Verrà estinta la vostra sete se inghiottite un po' di saliva?
Possiamo gonfiare lo stomaco trattenendo il respiro per un po'?
Possiamo ottenere del carbone bruciando poche ciocche di capelli?"
Pavitratmasvarupa (Incarnazioni del puro Atma)!
In questo paese di Bharat [l'India], da tempo immemorabile, molti saggi (maharishi) si adoperarono in diversi modi per comprendere il segreto dell'Atma.
L'azione (karma), la devozione (bhakti), la conoscenza (jnana) e lo yoga sono i quattro maggiori sistemi per la ricerca dell'Atma.
I sentieri dell'azione, della devozione e della conoscenza sono tali da poter essere seguiti anche dalla gente comune.
Ci sono altre vie, che si possono indicare con nomi diversi, quali meditazione (dhyana), preghiera ed adorazione costante (upasana) e rinuncia (thyaga), ma sono tutte comprese nella via dell'azione (karma).
La Via dello Yoga non è facilmente accessibile alla gente comune. Gli studiosi hanno spiegato la via dello yoga in vari modi e l'hanno divulgata in maniere diverse.
Alla maggior parte della gente è accessibile solo una conoscenza acquisita dai libri e manca un'esperienza effettiva.
Molti hanno seguito la via dello yoga tramite il distacco (vairagya) ed hanno sperimentato una certa felicità.
Ai giorni nostri, ci sono diverse persone che spiegano e insegnano i metodi dello yoga ma, in pratica, non sono riuscite in alcun modo a sperimentarne i risultati. Parlare è facile, ma è difficile mettere in pratica ciò che si dice. Cercheremo di capire se l'arduo sentiero dello yoga può essere seguito dalla gente normale.
Se si accettano e si seguono i sutra di Patanjali, lo yoga porta al controllo della mente (yoga cittavritti nirodha).
Sono mai esistite al mondo delle persone così elevate da poter controllare la propria mente?
Sì, tali persone esistono, ma non vivono normalmente tra la gente comune e in modo normale. Esse si interessano al loro Sé interiore, si preoccupano di sviluppare la visione interiore. Affermare che esistano persone, fra la gente comune, in grado di spiegare il vero significato dello yoga è dire il falso.
Coloro che vogliono veramente comprendere lo yoga devono distaccarsi da tutte le attività normali del mondo.
Lo yoga implica il concetto di confluenza fra la Divinità e i sacri aspetti dell'Atma.
Come il fiume perde il suo nome, la sua forma e il suo sapore quando entra nell'oceano, così anche l'essere umano che si unisce allo spirito atmico non ha più nulla da spartire col mondo.
Se gettiamo in mare una bambola di sale, possiamo recuperarla?
Sebbene questa bambola di sale provenga originariamente dall'oceano, una volta che torna in esso vi si fonde e vi si identifica.
In egual modo, per chi comprende a fondo il significato dello yoga, un'ulteriore opportunità di aver a che fare con i piaceri mondani (bhoga) non esisterà più.
I quattro involucri, cioè quelli del corpo fisico (annamaya Kosha), dell'energia vitale (pranamaya kosha), della mente empirica (manomaya kosha) e dell'intelletto (vijnanamaya kosha) sono tutti nati dall'involucro della Beatitudine (anandamaya kosha).
L'obiettivo principale di quest'ultimo involucro è la volontà o risoluzione (sankalpa). Tale volontà o risoluzione si fonde con l'Atma e viene racchiusa all'interno di esso, cioè la volontà perde tutta la sua manifestazione non appena si fonde con il Sé interiore o Atma.
Il mondo intero non è altro che una proiezione o un'immagine di questo sankalpa. Non è possibile per questo sankalpa invischiarsi nell'illusione osservando la propria immagine nel mondo materiale.
(Sai Baba, discorso del 4 gennaio 1977, dal Corso Estivo 1977, vedi Mother Sai n° 6/90)
Se osservo dal mio punto di vista vedo che le radici del karma possono essere molto profonde e che solo un lavoro sistematico di ripulitura del "campo", una disciplina che sappia stare nella via dell'azione e della pratica spirituale (upasana, secondo le indicazioni del maestro), ci conduce alla Conoscenza.
Non dimentichiamo però che la stessa Conoscenza non crea la liberazione, ma offre il mezzo per eliminare quegli impedimenti che si frappongono alla sua attuazione. Volare basso: ottimo consiglio ricevuto.
Patanjali, esponendo il raja yoga all'interno del darshana samkhya, pone il problema della Liberazione, ossia dell'affrancamento del purusha dal divenire della prakriti indicando un percorso che possiamo riassumere come articolato in tre passaggi:
*nel superamento dei tre guna (apparenze della prakriti: tempo-spazio-causa, il purusha incarnato non è soggetto a tempo-spazio-causa in quanto è libero nella sua condizione assoluta di Essere, ma può determinarsi, se lo vuole, lungo indefinite linee di espressione, trovandosi con un nome e una forma -namarupa- e dunque relativamente impigliato nella rete delle produzioni di prakriti, vestito di illusione)
*nella fruizione del karma rettificandolo e direzionandolo (lo vedo come la comprensione della tendenza a perpetuarsi del desiderio, in un susseguirsi di istanti percepiti con riferimento ad un io separato e che creano l'idea di continuità del "me" nell'assolutezza, stato che la mente non può perseguire o percepire fintanto che è attiva, volere afferrare l'atma come un oggetto percepito da "qualcuno", sarebbe come voler comprendere l'Eterno rimanendo intrappolati nel tempo)
*nella soluzione dei klesha, dissolti nello stato di kaivalya (isolamento del purusha dai condizionamenti di prakriti e conseguente liberazione dal ciclo di nascite e morti) dove sono cessati i samskara-vasana ed è dunque risolta l'avidya, anzi la mahavidya, l'ignoranza primordiale, quale primo fattore della produzione dei klesha che portano all'identificazione con ciò che non si è, alla caduta nel divenire dove tutto è contingente, aleatorio, incompiuto.
Per risolvere/dissolvere i klesha Patanjali spiega in modo approfondito il processo del karma evidenziando che:
12. La riserva del karma radicata nei klesha viene sperimentata nella vita visibile (presente) o invisibile (futura).
13. Sussistendo la radice (del karma) ci sarà la conseguente maturazione: nascita, durata della vita con le relative esperienze.
14. Esse (nascita, ecc.) comportano gioia o dolore secondo che la loro causa sia di merito o di demerito.
15. Per colui che discerne vi è soltanto conflitto-sofferenza a causa del cambiamento, del dolore, degli impulsi karmici, dell'opposizione creata dal funzionamento dei guna e dalle modificazioni della mente (vritti) (II pada)
22. Il karma può essere immediato o futuro. Praticando samyama o seguendo certi segni si ha la preveggenza della morte. (III pada)
7. L'azione (karma) dello yogi non è nè bianca nè nera, mentre è triplice negli altri" (IV pada)
Essendo noi "altri", non yogi liberi dal karma in quanto hanno trasceso il klesha "asmita" (egoismo) e non agiscono più per i frutti dell'azione avendo superato desiderio, volontà ed intenzione, non ci resta che affrontare il triplice karma (positivo, negativo, misto) lavorando per neutralizzarlo.
In primis occorre tenere conto che la qualità del karma è determinata dal tipo di samshkara in quanto l'effetto è della natura della causa.
La causa del karma non muore fino a quando non viene risolta e si estende oltre l'attuale incarnazione. Il riso che stiamo seminando lo mangeremo fra un po' , e quello nel deposito dovrà essere consumato prima o poi, come quello che abbiamo nel piatto ora e che ci dobbiamo mangiare, volente o nolente.
9. Essendoci identificazione tra memoria e impressioni (vasana) si crea una consecutività [di queste] anche quando siano separate per classe, luogo e tempo. (IV pada)
Mi ha colpito dove Raphael, nel commento, spiega che in una specifica incarnazione di un "riflesso di coscienza" (jiva) possono maturare solo determinati semi in quanto se dovesse scendere tutto il residuo del karma, l'individualità ne sarebbe completamente annientata. Come dire che se mi dovessi mangiare tutto il riso del deposito in questa vita mi scoppierebbe la pancia...già ho difficoltà a digerire quello che ho nel piatto, ora.
Ricordiamo che il karma è di tre specie:
*il samcita karma è quello accumulato nel passato, ma non ancora giunto a maturazione, non attuato (può essere risolto con la realizzazione)
*l'agami karma è quello che deriva dalle azioni che compiremo vivendo e che darà i suoi frutti nel futuro (può essere risolto con la realizzazione)
*il prarabha è il karma ormai maturo che è impossibile neutralizzare (come l'aver preso un corpo fisico) ma che può essere rettificato e direzionato.
Poi Raphael spiega che il deposito karmico dell'ente, in termini vedanta, è detto karanasharira: corpo causale.
E' questo corpo causale (sharira) che occorre risolvere per uscire dal mondo di maya.
Facendo samyama (dharana, dhiyana e samadhi: concentrazione, meditazione e contemplazione) sui semi karmici che dimorano nel corpo causale si possono conoscere gli effetti che possono maturare.
Come si fa? Impegnandoci in azioni che ci rendano praticanti di yoga tenendo conto, come dice un antico detto indiano, che tyâga (il sacrificio) conduce a yoga (l'unione con Dio), mentre bhoga (il piacere) porta a roga (la malattia).
Ho trovato attinente alla risoluzione del corpo causale un' interessante spiegazione di Sai Baba sul significato simbolico della pratica vedica di recitare tre volte le sacre massime immergendosi nei fiumi sacri e tramite tre tuffi.
Trascrivo il brano per intero ( Sai Baba: discorsi volume IV, pag. 135):
"Il primo tuffo serve a pulire il corpo fisico, il secondo per purificare il corpo sottile degli involucri pranico, mentale e intellettivo ed il terzo tuffo serve per purificare il corpo causale, il quale ha conservato una lieve macchia di illusione.
In quei tre tuffi si consacra anche la disciplina dell'azione e della contemplazione per avere la Conoscenza.
Il dualismo, il monismo qualificato e il non dualismo, inoltre, non rappresentano che tre livelli nella coscienza spirituale.
Lo shastri Somasekhara ha parlato dei due punti di vista, il dualistico e il monistico, i quali distinguono, in ogni campo, il punto di vista delle persone. Però essi non sono distinti, ma sono soltanto degli stadi della trasformazione mentale. Il frutto è il medesimo; terra e sole lo portano a maturazione, dopo che ha attraversato gli stadi del frutto acerbo e di quello che incomincia a crescere.
Quando vi rendete conto che il Signore si trova all'indirizzo che dà nella Gita, alla sessantunesima sloka del capitolo 18 che recita:
"Isvarah sarva-bhutanam hrid-deshe arjuna tisht-hati" che significa: "Il Signore, o Arjuna, risiede nella regione del cuore di tutti gli esseri", voi venite a conoscere l'Uno che non ha secondo.
Per vedere il Signore in ogni essere occorre coltivare amore e scacciare i pipistrelli che infestano gli oscuri antri del vostro cuore, i vampiri dell'odio, dell'invidia e della malizia.
Illuminate tutti i pensieri con la luce dell'amore e trattate allo stesso modo parole, azioni, gesti e giudizi. Quando vi sarete tramutati in amore, il Signore che è manifestazione d'Amore, vi si rivelerà, suonerà il suo flauto e risveglierà la vostra coscienza superiore nel fiume dell'Amore universale.
E' indispensabile seguire una disciplina spirituale, perchè solo l'azione può rimuovere gli effetti dell'azione stessa, così come per togliere una spina si usa un'altra spina. Non la potete levare con un coltello, con un martello e nemmeno con la spada.
L'irrealtà del mondo è una verità che fu insegnata da Shankaracarya per mezzo della sua attività concreta nel mondo "irreale", mediante la fondazione di scuole, la scrittura dei libri e la partecipazione a dispute pubbliche.
Non potete sottrarvi all'azione; dovete però badare sempre di compierla per amore e per il bene del mondo.

tuffi nel Gange esondato dopo i monsoni