Le siddhi - riflessioni
Inviato: 11/11/2016, 9:44
D. Leggendo questo brano di Raphael mi pare di capire che i poteri (siddhi) possono dunque sopraggiungere anche se non siamo alla ricerca di essi. In tal caso come ci si comporta nell’ipotesi in cui ci si rende conto di avere (acquisito) un qualche potere (psichico)? Lo si ignora? Lo si osserva? Lo si usa?
R. Dipende da quale via stai percorrendo e dalla posizione coscienziale. Di prassi ciascuna dà le proprie indicazioni.
Solitamente se si contempla l'esistenza del Divino ed Esso è oggetto di adorazione, tali poteri vengono visti come espressione della Sua Volontà e usati solo secondo tale Volontà.
Se si è dediti ad un cammino di conoscenza interiore, vengono visti come un fastidio di cui liberarsi perché distraggono energie dal percorso. Nel campo dell'azione, la casistica è ampia.
D1. I cosiddetti poteri, che comunque l'uomo saggio non cerca, possono giungere però in conseguenza del conosci te stesso?
E tali poteri, sono secondo lei quelle virtù e qualità perdute, ma latenti in ogni uomo?
R. Alla prima domanda risponde il brano di Raphael, un po' anche alla seconda domanda.
Per chiarire, comunque, non c'è l'idea di qualità perdute, quando l'avrebbe perse l'uomo? E in questo caso chi è l'uomo? La razza umana? Il jiva?
Poi il concetto di virtù è diverso a seconda come viene considerata la via.
La maggioranza delle strade spirituali vede il cammino verso il Supremo come un percorso di spoliazione, non di vestizione. Pertanto le virtù si ottengono perdendo quelle connotazioni egoiche che sono il loro contrario.
Per darti una idea delle diverse visioni, Il Vangelo di Ramakrishna integrale è un ottimo libro, ma aiuta anche la Bhagavadgita nella traduzione di Raphael delle Edizioni Parmenides (già Asram Vidya).
Noi qui non ci proponiamo come istruttori, certi insegnamenti è meglio prenderli di prima mano, e le parole di certi esseri sono indubbiamente un ottimo approccio, per poi praticarle.
Premadharma, dialogo, tratto da forum pitagorico
R. Dipende da quale via stai percorrendo e dalla posizione coscienziale. Di prassi ciascuna dà le proprie indicazioni.
Solitamente se si contempla l'esistenza del Divino ed Esso è oggetto di adorazione, tali poteri vengono visti come espressione della Sua Volontà e usati solo secondo tale Volontà.
Se si è dediti ad un cammino di conoscenza interiore, vengono visti come un fastidio di cui liberarsi perché distraggono energie dal percorso. Nel campo dell'azione, la casistica è ampia.
D1. I cosiddetti poteri, che comunque l'uomo saggio non cerca, possono giungere però in conseguenza del conosci te stesso?
E tali poteri, sono secondo lei quelle virtù e qualità perdute, ma latenti in ogni uomo?
R. Alla prima domanda risponde il brano di Raphael, un po' anche alla seconda domanda.
Per chiarire, comunque, non c'è l'idea di qualità perdute, quando l'avrebbe perse l'uomo? E in questo caso chi è l'uomo? La razza umana? Il jiva?
Poi il concetto di virtù è diverso a seconda come viene considerata la via.
La maggioranza delle strade spirituali vede il cammino verso il Supremo come un percorso di spoliazione, non di vestizione. Pertanto le virtù si ottengono perdendo quelle connotazioni egoiche che sono il loro contrario.
Per darti una idea delle diverse visioni, Il Vangelo di Ramakrishna integrale è un ottimo libro, ma aiuta anche la Bhagavadgita nella traduzione di Raphael delle Edizioni Parmenides (già Asram Vidya).
Noi qui non ci proponiamo come istruttori, certi insegnamenti è meglio prenderli di prima mano, e le parole di certi esseri sono indubbiamente un ottimo approccio, per poi praticarle.
Premadharma, dialogo, tratto da forum pitagorico