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Vishnuismo

Senza ombra di dubbio, la Vaishnava è la tradizione spirituale più ricca di letteratura, di filosofia, di religione e di straordinari momenti storici.

Il vaishnavismo è la dottrina della devozione a Vishnu, il Dio Ultimo e Assoluto. La supremazia di Vishnu su tutti gli altri dei del pantheon vedico è proclamato dai Veda stessi; è infatti dai pori della Sua pelle che emanano gli universi materiali, da Lui proviene Brahma, dal quale viene poi generato Shiva, ed è da una delle Sue espansioni che scaturiscono poi tutti gli Avatara divini. Ma il fatto che Vishnu sia la Persona Suprema non proibisce di provare un qualsiasi sentimento di devozione, talvolta persino superiore, per una delle tante divinità di cui i Veda parlano. Il sentimento è soggettivo e quindi si può essere devoti di Shiva, di Brahma, di Indra, delle Shakti, di Varuna o di Ganesha, sempre che si sia coscienti che il Dio Supremo è Vishnu. Om tad vishnu paramam padam, afferma il Rig-Veda: nulla è più elevato che prendere rifugio ai Suoi piedi.

La dottrina della devozione a Vishnu, la Vishnu-bhakti, è straordinariamente variegata e complessa, in quanto Egli ama assumere un numero praticamente illimitato di aspetti. In altre parole, Vishnu si espande in personalità diverse con le quali svolge particolari funzioni. Basti leggere il Primo Canto della Srimad-Bhagavatam per rendersene conto.

Si dice che Vishnu assuma soltanto dieci forme (Dashavatara), ma questo è vero solo parzialmente. In realtà quelle dieci sono solo alcune, da una certa prospettiva forse le principali, ma certamente non le uniche. Infatti nelle Scritture è detto che "le Sue incarnazioni sono tanto numerose quanto le onde dell'oceano". Tra i Dashavatara troviamo i celeberrimi Krishna e Buddha; il primo in India è il più celebre tra gli Avatara.

Perciò ognuno, in accordo ai propri gusti spirituali, può scegliere di essere un devoto di Vishnu (diventando così un Vaishnava) venerando una qualsiasi delle personalità divine con le quali periodicamente Egli scende in questo universo materiale. Così abbiamo devoti di Krishna, di Rama, di Nrishinga, di Kurma, di Varaha, di Matsya e di tanti altri. Nel corso dei millenni queste tradizioni hanno sviluppato una letteratura propria, generalmente molto vasta, una propria dottrina, una particolare pratica devozionale spesso anche diversa dalle altre, pur rimanendo tutte tradizioni Vaishnava. Si può così immaginare quale vastità abbia l'argomento che andiamo a trattare.

L'accusa di politeismo che gli studiosi occidentali muovono alle religioni di origine vedica scaturisce dalla profonda ignoranza di questi, i quali forse non si sono mai accorti che nessun testo vedico ha mai celebrato l'esistenza di diversi Dei Supremi. C'è un Dio solo, tutti gli altri Gli sono subordinati. I Vaishnava venerano e amano forme diverse dello stesso Dio, a seconda del loro sentimento naturale.

Generalmente nelle università occidentali il vaishnavismo storico viene presentato come diviso in due movimenti distinti: il Bhagavata e il Pancaratra. Tale divisione viene presentata come una sorta di scissione ideologica interna. Ma anche questo non è esatto. Infatti le Pancaratra sono particolari scritture che indicano i canoni di comportamento a quei Vaishnava che provano una particolare attrazione verso la vaidhi-bhakti (cioè la devozione caratterizzata dallo spirito di sottomissione). A chi si sente attratto all'idea di Vishnu visto come il Creatore di tutto, il Signore immenso e opulento, la Divinità dei pianeti Vaikuntha, studieranno le Pancaratra e praticheranno le loro regole.

I Bhagavata, invece, amano quelle scritture che indicano i modi grazie ai quali è possibile sviluppare la raganuga-bhakti, cioè il servizio devozionale in un sentimento diverso, certamente più intimo, in cui si può vedere Vishnu come amico, come amante, come parente.

Dunque i Pancaratra accettano Vishnu come origine di tutto e studiano in modo particolare il Vishnu Purana, mentre i Bhagavata venerano Krishna come l'origine di ogni cosa, Vishnu compreso. Questi ultimi accettano come massima autorità filosofica la Bhagavad-gita e la Srimad-Bhagavatam.

In realtà, dal punto di vista dottrinale, non c'è contesa tra di loro, ma una rapporto di compenetrazione reciproca.

Procediamo ora a discutere i punti salienti della filosofia Vaishnava.

Sistemi atei come il Karma-mimamsa e il Sankhya-nirishvara considerano gli dei come esseri generati dal karma e ritengono che il cosmo sia retto da una legge impersonale. I Vaishnava, invece, in perfetta sintonia con il Vedanta, affermano che l'Essere Supremo non può essere soggetto a nessuna legge.

Dio esiste, ed è Vishnu, o Krishna. Per quanto riguarda la precisa identificazione di questo Essere Supremo, se è l'uno o l'altro, alcuni sostengono che Krishna sia una delle incarnazioni di Vishnu, mentre altri affermano il contrario, e cioè che il Supremo sia Krishna e che Vishnu è una delle Sue espansioni plenarie. Dopo discussioni che per la verità non sembrano ancora esaurite, pare certo che tutte le scritture accettate come autentiche siano concordi nel sostenere la seconda ipotesi (krsnas tu bhagavan svayam, isvara paramah krsna). Krishna è dunque l'origine di tutto ciò che esiste, sia del mondo materiale che del mondo spirituale. Una delle ragioni del suo "espandersi" in forme secondarie (come per l'appunto Vishnu), è che Egli non vuole mai venire in contatto con la Sua creazione materiale, per cui preferisce far assolvere ai Suoi diversi e numerosi Avatara i compiti necessari al mantenimento degli universi e alla salvezza delle anime cadute.

In accordo al Bhagavatam ci sono sei tipi di Avatara.

Ora, cosa è Dio? E' personale o impersonale? I Vaishnava si considerano i veri rappresentanti della filosofia Vedanta, e non quella falsata di Shankara, bensì quella insegnata da Vyasa, l'autore del Brahma-sutra (chiamato anche Vedanta-sutra).

Dio non è affatto impersonale, bensì è una eterna Persona Trascendentale. L'energia impersonale (brahma-jyoti) è una delle Sue tante energie e caratteristiche. Affermare che Krishna sia una persona non significa affatto porgli dei limiti, al contrario lo comporterebbe la negazione. L'idea dell'impersonalismo è alla base della mayavada (o advaita-vada), teoria aspramente combattuta dai maestri Vaishnava come Ramanuja, Madhva, Nimbarka, Caitanya, Bhaktivedanta Svami Prabhupada e da tutti gli altri.

Quando i Veda dicono che Krishna è una Individualità Unica, un Uno-Tutto, non vogliono intendere che Egli sia un monolito energetico: al contrario la Sua personalità divina è eccezionalmente variegata. Il Supremo Vishnu possiede numerose energie. Le tre principali sono l'energia spirituale (con i quali crea il mondo spirituale), l'energia materiale (con la quale genera il cosmo) e l'energia marginale (le anime individuali).

Questa energia marginale è la nostra culla. Noi siamo jiva, parti di Dio, della Sua energia. Come tali, la nostra uguaglianza con il Supremo consiste in qualità, ma certamente non in quantità. Poiché siamo fatti di natura divina, senza tuttavia essere Dio, possiamo cadere vittime di maya, dell'energia inferiore; ciò a causa dell'attrazione che subiamo nei confronti delle idee di potenza e di indipendenza. Per questa ragione entriamo in diversi corpi materiali, nei quali ci identifichiamo.

Il contatto con quegli elementi di natura tanto diversa dalla nostra ci inebria di sensazioni, che proviamo grazie ai sensi che continuamente "toccano" i rispettivi oggetti. E l'anima tende a sprofondare sempre più nell'avidya, nell'ignoranza esistenziale che ci porta a dimenticare chi veramente siamo e da dove realmente veniamo.

Tutta quella pirotecnica serie di azioni causa karma, cioè delle reazioni che generano ulteriori azioni, e così via, in una ruota viziosa che sembra non poter avere mai fine. Tutto ciò fa sì che vediamo costruirsi attorno a noi una coscienza di un certo tipo, che è del tutto simile a una seconda personalità. Questo "falso senso di essere" ci conduce in corpi sempre diversi, in accordo allo stato di coscienza che abbiamo al momento della morte di un particolare corpo. Ci ritroviamo di nuovo in un altro anello della ruota chiamata samsara, il ciclo delle nascite e delle morti, per cui mai cessiamo di prendere nuovi involucri fisici nelle numerose specie viventi.

La sofferenza che si prova in una vita fatta di dimenticanza di Dio e a contatto con una natura opposta alla nostra, è difficilmente descrivibile. E, per la maggior parte dei casi, è proprio questo disagio che, a un certo momento, ci porta a desiderare di conoscere ciò che è sempre stato nostro ma che abbiamo dimenticato. Questo anelito è percepito da Paramatma, una delle forme di Vishnu presente nel nostro cuore, che ci ha accompagnato nel tragico viaggio lungo le vie del mondo materiale. Lui ci suggerisce di andare alla ricerca della Verità. Questa voce interiore ci conduce a cercare qualcuno in grado di illuminarci, di dirci come stanno veramente le cose. Chi è sincero e determinato nella sua ricerca trova un vero Vaishnava, un maestro spirituale autentico (un guru), il quale ci dà tutte le istruzioni necessarie per percorrere la strada che conduce alla perfezione.

Due sono i doni fondamentali che il guru offre: diksha e shiksha. Il primo è l'iniziazione formale, in cui il discepolo viene ufficialmente ammesso nella tradizione spirituale (sampradaya). Il secondo è la conoscenza, l'educazione alla teoria, che non è solo strumentale ma anche un elemento di purificazione sostanziale.

I principi basilari della disciplina Vaishnava possono essere divisi in ciò che deve essere fatto (le ingiunzioni positive, le vidhi) e ciò che non deve essere fatto (le proibizioni, le nisheda). I primi riguardano elementi come la recitazione dei mantra, l'adorazione delle Murti, la venerazione e l'obbedienza al maestro spirituale, il vivere in luoghi sacri (siano essi in India, come Vrindavana o Mayapura, ma anche dovunque si svolgano attività di natura spirituale). Un verso importante della Srimad-Bhagavatam (7.5.23 e 24) afferma:

"Prahlada Maharaja disse: (1) Ascoltare e (2) cantare del Santo Nome, della forma, delle qualità, di tutto ciò che Lo circonda, dei divertimenti trascendentali del Signore Vishnu, (3) ricordarli, (4) servire i piedi di loto, (5) offrire al Signore adorazione rispettosa usando sedici tipi di strumenti, (6) offrire preghiere al signore, (7) diventare i Suoi servitori, (8) considerarlo come il proprio migliore amico e (9) sottomettere ogni cosa a Lui (e cioè servirlo con tutto il proprio corpo, la mente e le parole), questi nove processi sono accettati come puro servizio devozionale.

Chi ha dedicato la sua vita al servizio di Krishna e che sempre si impegna in queste nove discipline devozionali è la persona più erudita, perché (grazie ad esse) acquisisce conoscenza completa."

Per quanto riguarda le proibizioni, anche queste sono numerose. Le principali riguardano il mangiare la carne (il pesce compreso), le uova, le sostanze intossicanti e la vita sessuale sregolata. Si dovrebbe anche evitare di intrattenere stretta compagni con persone materialistiche, parlare di futilità, mangiare cibo non offerto in sacrificio a Vishnu. Ma fra le tante discipline spirituali spicca la meditazione sul Santo Nome di Krishna (il famoso mantra Hare Krishna). Secondo Sri Caitanya nulla è tanto importante quanto cantare il mantra.

In questo modo, il devoto purifica il proprio cuore da ogni attaccamento alla materia e ricomincia ad avvertire il fascino così naturale nei confronti del Signore Supremo, Sri Krishna. A seconda del tipo di relazione (rasa) che fa parte della sua natura, riprende a servire il Signore nel modo che gli è eternamente congeniale e spontaneo. Alla fine della vita ritorna nei pianeti spirituali, dove per l'eternità gode di una vita eterna, caratterizzata da una piena conoscenza e beatitudine (sat-cit-ananda).

Siamo coscienti che queste poche parole certamente non rendono piena giustizia alla vastità e alla bellezza della filosofia Vaishnava, ma siamo fiduciosi che tutti ne avranno compreso la profondità e la purezza.

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