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Mimamsa

Questo sistema si riallaccia ai Veda. I primi Mimansasutra sono stati redatti tra il 200 a.C. e il 200 d.C. Pensatori famosi di questa corrente furono Kumarila e Prabhakara (entrambi del 7°-8° sec. d.C.) e Khandanadevamisra ( 16°-17° sec.). Il karma domina sovrano, inteso non solo come atto morale, ma soprattutto in senso rituale, come atto liturgico: l'universo e l'uomo sono retti dal sacrificio. Da ciascun momento del rito, quando esso sia compiuto secondo le regola, si sprigiona un risultato parziale, che sommandosi con gli altri risultati parziali dell'atto sacrificale, si trasforma in un risultato complessivo e globale. Il rito conduce al proprio fine in maniera puramente meccanica. Tale sistema non ammette nell'ordinamento dell'universo nessun intervento divino, per il fatto stesso che un Dio creatore e distruttore dell'universo non esiste. La Mimamsa accetta una concezione realistica dell'universo: le cose che cadono sotto i nostri sensi sono reali. Al di là della materia, esistono innumerevoli anime, che sono eterne, le quali trasmigrano di corpo in corpo per scontare i risultati delle azioni compiute, fino a quando l'atto sacrificale non abbia eliminato del tutto il residuo karmico. Rinuncia e devozione non servono a nulla: soltanto il rito cancella il karma e separa l'anima dal corpo, interrompendo il ciclo samsarico. La liberazione consiste nella interruzione del processo karmico volto sia al male che al bene, perché anche il bene fatto con la speranza di ricompense, in questa o nell'altra vita, mantiene sempre legati all'esistenza e al samsara. La Mimamsa resta dunque soprattutto una severa ed austera disciplina ed una teoria sacrificale precisa, minuta e cavillosa. Ma come si può essere certi che l'atto sacrificale abbia tanta infallibile efficacia? I mimansaka (seguaci del Mimansa) poggiano la loro certezza sui Veda, considerati come la massima inconfutabile autorità. I Veda sono eterni.

Ernesto Riva - Tratto da linguaggioglobale.com

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