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Raphael

Difficile parlare di Raphael, né è possibile definirlo, si potrebbe dire di lui che è un metafisico, un advaitin, un platonico, etc. Ma sarebbero definizioni che sorgono esclusivamente perché ha trattato queste tematiche nei suoi libri, pubblicati dall'Editrice che pubblica le sue opere, da sempre, in Italia: le Edizioni Asram Vidya

Qualsiasi etichetta potrebbe essere calzante, ma ugualmente nessuna. Per questo in queste pagine lo chiameremo Maestro, con umiltà e non certo per affermare il nostro essergli discepoli e quindi quasi ad impadronirci della luce metafisica di cui rifulge. 

Non possiamo non chiamarlo Maestro perché è grazie alla sua opera e a quella di chi con lui opera, che oggi in Italia, se non in Occidente, la Filosofia dell'Essere o Filosofia Realizzativa, specialmente il suo ramo indiano, quello noto come Advaita Vedanta, è conosciuto. Raphael ha tradotto e commentato le più importanti opere della filosofia Advaita, opere di Gaudapada, Shankara, senza però dimenticare quei rami tradizionali che in Occidente o in Medio Oriente hanno risuonato della stessa nota. Porgendo il nostro omaggio a questo Maestro, in realtà lo porgiamo a tutti coloro che nel tempo e nel silenzio hanno incarnato l'insegnamento tradizionale. Li ringraziamo per suo tramite, perché i suoi libri ce li hanno resi più vicini, comprensibili, intimi. E sempre attraverso lui porgendogli omaggio, lo porgiamo a tutti quei Maestri, che a noi non sono noti, ma conosciuti solo ai loro discepoli, perché un Maestro è tale quando, attraverso il suo insegnamento, altri  discoprono la propria Pura Realtà identica alla Realtà Assoluta.

Di lui non sono noti i dati anagrafici, né è più raggiungibile dal pubblico da quando si è ritirato nel silenzio, lasciando che fossero i suoi libri a parlare in sua vece.

Chi lo ha conosciuto quando ancora teneva degli incontri aperti al pubblico, lo descrive come una personalità affascinante, umile, disponibile, totalmente immersa nella tradizione e operante solo al fine di preservare e mantenere vivente la stessa.

Per questo motivo non è possibile definire il suo insegnamento, egli non ha un suo insegnamento, lo possiamo considerare un trasmettitore della Tradizione e questa non appartiene, né potrebbe, a qualcuno. Nelle sue opere tratta ed espone i vari rami tradizionali supportandoli tutti come se vi appartenesse, ma nonostante la grande padronanza che mostra, si intuisce chiaramente che Egli non appartiene a nessuno di questi. E' come se fosse oltre tutti i rami, privo di quella egoità che sola potrebbe permettergli di riconoscersi in uno o più di questi. E questo dovrebbe potersi dire di ogni realizzato non duale, pertanto la nostro non è l'affermazione di una unicità puntuale, quanto l'affermazione di un Unità totale fra l'Essere di ogni Maestro e la Realtà Assoluta.

Ugualmente i suoi discepoli, i suoi collaboratori, tengono un basso profilo e non sono conosciuti al pubblico, e pur proseguendo e aiutando l'opera del Maestro operano in anonimato, usando nel caso dei libri lo pseudonimo di "Gruppo Kevala".

Non si può non ammirare l'opera di questo Maestro che, in un era dove l'apparire sembra essere lo scopo principale della vita, è riuscito ad insegnare ai suoi allievi come la forma sia più importante dell'apparenza e come la sostanza è più importante della forma. 

Riportiamo una brano tratto da un periodico dove viene data di Raphael una descrizione, descrizione che calzerebbe non solo a Lui, ma a qualsiasi Realizzato.

  «Raphael  è colui che, come dice Plotino, si "vergogna di stare in un corpo", avendo avuto da sempre una propensione per uno stato di pura essenza di essere.

Ciò implica che, fin da giovane, la sua condizione si è palesata come stato metafisico di là da ogni apparenza formale o fenomenica.

Questo comporta altresì che riguardo alla semplice individualità, quale "ombra" di "ciò che si è", non è il caso di spendere alcuna parola; equivarrebbe a voler conoscere più il vestito che la persona indossa piuttosto che la vera identità della persona stessa.

Quel "ciò che si è" (e che siete anche tutti voi che leggete) non ha storia, non ha memoria, non ha esperienza: quindi non ha né passato né futuro.

L'"ombra", o l'apparenza, non ha realtà ontologica né validità logica perché è l'effetto dell'avidya (non-conoscenza). Che significato può avere parlare di qualcosa che appare e dispare all'orizzonte della pura Consapevolezza e che è causa di oblio di "ciò che si è"?

Così, questo nome Raphael, se per voi è fonte di stimolo a comprendere l'Essenza che siete voi stessi a certi livelli, allora ha compiuto il suo scopo; se invece il vostro intento è di voler soddisfare una semplice curiosità di ordine formale, oggettivo e individuale, è dimostrato che qualunque tipo di curiosità, per le sua particolare natura, per quanto estesa e particolarizzata, non può portare alcun beneficio né progresso.»

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