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Padmapada

Sri Padmapadacarya, il primo discepolo di Samkara, era nativo del sud dell'India; il suo nome, prima dell'iniziazione, era Visnusarma. Un giorno che Samkara faceva le sue abluzioni nel Gange, chiese al discepolo, che si trovava sull'altra riva del fiume, di portargli gli abiti asciutti. Senza esitare un solo istante, Visnusarma cominciò a camminare sulle acque sostenuto, racconta la leggenda, dai loti d'oro che la dea Ganga, colpita dal suo fervore, aveva fatto improvvisamente sbocciare. Il suo nome di asceta, Padmapada: "Colui che cammina sui loti", gli sarebbe stato dato in seguito a questo avvenimento.

Padmapada scrisse il primo commento al Brahmasutra bhasya del suo Maestro. Di questa opera, intitolata Le cinque sezioni (Pancapadika), non restano oggi che i primi quattro quarti (pada).

Se ne parla nel quattordicesimo canto, intitolato "Descrizione del viaggio di Padmapada ai luoghi santi", di un "Racconto dei viaggi trionfali di Samkara" (Samkaradigvijaya) scritto nel XVI secolo da Madhava.

Dopo aver redatto, su richiesta di Samkara, il suo commentario, Padmapada sentì il bisogno di fare un lungo pellegrinaggio nel sud dell'India. Samkara gli rammentò che il dovere di un discepolo è di servire il suo Maestro ma, considerando la sua ferma determinazione, lo lasciò andare.

Durante il viaggio, Padmapada soggiornò per qualche tempo a Srirangam presso suo zio, ritualista convinto, al quale lese la sua opera. Irritato per gli attacchi contro i mimamsaka, lo zio si compiacque ipocritamente col giovane e, dopo aver ricevuto in consegna il manoscritto, lo lasciò proseguire verso l'estremo sud. Riprendendo lo studio della Pancapadika a mente fresca, egli si trovò nell'incapacità di confutarne le argomentazioni e perciò decise di distruggerla ma, per non trasgredire le leggi brahmaniche che proteggevano i libri sacri, egli stabilì di dare tutto alle fiamme: l'opera e la propria casa. "Meglio la distruzione della casa che quella della dottrina (dei mimamsaka)", pensò.

Al suo ritorno da Ramesvaram, Padmapada apprese la triste notizia e quindi si recò dal Maestro di Kalati il quale, col cuore stretto dalla compassione, consolò il suo discepolo. Samkara, avendo poco tempo prima ascoltato la lettura dei primi quattro capitoli de commentario distrutto, li recitò a memoria e i suo discepolo colmo di gioia li consegnò di nuovo ai posteri.

I commentatori post-shamkariani hanno dato vita a due scuole di interpretazione: una, fondata da Vacaspatimisra, è denominata Bhamatiprasthana; l'altra, fondata da Prakasatman, si rifà a Padmapada e porta il nome di scuola Vivarana.

Nel corso dei secoli, la scuola Vivarana è caduta alquanto in oblio, e questo per un preciso motivo: il testo basilare di questa scuola, cioè la Pancapadika di Padmapada, l'abbiamo visto, era stato mutilato.

I post-shamkariani disposero evidentemente, con la Bhamati di Vacaspatimisra, di un testo integrale che comprendeva i 555 aforismi del Brahmasutra.

Se il commento di Padmapada è relativamente breve, non bisogna dimenticare che il modo in cui l'autore ha trattato la teoria della sovrapposizione (adhyasa) nel primo capitolo della Pancapadika, è unico nel suo genere in tuta la storia dell'Advaita. Inoltre Padmapada ha il privilegio di essere stato il primo, e perciò il più diretto, discepolo di Samkara. La sua opera, che resta del più alto valore, è stata essa stessa commentata dieci volte.

(Voce tratta Shankara e il Vedanta - Paul Martin Dubost - Edizioni Asram Vidya)

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