Se dite: "Questo è il mio corpo", allora chi siete voi?
A chi vi riferite?
L'espressione "Questo è il mio corpo" significa che voi siete separati dal corpo e ugualmente quando dite: "Questa è la mia mente", allora anche la mente è disgiunta da voi.
Allo stesso modo se dite: "Questo è il mio intelletto (buddhi)", significate che la buddhi è separata da voi.
Cos'è questo "mio" in tutte queste espressioni?
Quel "mio" è l'"io", è ciò a cui Gesù Cristo si riferiva come "ego" e che deve essere reciso.
Questo è il significato vero della croce, l'ego, I [in inglese], viene tagliato.
Voi siete legati da "io e mio" e questo è il legame umano; se vi liberate da questi due vincoli, rimanete soltanto "voi".
Ora siete nel corpo, ma supponiamo che dobbiate lasciarlo domani: chi siete allora e dove siete? Non lo sapete!
Il corpo è come un vestito, un indumento; una volta che vi liberate dall'attaccamento a questo abito, la vostra natura reale si palesa.
La stessa verità è stata spiegata nella frase: "Voi non siete una persona, ma tre: chi pensate di essere, chi gli altri pensano che siate e chi siete veramente".
Chi siete veramente si riferisce alla vera natura dell'essere umano. Quando qualcuno vi chiede: "Chi sei?" voi rispondete: "Io sono il tal dei tali", dite il vostro nome, ma in realtà, quel nome vi è stato dato dai genitori al momento della nascita e non da Dio.
Supponete ora di chiedere a Dio: "Chi sei Tu?".
Egli risponderà: "Io sono Brahman (aham brahmāsmi*).
Ogni individuo dovrebbe ricordare a se stesso "Io sono Brahman, non ho nessun altro nome".
Se qualcuno vi chiede: "Qual è il tuo nome?", dovreste rispondere: "Il mio nome è Brahman".
Se siete costantemente coscienti della vostra natura reale, allora siete nell'ātma tattva, nella consapevolezza di essere l'ātma, non dovete contemplare nient'altro.
Quando incontrate un amico o un conoscente, salutatelo con un inchino che significa rendere omaggio alla Divinità immanente nell'individuo.
Quindi non date spazio al sentimento di "Io, io, io".
Tutti i corpi fisici sono come ruoli recitati in una commedia, sono mutevoli e il mondo è una commedia cosmica.
Dovreste ricordare sempre a voi stessi che state recitando il vostro ruolo nella commedia cosmica e che la vostra natura reale è quella di una Incarnazione del Sé divino (ātma svarupa).
Avete qualche dubbio in proposito? [Sai Baba si rivolge all'uditorio]
Se avete dei dubbi, vi sentirete confusi. Disgraziatamente, oggi non si conosce la propria natura reale e allora come si potrebbe sapere qualcosa su Dio?
Quindi, prima di tutto, prendete coscienza di voi stessi!
Chiedetevi: "Chi sono io? Chi sono io?" così porterete a manifestazione "Io sono io, io sono ātma", "Io sono io, io sono ātma", "Io sono io, io sono ātma".
Se dimenticate questo sé divino, ciò che rimane è vaneggiamento, incoscienza!
Dovete quindi diventare divini.
Rama, Krishna, Govinda, etc. sono soltanto riferimenti alla Divinità adottati nel gergo comune.
A un individuo ci si riferisce con nomi vari basati sulle relazioni a livello fisico.
Una persona ne parlerà dicendo: "Quello è mio genero", un'altra dirà: "Quello è mio figlio" e una terza affermerà: "E' mio fratello".
Ecco che così ci si lega mano a mano che le relazioni aumentano. Da dove sono emersi questi legami?
Li avete prodotti tutti voi.
Voi sposate una ragazza e dite "Questa è mia moglie", ma prima del matrimonio chi era lei? Non lo sapete.
Dopo vari anni, quando vostra moglie muore, voi continuate a non saperne niente, per cui non sapete chi fosse prima che la sposaste, né dove sia andata dopo il trapasso.
La relazione moglie-marito sussiste solamente per un periodo di tempo, ma chi è il marito e chi è la moglie quando uno dei due lascia il mondo?
Quindi non vi preoccupate del passato, il passato è passato; il futuro è incerto e voi non sapete nulla, non avete conoscenza del passato né del futuro, avete conoscenza soltanto del presente.
Vivete quindi nel presente che è l'unica realtà.
[Estratto, con revisioni, dal discorso di Sai Baba del 25 dicembre 2009, a Prashânti Nilayam]
*Aham brahmāsmi: Bṛhadāraṇyaka up., I, IV: 10)
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