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ESSERE, LIBERO ARBITRIO, LIBERAZIONE

Ci viene detto che Isvara (l'Essere-persona) rappresenta una delle infinite determinazioni dell'assoluto nirguna, e che un manvantara (ciclo cosmico), nell'ambito dell'Essere-Isvara, costituisce la totalità dei semi non risolti di un manvantara precedente. Con Platone possiamo dire che il mondo delle Idee-Essere è uno delle infinite possibilità dell'Uno-Uno o Uno-Bene, essendo questo superiore per "dignità" all'Essere-mondo delle Idee (1).

Poniamo l'accento sulla parola "determinazione" e poi sul concetto di "seme". Determinazione è la precisazione, specificazione, limitazione di una condizione espressiva nel campo delle possibilità operative e ideative; è qualcosa di definito, fissato, stabilito da una Realtà che sta a monte. Ciò significa che tale Realtà è, nella sua essenza, indeterminata ma con possibilità di determinare. Questa limitazione costituisce sempre un "meno" di fronte alla Realtà assoluta, come le successive generazioni discendenti sono sempre "meno" dell'Essere principiale. Diremo, il composto è sempre meno dell'essenza o del semplice.

Una determinazione è dunque una restrizione, un vincolo privativo. Anche per Platone l'Essere si manifesta nel mondo come "norma" e "misura", cioè con precise determinazioni. Se l'atomo (sempre per fare delle analogie, e come tali occorre prenderle), quale archetipo della sostanza molecolare, non fosse ciò che è avremmo continuamente delle trasformazioni impensabili, caotiche, confuse, imprevedibili, per cui la stessa scienza, nei suoi vari rami, sarebbe compromessa. La privazione possiamo concepirla solo se la confrontiamo con l'Infinito metafisico, col Brahman nirguna, o uno-Uno platonico.

D'altra parte, se la natura dell'ente fosse determinata in assoluto non ci sarebbe neanche da porre il problema; chi poi potrebbe farlo ? Non ci sono problematiche oltre quelle insite nella natura dell'ente: così, una stessa forma materiale, ultimo gradino di sviluppo di un'Idea, non è né migliore né peggiore di un'altra; essa è, e risponde precisamente al suo dharma, alla sua finalità e funzione. La determinazione non rappresenta altro che il predicato di qualche cosa, è la degradazione dell'oggetto a cui appunto si riferisce. Siamo difatti obbligati a chiederci: che cosa si determina? Chi è determinato? Rispondiamo: è determinato l'Essere; che cosa si determina? Si determina la sua funzione, il suo stato di Essere, la sua possibilità di vita. Ma questo Essere può essere meglio espresso in modo da mettere in evidenza il soggetto dal suo predicato? Possiamo rispondere con il quadro seguente:

Essere-Essenza-Coscienza ----------> Prakṛti-Sostanza, Seme principiale

Isvara o Brahman saguna non è altro che un Riflesso di coscienza del Brahman nirguna, oppure, secondo Platone:

Essere-mondo delle Idee ------------> xora, intelligibile

L'Essere, quale prima determinazione dell'Uno metafisico, ha in sè un seme, un nucleo qualificato, un Punto, un archetipo in cui sono racchiuse tutte le illimitate potenzialità di sviluppo della manifestazione. E' il mondo delle idee archetipiche. la determinazione è riferita a questo Seme-punto, all'Idea in quanto ha in sè una specifica possibilità e non altre.

L'Essere-Isvara è tale perchè è tale e non può essere differente da ciò che è, diversamente non sarebbe l'Essere. Così, un seme di fiore ha in sè tutte le potenzialità e gli sviluppi futuri, il seme è già il fiore.

Il seme-Isvara è fuori del tempo-spazio ma non della causa, difatti viene considerato il Piano universale causale. Il tempo-spazio, per quanto relativo ai diversi soggetti, è un limite che riguarda gli enti manifestati[. Hiranyagarbha e Virat (piano intelligibile e sensibile) non sono altro che sviluppi, combinazioni elementari sostanziali di Isvara. Essenza e sostanza non sono dati contrapposti, non costituiscono una dualità assoluta come, per Platone, non lo sono il piano intelligibile e sensibile della sua Dottrina. Il sensibile e l'intelligibile sono sviluppi del seme principiale il quale rappresenta, per tutto l'esistente, il fondamento metafisico. La dicotomia Spirito e materia non ha senso perchè i due fattori nascono dalla polarizzazione del Punto che li contiene e nello stesso tempo li trascende.
Possiamo ora chiederci: se l'Essere ha già in sè determinate potenzialità e non altre, se è già definito, fino a che punto possiamo parlare di di libero arbitrio o di libertà degli enti? Se la vita universale è l'effetto, il precipitato, l'esteriorizzazione, la proiezione, ecc. di semi già stabiliti e qualificati, in che modo possiamo renderci affrancati dalla schiavitù del divenire ? Ecco l'aspetto cruciale su cui dovremmo meditare.

Se qualcuno afferma: "L'ente è libero e vive della e nella sua libertà", potremmo obiettare: "Questa libertà è relativa o assoluta? E a che cosa si riferisce? ". V'è infatti una libertà di costume, di morale o etica sociale, oppure psicologica; e v'è una libertà che riguarda lo stato ontologico dell'ente. D'altra parte è pur vero che l'Essere, essendo determinato e limitato, deve avere il suo sviluppo quantitativo e qualitativo limitato e relativo.
Stando così le cose dovremmo concludere che gli enti sono soggiogati completamente dalla legge della necessità. Se tutto è necessitato, anche gli enti implicati nel processo lo devono essere. Ma è possibile sostenere tale ipotesi?

Per giusta disanima dovremmo affrontare due aspetti del problema; l'uno è questo: quando parliamo di determinazione-limitazione non l'intendiamo come linea singola, unilaterale, che procede in senso unico. L'Essere non è il seme del fiore o l'atomo fisico. La determinazione, o qualificazione, contempla una molteplicità di lee che si sventagliano in svariate e illimitate direzioni, su parabole diverse. L'Essere è, come afferma Platone, Uno-molti; in Lui vi sono indefinite possibilità espressive. Gli enti sono liberi di muoversi lungo il ventaglio di possibilità pur rimanendo nell'ambito abbastanza vasto della determinazione dell'Essere. Il seme-atomo, sebbene determinato nel suo specifico ambito, ha comunque la capacità di modellare indefinite strutture molecolari. Se avessimo ulteriori intuizioni, potremmo creare altre molecole oltre quelle che la scienza ha già scoperto.

Se, comunque, la partita si dovesse chiudere qui dovremmo riconoscere che la libertà è solo una semi-libertà dalla quale non potremmo mai uscire. Si prospetterebbe, di conseguenza, una filosofia relativistica e riduttiva per cui avanzare l'ipotesi di uno sviluppo o risveglio della coscienza e proporre la sua emancipazione sarebbe impossibile. Qualcuno potrebbe ancora sostenere che se tutto è determinato nella sfera dell'Essere, allora gli enti sono soggetti alla legge del fatalismo. Anche qui dovremmo capire ciò che è libera scelta dell'ente nel suo stato ontologico e ciò che è determinazione causale sul piano del fenomeno e della prakṛti-xorà.
Con una visione esclusivamente materialistica della vita diventa meccanicistico, fatalistico e nichilista, ma la Dottrina iniziatica non è così riduttiva e unilaterale.

Noi dovremmo fare una distinzione tra i due poli della realtà: la coscienza-essenza e la sostanza, il purusa e la prakrti, il nous e il soma, ecc. Come abbiamo già rilevato, si tratta di aspetti polari e non duali in assoluto. Il purusa, macro e micro-cosmico, è pura coscienza che si svela mediante la sostanza-prakṛti; o, per meglio comprenderci, lo Spirito si svela per mezzo della "materia" la quale nel suo divenire segue leggi che non appartengono allo Spirito-purusa-nous; occorre quindi fare una certa distinzione. [Quello della materia è il mondo della necessità, quello dello Spirito, nel campo della determinazione dell'Essere, è il mondo della libertà.
Quando promuoviamo una causa sul piano della prakrti, entriamo in un meccanismo determinato che opera mediante un concatenamento rigido, per quanto anche qui non in termini di assolutezza, poichè una legge causale la possiamo trascendere solo con un'altra legge, come è avvenuto con la forza di gravitazione terrestre che è stata superata; è una possibilità che si trova sempre nell'ambito dello sviluppo delle qualità dell'Essere. Sulla sfera delle cause seconde (la causa prima riguarda solo l'Essere) non v'è libertà, però - si accennava prima - di là dal tempo-spazio, causa-effetto v'è il purusa, il nous, l'atman il quale è libero nelle sue scelte e libero ancora dal produrre scelte.

Occorre avere presente tre momenti del processo:la libera decisione della scelta o non scelta, la libera possibilità di optare per l'oggetto o contenuto della scelta, il compimento finale della decisione. Una volta che si passa al concepimento della scelta si soggiace alla necessità della generazione causale, perchè l'espletamento dell'oggetto preselto può avvenire solo nell'ambito della sostanza-prakrti. E' sotto questa prospettiva che Platone sostiene che essendo la xora sensibile molto più resistente, pesante e meno responsiva alla volontà dell'Anima-demiurgo, i prototipi emergenti non sono mai perfettamente uguali all'idea. V'è dunque una libertà ante e una necessità post.

Diciamo, per inciso, che l'ente può salire e scendere nei vari piani esistenziali in perfetta libertà, nessuno lo costringe se non i limiti che egli stesso s'impone.
Quando si parla di karma ci si riferisce sempre alla causa-effetto o produzione di una specifica causa-azione che contiene in sè l'effetto. Anche qui l'ente è libero di produrre o no una certa azione, come è libero di neutralizzare l'effetto mettendo in opera una causa uguale e contraria. E' così che il karma viene trasceso; in definitiva esso è il risultato dell'ignoranza di determinate leggi.
Il fatalismo ontologico si ha quando gli enti non hanno nè libertà di scelta nè libertà di intervenire sugli effetti, per cui costituiscono solo ingranaggi impersonali del fato. D'altra parte, nessuna Dottrina tradizionale contempla una teoria fatalistica e meccanicistica.

Diremo ancora, lo sviluppo della manifestazione è stato già scritto in quel Seme principiale causale, noi ne stiamo semplicemente sfogliando e interpretando le varie pagine. Nessuno potrà mai cambiare l'Archetipo originario o il Mondo delle Idee, potrà solo incarnarlo e svelarlo.

La libertà degli enti consiste nel fatto che essi possono interpretare o incarnare qualunque pagina scritta essi desiderino. Le "parti" dell'Essere sono indefinite, i suoi stati sono molteplici e ciascuno può scegliere quella "parte" che più gli aggrada, lo stato esistenziale che più gli piace, nessuno può impedirgli di essere questo o quello nell'ambito delle indefinite possibilità dell'Essere.
Secondo Plotino, la vita è un grande palcoscenico su cui ogni individuo sta recitando una delle molteplici, illimitate parti che il copione può offrire ma è talmente identificato con la "parte" da dimenticare di riconoscersi per ciò che realmente è.

<< Proprio come sul palcoscenico dei teatri, così si vuole pur mirare uccisioni e ogni genere di morte e conquiste di città e saccheggi: tutto si è come una trasposizione di scene e un mutar costume; persino lacrime e lamenti sono fittizi ! Poichè, anche quaggiù, nelle singole vicende della vita, non l'intima anima umana ma solo quella di fuori, ch'è ombra, singhiozza e si lamenta e crea tutte le sue parti, mentre gli uomini creano le loro finzioni dappertutto, su quel palcoscenico ch'è la terra intera >> (2)

Il Fiilosofo tradizionale, il Saggio, consapevole di tale verità, si è affrancato da qualunque identificazione alienante, anche da quella che il mondo dei dormienti potrebbe considerare la più importante, esaltante e apprezzabile. Da qui la pax profunda del Realizzato, frutto non solo dell'aver capito intellettualmente, ma sopratutto dell'aver compreso consapevolmente.
Possiamo ancora dire con la Mundaka Upanisad (II, I, 12): << Il brahmana, avendo riconosciuto che le diverse forme di esistenza (loka, mondi) sono il risultato di karma accumulato, di loro si disgusta (pensando che) mediante ciò che è creato ( non si può conseguire) l'increato >>.

Libertà, dunque, sia nella sfera delle determinazionioni-qualificazioni dell'Essere sia in quella delle potenzialità dell'archetipo di una particolare specie di vita. Ma possiamo uscire dalle stesse determinazioni dell'Essere ?
Adesso si pone il problema del secondo aspetto a cui avevamo precedentemente accennato. Basta riprendere la prima proposizione esposta all'inizio di queste note per comprendere il nostro quesito. L'Essere qualificato, avevamo detto, non è l'Assoluto, non è l'Infinito metafisico, ma semplicemente la prima determinazione del Brahman nirguna del Vedanta, dell'Uno-Uno platonico o dell'Ain soph della Qabbalah.
Nirguna significa "privo di guna", di qualità, di determinazione, mentre l'Essere, in quanto tale, è sa-guna, cioè "con qualità", con attributi, ecc. Il saguna trova la sua ragion d'essere nel nirguna, perciò la radice autentica dello stesso ente riposa nell'Infinito metafisico. D'altronde, parlare di liberazioneintegrale degli enti e della vita dell'Essere senza il presupposto nirguna, o un fondamento metafisico, sarebbe un'illusione.

L'ente ha anche quella libertà, che gli deriva dalla sua origine trascendente, di superare il limite (e l'illimite, direbbe Platone) del Seme principiale per ritrovarsi perfetta unità metafisica senza secondo. Filosofi tradizionali che nel passato, e anche nel presente, si sono posti il problema dell'integrale Realizzazione erano pressati da domande del genere:

1. Si può uscire dalla determinazione individuata umana? (Tempo-spazio o mondo della generazione e del corruttibile)
2. Si può uscire dalla determinazione universale della vita? (Mondo del sottile o intelligibile)
3. Si può trascendere la stessa determinazione dell'essere principiale? (Causa prima)
4. (Se la risposta è affermativa). In che modo si potrà uscirne e con quali mezzi?

La problematica iniziatica di ogni tempo è stata sempre tale, e l'iniziazione o l'accettazione di un discepolo qualificato era subordinata all'autentica presa di consapevolezza di queste istanze coscienziali fondamentali. Se l'ente, come abbiamo visto, è libero nelle sue decisioni, allora può dirigersi verso la Via del Ritorno, la Via della reintegrazione con la propria Essenza metafisica. Quando a ciascuno di noi, discepoli sulla Via, si domanderà se ha approfittato...di simile riconoscimento, ] nel segreto del suo cuore dovrà chiederselo, se è un vero discepolo, ricordando che o ci si determina oppure si è determinati dalla prakrti-xora. In questo caso però non bisogna rimproverare o condannare nessun "Dio antropomorfo" proiettato dalla nostra mente inquieta e compensatoria.

<< Or ecco, gli impedimenti (per lo svelamento) della conoscenza: in verità l'origine della rete di smarrimento è che colui il quale è destinato al cielo ha rapporti con coloro che non sono adatti al cielo: questa è l'origine. anche se (a questi ultimi) venisse indicato un grande albero dai rami ampiamente distesi, essi andrebbero a ripararsi sotto un vile cespuglio >> (3)

Possiamo riassumere il tutto in questi termini:

Libertà assoluta ------> Uno metafisico - Uno-Uno platonico - Brahman nirguna - Coscienza assoluta

Libertà determinata (ma nell'illimitata possibilità espressiva) -----> Mondo dell'Essere qualificato e determinato (saguna) - Mondo delle Idee

Mondo della necessità -----> Manifestazione - Mondo della generazione e del divenire formale

(1) Cfr. Iniziazione alla Filosofia di Platone, cap. "La sfera dell'Essere o delle Idee", di Raphael.
(2) Enneiadi: III, 2, 15 Laterza, Bari.
(3) Maitry Upanisad: VII, 8

 

Tratto da:Raphael, "Fuoco di Risveglio", Ed Asram Vidya, pag 27-36

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