Åšakti Catuá¹£á¹aya II
II – ŚAKTI CATUŞŢAYA
vīryam, śakti, caņdibhāva, śraddhā
Questa può essere definita la Siddhi [perfezione] del temperamento o della natura nel sistema inferiore, nel Triloka [triplice mondo] interiore di mente, vita e corpo: Manas, Prāņa, Ānnam [mente, energia vitale, corpo fisico]. Dargli una collocazione da un punto di vista più alto, è la Siddhi della śakti divina operante in questi tre princìpi.
vīryam, śakti, caņdibhāva, śraddhā iti śakti-catuşţayam.
[Forza, Energia, Forza di Mahākālī, Fede, costituiscono la śakti-catuşţaya]
1. VĪRYA
Il Caturvarnya
Per vīrya s’intende la fondamentale svabhāśakti, o energia del temperamento divino, che si esprime nella quadruplice tipologia del caturvarnya [i quattro varna, o caste] – nel Brahmanyam, Brahmashakti e Brahmatejas, nello Kshatram, Kshatrashakti e Kshatratejas, Vaishyasvabhavashakti e tejas, Shudrasvabhavashakti e tejas [svabhavashakti : l’energia caratteristica del tipo; tejas : luce dell’energia, forza, potenza].
Dobbiamo renderci conto che gli antichi Rishi Ariani non intendevano con il caturvarnya una mera divisione sociale, ma l’atto di riconoscere come Dio si manifesti in alcuni svabhava [tipi] fondamentali, rispetto ai quali le nostre distinzioni fisiche e caste sociali sono meri tentativi di organizzazione nei simboli della vita umana – tentativi spesso confusi, nient’altro che una parodia o distorsione della cosa divina che cercano di esprimere. Ciascun uomo porta in sé tutti e quattro di Dharma, ma uno è sempre predominante, uno solo è quello in cui egli è nato e che fissa la nota principale del suo carattere, determinando il tipo e l’impronta di tutte le sue azioni; il resto rimane subordinato a tale carattere dominante, in funzione complementare.
Nessun Brahmana è completo se non ha in sé lo Kshatratejas, la Viashyashakti e la Shudrashakti; ma tutte queste gli servono per la pienezza del suo Brahmanyam. Dio Si manifesta come i quattro Prajāpati o Manu, i catvāro manavah della Gīta, e ciascun uomo è nato nello amśa [parte, porzione] di uno dei quattro; il primo è caratterizzato dalla saggezza e dalla vastità, il secondo dall’eroismo e dalla forza, il terzo dall’abilità e dal godimento, il quarto dal lavoro e dal servizio.
L’uomo reso perfetto sviluppa in sé tutte le quattro capacità e contiene insieme il dio della saggezza e della vastità, il dio dell’eroismo e della forza, il dio dell’abilità e del godimento, il dio del lavoro e del servizio. Ma uno è sempre dominante e guida e usa gli altri tre.
Brahmatejas
Jñānalipsā, jñānaprakāśo, brahmavarcasyam, sthairyam iti brahmatejah
[Aspirazione alla conoscenza, Luce di conoscenza, Forza spirituale, Fermezza, costituiscono l’energia del temperamento brāhmana]
1) Lipsā [aspirazione]
Elenco qui solo le qualità dominanti del tipo: il Purna Yogin non riduce la propria natura all’inazione, ma la rende perfetta e la innalza per porla al servizio dell’Īśvara nella Sua Lila [Gioco]. Egli accetta Jñānalipsā [aspirazione alla conoscenza], e, purificandola dal desiderio, la volge in un divino tendersi verso il Prakaśa [luce, illuminazione] della Conoscenza; questo divino tendersi senza desiderio del Brahman nella personalità verso il Brahman nel vişaya o oggetto, è il nuovo significato che lipsā acquisisce nel linguaggio del Siddha.
2) Jñānaprakaśā [luce di conoscenza]
Jñāna include sia Para sia Apara Vidya [conoscenza superiore e inferiore]; la conoscenza del Brahman in Sé stesso e la conoscenza del mondo; ma lo Yogi, rovesciando l’ordine della mente mondana, cerca di conoscere innanzitutto il brahman e, attraverso il Brahman, il mondo. La conoscenza scientifica, l’informazione e l’istruzione mondane sono per lui obiettivi secondari, al contrario di quanto avviene per lo studioso o lo scienziato ordinario, per il quale sono lo scopo principale. Nonostante questo, anch’esse devono essere comprese nel nostro ambito e deve esser dato adeguato spazio alla piena gioia di Dio nel mondo. I metodi dello Yogi, inoltre, sono diversi, poiché egli propende sempre più verso l’uso della visione diretta e delle facoltà di Vijñāna [Idea Causale, Gnosi, Supermente] e sempre meno verso i mezzi intellettuali. L’uomo ordinario studia l’oggetto dall’esterno e arriva alla sua natura interna per inferenza dai risultati di tale studio. Lo Yogi cerca di penetrare dentro l’oggetto, di conoscerlo dall’interno, e usa lo studio esterno solo come mezzo di conferma della sua visione o dell’azione esteriore che risulta da una natura interiore già nota.
3) Brahmavarcasya
Brahmavarcasyam è la Forza di Jñāna [Conoscenza] operante da dentro l’uomo, tendente a manifestare la luce divina, il potere divino, le qualità divine nell’essere umano.
4) Sthairya
Sthairyam è la capacità di fissare la conoscenza; l’uomo che è sthira è in grado di conservare la luce e il potere che entrano in lui senza vacillare né essere abbagliato o accecato dall’impatto, ricevendo ed esprimendo i gūña [qualità] divini in sé stesso senza essere trasportato da questi, né assoggettato al cieco impeto dell’onda di Prakriti. Egli possiede il dhāraņasāmarthyam [potere di sostenere la piena corrente della Forza divina quando discende nell’organismo], e non perde né spreca queste cose quando entrano in lui, per incapacità nell’ādhāra [veicolo mentale, vitale, fisico].
Kshatratejas
Abhyam, sāhasam, yaśolipsā, ātmaślāghā iti kşatratejah
[Libertà dalla paura; Audacia; Aspirazione alla vittoria; Fiducia in sé, sono gli attributi dello Kşatriya]
Abhayam è la libertà passiva dalla paura, che con calma spavalda affronta e riceve ogni minaccia o pericolo, colpo o disgrazia.
Sāhasam è il coraggio attivo e l’audacia che non si ritrae da alcuna impresa per quanto difficile o pericolosa, che non può essere scoraggiato o depresso né dalla forza né dal successo delle forze avverse.
Per yaśa s’intende la vittoria, il successo, il potere. Sebbene lo Kşatriya debba essere pronto ad affrontare e accettare la sconfitta, il disastro e la sofferenza, nondimeno il suo obiettivo, la cosa verso cui si dirige è yaśas. Egli entra in campo per vincere, non per soffrire. La sofferenza è solo un mezzo verso la vittoria. Qui ancora il tendersi, lipsā, deve arrivare ad essere libero dal desiderio e a consistere nel divino tendersi di Dio all’interno della Sua auto-realizzazione come Kşatriya. Per questo lo Kşatriya deve manifestare in sé stesso la natura del Brahmana, jñāna [conoscenza divina] e Sthairyam [costanza, fermezza], in quanto senza qualche forma di conoscenza il desiderio non può estinguersi nel sistema.
Atmaślāghā, nello Kşatriya non purificato, è l’orgoglio, la sicurezza in sé stesso, la consapevolezza della propria potenza. Senza queste qualità lo Kşatriya sarebbe carente di forza e non riuscirebbe a portare ad effetto il suo tipo e la sua azione caratteristica; ma, con la purificazione, questa qualità cessa di essere ślāghā [affermazione] dell’aham [senso dell’ego], e diviene ślāghā dell’Ātman, il Sé divino che gioisce al suo interno della śakti di Dio, della sua grandezza e del suo potere quando si riversano nella battaglia e nell’azione attraverso l’ādhāra [veicolo] umano.
Vaiśyaśakti
Dānam, vyayah, kauśalam, bhogalipsā iti vaiśyaśaktih.
[Dare, Spendere, Abilità nel mestiere, Aspirazione al Godimento, queste cose esprimono il potere dell’anima del Vaiśya]
Dānam e pratidānam sono il Dharma speciale del Vaiśya; la sua natura è quella dell’amante che dà e cerca; egli si riversa all’esterno, sul mondo, per riavere indietro ciò che ha dato, moltiplicato per cento.
Vyaya è la sua capacità di spendere liberamente per questo scopo senza nessuna meschina e controproducente avarizia nel dare.
Kauśalam è la destrezza e l’abilità capace di disporre i mezzi, gli strumenti, l’azione in modo tale da produrre i risultati più grandi e migliori possibili.
Leggi, combinazioni, adattamento dei mezzi agli scopi, della spesa al ricavo, sono le gioie del Vaiśya. Il suo obiettivo è bhoga [piacere, delizia]; il possesso e la gioia, non semplicemente di cose fisiche, ma il godimento nella sua interezza:, il godimento della conoscenza, del potere, del dono di sé, del servizio – tutto rientra nel suo scoppo. Il Vaiśya, divenuto puro e libero, diventa il supremo donatore, amante e fruitore, l’amśa [parte] di Vishnu che preserva il mondo facendone l’uso migliore. Egli è la Vishnushakti [energia di Vishnu] come il Brahmana è la Shivashakti [energia di Shiva] e lo Kşatriya è la Rudrashakti [energia di Rudra].
Śudraśakti[
Kāmah, prema, dāsyalipsā, ātmasamarpaņam iti śūdraśaktih.
[Desiderio, Amore, Aspirazione al Servizio, Dono di sé, queste cose esprimono il potere dell’anima dello śūdra]
Il śūdra è Dio che, disceso interamente nel mondo inferiore e nella sua natura, interamente si dedica all’elaborazione della Lila di Dio nella Materia e nel mondo materiale. Da questo punto di vista egli è la più grande delle quattro Śakti, perché la sua natura si volge direttamente al completo ātmasamarpaņa [dono di sé]; ma lo śūdra prigioniero si è separato dalla conoscenza, dal potere e dall’abilità perdendosi nel tamoguņa [guna del tamas, o inerzia].
Egli deve ritrovare in sé stesso il brahmana, lo kşatriya e il vaiśya, e offrirli al servizio di Dio, dell’uomo, di tutti gli esseri.
Il principio di kāmah o desiderio, deve cambiare in lui da una ricerca del benessere fisico e l’autocompiacimento, alla gioia di Dio che si manifesta nella Materia.
Il principio di prema [amore] deve trovarsi e realizzarsi in dāsyalipsā [aspirazione al servizio] e in ātmasamarpaņa [dono di sé], nella sottomissione a Dio e a Dio nell’uomo, nel servizio disinteressato a Dio e a Dio nell’uomo. Lo Śudra è lo spirito dominante del Kali [yuga], così come il Vaiśya lo è del Dvapara [yuga], lo Kşatriya del Treta [yuga] e il Brahmana del Satya [yuga].
2. ŚAKTI
Śakti è la perfezione delle diverse parti del sistema, che permette loro di agire liberamente e in modo perfetto.
1) Dehaśakti [śakti del corpo]
Mahattvabodho, balaślāghā, laghutā, dhāraņasāmarthyam iti dehaśaktih.
[Senso di una grande Forza che sostiene, Affermazione della Forza, Leggerezza, Capacità di sostenere tutte le operazioni dell’energia: queste cose costituiscono il potere del corpo]
Il corpo è il pratişţa [sostegno, base] in questo universo materiale; per l’elaborazione della divina Lila [Gioco] sulla terra è necessario che possieda specialmente il dhāraņa-sāmarthyam o potere di reggere la piena corrente della forza, dell’ānanda, della conoscenza ed esistenza sempre più ampie che discendono nella mente, nel prāņa e nelle funzioni vitali e fisiche col progredire della siddhi [perfezione]. Se il corpo è carente, il sistema non riesce a sostenere queste cose in modo perfetto. In casi estremi, il cervello fisico è talmente sconvolto dall’impatto proveniente dall’alto da portare alla follia; ma questo succede solo in adhara [veicoli] del tutto inadatti o impuri, oppure quando Kali discende in tutta la sua collera e violenza per vendicarsi del tentativo dell’Asura di afferrarla e costringerla a servirne i desideri impuri e sporchi.
Ordinariamente, l’incapacità del corpo, del sistema nervoso e del cervello fisico si mostra in una lentezza a progredire, in piccole deviazioni e disturbi, in un possesso instabile della siddhi, che viene e va, agisce ed è perduta. Dhāranasāmarthya [potere di reggere la discesa della forza] viene con la purificazione della mente, del prāņa e del corpo; la pienezza della siddhi dipende dalla pienezza della śuddhi [purificazione].
2) Prāņaśakti [śakti della forza vitale]
Pūrņatā, prasannatā, samatā, bhogasāmarthyam iti prāņaśaktih.
[Pienezza, Chiarezza, Equanimità, Capacità di Godimento, queste cose costituiscono il potere della forza vitale]
Quando nelle sensazioni fisiche siamo coscienti di una forza vitale piena e costante, che è limpida e felice e luminosa, indisturbata da ogni impatto fisico e mentale, allora abbiamo la siddhi [perfezione] del prāņa, del sistema nervoso o vitale. Diventiamo allora idonei per qualunque bhoga [piacere] Dio imponga sulla mente e sul corpo.
3) Cittaśakti [śakti della mente emotiva]
Snigdhatā, tejahślāghā, kalyāņaśraddhā, premasāmarthyam iti cittaśaktih.
[Ricchezza di Sensazioni, Affermazione della Forza fisica, Fede nel bene e universale, Capacità di Amore illimitato, queste cose costituiscono gli elementi di cittaśakti]
Questi sono i segni della cittaśuddhi e śakti del citta, o delle parti emozionali dell’antahkaraņa [veicolo]. Più ampia e universale è la capacità di amare, di un amore autosufficiente, che non è turbato né dalla mancanza né dalla brama né dalla delusione, più stabile è la fede in Dio e la gioia in tutte le cose come mangalam [buona fortuna], e più grande diviene la forza divina nel citta [mente emotiva].
4) Buddhaśakti [śakti della mente raziocinante]
Viśuddhatā, prakāśah, vicitrabodhah, jñānadhāraņasāmarthyam iti buddhiśaktih.
[Purezza, Chiarezza, Varietà di comprensione, Capacità di sostenere ogni tipo di conoscenza, queste cose costituiscono il potere della mente pensante]
Manas [mente sensoriale] e Buddhi [mente raziocinante] non devono essere considerate separatamente in quanto gli elementi del potere si applicano in modo eguale sia al sestuplice indriya [insieme delle facoltà dei sensi], sia alla capacità di pensiero nella mente. Il loro significato è chiaro. Per il pieno significato di viśuddhatā [purezza della facoltà di pensiero], vedi la spiegazione di śuddhi nel settimo Catuşţaya.
3. CHANDIBHAVA
Caņdibhāvah è la forza di Kali che si manifesta nel temperamento
[dagli appunti di un discepolo:
Essa significa il possesso delle quattro Śakti: Maheshvari, la Śakti della grandezza e della conoscenza; Mahakali, la Śakti della forza e della violenza; Mahalakshmi, la Śakti della bellezza, dell’amore e della gioia; e Mahasarasvati, la Śakti della ragione applicata alle cose, della scienza e del lavoro. Il possesso di queste Śakti porta con sé un senso di Potere divino, di generale compassione e disponibilità ad aiutare il mondo, di capacità per qualunque opera la natura possa intraprendere.]
4. ŚRADDHA
Śraddhā [fede] è necessaria in due cose:
Śaktyām, bhagavati ca iti śraddhā.
[Śraddhā significa fede in Dio e nella sua Śakti]
Dev’esserci fede nell’amore e nella saggezza di Dio che compie Sé stesso attraverso di noi, che realizza la Yogasiddhi [perfezione che si raggiunge con lo Yoga], che realizza l’opera della nostra vita, elaborando tutto per il nostro bene anche quando è apparentemente velato dal male; e deve esserci fede nel potere della Śakti da Lui manifestata in questo ādhāra [veicolo] per sostenere, elaborare e portare a compimento la conoscenza, il potere e la gioia divini nello Yoga e nella vita.
Senza Śraddhā non c’è śakti; una Śraddhā imperfetta significa una śakti imperfetta. L’imperfezione può essere sia nella forza della fede sia nella sua illuminazione. È sufficiente all’inizio avere la piena forza della fede, perché non è possibile avere fin dai primi passi dello Yoga la piena illuminazione. In seguito, per quanto potremo sbagliare o inciampare, la nostra forza di fede ci sosterrà. Quando non ci sarà possibile vedere, sapremo che Dio ha ritirato la luce, imponendoci l’errore come un passo verso la conoscenza, proprio come ci impone la sconfitta come un passo verso la vittoria.
Sri Aurobindo, Record of Yoga, SA Ashram, Pondicherry 2001, p. 7-13. Traduzione italiana di Laura C.
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