Il gruppo che cura Vedanta.it inizia ad incontrarsi sul web a metà degli anni 90. Dopo aver dialogato su mailing list e forum per vent'anni, ha optato per questo forum semplificato e indirizzato alla visione di Shankara.
Si raccomanda di tenere il forum libero da conflittualità e oscurità di ogni genere.
Grazie

Il dialogo dIstruzione

La via della conoscenza: la discriminazione della realtà di ogni contenuto o inferenza, nel distacco della presenza.
cielo
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Il dialogo dIstruzione

Messaggio da cielo » 05/12/2016, 14:59

Un dialogo necessita la presenza e questa è distruttiva per l'io.

In un dialogo, occorre aprirsi al ciò che si è, non a ciò che si pensa. Anche se il ciò che si è appare limitato da incrostazioni, quelle sono e quelle si portano. Ovviamente in un confronto teso al reale, esse possono solo essere distrutte, perché sovrapposte alla Pura Realtà.

Un dialogo distruzione teso alla Pura Realtà dei partecipanti equivale all'atmavicara, l'indagine sull'essenza. Ove sia presente un interlocutore qualificato, costui è "ciò che tu sei e non sai di essere", perché ti vedi quale insieme di credenze.

Occorrono delle fondamenta solide affinché avvenga questo, secondo la scuola rinzai, la presenza di un Maestro. Ci sono tradizioni che essendosi interrotte, credono che un muro bianco possa fare da maestro. Sono quelle che hanno più aspiranti, persone che fuggono la propria natura, credendo la spiritualità altro e lontana da sé stessi.

L'atmavicara a parole è bellissima. Nella pratica è devastante. "Noi" siamo ciò che siamo, siamo noi stessi, non siamo questo o quell'altro, nemmeno il nostro genere o la nostra natura. Eppure abbiamo attribuito a questo "noi" mille valenze e significazioni, mentre solo la continua presenza può distoglierci da ciò che non siamo. E questo distoglimento è doloroso, in quanto chiamiamo "io" proprio quegli attributi che "Io" non sono. Occorre una sadhana continuata, da svolgersi con l'accettazione del mondo e della vita come sadhana stessa, interpretando le priorità vitali (purusartha) unitamente al varnasrama (capacità e potenzialità personali).

La filosofia dell'essere è realizzativa, non coercitiva, non nozionistica. Occorre un uso attento del linguaggio, perché i termini raramente hanno un senso univoco, ove i trattati e le opere siano sparsi su migliaia di anni e miglia. Certi termini hanno senso solo se considerati nel Vedanta Advaita, appena fuori altri sono i significati; così i samadhi... indicano stati diversi, ma la medesima esperienza può determinare testimonianze diverse, mentre la stessa testimonianza, le stesse parole, potrebbero indicare due eventi completamente diversi.

Un dialogo realizzativo, non un semplice passaggio di nozioni, necessita un sorta di abbandono, quella unicità che ha un riferimento puntuale che diviene perno e centro vitale, abbandonandone ogni altro.

Siamo noi e il riferimento, facendo morire il "noi", l'alterità, grazie all'asparsa: la mancanza di ogni sostegno, poi si giungerà a lasciare anche il riferimento, affinché risplenda la Pura Realtà o atman.

La maggioranza degli aspiranti necessita di binari, regole, pratiche, etichette, fosse anche quella con scritto "non ho etichette".
Dire a qualcuno: «Sei tu la tua istruzione!» lo sbarella.

Gli esseri umani necessitano di gabbie per vivere, perché chiamano "io" le loro gabbie; quando qualcuno li libera dalle gabbie, lo vedono come assassino.

Premadharma, tratto da forum pitagorico, forum interno, 27/02/2016

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Re: Il dialogo dIstruzione

Messaggio da NowHere » 05/12/2016, 22:37

Grazie Cielo, spunto profondo.

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Re: Il dialogo dIstruzione

Messaggio da cannaminor » 06/12/2016, 9:42

NowHere ha scritto:Grazie Cielo, spunto profondo.
Spunto di riflessione? magari ne potevi condividere un paio, con noi tutti, di queste riflessioni sullo "spunto profondo", che dici?

Lo dico anche a Cielo. E aggiungo un'ulteriore riflessione a carattere più generale che suona più come una domanda e mi chiedo, vi chiedo, ma quale il senso di postare delle parole altrui, per profonde che siano, se poi non ci si aggiunge nulla di nostro, un nostro commento, una nostra riflessione, un nostro contradittorio anche, qualsiasi cosa, ma che sia nostro con le nostre parole.

Questo è un forum dove una persona prende e scrive delle parole con una tastiera, parole che io auspicherei sue, scritte da lui, suo pensiero, sua testa, suo cuore, suo qualunque cosa sia , ma suo. Se Premadharma volesse scrivere o riscrivere delle parole (anche già scritte) è sempre il benvenuto, tale quale qualsiasi altro iscritto, utente, fruente di questo forum.

Ma io non capisco, e scusatemi, sarà la mia ottusità e limite, ma non capisco cosa voglia dire o cosa significhi prendere delle parole scritte da qualcun'altro, e postarle con la propria firma; che vuol dire?

Forse che noi la si pensa tale e quale quello che c'è scritto nello scritto? O ancor meglio che si è realizzato quello che c'è scritto nello scritto?

Ammesso che io possa anche pensarla tale e quale quello che leggo in uno scritto, che "sia" a maggior ragione tale quale ciò che sta scritto nello scritto, benissimo, allora se lo voglio condividere con il mondo, non ho che da dirlo con mie parole, visto che è tale quale noi; quale il problema nel descriverlo con parole nostro se tutto ciò è noi e ci identifica perfettamente tale quale noi?

La risposta più comune alla domanda già posta è; ma quelle parole descrivono meglio quello "stato di coscienza" di quanto potrei fare io.

Siamo sicuri che sia solo una questione di "descrivere meglio" ciò che invece in fondo crediamo essere ed aver realizzato noi stessi?

Se veramente ciò fosse noi, da noi pienamente compreso non dovremmo aver alcun problema anche a descriverlo con nostre parole; nostra la realizzazione, nostre le parole, piena e totale identità e coincidenza; quale il problema allora?

Se ciò non è allora perchè non ci assumiamo la responsabilità e l'onestà di dirlo, di dire queste parole sono per me di indicazione (additare la via) e di mira, ma io ancora non le vivo e non le sono (fosse anche parzialmente) anche se le anelo e ne riconosco in cuor mio la veridicità.

Se delle parole risuonano in noi, hanno e sortiscono un riconoscimento, quale che esso sia e nella misura in cui sia andrebbe, secondo me, detto chiaramente, questo sarebbe il vero messaggio, la vera testimonianza di sè, dire e dare "misura" con le nostre parole quanto quelle altrui che riportiamo sono noi.

Altrimenti è solo fare della bacheca spirituale, e di questo credo non ne abbia bisogno nessuno, almeno non io; "io" desidero comunicare e condividere l'esseità di chi ho dinnanzi, dialogare nella vera accezione del termine, e non per riportate o lette parole di terzi, per profonde che siano; un dialogo che ha base e luogo, sulla e della mia e del mio interlocutore profondità, non di quella di terzi di cui ne vengono fedelmente riportate, per profonde che siano, le parole scritte.

Questo è quanto penso, e per tale l'ho scritto e di cui mi assumo ogni responsabilità personale, visto che sono mie parole e non altrui.

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Re: Il dialogo dIstruzione

Messaggio da Mauro » 06/12/2016, 9:54

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Re: Il dialogo dIstruzione

Messaggio da Fedro » 06/12/2016, 10:30

Mauro ha scritto:
Forse perchè quando uno posta la propria, di testimonianza, c'è il rischio che qualcun altro ne faccia l'analisi logica, la metta al setaccio, o cominci a fargli il terzo grado sul perchè e percome ha scritto questo o quello.
Quindi molti (non io), preferiscono postare qualcosa di "sicuro", direi "blindato", che non possa dar adito a polemiche di nessun tipo.
Quindi dici che ci nascondiamo dietro parole altrui, per evitare il rischio di polemiche.
Francamente invece, non capisco perchè devo temere di espormi per esprimere me stesso, se ciò è quello che sono.
Poi, se dobbiamo pensare solo a delle belle vetrine di esposizione per evitare di mostrarci, temendo le eventuali reazioni che, possibilmente sono semplici e ovvie richieste di chiarimento ulteriore, e che giustificano il significato di forum stesso... allora abbiamo già ucciso il valore potenziale di un forum, a mio parere...

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Re: Il dialogo dIstruzione

Messaggio da cannaminor » 06/12/2016, 10:35

Mauro ha scritto:
E aggiungo un'ulteriore riflessione a carattere più generale che suona più come una domanda e mi chiedo, vi chiedo, ma quale il senso di postare delle parole altrui, per profonde che siano, se poi non ci si aggiunge nulla di nostro, un nostro commento, una nostra riflessione, un nostro contradittorio anche, qualsiasi cosa, ma che sia nostro con le nostre parole
Forse perchè quando uno posta la propria, di testimonianza, c'è il rischio che qualcun altro ne faccia l'analisi logica, la metta al setaccio, o cominci a fargli il terzo grado sul perchè e percome ha scritto questo o quello.
Un rischio per tal'uni per altri un'opportunità, dipende da come la leggi e la vivi. Ma comunque sorga la comunicazione tra i due, almeno è in riferimento a ciò che uno è a ha detto e non a quello che altri sono e hanno detto. Come dire, almeno già nella sostanza del "dialogo" è pertinente a ciascuno dei due e non a terzi che non centrano nulla. Se poi uno anzi i due riescono a trarne meglio da questa "comunicazione" tra loro e farne dialogo proficuo, tanto meglio.
Mauro ha scritto: Quindi molti (non io), preferiscono postare qualcosa di "sicuro", direi "blindato", che non possa dar adito a polemiche di nessun tipo.
Infatti si parano dietro alle parole altrui, facendosene scudo, in modo che alla peggio uno possa sempre dire "L'ha detto Lui"....

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Re: Il dialogo dIstruzione

Messaggio da Mauro » 06/12/2016, 10:46

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Re: Il dialogo dIstruzione

Messaggio da Mauro » 06/12/2016, 10:53

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Re: Il dialogo dIstruzione

Messaggio da NowHere » 06/12/2016, 11:10

Ciao Cannaminor,

Credo che sul Sentiero possa capitare che determinate parole lette possano farci vibrare come un diapason che risuona alla stessa frequenza di quelle parole, che appunto fungano da "sorgente" che viene emessa; quindi risulta naturale volerle condividere con gli altri.

E' chiaro che sono totalmente d'accordo con te quando dici che ci deve essere anche la "farina" del nostro sacco, ma se l'ispirazione non viene può essere meno proficuo postare riflessioni basate sulla mente discorsiva. I "bei post" non si "inventano", fluiscono naturalmente.
cannaminor ha scritto: Siamo sicuri che sia solo una questione di "descrivere meglio" ciò che invece in fondo crediamo essere ed aver realizzato noi stessi?
Infatti: io credo che chi ha realizzato queste parole sia come un muro: consente alle domande di "rimbalzare" come risposte a chi gli tira la palla, ma di suo non ha più l'istanza a postare e pubblicare "riflessioni" ad effetto. Chiaramente queste mie parole non sono assolute, rappresentano solo un punto di vista del momento relativo al tuo post.

Per quanto riguarda "l'analisi logica" sui post degli altri, beh, secondo me questa attività dovrebbe essere la prova che si è ancora ancorati al giudizio, da un lato e dall'altro: cioè al bisogno di infliggerlo (a causa delle proprie frustrazioni) e alla paura di riceverlo.

Non c'è un ego che arriva ad una meta, la "meta" è la fine dell'ego, e cioè il Sentiero finisce non con un traguardo, ma perché scompare da sotto ai nostri piedi insieme all'universo stesso, insieme all'attore/spettacolo.

Namasté a tutti,
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Re: Il dialogo dIstruzione

Messaggio da Fedro » 06/12/2016, 11:38

NowHere ha scritto: può essere meno proficuo postare riflessioni basate sulla mente discorsiva. I "bei post" non si "inventano", fluiscono naturalmente.
secondo me, non si tratta d'inventare bei post piuttosto che brutti, quanto di tentare di descrivere, dal punto in cui siamo, ciò che siamo.
Ciò che siamo: e che non è nè bello, nè brutto..ma come ci vediamo e ne riusciamo a cogliere e descrivere, niente di più o niente di meno.
Vedi, questo non sarebbe un forum di , diciamo così, "realizzati", anche perchè non servirebbe ad uno di questi confrontarsi con alcunchè (ma non è detto il contrario, se lo si fa liberamente e o perchè ci si offre quando qualcuno chiede); è piuttosto un luogo che dovrebbe essere utile, principalmente, tra ricercatori del "vero", ossia tra noi stessi:
come e cosa vediamo (testimonianza), ma anche, se capita, cosa opiniamo (preferibilmente consapevoli di farlo) basandoci, come dici tu, sulla mente discorsiva.
Dunque: chiedere a chi può risponderci o chi preferiamo, confrontarsi, rispondere a chi chiede per quello che sappiamo o riconosciamo di sapere, ma anche, opinare sapendo di farlo..
insomma... anche sbagliare in buona fede, perchè questo fa parte del gioco: fallire, errare..vederlo per tentare di non ricaderci più..no?

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Re: Il dialogo dIstruzione

Messaggio da NowHere » 06/12/2016, 12:01

Pienamente d'accordo :)

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Re: Il dialogo dIstruzione

Messaggio da cannaminor » 06/12/2016, 13:40

NowHere ha scritto: Credo che sul Sentiero possa capitare che determinate parole lette possano farci vibrare come un diapason che risuona alla stessa frequenza di quelle parole, che appunto fungano da "sorgente" che viene emessa; quindi risulta naturale volerle condividere con gli altri.
Sì certo capisco la buona volontà e le buone intenzioni di chi, trovate delle parole che gli risuonano particolarmente, non veda l'ora di condividerle con altri ricercatori, dando per scontato che se hanno risuonato a lui magari possano farlo altrettanto col suo prossimo, con beneficio di tutti quindi.

Il meccanismo mi è perfettaemnte chiaro e più volte ne ho fatto uso io stesso, quindi non mi stai dicendo qualcosa di nuovo, è tutto vero, quello che stai dicendo; ciò che dicevo io era in aggiunta, in più, se vogliamo, un passo ulteriore dopo quello descritto.
NowHere ha scritto: E' chiaro che sono totalmente d'accordo con te quando dici che ci deve essere anche la "farina" del nostro sacco, ma se l'ispirazione non viene può essere meno proficuo postare riflessioni basate sulla mente discorsiva. I "bei post" non si "inventano", fluiscono naturalmente.
Vedi dicendo quanto sopra tiri in ballo nel discorso il giudizio, quello proprio e quello altrui. Delle riflessioni che si postano nessuno sa, a cominciare da chi le posta, fino a che punto sono "mente discorsiva" e quanto invece "Intuizione e ispirazione", e dove inizia l'uno e finisce l'altro. Nessuno lo sa e in un certo senso nemmeno interessa saperlo, non è questo che interessa di quanto si sta dicendo, non è questo in giudizio, non c'è e non ci dovrebbe essere alcun giudizio in tal senso. Io, e parlo quindi e ovviamente per me, non scrivo qui sopra, se e quando lo faccio, per e con l'intento di scrivere dei "bei post", quindi soggetti al giudizio altrui quanto a "bellezza" "ispirazione", "intuito" e "risonanza diapasonica", no, nulla di tutto ciò; scrivo solo per dare voce a ciò che in un dato momento penso e sono, o sono e pensso a seconda dell'ordine che gli si vuol dare.

Mi piacerebbe poter dire in piena coscienza e consapevolezza che parlo col cuore e dal cuore, ma non posso farlo, in tutta onestà, ancora vi sono molte parti di me (legione) che parlano e chiedono voce, e spesso la ottengono, quindi non posso dirlo, ma almeno posso dire che ci provo, che ci tendo, pur nei limiti e negli errori e nelle cadute che ciò può comportare.

Limiti, cadute ed errori che mi appartengono (almeno al momento) tanto quanto i voli pindarici e ispirati, se mai ce ne sono. Non solo mi appartengono ma mi descrivono per ciò che sono ora e adesso. E questa è testimonianza di me e nient'altro. Vedi c'è un tread iniziato in cui si parlava della testimonianza, in cui si è cercato un confronto sul tema e termine testimonianza: per come la vedo "io", testimonianza non è testimoniare solo ed unicamente le vette, le cime, le assolute risonanze del cuore, alle quali tutti vibrani all'unisono, no, non è solo quello è testimoniare anche gli inferi, le cadute, i limiti che ancora si vivono.

Diceva Fedro nel suo post, qui non siamo realizzati, non è un forum un club per realizzati, la tessera di ingresso non prevede i "grandi misteri" e nemmeno i piccoli, prevede anche se non lo esclude quanto prima, che chi si presenti qui sia un aspirante, un cercatore, colui che cerca ma che ancora non ha trovato, e sa è consapevole ancora di non aver trovato, di non essere.

Quindi se ci si testimonia, ci si testimonia per ciò che si è, non per ciò che vorremmo essere, aspiriamo ad essere ma ancora in tutta onestà e franchezza ancora non siamo. Se poi tra noi ci sia un qualche realizzato ben venga, sia la presenza che l'outing di esserlo, sono tutto orecchi anzi tutto occhi, visto che ho davanti a me un monitor. Non ho mica nulla contro i realizzati, anzi sono una benedizione del cielo, ma tra aspiranti è meglio guardarsi in faccia per ciò che siamo, aspiranti appunto e testimoniarci in verità e onestà per ciò che siamo, piuttosto che per ciò che vorremmo e desideriamo essere (ma che ancora non siamo).
NowHere ha scritto: Per quanto riguarda "l'analisi logica" sui post degli altri, beh, secondo me questa attività dovrebbe essere la prova che si è ancora ancorati al giudizio, da un lato e dall'altro: cioè al bisogno di infliggerlo (a causa delle proprie frustrazioni) e alla paura di riceverlo.
Infatti, il giudizio dovrebbe essere fuori e posto fuori dal gioco, se non si è capaci di farlo, nè per sè nè per il prossimo, allora forse è meglio non parteciparne del gioco e stare a guardare. Inutile vestirsi delle parole di un altro, per belle e profonde che siano, se non ci appartengono e non sono nostre al 100%. C'è un detto che dice non essere l'abito a fare il monaco, si potrebbe forse anche aggiungere che nemmeno le parole scritte nella bibbia e da li lette e declamate ne fanno altrettanto un monaco, per quanto sante e risonanti.

Il mio in fondo voleva solo essere un invito ad essere se stessi, a esprimere, porgere, testimoniare se stessi, pur nei limiti che ancora ci costringono. Limiti che vorrei ripetere non sono e non debbono essere oggetto di giudizio, non fosse altro che per il fatto che vengono prima, precedono il giudizio, e quindi sono più prossimi alla fonte che non il giudizio stesso che invece ne segue.

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Re: Il dialogo dIstruzione

Messaggio da NowHere » 06/12/2016, 14:02

Grazie.

cielo
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Re: Il dialogo dIstruzione

Messaggio da cielo » 06/12/2016, 16:37

cannaminor ha scritto:
NowHere ha scritto:Grazie Cielo, spunto profondo.
Spunto di riflessione? magari ne potevi condividere un paio, con noi tutti, di queste riflessioni sullo "spunto profondo", che dici?

Lo dico anche a Cielo. E aggiungo un'ulteriore riflessione a carattere più generale che suona più come una domanda e mi chiedo, vi chiedo, ma quale il senso di postare delle parole altrui, per profonde che siano, se poi non ci si aggiunge nulla di nostro, un nostro commento, una nostra riflessione, un nostro contradittorio anche, qualsiasi cosa, ma che sia nostro con le nostre parole.
Eccomi qua, con la fronte cosparsa di cenere.
In effetti, condivido la necessità di testimoniare insieme a un brano ispirante, anche una testimonianza propria che veicoli il perchè si è deciso di postare un brano altrui in un consesso pubblico. Nel caso specifico ho pubblicato un brano che prima non era mai stato pubblico, essendo tratto da un forum interno dei Pitagorici, forum ormai spento e sul quale alcuni di noi operano per recuperare brani da condividere su questo nuovo luogo.
Fin da bambina ho avuto una vera passione nel frugare in cantine e soffitte per scoprire oggetti dimenticati e vecchie scartoffie.
Dunque perdonate la mancanza di commenti personali, tenendo conto che se posto un brano è perché lo ritengo interessante e degno di ampia condivisione.

Riguardo alla mia testimonianza sul brano di Premadharma, direi che ho trattenuto dove dice che un dialogo necessita la presenza e questa è distruttiva per l'io. Ora sto riflettendo su che cosa si intenda per "presenza".
Mi verrebbe da dire che è richiesta un'apertura equanime alle idee altrui e la capacità di osservare le proprie che solitamente sorgono a fronte di idee altrui che non comprendiamo o ci paiono in contrasto, in contrapposizione, con le nostre. Un giudizio e un confronto inevitabili che però, secondo me, non dovrebbero alterare lo stato di coscienza del lettore - partecipante al dialogo, nè indurre a voler convincere l'altro, rinforzando la contrapposizione, e neppure a non dire nulla per paura di una reazione che potrebbe anche mostrarci la nostra ottusità o scarsa chiarezza espositiva o pallosaggine. In un dialogo dIstruzione siamo tutti sulla stessa barca a remare.

I sassi lanciati nel lago creano increspature ed onde, ma il lago presto torna uno specchio immobile e placido.
Altra cosa che mi ricordo di quel brano di PD è dove dice che un dialogo dIstruzione, dunque teso alla Pura Realtà dei partecipanti equivale all'atmavicara, l'indagine sull'essenza e che l''atmavicara a parole è bellissima. Nella pratica è devastante.
Sono più le volte in cui non mi piaccio di quelle in cui mi piaccio e questo vale anche per lo scrivere.
Scrivere di getto è importante perchè non si mediano i contenuti che sorgono "sfregando" contro le idee e gli stimoli altrui, ma nello stesso tempo c'è bisogno di imparare a diventare responsabili del proprio dire, come delle proprie azioni e pure pensieri. Evitare di fare danni urtando la sensibilità altrui, anche se a volte accadono effetti che non avevamo minimamente considerato. In proposito sono stata spesso tacciata di eccessiva diplomazia e sdolcinata tolleranza. Pazienza, se c'è qualcuno perfetto e immoto come un lago scagli pure la prossima pietra.
La famosa coerenza tra pensiero, parola ed azione? Un'indagine interiore condotta spietatamente evidenzia che la suddetta coerenza solitamente non c'è, difatti capita spesso che sui forum si sia in un modo e "dal vero" in un altro (dal vero ad esempio cielo è perfida molto più che sul web).

L'atmavicara è devastante? Sì, per me lo è, però serve. Scandagliando me stessa e vedendo le mille valenze e significazioni di ciò che credo di essere, faccio spesso crack e dopo mi sento decisamente meglio. Libera.
Meglio bruciare le stoppie in modo che il campo sia ripulito.

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Re: Il dialogo dIstruzione

Messaggio da latriplice » 20/12/2016, 0:45

Cannaminor ha scritto:

...testimonianza non è testimoniare solo ed unicamente le vette, le cime, le assolute risonanze del cuore, alle quali tutti vibrano all'unisono, no, non è solo quello è testimoniare anche gli inferi, le cadute, i limiti che ancora si vivono.
C'è anche la possibilità di assumere la posizione dell'Osservatore impersonale e rendere testimonianza oggettiva dei fatti. Ovviamente occorre porsi dalla giusta distanza focale per poter osservare chiaramente senza l'intromissione del frastuono subconscio.


Testimoniare: 1) Fare testimonianza, attestare o affermare come testimone, per propria diretta conoscenza.
2) Provare, dimostrare; attestare, documentare.
Cannaminor ha scritto:

Quindi se ci si testimonia, ci si testimonia per ciò che si è, non per ciò che vorremmo essere, aspiriamo ad essere ma ancora in tutta onestà e franchezza ancora non siamo.
Come è possibile testimoniarsi per ciò che si è, se per definizione la testimonianza avviene in presenza di un soggetto osservante separato dall'oggetto osservato, sia esso cosa, persona, situazione o evento?
Cannaminor ha scritto:

Mi piacerebbe poter dire in piena coscienza e consapevolezza che parlo col cuore e dal cuore, ma non posso farlo, in tutta onestà, ancora vi sono molte parti di me (legione) che parlano e chiedono voce, e spesso la ottengono, quindi non posso dirlo, ma almeno posso dire che ci provo, che ci tendo, pur nei limiti e negli errori e nelle cadute che ciò può comportare.

Se tu parlassi dalla piena coscienza e consapevolezza sapresti distinguere l'osservatore dal prodotto osservato e sciogliere quella confusione d'identità che ti impedisce una visione univoca. Riferendoti a te stesso in quanto oggetto di osservazione affermi che ci si testimonia per ciò che si è, e ora si scopre che quel dato di osservazione è composto da innumerevoli voci in opposizione.

Si continua a mantenere la posa del cercatore finché non è chiaro da quale parte della barricata stare.

E gli domandò: «Come ti chiami?». «Mi chiamo Legione, gli rispose, perché siamo in molti» Marco 5, 9

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Re: Il dialogo dIstruzione

Messaggio da cannaminor » 20/12/2016, 13:01

latriplice ha scritto:
Cannaminor ha scritto:

...testimonianza non è testimoniare solo ed unicamente le vette, le cime, le assolute risonanze del cuore, alle quali tutti vibrano all'unisono, no, non è solo quello è testimoniare anche gli inferi, le cadute, i limiti che ancora si vivono.
C'è anche la possibilità di assumere la posizione dell'Osservatore impersonale e rendere testimonianza oggettiva dei fatti. Ovviamente occorre porsi dalla giusta distanza focale per poter osservare chiaramente senza l'intromissione del frastuono subconscio.
Sì è una possibilità, cui in molti anelano e pochi sono, e quindi mi domando; per tutti coloro che non possono ancora cogliere ed essere questa possibilità, che devono fare: possono anche loro testimoniare (testimoniar-si) oppure a loro è preclusa tale opzione inquanto valida e possibile solo per l'Osservatori impersonali etc, etc?
latriplice ha scritto: Testimoniare: 1) Fare testimonianza, attestare o affermare come testimone, per propria diretta conoscenza.
2) Provare, dimostrare; attestare, documentare.
Cannaminor ha scritto:

Quindi se ci si testimonia, ci si testimonia per ciò che si è, non per ciò che vorremmo essere, aspiriamo ad essere ma ancora in tutta onestà e franchezza ancora non siamo.
Come è possibile testimoniarsi per ciò che si è, se per definizione la testimonianza avviene in presenza di un soggetto osservante separato dall'oggetto osservato, sia esso cosa, persona, situazione o evento?
Stiamo parlando di testimoniarsi, riflessivo, di dare e portare testimonianza di sè, qualunque cosa quel "sè" sia. Che poi questa testonianza si ottenga per il tramite di un soggetto osservante che osserva un oggetto osservato, capisco che possa suonare come l'occhio che vuole vedere se stesso, eppure credo sia nell'esperienza di tutti noi la capacità di osservarci e vederci (in qualche misura almeno).
latriplice ha scritto:
Cannaminor ha scritto:

Mi piacerebbe poter dire in piena coscienza e consapevolezza che parlo col cuore e dal cuore, ma non posso farlo, in tutta onestà, ancora vi sono molte parti di me (legione) che parlano e chiedono voce, e spesso la ottengono, quindi non posso dirlo, ma almeno posso dire che ci provo, che ci tendo, pur nei limiti e negli errori e nelle cadute che ciò può comportare.
Se tu parlassi dalla piena coscienza e consapevolezza sapresti distinguere l'osservatore dal prodotto osservato e sciogliere quella confusione d'identità che ti impedisce una visione univoca. Riferendoti a te stesso in quanto oggetto di osservazione affermi che ci si testimonia per ciò che si è, e ora si scopre che quel dato di osservazione è composto da innumerevoli voci in opposizione.
Se "io" parlassi dalla "piena coscienza e consapevolezza" sarei un realizzato, un illuminato, un liberato in vita, cosa che come già detto non sono.
Vedi la mia domanda è molto semplice; posto che io non sono e non vivo tale condizione (della piena coscienza e consapevolezza...etc) posso ciò non di meno testimoniarmi per ciò che sono, qualunque cosa quel "ciò che sono" sia e implichi? Oppure non posso farlo e solo i "realizzati" possono?
latriplice ha scritto: Si continua a mantenere la posa del cercatore finché non è chiaro da quale parte della barricata stare.

E gli domandò: «Come ti chiami?». «Mi chiamo Legione, gli rispose, perché siamo in molti» Marco 5, 9
Non è una posa, non è voluta e scelta, è semplicemente la mia condizione attuale. So di non essere (piena coscienza e consapevolezza) e pertanto non posso certo parlare da quella posizione-condizione, ma almeno di questa ignoranza di me posso darne testimonianza, dargli voce, persino voci secondo l'accezione di "legione", perchè in effetti sono più voci, talvolta persino discordanti tra di loro, in contrasto e conflitto, per questo che legione ci calza bene come termine descrittivo di mè.

La domanda che ti pongo è molto semplice; può, chi non è ancora piena e totale coscienza e consapevolezza (come pare di capire invece tu sia) dare e portare testimonianza di sè? Può farlo oppure ciò gli è precluso e impedito da qualcosa? Mi ripeto, con tutti i limiti, sovrapposizioni e distorsioni che quel "sè" comporta.

latriplice
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Re: Il dialogo dIstruzione

Messaggio da latriplice » 20/12/2016, 14:13

Vedi la mia domanda è molto semplice; posto che io non sono e non vivo tale condizione (della piena coscienza e consapevolezza...etc) posso ciò non di meno testimoniarmi per ciò che sono, qualunque cosa quel "ciò che sono" sia e implichi? Oppure non posso farlo e solo i "realizzati" possono?
Dici: "...posto che io non sono (la piena coscienza e consapevolezza)...", non capisco, perché poni tali condizioni? C'è qualche forma di testimonianza che ti è preclusa? Dei tre stati esistenziali di veglia, sogno e sonno profondo e dei loro relativi contenuti, qualcosa ti sfugge? Inoltre la testimonianza non è qualcosa che "si fa", ma accade spontaneamente come nello stato onirico, che senza deciderlo, sei testimone dell'evento. In altre parole sei testimone di ciò che appare alla tua sfera coscienziale perché non puoi fare a meno di esserlo, realizzato o meno che tu sia. Pertanto la tua successiva considerazione "...non vivo tale condizione..(consapevolezza)" è quella plausibile.

Non è una posa, non è voluta e scelta, è semplicemente la mia condizione attuale. So di non essere (piena coscienza e consapevolezza) e pertanto non posso certo parlare da quella posizione-condizione, ma almeno di questa ignoranza di me posso darne testimonianza, dargli voce, persino voci secondo l'accezione di "legione", perchè in effetti sono più voci, talvolta persino discordanti tra di loro, in contrasto e conflitto, per questo che legione ci calza bene come termine descrittivo di mè.
Come è possibile che tu possa rendere testimonianza all'ignoranza che è presente come la conoscenza al livello dell'intelletto, se tu non sei questa consapevolezza che è a priori di tale intelletto (anche se attraverso dei contorsionismi concettuali stai negando di esserla)? A parte i contenuti che stai esponendo a sostegno della tua ignoranza, che non sei e vivi tale condizione, qui entrano in gioco aspetti puramente meccanici: per quanto tu ne sia affezionato, non sei la persona che credi di essere, appunto perché tale oggetto è un'apparizione nella coscienza che tu sei che ha vita intermittente. Non è soltanto una questione meccanica ma anche logica: tu sei altro da ciò che conosci.
La domanda che ti pongo è molto semplice; può, chi non è ancora piena e totale coscienza e consapevolezza (come pare di capire invece tu sia) dare e portare testimonianza di sè? Può farlo oppure ciò gli è precluso e impedito da qualcosa? Mi ripeto, con tutti i limiti, sovrapposizioni e distorsioni che quel "sè" comporta.
E chi non lo fa? Chiunque al mondo porta testimonianza di sé, in quanto entità inadeguata, limitata e carente: sono il tal dei tali, sono nato qua, questi sono i miei genitori, sono cattolico, comunista, vegano, povero, depresso, animalista e ho avuto queste esperienze e un giorno morirò baracca burattini e buonasera.
Come vedi non è una ignoranza di cui andare fieri, spacciandola, specialmente in contesti realizzativi, come onestà intellettuale.

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cannaminor
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Re: Il dialogo dIstruzione

Messaggio da cannaminor » 20/12/2016, 17:29

latriplice ha scritto:In altre parole sei testimone di ciò che appare alla tua sfera coscienziale perché non puoi fare a meno di esserlo, realizzato o meno che tu sia. Pertanto la tua successiva considerazione "...non vivo tale condizione..(consapevolezza)" è quella plausibile.
Ripartiamo da qui; sì sono testimone di ciò che appare (aggiungerei anche accade) nella mia sfera coscienziale (realizzato o meno che io sia).
Perfetto, concordo.
Da cui ne segue che se testimone è quello di prima, testimonianza è vogliamo dire descrivere, dare voce, verbalizzare, comunicare, disegnare, ciò che appunto "appare" nella mia sfera coscienziale. Questo si può fare no? Posso testimoniare ciò che vedo nella mia sfera coscienziale?
Posso starmene zitto e muto e tenermelo per me (la testimonianza) oppure posso anche decidere (per qualsivoglia motivo) di condividerla col mio prossimo, con i miei fratelli e sorelle di cammino, sempre la cui di sopra visione della mia sfera coscienziale, alias mia coscienza.
latriplice ha scritto: Come è possibile che tu possa rendere testimonianza all'ignoranza che è presente come la conoscenza al livello dell'intelletto, se tu non sei questa consapevolezza che è a priori di tale intelletto (anche se attraverso dei contorsionismi concettuali stai negando di esserla)? A parte i contenuti che stai esponendo a sostegno della tua ignoranza, che non sei e vivi tale condizione, qui entrano in gioco aspetti puramente meccanici: per quanto tu ne sia affezionato, non sei la persona che credi di essere, appunto perché tale oggetto è un'apparizione nella coscienza che tu sei che ha vita intermittente. Non è soltanto una questione meccanica ma anche logica: tu sei altro da ciò che conosci.
Capisco il discorso che poni del testimone-consapevolezza, ma io non sto parlando di questo, la testimonianza non riguarda il testimone-consapevolezza che la vede nella sfera coscienziale, la testimonianza riguarda solo la visione (di sè), il quadro che appare nella sfera coscienziale. Non entro e non voglio entare nel merito del testimone-consapevolezza che la vede, ma solo della visione vista, e di cui a vari gradi e misure ci identifichiamo con. Se poi uno non ci si identifica mai, ne è sempre fuori e mai aderente in alcun modo ed alcun piano esistenziale, buon per lui, vorrà dire che testimonierà la pura coscienza che è e che vede (di sè).
latriplice ha scritto: E chi non lo fa? Chiunque al mondo porta testimonianza di sé, in quanto entità inadeguata, limitata e carente: sono il tal dei tali, sono nato qua, questi sono i miei genitori, sono cattolico, comunista, vegano, povero, depresso, animalista e ho avuto queste esperienze e un giorno morirò baracca burattini e buonasera.
Sì, il "sono questo e quello" di solito è lo standard umano medio. Questa è l'umanità e questo l'uomo, solitamente.
latriplice ha scritto: Come vedi non è una ignoranza di cui andare fieri, spacciandola, specialmente in contesti realizzativi, come onestà intellettuale.
fieri? entriamo nei reami del giudizio, ed io lo avrei evitato possibilmente. Non è spero il giudizio ed il giudicare il metro da usare nel leggere una testimonianza. Volevo sperare che uno la leggesse per quello che è, un dono di sè, della propria visione coscienziale di sè al prossimo. Poi se uno si crede Napoleone, il problema purtroppo è e resta tutto suo, difficile intervenire e dialogare con chi ha di queste credenze radicate nell'animo. Sopratutto se non ha quel minimo di distanza focale (di cui parlavi) da permettergli vederle lui stesso essere delle credenze di sè.

Per tornare terra a terra, il matto che si crede convintamente Napoleone, da un punto di vista dell' "onestà intellettuale" è perfettamente onesto. Lui ci crede convintamente e ciecamente di esserlo, peccato che non lo sia.
Se di onestà intellettuale vogliamo parlare e inserirla nel discorso, per me onestà Intellettuale ma anche spirituale direi, è dire ciò che si prova e si vede di sè, nella nostra convinzione di ciò, quindi anche il matto che si dichiara essere Napoleone, è a tutti gli effetti onesto e sincero in ciò che dice e testimonia di sè.

Io, individualità e singolarità testimonio il mio limite, il mio essere spesso e mal-volentieri (a posteriori) questo e quello. Perchè dovrei negarlo, perchè dovrei dire di non esserlo mai ed essere invece sempre e stabilmente fermo nella consapevolezza e coscienza di me, se questo non è vero per me, per la mia testimonianza e cuore?

Non posso dire fermamente e stabilmente di non essere Napoleone, ma nemmeno posso dire di esserlo con pari fermezza e stabilità; quello che posso dire è che occasionalmente sono napoleone ed altre volte no, e oscillo tra queste due condizioni coscienziali di me, e per tali le descrivo e testimonio.

A me sembra intellettualmente onesto dirlo e dichiararlo di me, poi non so se per altri lo sia o meno. Ancor meno lo so se questo (il forum) sia da intendersi un contesto realizzativo. Quel poco che sò e che mi è stato detto in tali contesti, è che si parte, per qualsiasi viaggio e destinazione, da dove si è, dal punto esatto in cui uno "coscienzialmente" è. Quindi se sei e ti credi Napoleone non puoi che partire dalla condizione "Napoleone" se vuoi arrivare e giungere da qualche parte, cammino-sadhana permettendo.

Talvolta è difficile determinare la propria posizione e quindi così come certi psicologi dicono di scrivere sul diario i sogni della notte, viene utile persino catarchico alle volte descrivere il proprio vissuto coscienziale, ciò che vediamo di noi essere nella nostra stessa sfera coscienziale.
Una proposta di metodo, di pratica, intendendo la testimonianza, come una descrizione di ciò che appare nella nostra sfera coscienziale, ovviamente in riferimento a noi, non tanto a trump eletto negli usa o dell'ultimo camion sulla folla a berlino, per quanto tragico e coinvolgente sia il fatto.

Per me testimonianza ha quel significato e quel valore, di dare voce ad una visione della coscienza, della nostra coscienza, senza giudizi nè miei nè altri. Non è lì per essere giudicata ma solo per essere vista, tuttalpiù condivisa.

Poi certamente uno non è obbligato a testimoniarsi e nemmeno a leggere le testimonianze altrui se la cosa non gli dice nulla e non ha alcun significato per lui. Però mi rimane una domanda dalla tua ultima affermazione;
Come vedi non è una ignoranza di cui andare fieri, spacciandola, specialmente in contesti realizzativi, come onestà intellettuale.
Nei così detti contesti realizzativi quale il presente suppongo, cosa si spaccia (o si dovrebbe spacciare) invece che della propria ignoranza per onestà intellettuale?

Detto altrimenti un contesto realizzativo quale ri-suppongo il presente di cosa dovrebbe occuparsi e trattare per essere all'altezza del nome?

latriplice
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Re: Il dialogo dIstruzione

Messaggio da latriplice » 21/12/2016, 0:23

Cannaminor ha scritto:

Ripartiamo da qui; sì sono testimone di ciò che appare (aggiungerei anche accade) nella mia sfera coscienziale (realizzato o meno che io sia).
Perfetto, concordo.
Se per te è evidente tale tua affermazione non vedo che altro aggiungere. Solo che in seguito da quello che scrivi se ne deduce che non ne sei totalmente convinto.
Cannaminor ha scritto:

Capisco il discorso che poni del testimone-consapevolezza, ma io non sto parlando di questo, la testimonianza non riguarda il testimone-consapevolezza che la vede nella sfera coscienziale, la testimonianza riguarda solo la visione (di sè), il quadro che appare nella sfera coscienziale. Non entro e non voglio entare nel merito del testimone-consapevolezza che la vede, ma solo della visione vista, e di cui a vari gradi e misure ci identifichiamo con. Se poi uno non ci si identifica mai, ne è sempre fuori e mai aderente in alcun modo ed alcun piano esistenziale, buon per lui, vorrà dire che testimonierà la pura coscienza che è e che vede (di sè).
Quando dici : "...ci identifichiamo con..." (della visione vista), intendi la consapevolezza testimone a cui attribuisci l'atto dell'identificazione? Sinceramente non vedo nessun'altro candidato dal momento che il corpo sottile (mente-intelletto-ego) è un'oggetto che appare all'interno di tale visione. Allora perché escluderla (la consapevolezza) impedendo la discriminazione tra ciò che è reale (perché è sempre presente) e ciò che appare essere (perché è intermittente)? Pertanto dovrebbe esserti chiaro che non c'è un soggetto cosciente individuale che testimonia la coscienza come se questa fosse un'oggetto di conoscenza. Questa è una confusione tipica dei cercatori spirituali quella di invertire i termini della relazione soggetto-oggetto in cui la consapevolezza-brahman diventa oggetto di realizzazione (maya è sempre all'opera qui). Pertanto il corpo sottile e le sue funzioni inerenti di mente-intelletto-ego, è una forma di materia appunto sottile non diversa da un qualunque oggetto inanimato e non può quindi testimoniare e decidere nulla.
Cannaminor ha scritto:

Per tornare terra a terra, il matto che si crede convintamente Napoleone, da un punto di vista dell' "onestà intellettuale" è perfettamente onesto. Lui ci crede convintamente e ciecamente di esserlo, peccato che non lo sia.
Se di onestà intellettuale vogliamo parlare e inserirla nel discorso, per me onestà Intellettuale ma anche spirituale direi, è dire ciò che si prova e si vede di sè, nella nostra convinzione di ciò, quindi anche il matto che si dichiara essere Napoleone, è a tutti gli effetti onesto e sincero in ciò che dice e testimonia di sè.
Si, torniamo terra a terra. Il fatto che tu sia l'ordinaria imperturbabile consapevolezza che non è mai nata e mai morirà non è una opzione tra cui scegliere o un motto di vita a cui aderire o meno. Lo sei per default. Pertanto non incorri nel rischio di prenderti per i fondelli e peccare di presunzione se lo pensi. L'unico peccato non è non esserlo, ma non saperlo, il che genera tutta una serie di fraintendimenti che si può riassumere nel termine sanscrito di samsara. Fare affidamento allo stato d'animo (guaina mentale-emozionale), cioè dire ciò che si "prova" per esprimere una valutazione su se stessi, puoi chiamarla onesta intellettuale ma che ha ben poco di spirituale. La mente non sa nulla di ciò che tu veramente sei.

anam

Re: Il dialogo dIstruzione

Messaggio da anam » 21/12/2016, 9:55

Il fatto che tu sia l'ordinaria imperturbabile consapevolezza che non è mai nata e mai morirà non è una opzione tra cui scegliere o un motto di vita a cui aderire o meno. Lo sei per default. Pertanto non incorri nel rischio di prenderti per i fondelli e peccare di presunzione se lo pensi. L'unico peccato non è non esserlo, ma non saperlo, il che genera tutta una serie di fraintendimenti che si può riassumere nel termine sanscrito di samsara. Fare affidamento allo stato d'animo (guaina mentale-emozionale), cioè dire ciò che si "prova" per esprimere una valutazione su se stessi, puoi chiamarla onesta intellettuale ma che ha ben poco di spirituale. La mente non sa nulla di ciò che tu veramente sei.
Lievemente contraddittorio questo asserto.
Prima scrivi che: "non incorri nel rischio di prenderti per i fondelli e peccare di presunzione se lo pensi" (tu sei Quello, immagino).
Poi chiudi rilevando che: "la mente non sa nulla di ciò che tu veramente sei".

Il fatto è che entrambi gli asserti (bella ve' questa parola, l'ho scoperta stamattina :) ) sono veri, ma sono pure in contraddizione fra loro.
Se è vero che la mente non sa nulla di ciò che tu veramente sei, ed è pur vero che non si pecca di presunzione pensandolo, a che serve pensarlo se la mente non ne sa nulla?

In realtà, pensandolo, sto compiendo un'azione (mentale) perfettamente inutile e anche dannosa in quanto comunque produttiva di karma.

Il sole c'è sempre, a prescindere dal fatto che si abbiano gli occhi aperti o chiusi, ma se i miei occhi sono chiusi il sole non c'è, per me, e non mi serve a niente pensare: il sole c'è, se non mi dò una mossa per vederlo.
In ogni caso, per vederlo, tocca aprire gli occhi e togliere le cispe che li ricoprono.
Mettiamo il caso che io apra gli occhi e per un momento veda il sole. Perfetto! L'ho visto, ho avuto l'esperienza dell'esistenza del sole, del suo calore, della sua luce, del suo mirabile splendore.
Poi però il desiderio di dormire un altro poco mi prende e il sole sparisce di nuovo.
Bell'affare! L'ho visto per un attimo, dopo aver fatto lo sforzo di aprire e pulire gli occhi, e già è sparito.
Vedere il sole anche solo per un attimo è bellissimo, ma - ahimè - si tratta di un barlume e nulla più.
Per continuare a vederlo dovrei restare sveglia e non lasciarmi trascinare dal desiderio di sonno, o da qualunque altro desiderio, benché infimo, se è per questo.
Finché ci sarà il sia pur minimo desiderio di qualcosa che non sia il sole, lo perderò di vista.
Tuttavia, pur se arrivassi a una condizione senza desiderio, potrei forse godere dell'ininterrotta visione del sole, ma non basterebbe ancora, perché manca la realizzazione per identità: io sono il Sole.

Insomma, latriplice, limitarsi a pensarlo è del tutto inutile, se non dannoso.
A proposito, come sei messo a desideri?

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