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Esame "VERSI AUREI" X - XI

X. "Non conviene trascurare la salute del corpo.”

Nel pitagorismo, come già accennato in precedenza, viene ignorato un percorso iniziatico che sia nemico del vigore e della salute del corpo.

Scrive Ierocle: “il corpo mortale, che ci è dato come strumento per svolgere la vita terrena, non va né viziato con cure eccessive, né vessato con privazioni non necessarie.”

Giamblico: “(Pitagora) riteneva che il primo insegnamento da instillare negli uomini fosse quello che si vale dei sensi e sorge dalla visione di belle forme e di belle sembianze, o dall’ascolto di bei ritmi e canti”.

La vita pitagorica delle origini ci viene descritta nei termini di una serena ed equilibrata sanità del corpo e della mente, con accenni anche al culto della bellezza sensibile.
Un precetto, comune agli Antichi, era quello di vigilare da sé sulla propria salute, di conservarla grazie alla temperanza e alla moderazione e di non mettersi nella condizione di perdere il benessere fisico per poi, necessariamente, affidare ad un altro il compito di ristabilirla.

"Nelle bevande, nel cibo, negli esercizi ginnici serba misura: la misura, dico, che da ogni turbamento ti preserverà. Abituati ad una vita monda e priva di mollezze e astieniti da fare ciò che attira l’invidia. Non spendere avventatamente come chi ignora ciò che vale, senza però essere gretto: la misura di ogni cosa è la perfezione. Fa dunque quel che non ti nuocerà, riflettendo bene prima di agire.”

Nel frontone del tempio apollineo di Delfo, insieme al famoso “Conosci te stesso”, era segnata un’altra frase: “Nulla di troppo”.
Queste massime di saggezza non richiedono particolari commenti. Convergono nell’ideale di una vita semplificata, purificata ed equilibrata; e ricordano il “giusto mezzo” di Confucio.

Il Filosofo voleva che i suoi discepoli evitassero l’eccesso in ogni circostanza e che non si facessero notare per uno stile di vita troppo al di fuori del normale. L’invidia è vergognosa per chi la prova, pericolosa per chi la ispira.

Liside conclude così la parte purgativa della dottrina di Pitagora, illustrando il giusto mezzo nella virtù e nella scienza. Il lusso e l’avarizia non differiscono nei loro effetti e la filosofia consiste nell’evitare l’eccesso in ogni cosa; moderare gli istinti, le passioni e i bisogni affinchè l’animo non sia disturbato nel volgersi verso la conoscenza e la contemplazione.

Dice Ierocle: “Il senso di piena soddisfazione è necessariamente l’effetto di un’azione; ora, se l’azione è buona, la soddisfazione permane; se è cattiva, la soddisfazione passa e si corrompe. Se si fa con piacere una cosa vergognosa, il piacere passa e la vergogna resta. Se si fa qualcosa di bello con mille difficoltà e mille traversie, i dolori passano e resta solo il bello.”

***

"Dalla dolcezza del sonno sorgendo, fissa con cura tutto ciò che nella giornata farai, e [a sera] i tuoi occhi, ancorchè stanchi, non accolgano il sonno prima di esserti chiesto quel che facesti: dove son stato? Che ho fatto? Che ho omesso di quel che avrei dovuto fare? Cominciando dalla prima azione fino all’ultima, e di nuovo tornandovi.”

Secondo la ripartizione dei Versi, qui prenderebbe inizio la terza e ultima sezione, quella della Perfezione.

Propedeutica per la fase unitiva, l’unione dell’uomo alla Divinità. Grazie al buon uso che avrà fatto della volontà, adesso è tramite la Virtù che raggiungerà la Verità e la Verità è l’anima di Dio (secondo Pitagora), è Dio stesso.
Il primo precetto che Pitagora dava ai suoi discepoli, quando intraprendevano la strada della perfezione, era indurli a riflettere sulle proprie azioni, a farli ripiegare su sé stessi.

A riflettere sui moti esteriori ed interiori, a cercare insomma di conoscersi. La conoscenza di sé era la prima conoscenza tra tutte.

“Nulla di troppo e Conosci te stesso” era l’iscrizione nel più importante tempio greco, quello di Delfi.

“Consigliava [Pitagora] di riservare per la meditazione soprattutto due momenti: prima di addormentarsi e alzandosi, perché in entrambi i momenti è bene riflettere su quanto facemmo e su quanto stiamo per fare”(1).

Esercizi volti a controllare, rettificare e adeguare la propria vita quotidiana, riducendo le dispersioni e l’andare a caso.
Si dovrebbe esser capaci di considerare oggettivamente tutto quello che si è fatto, come se ad agire fosse stato un altro, una persona differente, non noi stessi.

Essere giudice imparziale, né difensore ed erigere scuse per le proprie debolezze, né accusatore creando sensi di colpa e di peccato. Con animo saldo e fermo si deve invece formulare il proposito di essere sempre più presenti a sé stessi.

“Osservando rimani osservatore distaccato, punto al centro nel tuo stesso flusso e riflusso. Devi essere come il sole che rotea su se stesso, non devi farti trascinare dalla forza-movimento dei contenuti-pianeti energetici che esiste nella tua spazialità psichica. Se persisterai, la tua riconquistata potenza solare risolverà le forze lunari,che ti costringono, fino al dissolvimento finale.” (2)

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1. Porfirio, Vita, 40
2. Raphael, Alle fonti della vita, Ed. Asram Vidya

 

articolo a cura di Manduka, tratto da forum pitagorico, Vedanta & e co.

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