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Ascetismo Indù

Nella società indiana da millenni la figura spirituale più importante è quella del monaco asceta. Questa figura è strettamente connaturata con le filosofie indiane ed è sempre stata equidistante fra il potere temporale dei Rajà e quello religioso dei bramini.

La figura del sadhu1 è l'elemento che insieme le scardina e unifica il rigido sistema indiano delle caste (varna). Mentre la figura del sacerdote-bramino ha assunto il vertice del sistema durante il periodo bramanico, soppiantando la casta guerriera sino ad allora dominante. 

In Occidente come in Oriente sono esistite fasi in cui nascevano delle tendenze ascetiche che col tempo o scomparivano assorbiti dalla secolarizzazione dei movimenti di cui spesso erano la punta o divenivano a loro volta dei movimenti organizzati.

La tendenza innata dell'uomo di ricercare un contatto, una strada verso l'Assoluta Realtà, forse mai come in India ha trovato massima espressione, questo grazie anche alla presenza di innumerevoli culti che hanno permesso uno sviluppo orizzontale, fra le genti di ogni livello sociale. Se un asceta in occidente viene visto come elemento disadattato, che con la sua presenza mina e contesta le basi del vivere sociale con tutte le sue inerenti necessità, abitudini e convenzioni, in India un asceta è considerato l'espressione più dell'uomo nella sua eterna ricerca dell'immortalità.

Questo perché l'asceta indiano difficilmente è un personaggio in cerca di pubblico, se non per quelle prime necessità come il cibo, ove non è l'ambiente stesso a fornirlo. Ovviamente nel novero occorre considerare anche persone che dell'apparire come sadhu hanno fatto un mestiere, senza alcuna attinenza con un percorso spirituale o religioso.

Nonostante la rigida struttura sociale, con tutte i privilegi e i doveri che questa comporta, gli asceti vengono considerati al di là delle caste. Sino a quando una persona si identifica con il propri ruolo sociale è soggetto a delle rigide norme, quando invece attraverso un atto di rinuncia se ne mette al di fuori, automaticamente viene considerato superiore al più alto rappresentante di ogni casta. Le caste sono considerate comunque strutture tese a salvaguardare gli usi e le abitudini umane, l'asceta è colui che distaccatosi dall'umano tende ad avvicinarsi al Divino.

Sono caduti gli aspetti istintuali, i bisogni sociali di discendenza e successo, di plauso... l'uomo ha concluso le prime parti della sua vita, identificate dai Veda col termine purusharta. Ha già conseguito il benessere attraverso l'equanimità, adesso dovrà sviluppare il desiderio per la liberazione dalla molteplicità.

Non stiamo parlando della figura che conseguito il successo sociale adesso cerca il successo e la soddisfazione emotiva, non stiamo parlando della figura del monaco che si rivolge al benessere sociale, alla cura dei bisognosi, anche se queste sono certamente delle figure encomiabili, stiamo invece pensando a coloro che ad un certo momento della loro vita (e, sebbene raramente, questo può avvenire anche nella più tenera età) decidono che si è esaurita la fase in cui si sono dedicati al molteplice ed è iniziato il conseguimento dell'Assoluto.

Innanzitutto bisogna considerare che l’istinto dell’animale sociale, l’istinto di procreazione e di salvaguardia della specie è molto forte nell’uomo ed è quello che ovviamente sostiene l’organizzazione sociale, mentre il bisogno di rivolgersi a Dio va esattamente nella direzione opposta. Infatti quando un uomo sente l’esigenza di una vita rivolta al Divino normalmente si allontana dai vincoli che più lo legano al mondo: la famiglia ed il successo sociale. 

Il prete, il frate, il monaco, l'anacoreta, l’asceta, il rinunciante, quale sia la sua origine (religiosa o filosofica) si allontana dai legami della vita sociale per poi, a volte, rientrare eventualmente con un ruolo impersonale ed operare per il benessere comune. Ancora, questo benessere comune può venire perseguito sia per conseguire un merito nei confronti dell'Ideale Divino, oppure per semplice aderenza ad un dharma.

Altre volte possiamo constatare come esistano dei percorsi spirituali che non contemplano un rapporto con il mondo, ma piuttosto prevedono un ritiro da ogni rapporto sociale, nel più completo isolamento. Vediamo questo stesso percorso nell'esicaismo ortodosso o nei monasteri cattolici di clausura.

L’India, da sempre, è la patria dell’ascetismo, infatti nella tradizione indiana già in periodo pre-vedico è presente l’ascetismo per trascendere il dualismo della molteplicità. L'ascetismo si presenta in così tante forme che coinvolgono i diversi culti, caste, religioni, sistemi filosofici, che è difficile tracciarne un lista chiara, perché spesso le varie caratterizzazioni si sovrappongono l'una con l'altra. 
Nell’India moderna si contano diversi milioni di asceti. In origine rappresentavano i più alti valori di conoscenza della società indiana, a tutti i livelli. Oggi col processo di urbanizzazione e modernizzazione della società, queste persone vanno perdendo quella posizione che in passato li qualificava come mistici o anche autorità spirituali e sempre più vengono relegati ai margini della società indiana. 

Nelle scritture si trovano termini che definiscono vari tipi di asceti e molti altri titoli che sono usati in senso generico non definendo una determinata corrente, mentre il termine di Swami viene usato solo da coloro che hanno ricevuto una ordinazione religiosa in un ordine ortodosso.
Esistono numerosi ordini di molte specie, alcuni dei quali sono estremamente antichi, risalgono sino ai tempi vedici, mentre altri sono di più recente istituzione. In genere, gli ordini religiosi prendono i loro insegnamenti dai Veda o dai rishi che vissero in tempi antichi, alcuni attribuiscono la loro origine ai saggi Vyasa, Vishvamitra, Vasishtha, Bhrigu, altri, invece, si sono sviluppati all’interno dei culti shaiva e vaishnava. Altri ancora si ispirano a Brahma come supremo creatore o alla Shakti, la madre divina.

I diversi ordini ascetici, monastici e sacerdotali
Per dare una idea della vastità delle varie categorie di asceti et similari, qui di seguito diamo un elenco dei vari termini presenti nell'Induismo.

Acharya - è colui che osserva le regole del suo Ordine. Un istruttore e guida religiosa o spirituale che istruisce nei Veda e dà l'iniziazione ai suoi seguaci. Tradizionalmente viene considerato uguale a dieci upadhyaya. Acharya vengono considerati i pontefici degli Shankara Math, che sono a capo dei dieci ordini degli Swami conosciuti anche come dashanami. Al tempo di Shankara, il bramanesimo stava soccombendo sotto gli attacchi del buddismo e del jainismo, fu lui che diede un nuovo corso all'Induismo codificando i suoi sistemi e presentando per la prima volta la filosofia dell'Advaita (non dualismo) che allineò tutte le altre. Al fine di perpetuare i dashanami, Shankara fissò diversi cenobi nei diversi punti dell'India che a tutt'oggi rappresentano i centro dell'ortodossia vedica. 

Advaitin - colui che pratica l'Advaita

Algari - sadhu che hanno fatto voto di non stare mai fermi e indossano delle campanelle intorno ai fianchi e alle caviglie per ricordarsi del loro voto. Anche quando sono assonnati muovono continuamente i loro piedi.

Ajivika - setta dei dandin

Arhat - "valente", un santo del giainismo, nel buddismo Hinayama è un santo che ha rotto i dieci legami e così ha ottenuto il nirvana.

Avadhuta - "liberato", termine usato generalmente per indicare gli asceti non bramini che hanno raggiunto la liberazione, siano essi shivaiti che visnuiti. Indica anche una setta di sadhu nudi.

Bhatta - "portatore" di grande saggezza; titolo dato ai maestri religiosi. Spesso si accompagna ad altri titoli come Bhattacarya o Kumarilabattha.

Bhagat - termine usato solitamente usato per indicare un devoto, solitamente visnuita, non necessariamente ritiratosi dal mondo sociale.

Bhekdari - termine usato per indicare degli asceti visnuisti.

Bhiksu - un medicante religioso, solitamente buddista.

Bhiksuni - una mendicante religiosa, solitamente buddista.

Brahmacarin

Brahmin - appartenente alla casta sacerdotale indù.

Chaturvedi o Chaube - colui che conosce i 4 Veda. Entrambi i termini si usano per indicare i bramini della sottocasta di Mathura, seguaci del Quarto o Atharva Veda.

Dandin - colui che porta il danda o bastone. Gli asceti Vaisnava sono detti generalmente eka-dandin (portatori di una canna), mentre gli Shivaiti tri-dandin perché portano il tridente o trisula.

Dashanami - Ordini di swami discendenti da Shankara. Alcuni asceti dell’ordine dei dashanami si rasano barba e capelli il giorno di luna piena, altri portano lunghe barbe e capelli come ai tempi vedici.

Dvivedi - coloro che conoscono i due Veda.

Eka-dandin - vedi dandin.

Goswami - "precettore dei buoi", istruttore religioso vaisnava.  Fra i seguaci di Caitanya, si indica un discendente dei discepoli originali di Caitanya.

Lakulisa - setta dei dandin.

Guru - genericamente indica il Maestro o istruttore spirituale o religioso.

Hamsa - antico ordine ascetico prevedico. Vedi paramahamsa.

Jangama - un prete della setta lingayat.

Jina - un santo giainista.

Jodi - una forma di yogi, spesso riferito ad un sadhu.

Kaivalin - colui che ha raggiunto lo stato di kaivalya o realizzazione del proprio sé.

Kandarishi - un istruttore specializzato in un kanda, una parte dei Veda.

Kabir panti - seguaci della via di Kabir, protestano contro l’adorazione degli idoli, il sistema delle caste e, in un caso, contro la pratica dello yatra o pellegrinaggio. 

Kesin - titolo dato a diversi tipi di mendicanti dai capelli lunghi.

Lingayat - setta di asceti shivaiti che adorano Shiva nella sua forma primordiale,  il lingam.

Mahant - abate, capo di un monastero o cenobio (math).

Mahatma - "grande anima", titolo onorifico dato a coloro che mostrano elevate qualità spirituali.

Mankha - asceta errante che porta una tavola o una pezza con dipinte immagini di una divinità o eroe, o scene mitologiche o epiche, che accompagna con canti.  

Maskarin - setta dei dandin.

Muni - "anacoreta", colui che si è ritirato nel silenzio o mauna. Il termine si riferisce a quei rishi che hanno poteri sovrannaturali.

Naga -  sono sadhu nudi o coperti di cenere e vengono chiamati "vestiti di cielo",  considerati il simbolo estremo della rinuncia, all'origine erano un gruppo semimilitante con compiti di protezione nei confronti dei samnyasin

Naishthika - un asceta supremo, così detto per il suo voto di eterna castità.

Namadhari - sono sadhu che tatuano i loro corpi dal capo ai piedi con il mantra ramnam.

Nirgrantha - colui che è senza nodi di passione e possessi, un asceta giainista o buddista, spesso appartenenti a sette nudiste.

Panda - prete e guida del tempio indù, che amministra i rituali religiosi in favore dei pellegrini che visitano i luoghi sacri. 

Pandit - l'erudito nelle scienze tradizionali indù.

Paramahamsa - "supremo cigno", un asceta del più alto livello o colui che ottenuto il controllo di tutti i suoi sensi. Gli Hamsa e i Paramahamsa sono degli antichi ordini ascetici di origine dravidica, tantrica di nudi asceti che vivevano sugli alberi, nei cimiteri, indifferenti alla salute, al benessere, al piacere, casta e persino della salvezza finale.

Parivrajaka - "vagabondo", un devoto itinerante e mendicante, spesso si riferisce a chi si trova nell'ultimo stadio della vita, il samnyasin. Il termine si usa anche per indicare i sofisti erranti che affermano di essere in grado di dimostrare qualsiasi cosa.

Pauranika - colui che è versato nei purana ed è in grado di spiegarne almeno sei.

Pujari o Pujaka - colui che conduce le cerimonie nei templi indù e officia cerimonie pubbliche. La professione del pujari, così come quella del cuoco, sembra essere il rifugio economico per i bramini illetterati. Pochi di costoro conoscono il sanscrito, mentre la maggioranza sono analfabeti.

Purohita - in passato il prete personale del re. Oggi è il prete familiare, colui che custode dei rituali tradizionali indù e dei regolamenti delle caste.

Rishi - una classe di semi-leggendari saggi. Il termine ancor oggi si usa per indicare grandi maestri.

Ritviji - sono i preti che officiano particolari e antiche cerimonie vediche.

Sadhu - colui che ha raggiunto il compimento, che ha rinunciato ai beni e i conforti del mondo e cerca l'illuminazione spirituale o i poteri occulti attraverso la mortificazione della carne. Quelli shivaiti indossano vesti di color zafferano, una ghirlanda, mala, di semi di rudraksha, a volte un bastone, un vaso per l’acqua e una pelle di animale sulle spalle, sulla fronte portano il segno delle tre linee orizzontali, tripundra, distintivi di Siva. I sadhu vaishnava, che adorano Visnu, indossano una ghirlanda di legno di tulasi, un segno verticale sulla fronte, a forma di U, formato da due linee bianche ornate da un tratto rosso e nero. I visnuiti si suddividono in numerosi sottogruppi come dvara, secondo l’inclinazione filosofica del fondatore del culto. Ramanuja, Madhvacarya e Caitanya sono i principali fondatori di differenti culti vaisnava. Le diverse correnti sono contraddistinte sempre dai segni distintivi ad esempio il colore giallo rappresenta gli appartenenti a shri vaishnava e rosso a ramanandi. I seguaci di Ramanuja portano il segno di triphala. Vi sono inoltre i kapalin, i pashupati, esistono diramazioni dei dashanami, come i naga, sadhu nudi, che possono appartenere sia ai gruppi saiva che a quelli vaisnava. I karttikeya o subrahmanya sono una parte del movimento sivaita, mentre gli aiappam costituiscono un movimento indipendente. Nella storia dell’ascetismo ci furono  dei momenti di riforma anche che si opposero all'imperante bramanesimo, alcuni furono: radhavallabhi, rshaka, dhami, dadupatna, karunadasi, ramanandi, vairagi, akhadamalla, garibadasi e shvaminarayana. I sadhu erano ordini ascetici prevalentemente maschili, ma ci sono anche sottoclassi esclusivamente femminili e altre miste. 

Sadhvini - Una donna sadhu.

Sakhin - colui che è dedito all'insegnamento di particolari scuole vediche.

Samnyasin - colui che è entrato nel quarto asrama o stato della vita, solitamente è un asceta mendicante che lasciato da parte le regole religiose, sociali e ogni possesso. Ha rinunciato al mondo dei nomi e delle forme, pertanto non è più soggetto alle sue convenzioni.

Sastri - colui che è versato nelle scritture o sastra

Sramana - asceta buddista o giainista, un sadhu dedito al fachirismo.

Srotriya - colui che appreso i Veda o una loro parte grazie all'ascolto.

Suri - epiteto che in antichità si aggiungeva al nome personale per indicare un insegnante spirituale o religioso. E' anche un titolo dei pontefici giainisti.

Swami -   precettore spirituale o uomo santo. Oggi indica alcuni iniziati a degli ordini religiosi e monastici come ad esempio l'Ordine Ramakrishna. Solitamente indossano vesti di color zafferano, una ghirlanda, mala, di semi di rudraksha, a volte un bastone, un vaso per l’acqua e una pelle di animale sulle spalle, sulla fronte portano il segno delle tre linee orizzontali, tripundra, distintivi di Siva. Possono far parte anche di un ordine di sadhu.

Svamini - una donna svami .

Tapsvin - colui che si sottopone ai tapas, discipline ascetiche che mortificano il corpo.  

Tirthankara - un santo giainita.

Trivedi - colui che conosce i tre Veda.

Tyagi - colui che è un rinunciatario errante.

Upadhyaya - colui che recita i testi sacri; un istruttore di alcune sussidiarie Sastra; di grado inferiore rispetto ad un acarya.

Vadin - colui che segue una particolare scuola, pensiero, insegnamento.

Vaidika - recitatore dei Veda.

Vaikhanasa - un eremita che vive nella foresta, nutrendosi di radici e frutti.

Vairagi - ordine ascetico di alcune sette vaisnava.

Vedantin - studioso del vedanta

Vipra - "ispirato", riferito a prete, insegnante, maestro, bramino, etc.

Vratya - setta dei dandin.

Yajnika - colui che officia i sacramenti o samskaras. 

Yati - colui che pratica l'autocontrollo, che ha rinunciato al mondo. Talvolta vivono insieme in un monastero o cenobio.

Yogi - colui che pratica lo yoga, il termine spesso indica ogni sadhu o asceta.

Yogini - colei che pratica lo yoga.

Siddhi o poteri 

Molti asceti ritengono che una sadhana intensa li possa portare alla realizzazione on duale, ma molti in realtà cercano dei conseguimenti appartenenti comunque alla dualità, siano essi aspetti del Divino, la beatitudine o dei poteri psichici, chiamati siddhi, attraverso i quali possono sviluppare facoltà extrasensoriali, prosperità psichica e grande ricchezza.Questo ottenimento è chiamato riddi. Vi sono innumerevoli manifestazioni delle siddhi e in realtà non sono affatto sinonimo di evoluzione spirituale, anzi possono opporsi ad uno sviluppo spirituale

1) Il termine sadhu è generico ed indica diverse classi di asceti, dagli erranti, ai mendici, ai samnyasin. 

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