".....Credo sia questo il discorso che nell'argomento "è solo un'occhiata" vi ha tenuti impegnati per tante pagine senza uscirne...."A-U-M ha scritto:
Ti ringrazio dell'indirizzo di quel video, ma purtroppo ho troppa difficoltà con l'inglese parlato.
Lo hai presentato però dicendo che esso si rivolge direttamente a me: a me chi? A me in quanto assoluto? Se a ciò seguisse un letterale dissolversi della forma-bambolina nell'infinito della mia assolutezza... che accadrebbe? E' proprio da lì che essa è sorta: cosa impedirà che ne salti fuori di nuovo una più o meno simile? Credo sia questo il discorso che nell'argomento "è solo un'occhiata" vi ha tenuti impegnati per tante pagine senza uscirne, e che forse si può capire senza tante parole comprendendo che quel "dissolversi" della bambolina non è una sparizione formale, ma solo un riconoscimento (che il sale della forma di bambola è lo stesso del sale del mare infinito), o, se vogliamo, una disidentificazione (del sale dalla semplice forma di bambolina). Se invece la forma sparisce davvero, letteralmente, formalmente, allora saremmo punto e d'accapo: in fondo, anche all'inizio non c'era nessuna bambolina (identificata alla propria forma e quindi ignorante della propria natura di sale), eppure è sorta...
Il protrarsi dell'argomentazione era dovuta alla tenacia ostinatezza perseverante di Kaara di indulgere nell'osservare da una prospettiva dualistica una questione che ha la sua ragione d'essere appunto da tale prospettiva, diversamente risolvibile se avesse preso in considerazione gli assunti del Vedanta che stabilisce la natura non-duale della realtà, che ho puntualmente già dalla prima pagina, fatto presente:
"...e che forse si può capire senza tante parole comprendendo che quel "dissolversi" della bambolina non è una sparizione formale, ma solo un riconoscimento (che il sale della forma di bambola è lo stesso del sale del mare infinito), o, se vogliamo, una disidentificazione (del sale dalla semplice forma di bambolina)..."Latriplice ha scritto:KaRaa ha scritto:
E' così strano pensare che tutto si ripeterà con altrettanta facilità?
E' così strano, quindi, pensare di porre i semi di una alternativa, ovvero che ci possa essere una CONCESSIONE AD UN COMPROMESSO?
4) Concessione ad un compromesso.
Per fare una analogia, il compromesso proposto (secondo me, più o meno esplicitamente, anche dai Maestri) è svegliarsi da questo sonno ishvarico, perdendo l'identificazione verso il jiva, ma...
...ma continuando ad immaginare, o al massimo a sognare lucidamente.
Nessun rischio di rimanere in questo sogno totalizzante, e neanche nessun rischio di nuovi addormentamenti totali dopo un eventuale risveglio totale.
L'ho spiegato bene, al di là che non si sia d'accordo? E, nel caso, in che modo non ci accordiamo? Voglio dire, l'iter Ishvara-mondo-jiva, con il Brahman quale unica "sostanza" di tale iter, è chiaro per entrambi. Forse neghi il fatto che la nostra condizione sia descrivibile come "Brahman addormentato"? Oppure neghi che sia possibile un nuovo addormentamento?
A quanto vedo stiamo esaminando la maya dalla prospettiva della maya pertanto è naturale che sorgano dei problemi semantici nel tentativo di inquadrarla razionalmente e trovare un compromesso sul suo significato. Della maya dispongo di questo dato: è irreale eppure è sperimentabile. Come è possibile che ciò avvenga? A meno che non prenda in considerazione quello che la tradizione afferma: la realtà è fondamentalmente non-duale.
Cosa significa? Che ogni e qualsiasi esperienza può essere solo il Sé che sperimenta il Sé. Quando per esempio mi lavo i denti, è il Sé (apparentemente) che spazzola il Sé. Dico "apparentemente" perché ogni esperienza è apparente, la collusione tra un apparente soggetto ed un apparente oggetto. Può essere solo apparente perché il Sé è coscienza non-duale e senza nascita e ogni cosa lo è ..... pertanto non c'è nulla in realtà che stia accadendo.
Lo so che come tesi non è intellettualmente soddisfacente, ma possiamo ovviare a questa impasse dicendo che c'è un unico principio che appare duale. In effetti le varie tradizioni indicano due principi coesistenti che sono alla base della dualità, ma questa distinzione è solo come dicevo, apparente:
Brahman e Maya, Zolfo e Mercurio, Ain Soph Aur e Kether.....in sostanza consapevolezza e mente che sono la fondamentale dualità.
Una è ciò che è, l'altra è ciò che appare essere. In altre parole una è la realtà, l'altra è una sua rappresentazione. Per esempio la più ardita rappresentazione della mente ad emulare la consapevolezza è il nivirkalpa samadhi, che per quanto sia considerato il più elevato raggiungimento spirituale, ciononostante è un oggetto della mente per quanto sottile. Può sembrare una castroneria, ma segui la logica. Una è la realtà e l'altra una sua rappresentazione, e visto che hai nominato la Qabbalah prendiamo l'Albero Sephirotico come modello.
L'Ain Soph è il nostro corrispondente del Brahman, l'assoluto, mentre Kether che racchiude le varie sephirot è sinonimo di maya.
La colonna centrale che collega kether a Malkuth indica vari stati di coscienza o per essere più precisi punti di vista o rappresentazioni sulla realtà Ain soph. Possiamo definirle anche "occhiate" che filtrano l'infinito in riferimento alla tua intuizione.
Malkuth è rappresentarsi in termini di corpo-istinto
Yesod è rappresentarsi in termini di ragione-sentimento
Typhereth è rappresentarsi in termini di coscienza universale non influenzata dal nome e limitata dalla forma
Daath è la presa di coscienza che tra l'essere ed il rappresentarsi corre l'abisso (moksha)
Kether è l'assenza di modificazioni o rappresentazioni mentali (nivirkalpa)
In conformità a "Si diventa ciò che si pensa", in Malkuth abbiamo l'Ain soph che intrattiene il punto di vista di un corpo governato dagli istinti, e la visione che si palesa sarà conforme a quel punto di vista e così via.
In altre parole vediamo la realtà per ciò che è attraverso i filtri della mente ed il risultato è una apparenza.
Tu in quanto Brahman stai osservando te stesso in quanto Brahman, ma non lo sai e vedi qualcos'altro. Maya appunto.
Questo è il succo dell'intera faccenda.
Ho forse detto qualcosa di diverso?
Il principio fondamentale del Vedanta è che la realtà è non-duale: c’è soltanto il Sé e nient’altro. Pertanto come è possibile che possa apparire una molteplicità di cose come il corpo sottile, il corpo grossolano, e così via inclusa la bambolina di sale? A causa dell’ignoranza. In altre parole, tramite l’incomprensione vedi innumerevoli oggetti differenti dove in verità c’è solo la coscienza non-duale ed informe, cioé quando ignori il Sé, prendi le apparenze dei vari oggetti come il corpo e la mente per reali sovrapponendoli al Sé e quindi identificandoti con tali sovrapposizioni. Il problema è che da questa prospettiva falsata la questione della maya-apparenza che è la conseguenza dell'ignoranza non può essere risolta finché persiste tale sovrapposizione. Pertanto l’ignoranza “causa” gli oggetti dal momento che fa apparire il Sé non-duale ad essere qualcosa diverso da ciò che realmente è. Nella fattispecie l’ignoranza è sinonimo del corpo causale ed il corpo causale è la causa della mente e del corpo. Dal momento che il corpo causale è la causa di tutto, esso stesso non ha una causa. Pertanto in questo senso è senza inizio, o più precisamente, incausato.
Pertanto l'ignoranza, in virtù dell'illimitatezza del Brahman, è una sua modalità vitale espressiva e condivide al pari del Brahman, l'eternità. Nel dire che l’ignoranza ha un inizio significa che aveva una non-esistenza precedente. Come può qualcosa che non esiste, come le corna di una lepre, venire mai in esistenza? Non è possibile, pertanto l’ignoranza deve sempre essere esistita. Inoltre, se l’ignoranza aveva una non-esistenza anteriore, che cosa doveva esserci al suo posto? Conoscenza. E se la conoscenza era già presente, l’ignoranza non poteva giungere in esistenza. Così per tutti questi motivi, l’ignoranza deve essere senza inizio e ce la dobbiamo tenere a meno che tu non prenda in considerazione la seguente ipotesi suggerito dal video. Anzi constatazioni evidenti se solo ti concedessi il lusso dell'auto-indagine:Latriplice ha scritto:KaaRa ha scritto:
Non c'è un motivo che possa impedire all'assoluto di far apparire in sé questo mondo.
Appunto perché Brahman è illimitato. Se ci fosse un limite verrebbe meno la sua natura illimitata. C'è chi vede l'oceano (Ishvara) e chi vede l'onda (Jiva). C'è chi va al di la delle apparenze e vede l'acqua (Brahman). E poi parafrasando Nisirgadatta: "Perché il Brahman si concede il lusso di questo mondo? Perché per il Brahman il mondo non esiste". Può bastarti questa di risposta.
QUATTRO MODI PER LA DISSOLUZIONE
1. Tu sei libero dal contatto con qualsiasi cosa. Pertanto, puro come sei, a che cosa vuoi rinunciare? Distruggi il complesso corporeo ed in questo modo entra nello stato di dissoluzione.
2. L'universo sorge da te come le onde sorgono dal mare. Così conosci il Sé nell'essere Uno ed in questo modo entra nello stato di dissoluzione.
3. L'universo, poiché è irreale, essendo manifestato come il serpente nella corda, non esiste in te che sei puro, sebbene sia presente ai sensi. Pertanto in questo modo entra nello stato di dissoluzione.
4. Tu sei perfetto e lo stesso in miseria e felicità, speranza e disperazione, e vita e morte. Pertanto in questo modo entra nello stato di dissoluzione.
Il primo verso è una constatazione, il distacco. Il distacco non è da realizzare o da praticare, ma riconoscere che è già presente. Il corpo e la mente e le relative esperienze sono oggetti che appaiono e scompaiono e per questo non sono in alcun modo legate a te, infinita consapevolezza eternamente presente.
A cui segue la seconda constatazione, l'unità. Il distacco non significa separazione poiché gli oggetti appaiono e scompaiono all'interno della tua sfera coscienziale, sancendo così l'unità di entrambi e l’amore universale che ne consegue.
A cui si giunge alla terza constatazione, la dissoluzione. Dal momento che tu non dipendi dagli oggetti per la tua esistenza mentre gli oggetti dipendono da te per la loro esistenza, essi non possono essere altro che te stesso portando così in dissoluzione l'universo che li contiene.
Il quarto verso è una conseguenza dell’aver constatato l’evidenza espressa nei versi precedenti.
"... Lo hai presentato però dicendo che esso si rivolge direttamente a me: a me chi? A me in quanto assoluto?..."
Esattamente, si rivolge a te in quanto assoluto, non alla sovrapposizione di cui si parlava in precedenza che impedirebbe il dissolvimento della tua ignoranza:
"...Il problema è che da questa prospettiva falsata la questione della maya-apparenza che è la conseguenza dell'ignoranza non può essere risolta finché persiste tale sovrapposizione..."
Cioè dalla prospettiva dell'individuo.
