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Åšamkara rinuncia al mondo

Śamkara rinuncia al mondo.

            Dopo tre anni di studio nel pathasala, Śamkara aveva acquisito, oltre alla pratica dei quattro Veda, delle solide conoscenze nelle diverse branche del sapere indiano tradizionale: Logica (Tarka), Yoga di Patanjali, Samkhya e Purva Mimamsa. A otto anni egli tornò a vivere con sua madre.

            Qualche tempo dopo, alcuni asceti itineranti (samnyasin), passando per Kalati, visitarono la sua casa e si mostrarono molto contenti dell'accoglienza che era stata loro riservata. Uno di essi spiegò ad Aryamba che, viste le circostanze nelle quali suo figlio era nato, egli aveva l'età per lasciare questo mondo, ma grazie all'ospitalità ricevuta gli era concesso di vivere il doppio. Il gruppo, nel quale si trovavano i saggi Agastya e Narada, benedisse la casa e se ne andò.

            Aryamba improvvisamente si ricordò dell'avvertimento del Dio Śiva a Trichur: «O numerosi figli mediocri con una lunga vita, o questo giovane Śamkara che illuminerà il mondo».

Gli asceti le avevano appena detto che il suo unico e diletto figlio sarebbe morto dunque a sedici anni. Il ragazzo consolò sua madre spiegandole che i rapporti dei genitori coi figli, in questa vita, sono transitori; i reciproci legami affettivi non devono impedirci di perseguire l'obiettivo principale del nostro passaggio sulla terra: la Realizzazione dell'essere e la sua Liberazione. Ma Aryamba che, per la sua condizione di donna, non era stata mai ammessa allo studio dei Veda non riusciva a capire queste considerazioni.

            Dopo la visita dei Saggi, la tendenza di Śamkara all'ascetismo si accentuava ogni giorno. Aryamba decise dunque di distogliere la sua attenzione impegnandolo nei lavori domestici, lasciando intendere con ciò che gli avrebbe cercato una sposa. Ma nelle sue meditazioni giornaliere, Śamkara intuì perfettamente che era destinato ad un grande compito, il più grande compito, il più grande che un figlio dell'India ebbe mai a compiere: ristabilire la Religione eterna (Vedikamatha) nella sua purezza originale. Come persuadere sua madre, vedova e per di più priva dimezzi, di lasciarlo partire?

            Un mattino Śamkara se ne andò al fiume a prendere il primo bagno della giornata (snanam), quando un coccodrillo lo afferrò per la caviglia e lo trascinò nella corrente. Śamkara chiamò sua madre in aiuto. Aryamba, tutta tremante vide sua figlia che si dibatteva nell'acqua. Egli le fece capire che un coccodrillo lo aveva appena afferrato alla gamba. «O madre, se tu mi darai il permesso di rinunciare la mondo, questo coccodrillo mi lascerà andare. Aryamba, piuttosto che vedere suo figlio morirle sotto gli occhi, acconsentì. Il coccodrillo lasciò immediatamente la presa e Śamkara raggiunse la riva. Pieno di gioia, egli dichiarò che d’ora in avanti tute le donne alle quali avrebbe chiesto l’elemosina sarebbero state per lui altrettanti madri amorevoli, il Maestro che lo avrebbe iniziato definitivamente come samnyasin sarebbe stato per lui come un padre, e i suoi futuri discepoli figli affettuosi. Tutta la terra sacra dell'India e il mondo intero, non più soltanto la piccola casa di Kalati, sarebbero stato la sua dimora.

            Prima di lasciare il villaggio natale, Śamkara chiese ai brahmani Nambutiri del luogo di prendersi cura di sua madre e di vigilare affinché non le mancasse nulla. Poi, si prosternò ai piedi di Aryamba un'ultima volta, la rassicurò dolcemente e le confidò in segreto: «Verrò ad assisterti negli ultimi istanti. Non temere nulla».

            Senza voltarsi, il giovanetto, attraverso le risaie e le piantagioni di cocco e di areca, prese la direzione di Trichur. Avvolto nel suo mundu immacolato, la fronte, il petto e gli avambracci segnati con ceneri bianche (bhasma), con la collana di rudraksa e il bastone di pellegrino, si sarebbe detto Daksinamutri (Siva) in persona che, uscito dal suo tempio, si era messo a camminare per le strade dell'India.

Tratto da Shankara e il Vedanta di Paul Martin-Dubost - Edizioni Asram Vidya

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