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La saggezza delle selve e liberazione

LA LIBERAZIONE

La liberazione è la distruzione della schiavitù, che consiste nella sensazione di possedere personalmente gli oggetti, concepiti come fonte di piacere o dolore. Questa distruzione si ottiene distinguendo tra ciò che è imperituro e ciò che è transeunte in quest'universo effimero.
Niralambopanisad 31

Eliminando la relazione tra soggetto percipiente ed oggetto percepito si consegue l'atarassia; divenendo stabile, quest'ultima prende il nome di liberazione.
Samnyasopanisad II 42

IL CORPO

L'uomo obnubilato il quale prova diletto nel corpo, che altro non è che un aggregato di carne, sangue, graveolente orina, tendini, midollo ed ossa, sarebbe capace di rallegrarsi pure dei tormenti infernali. Le parti femminili innominabili, pur essendo di per sé indistinguibili da un'ulcera in suppurazione, in forza della fittizia differenza posta in essere solo dalla mente perlopiù riescono ad avvincere gli uomini grazie all'inganno.
Naradaparivrajakopanisad IV 28 - 29

IL DOMINIO DI SE'

Colui il quale non si rallegra e non si affligge in seguito a sensazioni visive, acustiche, tattili, gustative o olfattive, ha conseguito la vittoria sui sensi.
Naradarivrajalopanisad III 38

 LA FEDE

La liberazione arride solo a coloro che sono liberi dal dubbio; per quelli la cui coscienza è in preda al dubbio la liberazione non arriva neppure dopo molte rinascite. Per questo bisogna sforzarsi di acquisire fiducia.
Maitreyopanisad II 16

La schiavitù consiste meramente nel desiderio di soddisfazione dei sensi; la liberazione nella rinuncia ad esso.
Mahopanisad V 97

Due parole stanno a indicare schiavitù e liberazione: "Mio" e "non mio". "Mio" costringe l'uomo in schiavitù ", non mio" lo libera.
Varohopanisad II 43/b44a

IL LIBERATO IN VITA

E` detto liberato in vita colui che non percepisce un io nel corpo o nei sensi, e non percepisce un altro da sé in alcuna cosa. Costui, grazie alla propria capacità di discriminare non percepisce differenza tra sé e l'Assoluto, né tra l'Assoluto e l'universo. E` riverito dai buoni ovvero disprezzato dai malvagi, e la sua equanimità rifulge intatta. Chi ha compreso la vera realtà dell'Assoluto non è più soggetto a rinascita. Se così fosse, significherebbe che la sua pretesa conoscenza dell'Assoluto è puramente esteriore.

Adhyatmopanisad II 45-48

SCHIAVITU` E LIBERAZIONE

(Monologo del liberato): "Io sono, io sono il Supremo, io sono la scaturigine dell'universo. E sono pure il maestro spirituale di tutti i mondi, e tutti i mondi ad un tempo. Io sono Lui, l'Assoluto. Io soltanto e nell'altro io sono. Io sono perfetto, puro, a tutto superiore. Ed eterno altresì io sono, imperituro ed immacolato. Consapevolezza io sono, io sono peculiare, io sono la bevanda sacrificale, io sono compiuto. Di buon auspicio io sono, e privo di pena, consapevolezza io sono, sempre eguale a me stesso. Esente da onore e disonore, privo di qualità, benigno io sono. Al di là di ciò ch'è duale o non duale, libero dalle coppie di opposti io sono, io sono Lui, l'Assoluto. Al di là di esistenza ed inesistenza, al di là del linguaggio, io risplendo. Io sono la maestà ch'è ad un tempo vacuità e non vacuità, il bene e il male sono io. Al di là di eguaglianza e difformità io sono, e perenne, puro, perpetuamente benevolo. Superiore alla contrapposizione tra mondo e non mondo, di natura luminosa e lieve, eterno io sono. Io sono privo del numero uno e pure del due, sto al di là della distinzione tra essere e non essere, esente da costruzioni mentali. Io sono immune dalla differenza che sorge dalla molteplicità, e ho l'aspetto di una beatitudine indivisa. Io non sono un ego, né qualcosa d'altro, io son privo di corpo e simili. Dotato e non dotato di rifugio, io son privo di sostrato. Esente da schiavitù, da liberazione e simili, io sono Lui, il puro Assoluto. Privo di e simili, il Supremo io sono, al Supremo stesso superiore. Perenne, privo e ad un tempo dotato di capacità deliberativa io sono: io sono Lui, l'Assoluto. Eterno io sono, e ho l'aspetto dei tre componenti la sillaba sacra: A, U e M. Immune dal soggetto che medita, dalla meditazione e da ciò che vien meditato io sono: io sono Lui, l'Assoluto. Ovunque compiuto sotto ogni aspetto io sono, caratterizzato da essere, coscienza e beatitudine. Io appaio come tutti i guadi sacri, sede di pellegrinaggio, il Sé supremo io sono, Siva stesso son io".
Maitreyopanisad III 1 - 12

"Quest'intero universo non mi appartiene in alcuna sua parte. Non m'appartengono tempo, luogo, oggetti tangibili o pensieri. Non m'appartengono l'abluzione rituale, i riti da svolgere ai crepuscoli, deità o luoghi sacri. Non m'appartengono guadi che sian sede di pellegrinaggio, di servizi offerti alla divinità, di gnosi o sedi di esseri divini. Non m'appartengono la schiavitù, la nascita, la parola, il sole, il merito, il demerito, il dovere, la buona sorte. Non m'appartengono il principio vitale individuale, e neppure i tre mondi. Non m'appartengono la liberazione, la dualità, la scienza rivelata, le prescrizioni ritualmente, la prossimità, la distanza, la luce intellettuale, la segregazione. Non m'appartengono il maestro, il discepolo, la privazione, l'eccesso, brahma, Visnu o Rudra. Non m'appartengono la luna, la terra, l'acqua, il vento, lo spazio, il fuoco. Non m'appartengono il gruppo familiare, lo scopo, l'esistenza, il meditante, l'oggetto meditato, la meditazione, la mente. Non m'appartengono il freddo, il caldo, la sete, la fame, l'amico, il nemico, l'illusione, la vittoria, il prima, il dopo, l'aldilà, le regioni dello spazio. Non m'appartiene affatto tutto ciò che può essere detto o ascoltato, pensato, desiderato e meditato, fruito, bramato o ricordato. Non m'appartengono il desiderio, lo yoga o il riassorbimento cosmico. (...) Io sono l'Assoluto, io sono l'Assoluto senza dubbio. Io sono consapevolezza, io sono consapevolezza." E` detto liberato in vita chi ha questa conoscenza, chi percepisce se stesso come l'Assoluto e nell'altro, consapevolezza e null'altro, come il Supremo e null'altro.
Tejobindupanisad IV 11 B - 21, 29 B - 30

LA LIBERAZIONE DI CHI SI RIFUGIA IN DIO

Disse Rama: La liberazione, che consiste nell'isolamento è una sola invero, o Hanumat, ed assume l'aspetto della realtà assoluta. (...) Chi si trovasse a morire in una strada sacra della sacra città di Kasi otterrebbe una mia formula meditativa che conferisce la salvezza: quest'uomo sarà liberato senza più dover rinascere. Dovunque gli capiti di trapassare in questa città, il Grande Signore Siva gli conferirà l'insegnamento iniziatico sussurrandogli nell'orecchio destro la mia formula meditativa atta a conferire la salvezza. Costui, liberato da ogni male, otterrà la liberazione detta comunanza di forma con me. E questi sono i primi due tipi di liberazione, la comunanza di livello d'esistenza e la comunanza di forma. L'iniziato alla condotta virtuosa, che non permette alla propria attenzione di errare volgendosi ad altro ma costantemente riversa tutto il suo essere su di me, che sono il principio cosciente universale, partecipa di questa condizione di prossimità. (...) Ma l'iniziato che seguendo il sentiero tracciato per lui dal maestro spirituale si sforzi di meditare sulla mia forma non soggetta a mutamenti ottiene l'unione con me, al modo in cui l'insetto adulto vien fuori dalla crisalide. E questa liberazione che culmina nell'unione è invero fonte di assoluta beatitudine, di buon auspicio.
Muktikopanisad I 18 - 25

IL BIASIMO DELL'IGNORANZA

L'ottuso, privo di qualsiasi strumento di conoscenza, invano si rallegra riempiendosi la bocca del solo nome dell'Assoluto, in ciò simile a chi si contentasse del sapore di frutti posti in cima ad un ramo, visti riflessi nell'acqua.
Maitreyopanisad II 22

Coloro che sono abili ad argomentare sull'Assoluto, ma non rivolgono costantemente ad esso il pensiero, schiavi delle passioni, senza fallo son dannati a nascite e rinascite a causa della loro nescienza spirituale.
Tejobindupanisad I 46

L'ALBERO DELLA TRASMIGRAZIONE

Mille sono i polloni, mille i rami, i frutti e i boccioli dell'albero della trasmigrazione. Le sue radici sono costituite dalla mente, che è formata a parer mio da costruzioni mentali e da null'altro. Per disseccare l'albero della trasmigrazione se ne inaridiscano le radici, mercè l'annichilimento delle costruzioni mentali. C'è poi soltanto un mezzo per controllare la propria mente: distruggere l'attività mentale nel momento stesso in cui inizia. La distruzione della mente è la mirabile alba della gnosi. Il savio riesce a distruggere la mente, ma quando a tentare è l'insipiente ecco ergersi un ostacolo. Finchè la mente non venga sconfitta definitivamente dalla pratica costante dell'unica Realtà, le impressioni latenti subconoscie scorazzano liberamente all'interno del cuore simili a lemuri nottivaghi. Le impressioni latenti subconscie derivate dall'attività sensoriale di uno che sia riuscito a distruggere l'egoismo della mente e a controllare l'attività di quei mortali nemici che sono i sensi vengono distrutte, come fiori di loto al sopraggiungere dell'inverno. (...) Come non è possibile controllare un elefante infoiato nocivo se non adoperando il pungolo apposito, così, quando si tratta di sconfiggere la mente, i mezzi pienamente efficaci sono solamente il conseguimento della conoscenza del proprio Sé, l'accompagnarsi ai savi, la piena rinunzia ad ogni impressione subconscia e il controllo dei movimenti delle energie vitali. Questi sono i mezzi prescritti. Chi invece cerca di controllare la mente con la forza è simile a colui il quale frughi nelle tenebre dopo aver gettato via la lucerna che teneva in mano. Gli stolti che sperano di sconfiggere la mente facendo ricorso alla violenza cercano di catturare un elefante impazzito servendosi di corde di fibra di loto.
Muktikopanisad II 36-41, 43-47

IL DIALOGO TRA YAJNAVALKYA E MAITREYI

Yajnavalkya aveva due mogli, Maitreyi e Katyayani. Di esse Maitreyi possedeva la scienza dell'Assoluto, Katyayani invece era paga di quel che le donne son solite conoscere. Ed ecco un giorno Yajnavalkyi, che stava per abbracciare un nuovo stadio di vita, così parlò:
Brhadaranyakopanisad V 2. 1

- "O Maitreyi", disse Yajnavalkya - "io sono in procinto di abbandonare questo stadio di vita. Voglio dunque definire la tua posizione insieme a quella di Katyayani."
Disse allora Maitreyi: "O signore, se pure mi toccasse in sorte l'intera terra ricolma di ricchezze, forse grazie a ciò potrei divenire immortale?".
- "No", rispose Yajnavalkya ", la tua vita scorrerà simile a quella di coloro che sono dotati di mezzi, ma dalla ricchezza non si può sperare di trarre l'immortalità".
Disse allora Maitreyi: "Che me ne faccio di ciò che non mi fa raggiungere l'immortalità? Ma ti prego, dimmi, o Signore, quel che tu conosci".
Disse allora Yajnavalkya: "Care cose dici tu che mi sei così cara. Vieni e siedi, tutto quanto io ti dirò. Ma tu presta piena attenzione a quel che ti vado esponendo". E così prese a dire:" Non a causa dell'amore per lo sposo lo sposo è caro: è a causa dell'amore per il Sé che lo sposo è caro. Non a causa dell'amore per la moglie la moglie è cara: è a causa dell'amore per il Sé che la moglie è cara. Non ha causa dell'amore per i figli i figli sono cari: è a causa dell'amore per il Sé che i figli sono cari. Non a causa dell'amore per le ricchezze le ricchezze sono care: è a causa dell'amore per il Sé che le ricchezze
sono care. Non a causa dell'amore per la condizione di sacerdote specialista del sacro la condizione di sacerdote specialista del sacro è cara. Non a causa dell'amore per la condizione di guerriero la condizione di guerriero è cara: è a causa dell'amore per il Sé che la condizione di guerriero è cara. Non a causa dell'amore per i mondi i mondi sono cari: è a causa dell'amore per il Sé che i mondi sono cari. Non a causa dell'amore per gli dei gli dei sono cari: è a causa dell'amore per il Sé che gli dei sono cari. Non a causa dell'amore per gli esseri gli esseri sono cari: è a causa dell'amore per il Sé che gli esseri sono cari. Non a causa dell'amore per qualsivoglia oggetto qualsivoglia oggetto è caro: è a causa dell'amore per il Sé che qualsivoglia oggetto è caro. E` il Sé dunque che bisogna scrutare ed ascoltare, è al Sé che occorre pensare e meditare con attenzione. O Maitreyi: è solo guardando, ascoltando, considerando e conoscendo il Sé che si conosce tutto quest'universo".
Brhadaranyakopanisad II 4. 1 - 5

Un uomo purifica il proprio intelletto grazie all'esecuzione dei riti quotidiani e simili.
In seguito comincia a convincersi che l'intero risultato che sorge da quella particolare causa, costituita dall'azione nel suo complesso, è degno di biasimo. Accortosi che codesto frutto dell'azione è degno di biasimo, costui concepisce disgusto per il risultato di azioni compiute in precedenza. Turbata dalla memoria e dalle impressioni del profondo disagio che accompagna l'esistenza fenomenica soggetta alla trasmigrazione, la sua mente prende ad accarezzare il desiderio di abbandonare tale esistenza.
Sorge del pari nel suo spirito il desiderio di procacciarsi i mezzi per raggiungere tal fine. Ripudiato ogni desiderio quale che sia, quest'uomo è pervenuto alla corretta determinazione della reale condizione del Sé. Colui il quale tramite quella comprensione della realtà che si identifica con il Sé ha rescisso alle radici la causa della trasmigrazione ha sconfitto appieno la possibilità di rinascere: è un liberato, ovvero è prossimo a raggiungere la liberazione. (...) Un asceta vagante che non sia pervenuto al ripudio dei desideri non può aver parte della liberazione anche se è giunto a conoscere l'Assoluto. E dunque si prescrive qui la somma della rinuncia con la gnosi al fine di ottenere la liberazione. Giacchè Yajnavalkya, un capofamiglia in possesso della gnosi di ciò che travalica ogni iperbole, riuscì ad ottenere la suprema sede di Visnu dopo aver attinto la condizione dell'isolamento spirituale, si postula qui che la combinazione di gnosi e rinuncia sia condizione essenziale per la liberazione. La rinuncia è in realtà il migliore tra i mezzi che conducono alla liberazione: solo chi ha intrapreso la rinuncia può conoscere la condizione suprema del Sé individuale. Gli dei, timorosi che gli uomini riuscissero a liberarsi, li avvilupparono con l'ignoranza. Ed ecco quelli, preda dell'ignoranza, presero a impegnarsi nell'azione. E dunque, avendo abbandonato senz'altro l'azione che ha come sua unica causa l'obnubilamento, chi è dotato di una mente pura distrugge l'ignoranza grazie alla comprensione dell'identità (tra il Sé e l'Assoluto): egli medita mediante il suo stesso Sé sul proprio Sé che non è altro che gnosi, e diviene immortale. A questo riguardo si ricorda l'affermazione autorevole del trattato della scuola dei Bhallavi, che recita: "Solo chi ha abbandonato l'azione ottiene la liberazione in grazia della conoscenza". (...) E quindi, sforzandosi di prescrivere la rinuncia come mezzo per far sorgere la completa conoscenza della vera natura del Sé individuale, l'audizione sacra stessa inizia con le parole: "O Maitreyi". E giacché poi la rivelazione sacra prescrive la rinuncia solo nel caso in cui essa si consentita dalla moglie e così via, per questo il saggio veggente si rivolse alla consorte Maitreyi per ottenerne il consenso, dicendo: "Io sono in procinto di abbandonare questo stadio di vita caratterizzato dalla condizione di capofamiglia. Degnati di concedere il consenso al mio desiderio di rinunciare". E la moglie rispose: "Bene hai detto a noi, e legittimo è il tuo desiderio. Dimmi pertanto in fretta che devo fare in tal caso". Ricevuto in tal guisa il consenso, egli così rispose a lei: "Voglio dunque definire la tua posizione insieme a quella di Katyayani e desidero spartire la mia proprietà tra te e Katyayani, che condivide con te la condizione di mia sposa. Poiché la donna è di per sé priva di proprietà sue proprio, e le viene consentito di partecipare a cerimonie rituali solo in quanto è soggetta ad uno sposo in possesso di proprietà, ora che ho rinunciato al mondo e ho abbracciato la sorte dell'asceta itinerante, voi non potreste accedere ai miei beni. Quanto ad essi, prima di rinunciarvi io ne sono padrone. E dunque vi dico 'desidero spartire la mia proprietà tra voi due'". Così egli disse alla moglie. "Giacché i tratti prescrivono che si abbracci la rinuncia solo dopo aver proceduto alla distribuzione dei propri beni tra i parenti tenendo conto dei loro rispettivi mezzi di sussistenza: è a causa di questa norma che io sto compiendo codesta distribuzione di beni." (Maitreyi disse:) "A buon diritto hai deciso di non poterci concedere la vera ricchezza in tuo possesso, la conoscenza. E tuttavia questa ricchezza ci sarebbe di gran giovamento, al pari della tua rinuncia. Per chi non è causa di prosperità la frequentazione di persone di grande esperienza? Anche l'acqua più sudicia, una volta untasi ai sacri flutti del fiume Ganga, diviene strumento di purificazione. Non v'è altro fine dell'agire umano che l'immortalità, ed essa deriva dall'unione con te. E dunque io ti chiedo: come potrà la ricchezza divenire strumento di liberazione? Anche se l'intera terra fosse ricolma di ricchezze, potrei forse io divenire immortale giovandomi di esse, ovvero ciò non sarebbe possibile? Dimmelo, di grazia. Invero i beni dei possidenti non sono di giovamento agli altri per il solo fatto di esistere, bensì per le azioni che consentono di compiere. E dunque io ti interrogo sullo scopo che adempiono i tuoi beni". Interrogato in questi termini dalla consorte, egli rispose: "Non si dà immortalità tramite la ricchezza" Poiché poi ella gli chiese: "Perché vuoi darci i tuoi beni, se non conducono all'immortalità?" egli prese a spiegarle lo scopo strumentale adempiuto dalle ricchezze. "Dacchè la vita degli uomini dipende da mezzi perituri, allo stesso modo la vita di voi due dipende dalle mie ricchezze. Ma da esse non deriva affatto l'immortalità quest'ultima procede soltanto dalla conoscenza, che non è altro che la rimozione dell'ignoranza. Non può esservi speranza d'immortalità a seguito di un'azione compiuta per mezzo di ricchezze". Ma donde potrà ottenersi l'immortalità che nasce dalla conoscenza e da null'altro? L'azione non è causa di liberazione, allo stesso modo in cui il fuoco non è un buon rimedio contro il calore. Dall'azione procede necessariamente la (ri) nascita. E se si è soggetti a (ri) nascere come potrà mai prodursi la liberazione, la via del distacco dal mondo?
Dal commento di Suresvara a loc.: 2. 5, 21 - 26, 38 - 55

L'AZIONE, LA NON -AZIONE, LA CONOSCENZA

E` azione quell'attività compiuta per il tramite dei sensi, di cui il principio cosciente diviene consapevole dicendo "Io faccio questo". E` non-azione l'esecuzione di riti quotidiani ed occasionali, sacrifici, voti, atti di ascesi, doni e simili, compiuta senza avere di mira il loro frutto. A causa dell'egoismo di chi ne è agente o fruitore essa conduce alla schiavitù e ha come effetto la nascita e i mali che ne derivano. La conoscenza è la comprensione per conoscenza diretta che nel mutevole universo non vi è nulla tranne l'immutabile Coscienza, che non è soggetta a mutamento al pari delle altre categorie di oggetti sensibili quali un vaso, una veste e simili: essa è identica ovunque ed insita in ogni cosa, e si manifesta ad un tempo come colui che percepisce e come ciò che vien percepito. Tale conoscenza sorge in seguito al soggiogamento dei sensi, al servizio devoto offerto ad un maestro competente, all'ascolto, alla meditazione e all'attenzione per i sacri testi.
Niralambopanisad 22 - 24

LE CARATTERISTICHE DELLA VIRTU`

Fermezza, pazienza, autocontrollo, la rinuncia ad appropriarci di ciò che non ci appartiene, purezza, padronanza dei sensi, pudore, dottrina, sincerità ed assenza d'ira sono le dieci caratteristiche della virtù.
Naradaparivrajakopanisad III 24

LA DEVOZIONE E I SUOI FRUTTI

Come invero i raggi del sole dissolvono in un batter d'occhio la più compatta tenebra notturna, così la più fitta oscurità, causa di esistenza futura, è distrutta da Hari, che è lo splendore stesso del sole, e da nessun altro. Rendendo omaggio ai divini piedi di Hari e ricordandoli piamente ci si libera dalle nebbie della propria ignoranza spirituale. In verità non c'è altro mezzo per disfarsi di morte e rinascita che contemplare i piedi del Dio. Chi desidera la prosperità loda chi è ricco: e dunque, chi non potrà venir liberato dai suoi legami se con rispetto leva lodi a Chi è causa dell'universo stesso?
Varahopanisad III 11 - 13

GRADI DELL'ASSOLUTO

Sostanziato di pura coscienza, privo di dualità, scevro di parti e di un corpo, tuttavia l'Assoluto vien considerato dotato di forma all'unico scopo di consentire l'azione rituale di chi si dedica al sacrificio. Le divinità che possiedono una forma esteriore si vedono assegnare un sesso, membra ed armi, nonché due, quattro, sei, otto, dieci, dodici, e perfino mille mani, munite di attributi divini quali conchiglie e simili. A migliaia si contano i colori e i veicoli che son loro propri.
Ramapurvatapinyupanisad I 7 - 9

IL QUADRUPLICE ITINERARIO SPIRITUALE

Osservando scrupolosamente i propri obblighi relativi agli stadi di vita e all'ordine sociale, praticando varie forme di austerità e per ultimo procurando di soddisfare i desideri del proprio maestro si sviluppa la quadruplice disciplina spirituale, che consiste nel distacco. Essa è composta dalla discriminazione tra ciò che è eterno e ciò che non è eterno, dal completo disinteresse per la fruizione di piaceri mondani o ultramondani, dall'acquisizione delle sei virtù che cominciano con la calma, ed infine dal desiderio insopprimibile della liberazione. Domati gli organi dei sensi, rinuncia a coltivare l'idea di un io in qualsivoglia oggetto, e sforzati di riporre la consapevolezza del tuo io in me, Visnu, che sono la coscienza testimone d'ogni evento. Arduo è nascere in forma umana, più difficile ancora ottenere il privilegio del sesso maschile, e difficilissimo infine avere in sorte di appartenere al ceto sacerdotale. Se poi uno anche così, pur avendo ascoltato, meditato e riflettuto in cuor suo sull'insegnamento ultimo concernente la vera natura, la cui forma si pone al di là di ogni convenzione derivante dall'ordinamento sociale, dell'Assoluto che ha come sue caratteristiche l'essere, la consapevolezza e la beatitudine, ancora non giungesse a comprenderlo, allora come potrà mai costui raggiungere la liberazione?
Varahopanisad II 2 - 7 a

 LA DISCRIMINAZIONE TRA CIO` CHE E` ETERNO E CIO` CHE NON E` ETERNO

L'Assoluto è il fondamento del dispiegarsi dell'universo, che però non esiste realmente (...) Il sole che illumina un vaso non viene meno in seguito alla distruzione di quel vaso: lo stesso accade alla coscienza - testimone che illumina il corpo, e non vien meno in seguito alla distruzione del corpo (...) Al modo in cui un gufo abbacinato scorge solo tenebra nel sole, così chi è obnubilato dall'ignoranza non percepisce che tenebra nella suprema beatitudine, che di per sé è splendente, dell'Assoluto. Se le nubi gli velano la vista lo sciocco pensa che il sole non ci sia: proprio così chi è ottenebrato dall'ignoranza e costretto nel corpo pensa che l'Assoluto non esista (...) Ma proprio come la luce di una lampada, per quanto piccola, riesce a disperdere una tenebra sconfinata, così un barlume di conoscenza, per piccolo che sia, riesce a sconfiggere la più fitta e densa ignoranza.
Atmabodhopanisad II 12, 18, 25 - 26, 28

DISPREZZO PER IL CORPO

Il corpo è soggetto a nascita e a morte. E` composto dalle impurità presenti nei corpi del padre e della madre. E` ricettacolo di piacere e dolore. E` per questo che per poterlo toccare è prescritta l'abluzione rituale. Legato com'è ai suoi componenti fisici è veicolo d'ogni sorta di malattie gravi, è il tempio stesso d'ogni malvagità, è instabile, e ha forma ed estensione mutevoli. E` per questo che per poterlo toccare è prescritta l'abluzione rituale.
Deiezioni impure fuoriescono continuamente dalle sue nove aperture, ed esso è il ricettacolo di odori sgradevoli e di escrementi immondi. E` per questo che per poterlo toccare è prescritta l'abluzione rituale.
Maitreyopanisad II 4 - 6

CADUCITA` DEL MONDO

Ohimè, dove sono i tesori dei grandi sovrani? Dove son finiti coloro per opera dei quali si sono manifestati i mondi nelle diverse ere cosmiche. E che fine han fatto i mondi stessi? Quelli d'un tempo sono svaniti. Molte nuove manifestazioni del mondo si sono verificate. Miriadi di divinità preposte alla manifestazione si sono dissolte, e i re sono scomparsi come granelli di polvere.
Varahopanisad III 22 - 23 a

IL FETO RICORDA LE VITE PRECEDENTI

"Già vidi migliaia d'altre matrici; ho consumato nutrimento d'ogni sorta, ho poppato al seno di svariate mammelle. Prima nato, poi morto, rinasco continuamente. Ahimè, sono sprofondato in un oceano di dolore e non riesco a scorgere una via di salvezza! Il frutto di quel che feci a chi m'era compagno, buono o cattivo che fosse, quello solo devo scontare: da lungi sono scomparsi quelli che han goduto e quelli che han sofferto per il mio agire. Potessi fuggirmene dal grembo di mia madre, prenderei rifugio nello yoga e nello studio della dottrina che insegna la differenza tra la coscienza e gli oggetti, la dottrina che distrugge ogni male ed elargisce il frutto della liberazione. Potessi fuggirmene dal grembo di mia madre, m'abbandonerei al Sommo Signore oppure a Narayana, che distruggono ambedue ogni male ed elargiscono il frutto della liberazione. Potessi fuggirmene dal grembo di mia madre, senza posa mediterei sull'Assoluto imperituro." Ma ecco che, raggiunta l'apertura degli organi genitali, oppresso dallo sforzo delle doglie, costretto a nascere con dolore, e sfiorato dal tocco dell'aria esterna, non riesce più a serbare il ricordo delle nascite e delle morti, e si scorda le sue precedenti azioni buone e malvagie.
Garbhopanisad 4

LA RINUNCIA

(Parla Varaha:) Chi rinunci all'attaccamento a ciò che è esterno, a ciò che è interno e al proprio stesso Sé, dissolvendo così ogni sorta di attaccamento, quegli senza dubbio diviene il Mio stesso sé. Quell'asceta dell'ordine supremo che, pur vivendo nel mondo, si tien discosto dal consorzio umano come da una serpe velenosa, che brama tenersi lungi da una bella donna come da un cadavere, che è del tutto distaccato a considera l'infinita serie degli oggetti un mortale veleno, questi invero non è altri che Vasudeva, ossia Me stesso. Questa è la verità, questa è la verità. Questa che ho testè enunciata non è altro che la verità. Io sono la verità, l'Assoluto supremo, e null'altro vi è al di fuori di Me.
Varahopanisad II 36 b 38

Chi non indugia a ricordare i piaceri trascorsi e non brama quelli di là da venire, né si rallegra per quelli presenti, dimora nello stadio di vita della rinuncia. Chi, pur essendo ancora unito al corpo, non si cura di piacere e dolore proprio come se il suo soffio vitale si fosse dipartito da lui, dimora nello stadio di vita della rinuncia. Un asceta dell'ordine supremo dovrebbe indossare un paio di pezze di stoffa a mò di perizoma, una veste cenciosa, e portar con sé un bastone. Null'altro è prescritto oltre a ciò. S'egli bramasse indossare altre vesti, certo dopo esser sprofondato in un terribile inferno sarebbe condannato a rinascere nel grembo di un animale bruto.
Naradaparivrajakopanisad III 25 - 29.

Al momento di intraprendere la scelta di vita della rinuncia al mondo l'asceta dovrebbe recitare i sacri insegnamenti sino a pervenire a una sufficiente purificazione dell'organo mentale. Poi, abbandonati senza indugi alle acque il perizoma che gli cinge la vita, la fascia intorno alle pudenda, il bastone, la veste e la ciotola per la questua del cibo, prenda a vagare così com'è uscito dal grembo di sua madre, senza il più piccolo cencio indosso. Non pronunci altro nome che la sillaba sacro simbolo dell'assoluto, non dica nulla né ascolti alcunchè. Si astenga dallo studiare la logica o la grammatica. Non sia troppo loquace: la verbosità non avrebbe altro risultato che affaticare il suo organo vocale. Si limiti a comunicare a gesti adoperando le mani, non si rivolga a persone di infima estrazione sociale o a donne. Non prenda parte del culto delle divinità, e si astenga del pari dall'assistere a feste religiose o dal partecipare a pellegrinaggi a luoghi sacri. (...) Non traversi un fiume usando le mani per nuotare, non salga sugli alberi, non monti su di un carro. Non compri e non venda alcunché, non partecipi ad alcuno scambio. Rifugga dall'ipocrisia, dalla menzogna. Non faccia assolutamente nulla. Se dovesse compiere qualche azione ciò ingenererebbe una inaccettabile confusione di ruoli: l'unica attività che colui che rinuncia può svolgere è la meditazione e simili. (...) Se si dedicasse allo studio di trattati estranei alla sua brama di conoscere il Sé, sarebbe inutile e patetico, come un cammello tutto adornato di belletto ottenuto con polvere di zafferano.
Naradaparivrajakopanisad V vi.d-f, viii.e-f, xiii f

LA DISTRUZIONE DELLA MENTE

O principe tra i saggi, due sono le vie per distruggere la mente: lo yoga e la conoscenza. Lo yoga è il superamento della condizione di mutabilità dell'organo mentale, la conoscenza è il suo corretto esame. Una volta superata la sua condizione di mutabilità, la mente subito si placa. E` invero quando le fluttuazioni della mente si placano, anche il ciclo di nascite e rinascite viene meno, a quel modo in cui gli affari quotidiani cessano col venir meno del movimento dell'orbe solare intorno alla superficie della terra.
Sandilyopanisad I 41 - 43 a

Duplice è la natura dell'organo mentale, a seconda che esso sia puro o impuro. La mente impura è sospinta dai desideri, quella pura è libera da brame. La mente e null'altro cagiona la schiavitù o la liberazione degli uomini. La schiavitù consiste nell'adesione della mente agli oggetti; la liberazione sorge quando la mente si ritrae dagli oggetti. Cessata l'adesione agli oggetti, la mente confinandosi alla regione del cuore raggiunge lo stato in cui non è più mente, ossia la condizione suprema. Controlla la mente sino a che il processo di autoconsunzione non la porti nella regione del cuore. Questa è la vera gnosi, questa è meditazione: tutto il resto non è che ingombrante erudizione libresca. L'Assoluto infatti non è pensabile né impensabile, e neppure è pensabile ed impensabile ad un tempo. Pienamente libero da ogni parzialità, l'Assoluto risulta incrollabilmente in sé compiuto. (...) L'Assoluto invero è privo di parti, non soggetto a formalizzazioni concettuali, immacolato. Sapendo di essere l'Assoluto gradualmente ci si rende pari ad esso. Riconoscendo che esso è estraneo alla sfera di applicazione dei concetti, infinito, privo di causa o di esempi che lo possano illustrare, incommensurabile, privo di un inizio e di una fine, il savio giunge ad attingere la liberazione. Non si dà distruzione né nascita; non v'è chi sia legato né chi si sforzi di liberarsi. Nessuno cerca la liberazione, nessuno è liberato: questa è la verità suprema. Sappi dunque che il Sé va considerato come unico nei tre stati di coscienza, veglia, sogno e sonno profondo: per chi riesce a travalicare questi tre stati non si dà affatto rinascita. Uno solo è il Sé che si manifesta nei diversi esseri: vien visto come uno oppure come molti, come accade al disco lunare riflesso in uno specchio d'acqua. (...) Finchè resta ottenebrato dall'illusione della conoscenza meramente verbale la differenza permane: dissolta la tenebra non si scorge altro che unità. L'Assoluto di grado inferiore è solo un flusso di parole, che una volta dissipatosi rivela l'Assoluto di grado superiore: su quest'ultimo, sull'Assoluto imperituro, dovrebbe meditare il saggio che desideri procacciarsi la quiete spirituale del proprio Sé. Due dunque sono gli Assoluti su cui si deve meditare: il Verbo e l'Assoluto di grado superiore. Chi è versato nello studio del Verbo riuscirà certamente ad attingere l'Assoluto di grado superiore. Grazie allo studio dei testi l'uomo accorto, tutto intento ad ottenere conoscenza e gnosi, dovrà a un certo punto abbandonare del tutto lo studio libresco, come chi desideri procacciarsi del grano dovrà di necessità lasciar da parte la paglia. Se il latte, pur munto da vacche di diversi colori, ha tuttavia lo stesso colore, si consideri il soggetto percipiente come il latte, le fonti della conoscenza come le vacche. Concentrando l'occhio della conoscenza si evochi il pensiero: "Son io dunque quella grande sede suprema, l'Assoluto privo di parti, esente da movimento, perfettamente quieto".
Tripuratapinyupanisad V 2-6, 8-12, 15-20

LA DISTRUZIONE DELLE IMPRESSIONI LATENTI SUBCONSCIE

La pratica che consiste nel considerare sempre ed ovunque ogni cosa nei termini dell'Assoluto provoca la distruzione delle impressioni subconscie, ottenuta grazie alla forza del processo mentale di ideazione positiva. Non ci si deve permettere la minima negligenza nell'applicarsi alla meditazione devota sull'Assoluto: chi conosce l'Assoluto dà a una simile negligenza il nome di morte. Come il muschio rimosso dalle pareti di un pozzo vi ricompare in un attimo, così l'illusione cosmica è pronta ad ottenebrare anche il saggio se solo egli si distrae un momento.
Adhyatmopanisad II 13 - 15

IMPASSIBILITA` DELL'ASCETA

Il savio dovrebbe comportarsi come un fanciullo, assumere il modo di essere proprio di un fanciullo: non si circondi di compagnia, sia esente da biasimo, osservi il silenzio rituale, si valga della propria sagacia e non si ponga alcun limite. In tal modo si ottiene l'isolamento di chi è liberato, secondo quanto dice lo stesso demiurgo divino, il Signore degli esseri soggetti a nascita, Prajapati. Avendo conosciuto con certezza questa sede colma di maestà l'accorto prenda dimora presso le radici d'un si vesta di cenci, osservi la solitudine e da solo s'immerga nella pratica detta dell'incentramento dell'attenzione. Bramoso di conoscere il Sé, egli lo conseguirà e diverrà affatto privo di desideri: le sue brame verranno meno. Non proverà timore di alcuno in alcun modo, pur riconoscendo la forma stessa della morte in esseri quali elefanti, leoni, tafani, zanzare, manguste, serpi, demoni nottivaghi e musici celesti. Saldo come un albero resisterà, e dovessero pur farlo a pezzi non si adirerà e non tremerà. Saldo come una roccia resisterà, e dovessero pur farlo a pezzi non si adirerà e non tremerà. Saldo come lo spazio resisterà, e dovessero pur farlo a pezzi non si adirerà e non tremerà. Grazie alla verità sarà in grado di resistere, perché il Sé non è che verità. La terra è il cuore di tutti gli odori, l'acqua è il cuore di tutti i sapori, il fuoco è il cuore di tutte le forme, il vento è il cuore di tutti i contatti, lo spazio è il cuore di tutti i suoni, il principio immanifesto è il cuore di tutti i canti di lode, la morte è il cuore di tutto ciò che è. La morte invero diviene tutt'uno con la divinità suprema. Al di là di quest'ultima non vi è essere né non essere e neppure essere e non essere. Questa è l'esposizione dell'estinzione dei legami, questa è l'esposizione della scienza sacra rivelata, sì, questa è l'esposizione della scienza sacra rivelata.
Subalopanisad XIII

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