Le radici possono essere un impedimento e si possono perdere, ma a prescindere da esse, si può comprendere che esiste un ordine, l'Ordine universale che fa dire a taluni che ogni fenomeno è al suo posto, perchè non esiste evento al mondo che non sia riconducibile ad una causa o determini un effetto.
Realizzato questo Ordine, il Filosofo vive seguendolo e difficile è dire se l'uno segue l'altro.
A questo ordine tendono gli aspiranti quando si avvicinano ad un rituale, sia esso gestuale (mudra o asana o pranayama), verbale (mantra, bajana, nama), misto (sankirtana, puja) o mentale (dhyana, samadhi).
È il mancato ripristino dello stato naturale dell'ente, della Pura Realtà o atman, scevra da sovrapposizioni che fanno ritenere l'ente quale artefice del fenomeno cui partecipa.
Ogni percorso tradizionale impegna gli aspiranti in questa opera, ciò che ad essi occorre è l'accesso ad un filosofo che l'abbia già realizzata, affinché possa sciogliere le pastoie stesse che là hanno condotto gli aspiranti: i rituali stessi.
Per questo non è dato dileggiare il rituale, esso è un momento tradizionale necessario per colui che necessita, inutile per colui che non necessita; ma quest'ultimo non necessita solo dopo aver superato lo stato di necessità.
Bodhananda
brano tratto da ML Advaita Vedanta 16 dicembre 2003
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