Ci si immagina Quello, ma si continua a fluire come essente che indossa ruoli, o maschere, per recitare i vari film in visione sui multischermi della mente e che ne partecipa "anima e cuore".
Ritrovarsi quell'ātman onnipervadente, che contempla tutte le cose nel Sè e il Sè in tutte le cose, è un viaggio senza meta, svanita l'illusione mondana, avvincente e imprigionante per l'individuo che le soggiaccia alimentando desideri senza fine e in costante mutamento, ma anche opprimente per chi ne sia estenuato e cerchi rimedi al suo vagare. Si cerca il fuoco per bruciare le stoppie.
A seguire un paio di stralci di Premadharma sulle insidie insite nel percorso dell'aspirante alla visione non duale. Pensare o discorrere della Realtà unica non la rende presente rispetto a un passato in cui non c'era.
Si tratta pur sempre di visioni personali, irreali e transitorie.
Come descrivere quall'etere in cui può trovarsi o non-trovarsi qualunque vaso, sempre e comunque presente e reale?
Necessita un duro lavoro di conoscenza-consapevolezza del vaso e successiva frantumazione (e riciclaggio delle scorie).
Necessita la definitiva rimozione e dissoluzione dell'identificazione col vaso in modo che lo spazio racchiuso in esso si riveli identico a quello esterno e totale. E purtroppo raccontarsi le fiabe non aiuta granchè, come anche il prendere a martellate il vaso.
Premadharma
"Si afferma: "Questa è una realtà non duale".
Sì, se la si è realizzata. Altrimenti è una credenza. E l'opinione è data come mezzo di conoscenza se, e solo se, essa viene applicata nella propria sadhana, purché pronti a lasciarla cadere.
Nel momento stesso in cui usiamo tale affermazione fuori dalla sadhana, è semplicemente una inferenza, una credenza come tante, non diversa dal credere questo mondo reale, il Divino esistente, etc.
Tat tvam asi.
È di grande potenza sino a che è la nostra via. O quando un realizzato qualificato all'insegnamento ce la propone, sino ad allora è solo una chiacchiera come le tante contenute nelle scritture sacre del mondo, sino a quando un aspirante non le pratica, non le vive.
Sino a quel momento, ci è dato solo di testimoniare il nostro cammino, con le nostre parole, o forse con quelle sacre di un realizzato, attenti a non farle nostre, attenti a non usarle da ramazza in casa altrui.
Raccontare che i serpenti sono corde, va bene per colui che tende alla trascendenza, forse un po' meno per tutti coloro che hanno quattro o più bocche da sfamare; e ancor meno a bimbi che vivono in un mondo popolato di vipere.
È bene offrire una scala, spiegarne gli scalini e narrare cosa c'è in cima, se si è arrivati in cima. Altrimenti offriamo
la nostra testimonianza, intera, a chi chiede o cerca".
(...)
arcaico ha scritto:Lo stesso Samkara disse chiaramente:
"Brahma satyam, jagan mithya. Jivo brahmaiva naparah."
Che tradotto significa: Il Brahman è reale, il mondo è apparentemente reale (incluso l'individuo). Il jiva (pertanto) non è nient'altro che Brahman.
In altre parole lo è anche quando non sa di esserlo.
Ma è una verità difficile da accettare perché non corrisponde allo stato d'animo ricorrente (perché uno "onestamente" non se lo sente), allora ecco che la metafora del girino che perde la coda e diventa rana giunge propizia. [La rana si mostra quando il girino perde la coda].
Ed è giusto che sia così.
"Accettare quella realtà è come credere di essere un ingegnere e progettare un ponte... credere di essere un medico e aprire un ventre o un torace:
Un ingegnere o un medico non sono tali solo perché hanno studiato determinate materie, quelle si dimenticano... viene insegnato un metodo, un insieme di conoscenze che poi, nel tirocinio e nella pratica sotto altri ingegneri e medici che hanno ai loro tempi praticato sotto altri, permette di divenire realmente ingegneri e medici qualificati.
È veramente difficile "accettare", senza esserne influenzati. Anni fa, si era un gruppo di giovani presi dall'ardore per la Realtà Assoluta. Poi crescendo i più si sono sposati, alcuni hanno fatto figli... solo alcuni sono rimasti fermi sul cammino, pur con tutte le difficoltà del mondo. Oggi sono consapevoli che proprio perché questa apparenza è in realtà l'Assoluto stesso, essa va vissuta per come è, e [per come] si mostra.
Ogni tanto scappa la voglia di dire che tutto è apparenza e che i serpenti sono corde.
Poi ci si ricorda che anche noi sembriamo serpenti, viviamo da serpenti e dire ad altri serpenti che siamo corde, forse non aiuta.
Ma dirlo a noi stessi in quel momento, ci aiuta a tacere. Non sempre però.
Un sorriso".
Premadharma
[Brani tratti dal forum pitagorico]