Usa la parola "apprendere", quindi mi domando: "che cosa si può considerare appreso e cosa invece è soltanto un foglietto tenuto sul frigo con un magnete a promemoria di un impegno?"
Un'istruzione vera non diventa più vera se so chi l'ha data e in quale libro è reperibile, è vera se la incarno, se la so testimoniare nella sua veridicità con parole mie espressione del mio vissuto e la estrinseco in azioni dirette all'armonizzazione che fa star meglio me, in primis.
Ad esempio, Cannaminor ha postato un brano di Raphael tratto dalla via del fuoco, in cui la sintesi esposta l'ho trattenuta facilmente in memoria:
Non si può dare ciò che non si ha.
I più sperano di dare ciò che non hanno
I più sperano di dare senza possedere
Si desidera perché non si é.
Ci sono dei passaggi scritturali che diventano immediatamente nostri, come si li riconoscessimo interiormente, diversamente e oltre a quando, mentre si legge, ci si sente avvinti dalla lettura e si pensa: "certo che c'ha proprio ragione....è proprio come dice...capisco". Non basta capire sul momento, l'istruzione, viene detto, deve essere "realizzata".
Apprendere è qualcosa in più, anche perchè dopo aver letto certi libri, se arriva la maestra e ci dice di fare il riassunto, siamo inguaiati.
"Senti, per cortesia, mi riassumeresti in poche parole la Mundaka upanishad? Di cosa parla?"
Bella domanda...eppure sono anni che la prendo e la poso, la sottolineo e me la leggo con gusto mentre sorseggio un tè..
Oibò!
"Dunque, vediamo un po'...sono le karike (delle strofe brevi) di Gaudapada che era il maestro del maestro di Shankara che poi ha commentato pure lui le karika upanishadiche offerte da Gaudapada...".
Il libro, che fa parte dell'atharva veda (le upanishad sono istruzioni condensate dei Veda) indica la più alta visione metafisica e tratteggia la realizzazione advaita, per identità a - dvaita: non due... L'hanno trasmessa i rishi per orientare la coscienza dell'essere umano su se stessa e così trovare la verità ultima, l'Assoluto. L'Assoluto, Sè o Brahman, non si può comprendere, solo sperimentare, nel frattempo uno dovrebbe focalizzarsi sulla discriminazione e sul distacco dal relativo che viene percepito stando incarnati e capire che è impermanente, soggetto alla legge di causalità e al tempo-spazio in cui l'ente si trova a sperimentare la propria relatività. Anche noi siamo impermanenti in quanto corpo grossolano, la permanenza è solo una questione di anni fatti di giorni. Poi addio per sempre al nama rupa (nome e forma).
Fine riassunto. Non ho voglia di mettermi nei panni della maestra...
Questo per dire che l'apprensione di un'istruzione, al mio vedere, è certa solo dove si sia trasformata in una sintesi che la rende davvero nostra.
"Non si può dare ciò che non si ha" è del tutto evidente, così come è altrettanto evidente che tutti cerchiamo, ad esempio, di farci in quattro per aiutare un fratello in difficoltà, dandogli un sacco di parole condensate in consigli o in massime filosofiche, forse che in quel momento crediamo ancora di poter applicare una volontà al mondo per aiutarlo a girare meglio?
Io ci casco sempre, credo ancora possibile di poter applicare una volontà al mondo, quando invece l'unico compito che ho è quello di gestire me stessa in questo mondo, testimoniando ciò che sorge senza intoppi mentali e concettualizzazzioni. Un quadro dell'oggi, un'istantanea di ciò che è ora veicolato da queste mani che scrivono su una tastiera.
Non poi. Non oltre. Non altrove.
Ripropongo lo stralcio del brano di Bodhananda che ha suscitato queste riflessioni. Il brano completo è qui
Non è certo la concettualizzazione di un Principio o la comprensione mentale di un sutra o di una upanishad che risolve il continuo
divenire nell'individuazione.
Il sacro fuoco è una grazia, ma va usato per bruciare le individuazioni, non per mandare segnali di fuoco nella notte o di fumo nella luce...
Anche se abbiamo avuto la grazia di avere incontrato il più grande dei maestri, il migliore degli istruttori, il libro dei libri...
dovremo comunque fare i conti con noi stessi e con gli strumenti e le possibilità che abbiamo a disposizione...
...se non applichiamo alla nostra vita quanto apprendiamo, a cosa serve?
L'applicazione è il nostro quotidiano e non, come taluni possono credere, il cambiamento del mondo, la creazione di una nuova era, la
conversione dei pagani o gentili o infedeli.
La conoscenza, la grazia, l'amore, la devozione devono portarmi all'equilibrio in questa vita, "questa", non altre.
Non poi. Non oltre. Non altrove.
Se poi proprio rimangono tempo e forza, posso dedicarli ad aiutare chi chiede aiuto.
Ovviamente questo se non si ritiene di poter applicare una volontà al mondo.
Un sorriso
bo