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Posizione della foglia caduta: dharmikasana

C'è una grande abbondanza di Grazia che Dio può riversare su di voi

Ma essa si trova in profondità

Per ottenerla sono richiesti alcuni sforzi

Se volete prendere dell'acqua da un pozzo, dovete attaccare una corda ad un secchio, calarlo nel pozzo

e poi tirarlo su con l'acqua

Ma voi non state né legando la corda al secchio, né calando il secchio nel pozzo

Per questo l'acqua non arriva fino a voi.

La corda da usare è quella della devozione

Questa corda deve essere legata al secchio del vostro cuore,

per poterlo calare nel pozzo della Grazia di Dio.

Ciò che viene fuori dal pozzo, quando tirate fuori il secchio,

è l'acqua della beatitudine pura (anugraha)

e non quella della rabbia (agraha) o della gelosia (asūyā)

- Sai Baba, dal discorso del 24 maggio 2002 -

 

Nell’accezione classica la posizione della foglia caduta è chiamata dharmikasana “la posizione del virtuoso”.

L’aggettivo dharmika deriva dal sostantivo dharma, attestato per la prima volta nel Rigveda nella forma neutra dharman. 
L’etimologia del sostantivo dharma deriva dalla radice verbale dhr che ha il significato di sostenere, trattenere, rendere stabile. 
Dharma è letteralmente “ciò che è stabile”, ciò che sta a fondamento della sfera sociale e in tal senso assume il significato di legge, ma in senso etico è anche ciò che sta a fondamento dell’ordine morale e assume il significato di virtù.

Dharma è anche la conformità con la regola e con ciò che è giusto, la sintonia e l’accordo con la natura delle cose, pertanto dharmikāsana è espressione di uno stato devozionale proprio di chi è in sintonia con il fluire delle cose, con il proprio cammino spirituale, con il proprio ruolo.
Il cammino è inteso come il sentiero che sostiene e costituisce il supporto, la base stabile sulla quale ci si muove.

La  posizione della foglia caduta è  considerata la posizione devozionale per eccellenza, la posizione del bhakti, colui che si arrende al Divino con tutto se stesso.

La dharmikāsana, oltre che far affluire delicatamente sangue al cervello,  allentare le tensioni della zona cervicale e lombare, e simbolicamente "piegare” il praticante alla contemplazione dei vortici di pensieri ed emozioni che accompagnano il dinamismo del corpo alle prese con le problematiche dell'"io sono questo e quello", viene collegata alla sperimentazione della devozione ed è chiamata “posizione devozionale” proprio perché aiuta a contemplare, sedandola, la paura della vita, rafforza il coraggio e la fiducia in se stessi, favorisce il rilassamento delle tensioni più profonde del corpo, e permette di permanere in uno stato di concentrazione sul nucleo più interno del corpo, sul sacco delle viscere, sull’addome.

Per eseguirla si parte dalla posizione del diamante (vajra asana), la normale posizione di seduta in ginocchio (eseguita il più possibile con presenza, stabilità, senso di apertura e di leggerezza) e si arriva in dharmika asana, la posizione devozionale che ci aiuta a rilassare le tensioni e a entrare in uno stato di offerta di tutto, di deposizione di ogni cosa.
Il corpo è raccolto come un feto nell’utero della madre.

Respira con lei, percependo la pulsazione del respiro nella zona addominale, compressa dalla posizione. Gli organi si fanno spazio nella cavità addominale e si decomprimono massaggiandosi a vicenda.

C'è anche la possibilità di una variante, nel caso si soffra di problemi di peristalsi intestinale, mettendo i pugni alle inguini prima di scendere nella posizione. L'automassaggio degli organi interni si accentuerà.

La posizione dovrebbe essere eseguita tre volte, in preparazione della contemplazione della forma che dovrebbe essere protratta almeno per tre minuti.

L’osservazione viene mantenuta sulla respirazione nella zona addominale, anche se, essendo l’addome compresso dalla forma, è necessario percepire l’espansione della “gobba” della schiena, per creare spazio al corpo, tutto rannicchiato.


Si deve contestualmente visualizzare un fiore che sboccia nel punto dove la fronte tocca il suolo e percepirne il contorno, i petali, il colore, il profumo.
La posizione è considerata un क्रिया kriyā : un’azione perfetta in se stessa. Un sigillo, una porta.

Dalla posizione si ritorna o nella posizione adamantina (in ginocchio: vajra asana) avendo cura, nel passare da dharmika a vajra asana, di sollevare la testa immaginando di offrire il nostro fiore al mondo, srotolando la colonna vertebrale con la levità del gambo di un fiore che si raddrizza per godere del sole; oppure si completa la posizione portando in avanti le braccia fino a che le mani, (che avevano prima i palmi delle mani rivolti verso l’alto) si uniscono davanti alla testa (con i palmi verso la terra) per formare la forma completa della foglia che, dopo essere caduta, viene offerta. Da qui si prosegue solitamente con le sequenze della posizione del cobra.


Riflettevo…
La posizione dharmica non è dunque quella del diamante, in cui lo yogi sperimenta il suo spazio tra cielo e terra (con un filo attaccato al cranio che va verso il cielo e con un filo che scende nelle viscere a terra come una lunga radice), ma, bensì, una posizione in cui si depone tutto ai piedi del Divino.
Come una foglia che si stacca dal ramo, volteggia per un po’ e si posa a terra, giunta al termine del suo ciclo vitale.
Dalla terra tornerà a vorticare e formerà humus per nutrire l’albero. Albero e foglia sono la medesima cosa.

Una foglia di paulonia

trafitta dal sole

è caduta giù

- Kyoshi Takahama -

Tratto da forum pitagorico

articolo a cura di ambika

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