Auto-indagine
Inviato: 26/02/2017, 11:02
Il Vedanta, nota anche come auto-indagine, è uno strumento per acquisire la conoscenza di sé, la chiave per la libertà permanente. Dal momento che tutti indistintamente valorizzano la libertà, vale la pena di capire come l’auto-indagine funziona. Il primo passo è quello di analizzare i tuoi obbiettivi nella vita che generalmente rientrano in quattro categorie, dei quali i primi tre sono artha, kama e dharma.
Artha, ricchezza, è il perseguimento della sicurezza materiale attraverso l’acquisizione di denaro, cibo, alloggio, vestiario, famiglia, occupazione, condizione sociale, reputazione o potere. Kama, piacere, è la ricerca di godere delle cose, siano esse sottili come le relazioni, arte, musica e conoscenza, oppure grossolane come il cibo, droga e sesso. Dharma, virtù, significa agire in modo appropriato evitando le trasgressioni. Per alcuni questo perseguimento assume la forma della religione. Per altri invece, assume la forma di yoga o psicologia, per cui si sforzano di rimuovere le tendenze inutili e dannose dalle loro menti. E per tutti gli altri che personalmente non si sentono mancanti della virtù, possono cambiare il mondo portando il loro contributo dharmico al resto della società.
Ma indipendentemente da ciò che persegui, sia essa sicurezza, piacere o virtù, o qualsiasi altra cosa concernente, devi chiederti: “Perché voglio queste cose in primo luogo? Solo per soddisfare un desiderio fine a se stesso?”. Se ci pensiamo attentamente scopriamo che è nel nome della libertà che desideriamo queste cose, libertà dalla sensazione che sei limitato dalla tua mancanza di sicurezza, piacere e virtù. La libertà si traduce in una sensazione di felicità e la limitazione si traduce in una sensazione di infelicità. Ed essere infelice non è accettabile per chiunque. Pertanto, dal momento che la vita spesso consiste, se non sempre, nella ricerca della felicità/libertà attraverso il guadagno di sicurezza, piacere e virtù, è lecito chiedersi: “Quello che sto facendo sta funzionando veramente?”.
Diciamo che ti senti finanziariamente insicuro ed esci di casa alla ricerca di un buon lavoro. Una volta che hai racimolato un po’ di soldi ti senti libero dall’insicurezza. Ma quanto dura questa sensazione? Cosa succede quando devi spendere i soldi per pagare le bollette? La sensazione di insicurezza ricompare. Anche se si fanno più soldi il desiderio stesso non cessa. Semplicemente si manifesta in una forma diversa, probabilmente come desiderio di un po’ di piacere, e disturba il tuo senso di libertà nuovamente. E come se non bastasse, indulgere quel desiderio potrebbe anche aumentarlo. Cibo, droghe e sesso sono buoni esempi perché avendone usufruito per una volta di solito non è sufficiente. Per molti sono una ossessione, ed il comportamento compulsivo si impadronisce della tua libertà come nessun’altro.
Generalmente quando si ottiene ciò che si vuole, è possibile in seguito rendersi conto di non volerlo veramente e desideri sbarazzartene. Oppure ti piace quello che hai ma col passare del tempo cambia e non ti fa sentire felice. O forse rimane lo stesso, ma i tuoi desideri cambiano.
Non importa quale sia il caso, tutto ciò che insegui in nome della libertà/felicità non dura. E la libertà temporanea non è per nulla libertà. Dal momento che nessuno vuole essere felice per un tempo limitato, vale la pena riconoscere un semplice fatto. Se quello che hai fatto finora per ottenere la libertà avesse funzionato, la libertà così ottenuta sarebbe definitiva. Continuare a credere che funzionerà è la causa di una forte sofferenza.
Nonostante il fatto che la libertà che sperimenti nella forma di felicità, è solo temporanea, senza saperlo stai esperendo la libertà. Considerando l’esperienza per quello che è, sembra che la sensazione di libertà provenga dalla tua interazione con gli oggetti. Per “oggetti” si intende assolutamente tutto ciò che puoi sperimentare o conoscere, da oggetti fisici come le persone, la natura, i beni, le situazioni o il tuo corpo fino a oggetti interni come le emozioni, i pensieri, i ricordi o sogni. L’esperienza è di per sé un oggetto, e sebbene la felicità sembra provenire dagli oggetti, non è così. Se così fosse, allora un oggetto di felicità darebbe la felicità a tutti allo stesso modo ed in ogni momento.
La tranquilla musica devozionale è piacevole per il tipo spirituale pacifico, ma è terribilmente noiosa per il suo giovane vicino di casa. La musica metallara è eccitante per il giovane vicino di casa mentre è irritante per il tipo spirituale pacifico. Una bistecca fiorentina sanguinolenta è attrattiva per un cultore della carne ma ripugnante per un vegano. Un frullato di vegetali esotici potrebbe essere una prelibatezza per un vegano ma un intruglio verde nauseabondo per il cultore di carne. Un marito potrebbe odiare la moglie mentre il loro figlio la ama moltissimo. Fare della carità è fonte di gioia per un filantropo, ma atroce per un avaro. Un nuovo videogioco è interessante per un bambino ma una perdita di tempo per il nonno che glielo ha regalato.
Forse questo non ha importanza. Finché qualcosa ti rende felice, questo è ciò che conta, giusto? Ma se ci fosse qualcosa che veramente contenga la felicità, ti darebbe la stessa felicità per tutto il tempo. Magari la torta al cioccolato ti rende felice. Ma la quinta fetta di torta al cioccolato ti renderà altrettanto felice come la prima? E ti renderà felice quella stessa fetta di torta che ti viene offerta subito dopo che hai scoperto che uno dei tuoi amici è stato coinvolto in un terribile incidente? Anche qualcosa che inizialmente ti rendeva molto felice può successivamente farti molto infelice. Qualsiasi persona con la quale hai avuto una precedente relazione è un buon esempio. Come può esserci felicità nel signor o nella signora Giusto, se in seguito diventano il signor o la signora Sbagliato?
Vedere che lo stesso oggetto può dare diverse esperienze a diverse persone o che lo stesso oggetto può dare alla stessa persona esperienze diverse in momenti diversi, appare chiaro che la felicità non risiede nell’oggetto. Pertanto la prossima domanda è: se la felicità non si trova nell’oggetto, da dove proviene?
Dal momento che gli oggetti includono qualsiasi cosa possibile che tu puoi esperire o conoscere fisicamente o mentalmente, allora c’è una sola altra opzione. La felicità deve provenire da te, il soggetto cosciente, quello che conosce gli oggetti. Ma perché sembra come se provenisse dagli oggetti? La ragione è che quando si ha un desiderio o una paura, che è soltanto un desiderio di evitare qualcosa, crea agitazione nella tua mente che blocca l’apprezzamento della tua vera natura, che è la libertà. Ti senti limitato da ciò che non hai o dalla presenza di qualcosa che non vuoi. Ma quando ottieni l’oggetto che vuoi o eviti l’oggetto che non vuoi, il desiderio o la paura se ne va e conseguentemente l’apprezzamento della tua natura libera inonda la tua mente come una esperienza di felicità. Pertanto, mentre sembra che siano gli oggetti la sorgente della felicità, in realtà sono solo dei catalizzatori che rimuovono desideri e paure. Se segui questa logica chiediti: “Se ciò che sto cercando è la libertà, e la libertà è già la mia natura, ho quindi una idea sbagliata riguardo chi sono io?”.
La risposta è sì. Non per colpa tua pensi di essere limitato, incompleto ed inadeguato, costretto a cercare la felicità nell’inseguimento degli oggetti. Ma in verità, tu sei illimitato, completo e sempre libero, mai dipendente da alcun oggetto di esperienza per la tua felicità. Quando vedi chiaramente che soltanto la felicità temporanea è possibile nell’acquisizione degli oggetti, e che la felicità non proviene dagli oggetti ma da te stesso, sei pronto per il quarto e finale perseguimento, moksha. Essa non ricade nelle altre tre categorie di ricerca, perché non è un oggetto. Moksha si dirige alla libertà direttamente, che significa che è una indagine nella tua vera natura. Tu vuoi la libertà che è propria di te stesso.
L’azione, karma, può sicuramente assicurarti l’ottenimento degli oggetti. Ma c’è una particolare azione che può concederti la libertà che è te stesso, il soggetto cosciente? Il buon senso ti dirà che non puoi fare qualcosa per ottenere ciò che già hai o diventare ciò che già sei. Eppure ci sono molti che dicono che una particolare esperienza “spirituale” è necessaria per diventare te stesso o entrare in contatto con te stesso e che questa esperienza ti renderà permanentemente felice. Ma dal momento che l’esperienza stessa è un oggetto temporaneo, ne consegue che la ricerca di esperienze spirituali nel nome della felicità, corrisponde alla stessa ricerca mondana di sicurezza, piacere e virtù. Non funziona, né è logicamente realizzabile. Colui che compie le azioni per ottenere una esperienza permanente di felicità è limitato, dispone di risorse, capacità, conoscenza e desideri limitati. Pertanto come potrebbe una persona limitata che esegue azioni limitate, creare un risultato illimitato permanente?
La nozione che una particolare esperienza è necessaria per farti ottenere la libertà, è basata sulla credenza che tutto ciò che stai esperendo proprio adesso è qualcosa diverso da te. Questo si chiama dualità. Tuttavia, il Vedanta afferma che la realtà è non-duale, che nonostante appaia diversamente, ci sei solo tu, il soggetto cosciente.
Facciamo un esperimento per dimostrarlo. Chiediti dove esattamente stai sperimentando questo testo. Se credi a quello che i tuoi sensi ti stanno dicendo, probabilmente penserai di esperire questo testo “là fuori” sullo schermo del computer o su un pezzo di carta. Ma puoi davvero trovare questo testo da qualche parte là fuori? Assolutamente no. Puoi solo trovare il pensiero di esso nella tua mente, l’idea di “là fuori” essendo un pensiero stesso. Pertanto quanto è distante il pensiero del testo dalla tua mente? Essi non sono separati, si potrebbe dire che il pensiero è fatto di mente. Ma come fai a sapere che la mente è lì? Perché tu, il soggetto cosciente, sa che è lì. E quanto distante sei dalla tua mente? C’è un divario che ti separa da essa? Assolutamente no, la tua mente non è separata da te, è sostanziata da te. Questo significa che tutto ciò che andrai ad esperire in qualsiasi momento e luogo non è nient’altro che te stesso. Pertanto l’idea che l’azione è necessaria per guadagnare una particolare esperienza di te stesso è basata su una mal comprensione, il mancato riconoscimento della natura non-duale della realtà.
Tratto dalla prima parte del commentario di Vishnudeva Sanders, TATTVA BODHA: KNOWLEDGE OF TRUTH
Artha, ricchezza, è il perseguimento della sicurezza materiale attraverso l’acquisizione di denaro, cibo, alloggio, vestiario, famiglia, occupazione, condizione sociale, reputazione o potere. Kama, piacere, è la ricerca di godere delle cose, siano esse sottili come le relazioni, arte, musica e conoscenza, oppure grossolane come il cibo, droga e sesso. Dharma, virtù, significa agire in modo appropriato evitando le trasgressioni. Per alcuni questo perseguimento assume la forma della religione. Per altri invece, assume la forma di yoga o psicologia, per cui si sforzano di rimuovere le tendenze inutili e dannose dalle loro menti. E per tutti gli altri che personalmente non si sentono mancanti della virtù, possono cambiare il mondo portando il loro contributo dharmico al resto della società.
Ma indipendentemente da ciò che persegui, sia essa sicurezza, piacere o virtù, o qualsiasi altra cosa concernente, devi chiederti: “Perché voglio queste cose in primo luogo? Solo per soddisfare un desiderio fine a se stesso?”. Se ci pensiamo attentamente scopriamo che è nel nome della libertà che desideriamo queste cose, libertà dalla sensazione che sei limitato dalla tua mancanza di sicurezza, piacere e virtù. La libertà si traduce in una sensazione di felicità e la limitazione si traduce in una sensazione di infelicità. Ed essere infelice non è accettabile per chiunque. Pertanto, dal momento che la vita spesso consiste, se non sempre, nella ricerca della felicità/libertà attraverso il guadagno di sicurezza, piacere e virtù, è lecito chiedersi: “Quello che sto facendo sta funzionando veramente?”.
Diciamo che ti senti finanziariamente insicuro ed esci di casa alla ricerca di un buon lavoro. Una volta che hai racimolato un po’ di soldi ti senti libero dall’insicurezza. Ma quanto dura questa sensazione? Cosa succede quando devi spendere i soldi per pagare le bollette? La sensazione di insicurezza ricompare. Anche se si fanno più soldi il desiderio stesso non cessa. Semplicemente si manifesta in una forma diversa, probabilmente come desiderio di un po’ di piacere, e disturba il tuo senso di libertà nuovamente. E come se non bastasse, indulgere quel desiderio potrebbe anche aumentarlo. Cibo, droghe e sesso sono buoni esempi perché avendone usufruito per una volta di solito non è sufficiente. Per molti sono una ossessione, ed il comportamento compulsivo si impadronisce della tua libertà come nessun’altro.
Generalmente quando si ottiene ciò che si vuole, è possibile in seguito rendersi conto di non volerlo veramente e desideri sbarazzartene. Oppure ti piace quello che hai ma col passare del tempo cambia e non ti fa sentire felice. O forse rimane lo stesso, ma i tuoi desideri cambiano.
Non importa quale sia il caso, tutto ciò che insegui in nome della libertà/felicità non dura. E la libertà temporanea non è per nulla libertà. Dal momento che nessuno vuole essere felice per un tempo limitato, vale la pena riconoscere un semplice fatto. Se quello che hai fatto finora per ottenere la libertà avesse funzionato, la libertà così ottenuta sarebbe definitiva. Continuare a credere che funzionerà è la causa di una forte sofferenza.
Nonostante il fatto che la libertà che sperimenti nella forma di felicità, è solo temporanea, senza saperlo stai esperendo la libertà. Considerando l’esperienza per quello che è, sembra che la sensazione di libertà provenga dalla tua interazione con gli oggetti. Per “oggetti” si intende assolutamente tutto ciò che puoi sperimentare o conoscere, da oggetti fisici come le persone, la natura, i beni, le situazioni o il tuo corpo fino a oggetti interni come le emozioni, i pensieri, i ricordi o sogni. L’esperienza è di per sé un oggetto, e sebbene la felicità sembra provenire dagli oggetti, non è così. Se così fosse, allora un oggetto di felicità darebbe la felicità a tutti allo stesso modo ed in ogni momento.
La tranquilla musica devozionale è piacevole per il tipo spirituale pacifico, ma è terribilmente noiosa per il suo giovane vicino di casa. La musica metallara è eccitante per il giovane vicino di casa mentre è irritante per il tipo spirituale pacifico. Una bistecca fiorentina sanguinolenta è attrattiva per un cultore della carne ma ripugnante per un vegano. Un frullato di vegetali esotici potrebbe essere una prelibatezza per un vegano ma un intruglio verde nauseabondo per il cultore di carne. Un marito potrebbe odiare la moglie mentre il loro figlio la ama moltissimo. Fare della carità è fonte di gioia per un filantropo, ma atroce per un avaro. Un nuovo videogioco è interessante per un bambino ma una perdita di tempo per il nonno che glielo ha regalato.
Forse questo non ha importanza. Finché qualcosa ti rende felice, questo è ciò che conta, giusto? Ma se ci fosse qualcosa che veramente contenga la felicità, ti darebbe la stessa felicità per tutto il tempo. Magari la torta al cioccolato ti rende felice. Ma la quinta fetta di torta al cioccolato ti renderà altrettanto felice come la prima? E ti renderà felice quella stessa fetta di torta che ti viene offerta subito dopo che hai scoperto che uno dei tuoi amici è stato coinvolto in un terribile incidente? Anche qualcosa che inizialmente ti rendeva molto felice può successivamente farti molto infelice. Qualsiasi persona con la quale hai avuto una precedente relazione è un buon esempio. Come può esserci felicità nel signor o nella signora Giusto, se in seguito diventano il signor o la signora Sbagliato?
Vedere che lo stesso oggetto può dare diverse esperienze a diverse persone o che lo stesso oggetto può dare alla stessa persona esperienze diverse in momenti diversi, appare chiaro che la felicità non risiede nell’oggetto. Pertanto la prossima domanda è: se la felicità non si trova nell’oggetto, da dove proviene?
Dal momento che gli oggetti includono qualsiasi cosa possibile che tu puoi esperire o conoscere fisicamente o mentalmente, allora c’è una sola altra opzione. La felicità deve provenire da te, il soggetto cosciente, quello che conosce gli oggetti. Ma perché sembra come se provenisse dagli oggetti? La ragione è che quando si ha un desiderio o una paura, che è soltanto un desiderio di evitare qualcosa, crea agitazione nella tua mente che blocca l’apprezzamento della tua vera natura, che è la libertà. Ti senti limitato da ciò che non hai o dalla presenza di qualcosa che non vuoi. Ma quando ottieni l’oggetto che vuoi o eviti l’oggetto che non vuoi, il desiderio o la paura se ne va e conseguentemente l’apprezzamento della tua natura libera inonda la tua mente come una esperienza di felicità. Pertanto, mentre sembra che siano gli oggetti la sorgente della felicità, in realtà sono solo dei catalizzatori che rimuovono desideri e paure. Se segui questa logica chiediti: “Se ciò che sto cercando è la libertà, e la libertà è già la mia natura, ho quindi una idea sbagliata riguardo chi sono io?”.
La risposta è sì. Non per colpa tua pensi di essere limitato, incompleto ed inadeguato, costretto a cercare la felicità nell’inseguimento degli oggetti. Ma in verità, tu sei illimitato, completo e sempre libero, mai dipendente da alcun oggetto di esperienza per la tua felicità. Quando vedi chiaramente che soltanto la felicità temporanea è possibile nell’acquisizione degli oggetti, e che la felicità non proviene dagli oggetti ma da te stesso, sei pronto per il quarto e finale perseguimento, moksha. Essa non ricade nelle altre tre categorie di ricerca, perché non è un oggetto. Moksha si dirige alla libertà direttamente, che significa che è una indagine nella tua vera natura. Tu vuoi la libertà che è propria di te stesso.
L’azione, karma, può sicuramente assicurarti l’ottenimento degli oggetti. Ma c’è una particolare azione che può concederti la libertà che è te stesso, il soggetto cosciente? Il buon senso ti dirà che non puoi fare qualcosa per ottenere ciò che già hai o diventare ciò che già sei. Eppure ci sono molti che dicono che una particolare esperienza “spirituale” è necessaria per diventare te stesso o entrare in contatto con te stesso e che questa esperienza ti renderà permanentemente felice. Ma dal momento che l’esperienza stessa è un oggetto temporaneo, ne consegue che la ricerca di esperienze spirituali nel nome della felicità, corrisponde alla stessa ricerca mondana di sicurezza, piacere e virtù. Non funziona, né è logicamente realizzabile. Colui che compie le azioni per ottenere una esperienza permanente di felicità è limitato, dispone di risorse, capacità, conoscenza e desideri limitati. Pertanto come potrebbe una persona limitata che esegue azioni limitate, creare un risultato illimitato permanente?
La nozione che una particolare esperienza è necessaria per farti ottenere la libertà, è basata sulla credenza che tutto ciò che stai esperendo proprio adesso è qualcosa diverso da te. Questo si chiama dualità. Tuttavia, il Vedanta afferma che la realtà è non-duale, che nonostante appaia diversamente, ci sei solo tu, il soggetto cosciente.
Facciamo un esperimento per dimostrarlo. Chiediti dove esattamente stai sperimentando questo testo. Se credi a quello che i tuoi sensi ti stanno dicendo, probabilmente penserai di esperire questo testo “là fuori” sullo schermo del computer o su un pezzo di carta. Ma puoi davvero trovare questo testo da qualche parte là fuori? Assolutamente no. Puoi solo trovare il pensiero di esso nella tua mente, l’idea di “là fuori” essendo un pensiero stesso. Pertanto quanto è distante il pensiero del testo dalla tua mente? Essi non sono separati, si potrebbe dire che il pensiero è fatto di mente. Ma come fai a sapere che la mente è lì? Perché tu, il soggetto cosciente, sa che è lì. E quanto distante sei dalla tua mente? C’è un divario che ti separa da essa? Assolutamente no, la tua mente non è separata da te, è sostanziata da te. Questo significa che tutto ciò che andrai ad esperire in qualsiasi momento e luogo non è nient’altro che te stesso. Pertanto l’idea che l’azione è necessaria per guadagnare una particolare esperienza di te stesso è basata su una mal comprensione, il mancato riconoscimento della natura non-duale della realtà.
Tratto dalla prima parte del commentario di Vishnudeva Sanders, TATTVA BODHA: KNOWLEDGE OF TRUTH