I realizzati non seguono una particolare via. Semplicemente rinunciano alla dualità cessando di immaginarsi le cose. Per loro, la liberazione viene così ottenuta facilmente.
Sri Dattatreya
(Avadhuta Gita; 2.28)
Rinunciare alla dualità cessando di immaginarsi le cose. Fantastico, vibra nella sua essenziale verità.
Ieri sera, preparandomi, nella veglia nel letto, a dormire, sono stata testimone della mia mente come uno schermo immobile, sul quale non avevo più la forza di animare correnti di pensieri, "di farmi film", di immaginare. La scimmia non riusciva più a saltare da un ramo all'altro, ci provavo ma nulla si animava sullo schermo.
Contemplavo con un certo sgomento interiore quella pagina bianca mentale sulla quale non si formavano più sequenze di parole a formare pensieri tra loro connessi, ma neppure disconnessi. Nulla, una pagina bianca, senza memoria, senza alcunché da attenzionare.
La memoria non si formava. Non riuscivo a pensare. Un coagulo del mio io di "non realizzata" riusciva ancora a pensare di rimanere attenta a quell'esperienza di stasi della mente. Di stare nel presente, senza alcun sostegno-pensiero a cui aggrapparmi.
Lasciati cadere nel vuoto mi indicava Bodhananda.
Forse lo stress, fisico e mentale, forse la stanchezza di una giornata intensa senza spazi per un po' di ritiro nel silenzio, forse persino le immagini tv sulla giornata internazionale per i malati di alzheimer...ma la mente era una pagina bianca che non andava nè indietro nè avanti, e nessun personaggio tentassi di animare riusciva a prendere la scena.
Stavo nell'immoto e si stava benissimo. Un po' inquietante per l'io abituato a coagularsi continuamente per "essere nel divenire" col suo fardello di desideri e aspettative, bagagli da trascinare, trolley di ricordi.
Poi sono scivolata nel sonno e mi sono risvegliata serena.
Oggi che i pensieri per necessità riescono a formarsi osservo che la mente come una pagina bianca resta una possibilità, un "fare che è un non fare".
Non si rinuncia alla dualità e conseguentemente all'io e al tu, al soggetto e all'oggetto, come atto di volontà, non c'è un metodo (pur se ci sono vari mezzi da utilizzare, come per l'alpinista che vuole scalare una vetta), è una possibilità che accade.
Un percorso che non è un percorso, ma tutto da percorrere.
da quiQuando l'essere individuato, che percepisce solo il fenomenico, per intuizione, per conoscenza indiretta, accede all'informazione sul Reale e decide di perseguire la risoluzione dell'individuazione, è opportuno che mantenga ferma l'attenzione sulla percezione, perché quello è il presente fenomenico da "risolvere".
Un presente che comprende tutte le sfere percettive dell'ente, note e innote.
Qualsiasi tentativo di accedere, immaginare, percepire, definire, congetturare il Reale, è inutile, nonché impedisce la realizzazione del Reale stesso (...)
Bodhananda