalo centrale del loto del Cuore c’è un piccolo foro. Saradamma dice che quando la mente passa attraverso questa strettoia, abbiamo la realizzazione del Sé. Quando si è in samadhi o in meditazione profonda, la mente conscia sprofonda nel Cuore e rimane appena al di fuori del piccolo cancello. Mentre mi spiegava questo disegno, Saradamma disse che quando la mente è appena fuori dall’apertura si può sentire un’intensa forza che ci attira verso il foro. La mente è spaventata da questa forza e quando la sente, generalmente si allontana dall’apertura e cerca di scappare verso il cervello. Ha delle buone ragioni di essere spaventata: se attraversa il foro, il Sé la distrugge completamente e ne risulta la realizzazione. Nel ricamo originale i fiori della mente, della veglia e del sonno erano bianchi, mentre la mente morta, sotto al cancello, era colorata di nero a simbolizzare la sua totale estinzione.

Questa spiegazione mi fu fornita da Saradamma. Anche Sri Lakshmana contribuì con le seguenti affermazioni:
“Nel sonno profondo la mente (l' "io’) entra nel Cuore, ma resta in un’ignoranza del Sé che non può essere descritta a parole. Poco prima della veglia, la mente, che è il pensiero io, si eleva dal Cuore al cervello in una frazione di secondo attraverso un passaggio chiamato amritanadi. Allora la mente sperimenta il mondo tramite i cinque sensi e pensa che sia reale.
“Nella realizzazione del Sé, la mente pura, senza pensieri e problemi, ritorna alla caverna del Cuore attraverso questo stesso passaggio. Mentre la mente cerca di passare attraverso la strettoia, il Sé la attira e la uccide.
“Dopo la morte dell’io il Sé rimarrà uno senza un secondo, eterna pace e beatitudine. Poiché non c’è mente, non c’è mondo, né nascita o morte. Proprio come gli ornamenti non sono separati dall’oro di cui sono fatti, allo stesso modo il mondo non è separato dal Sé. Perché il Sé è onnipervadente, è al di là del tempo, delle direzioni e dei tre stati di veglia, sonno e sogno.”

Sapere di aver trasceso la veglia, il sonno ed il sogno è un classico indizio della realizzazione del Sé. La consapevolezza che il jnani ha del Sé è la stessa in tutti i tre stati. Questo significa che anche mentre il suo corpo dorme, egli mantiene la piena coscienza del Sé.

Saradamma: “Ero solita dormire molto quando ero giovane, ma ora non ne ho quasi bisogno. Tre o quattro ore per notte di solito sono sufficienti per me. Lo stesso vale per Swami. Anche quando dormo non è l’esperienza inconscia cui si riferiscono le persone quando parlano del sonno. Se qualcuno mi pone una domanda, posso rispondere mentre sto ancora dormendo. Il Sé non perde mai coscienza ed è sempre consapevole dei tre stati di veglia, sogno e sonno che gli passano davanti, senza esserne influenzato.”

Saradamma in numerose occasioni ebbe una breve esperienza del Sé, ma è piuttosto scettica sui devoti che affermano di aver avuto simili esperienze.

D: “Alcune persone affermano di aver avuto brevi esperienze del Sé. E’ una cosa comune?”
Saradamma: “Molte persone lo affermano, ma tranne pochi casi, dubito che abbiano avuto una genuina esperienza del Sé. Siccome molte persone non hanno mai avuto una diretta esperienza del Sé, credono che uno stato mentale quieto o beatifico sia un assaggio del Sé. L’unica esperienza reale del Sé avviene quando la mente entra nel Cuore.
“Immagina una caverna con un feroce demone. Se vai ad investigare, possono accadere tre cose: il demone può ucciderti, puoi scappare dall’ingresso oppure puoi romperti la testa contro le pareti della caverna mentre cerchi di fuggire e quindi morire. Portare la mente nella caverna del Cuore è un po’ la stessa cosa.
Il Sé distrugge del tutto la mente, oppure la mente gioisce la beatitudine del Sé per un po’ prima di fuggire di nuovo verso il cervello, oppure lo sforzo dell’esperienza è troppo forte per il corpo e quindi si muore. In quest’ultimo caso ci sarà probabilmente una rinascita in uno dei mondi superiori. La maggior parte delle persone che affermano di aver sperimentato il Sé, non ha portato la mente nemmeno vicino all’ingresso della caverna del Cuore. E anche se la mente entra nel Cuore, c’è ancora un io che sta sperimentando la beatitudine del Sé. La vera esperienza del Sé avviene solo quando la mente è completamente assente, temporaneamente, come nel samadhi, o in modo permanente, come nella realizzazione del Sé. Entrambe queste esperienze sono molto rare.

“E’ molto difficile fare entrare la mente nel Cuore. In genere ha troppa paura di morire per avvicinarsi anche solo all’entrata. Le esperienze mentali di pace, beatitudine e tranquillità che i devoti affermano di sperimentare, generalmente avvengono al di fuori del Cuore. Sono tutte nella mente. Le persone che pensano che queste esperienze siano la realtà del Sé, stanno soltanto illudendosi.”

In una delle citazioni precedenti di questo capitolo, Saradamma affermò che emozioni come l’ira e il dolore, non la influenzano realmente; disse che sono soltanto immagini che vanno e vengono sullo schermo del Sé. Ciò che ha affermato per le emozioni, si applica in egual misura al suo comportamento e alle sue azioni: lei è il Sé, non il corpo, perciò non è toccata da nessuna azione che esso possa compiere. Le seguenti parole furono la risposta ad alcuni devoti che affermavano che gli jnani dovrebbero comportarsi in modo che la loro santità e spiritualità siano chiaramente visibili.
Saradamma: “Non sono obbligata a conformarmi alle opinioni e ai pregiudizi degli altri. Per una persona che ha realizzato il Sé l’io è morto, e non si comporta in modo prestabilito. La mia esperienza del Sé è immutabile e non toccata da nessuna delle attività in cui posso indulgere. Non sto cercando l’approvazione per le mie azioni, né mi interessa se le persone le disapprovano. Il Sé non è il corpo e non è toccato dai pensieri altrui.

“Non si può mai individuare uno jnani da ciò che dice o da ciò che fa. C’è una vecchia storia che illustra questo: Krishna e Arjuna stavano viaggiando insieme e visitarono la casa di un uomo molto cattivo che aveva accumulato parecchio denaro. Furono trattati male, ma quando se ne andarono Krishna benedisse il luogo e disse che la sua fortuna sarebbe aumentata sempre più. Poi visitarono un povero il cui solo possesso era una mucca. Egli li trattò con grande ospitalità, ma quando se andarono, Krishna benedisse l’uomo dicendogli che la sua mucca sarebbe morta. Arjuna rimase perplesso per questo comportamento e chiese a Krishna una spiegazione. Egli rispose che il ricco era molto attaccato al suo denaro e dandogliene di più, in realtà lo stava maledicendo, perché rafforzava i suoi attaccamenti. Il povero aveva soltanto un attaccamento: la sua mucca, cosi Krishna lo benedisse portandogliela via.

“Spesso gli jnani si comportano in modo imprevedibile, ma non si dovrebbe mai giudicarli secondo i normali modelli di comportamento.”

Saradamma afferma frequentemente di non avere una mente e che la persona realizzata è quella la cui mente è morta. Saradamma e Swami si comportano entrambi in modo normale. Guardandoli, a volte è difficile immaginare come possano eseguire tutti i loro compiti quotidiani senza mente. Una volta interrogai Saradamma in proposito. Le dissi che lei e Swami sembravano avere buona memoria e che nessuno di loro pareva avere difficoltà nel risolvere quei problemi per i quali la maggior parte delle persone dovrebbero ricorrere al pensiero. Inoltre dissi che lei e Swami sembrava prendessero decisioni proprio come chiunque altro. Le chiesi: “Come si conciliano queste osservazioni con la tua affermazione secondo la quale non hai una mente?”
Saradamma rispose: “Prima della realizzazione tutte queste funzioni mentali venivano eseguite dalla mente inerte grazie al potere del Sé. Ora viene fatto tutto dal Sé. La mente ha cessato di esistere ed ora ogni cosa viene eseguita dal Sé in modo automatico.”
In un’occasione più recente fu ancor più enfatica sul fatto di non possedere una mente.

Saradamma: “Io non ho mente. Gli jnani non hanno mente. Qualunque cosa sia scritta nei libri sugli jnani che mantengono una parte di mente non è vera. Ramana Maharshi a volte soleva dire che la mente dello jnani è come la luna alla luce del giorno, che è visibile a malapena, e che non fa nulla di utile perché il sole (il Sé) sta fornendo tutta la luce. Questo non è vero ed egli lo disse solo a quelle persone che trovavano difficile accettare il fatto che lo jnani non ha mente. In modo simile alcuni libri affermano che lo jnani ha ancora del prarabdha karma (il destino da esaurire nella vita presente) e che il corpo continuerà le funzioni alle quali è destinato finché morrà. Lo jnani non ha prarabdha karma perché egli non é il corpo. Non ho alcun timore nell'affermare queste cose anche se per molti devoti non è facile comprenderle.

“La mente è semplicemente una macchina inerte che sembra funzioni solo perché la corrente del Sé la anima. Quando la mente si tuffa nel Cuore e viene distrutta dal Sé si realizza che era il Sé ad animare la mente e che senza il Sé essa sarebbe stata inerte e del tutto inutile.
“Ogni cosa viene fatta dal Sé: guardare, girare la testa, parlare, camminare, ecc. Prima della realizzazione si immagina che sia la mente o il corpo a fare tutto questo, ma dopo la realizzazione si sa che è il Sé a fare ogni cosa.”
Saradamma afferma che il mondo non è altro che mente. La deduzione logica che ne consegue è che lo jnani non percepisce affatto il mondo, poiché non ha più una mente. Saradamma conferma che le cose stanno cosi nel dialogo seguente.

D: “Hai fatto due affermazioni. In una dici che il mondo non è che la mente e nella seconda dici che la persona realizzata non ha mente. Se entrambe queste affermazioni sono vere, come fai a vedere il mondo, dato che non hai più una mente?”

Saradamma: “Io non vedo il mondo. Vedo soltanto il Sé. Vedere il Sé ovunque io guardi è una proprietà fondamentale del mio essere, tale da farmi dimenticare a volte che i devoti non vedono ciò che io vedo. In queste occasioni, è solo quando parlano che mi ricordo che hanno tutti una mente e che quando guardano il mondo stanno solo guardando la loro mente.”
Non avendo una mente, Saradamma compie il viaggio della vita senza essere appesantita da alcun bagaglio mentale e le implicazioni di ciò a volte sono molto sorprendenti.

Saradamma: “Qualche volta vado a Bangalore a trovare mia sorella che abita laggiù. Mentre sono lontana dall’ashram mi dimentico completamente di esso perché non c’è una mente che mi ricordi continuamente la sua esistenza e quando vi faccio ritorno è tutto molto strano. Anche se ogni cosa mi è familiare, è quasi come se stessi visitando il luogo per la prima volta. Poiché non ho mente, non c’è nulla in me che possa mantenere una continuità con il passato. Il Sé esiste soltanto nel momento presente e dato che non ha residui del passato che vi si attacchino, ogni esperienza è nuova e fresca. Quando sono a casa di mia sorella a Bangalore, per me quella casa è tutto ciò che esiste. Quando sono qui, esiste solo l’ashram. Ovunque io sia non c’è attaccamento al passato e non c’è anticipazione del futuro.”
Prima della sua realizzazione, la mente di Saradamma era occupata costantemente da pensieri su Swami e quando la sua mente morì non potè più avere tali pensieri, ma l’amore che aveva generato i pensieri continuò a fluire.

Saradamma: “Prima della realizzazione non potevo distogliere lo sguardo da Swami. Pensavo a lui continuamente e la mia mente era sempre consapevole della sua presenza. Dal momento della realizzazione la mia mente se n’è andata ed ora scopro che non ho l’impulso di guardarlo per più di due o tre minuti per volta. I pensieri sono cessati, ma l’amore non è diminuito. La sola differenza è che prima era amore mentale, mentre ora è amore del Sé. Lo stesso amore del Sé fluisce da Swami: Swami è il mio Cuore ed io sono il Cuore di Swami.”

Tratto da Non sono la mente io sono il Sè, Vita e insegnamenti di Sri Lakshmana Swami e Mathru Sri Sarada, David Godman, Ed. Il Punto di Incontro, pag 245-254)

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