Osservate anzitutto dove avviene questa nascita. Io affermo, come ho già fatto più volte, che questa nascita eterna avviene nell'anima nello stesso modo che avviene nell'eternità: è una sola e medesima nascita. E in verità si compie nell'essenza e nel fondo dell'anima [...] nell'interiorità dell'anima, dove mai un'immagine potè penetrare, né mai alcuna delle facoltà dell'anima si rispecchiò [...].
Ora l'anima con le sue facoltà si è dispersa e distratta nell'esteriorità, ciascuna alla sua opera: la potenza di vedere nell'occhio, la potenza di udire nell'orecchio, la potenza di gustare nella lingua. E nella stessa misura esse sono più deboli a compiere interiormente la loro opera, poiché ogni facoltà che si riversa al di fuori è imperfetta. Perciò, se l'anima vuole esplicare all'interno un'energica attività, deve revocare a sé tutte le sue facoltà e raccoglierle, fuori dalle cose sparse, in un'azione interiore [...]. Raccogli dunque tutta la tua ragione e tutto il tuo pensiero e torna verso il fondo, dove il tesoro giace nascosto. Se ciò deve avvenire, sappi che devi abbandonare ogni altra cosa: devi giungere all'ignoranza se devi trovare il tesoro [...].
Se il tuo occhio vuol vedere tutte le cose, il tuo orecchio ascoltarle tutte, il tuo cuore averle tutte presenti, è inevitabile che la tua anima sia frantumata e dispersa in tutte quelle cose. Perciò dice un dottore: «Quando un uomo vuol compiere un'opera interiore deve raccogliere in sé tutte le sue forze, come in un angolo della sua anima, e allontanarsi da tutte le immagini e le forme: allora può agire. È necessario ch'egli entri in uno stato di oblio, d'ignoranza.
Tranquillità e silenzio devono esserci la dove questa parola dev'essere udita; e ad essa non si può arrivare in modo migliore che rimanendo immobili e silenziosi; allora si può ascoltare, si può comprendere: nell'ignoranza! Quando non si sa più nulla, essa si fa sentire e si rivela [...].
Qui ci si deve elevare a una forma superiore di conoscenza: questa ignoranza non nasce dall'ignoranza, ma dal sapere! Qui noi dobbiamo essere ignoranti per mezzo del sapere divino: la nostra ignoranza è allora nobilitata e ornata dalla conoscenza soprannaturale. E qui noi, mantenendoci in uno stato di passività, siamo più perfetti di quando operiamo. Perciò un dottore ha detto che l'udito è superiore alla vista poiché la saggezza si impara più con l'udito che con la vista, e si è più saggi per mezzo dell'udito [...].
L'udito va più verso l'interiorità, la vista di più verso l'esterno: lo stesso atto del vedere lo dimostra [...]. L'attività con cui ascolto la parola divina è in me, mentre l'attività del vedere è diretta lontano da me: nell'ascoltare sono passivo, nel vedere attivo. Ma la nostra beatitudine non riposa sulla nostra azione, ma sulla nostra passività di fronte a Dio [...].
I discepoli di San Dionigi gli chiesero perché Timoteo li superasse tutti in perfezione. Egli rispose: «Timoteo è un uomo passivo di fronte a Dio; chi supera in ciò gli altri, è più perfetto». Così la tua ignoranza non è una mancanza ma la tua più alta perfezione, e il tuo patire è la tua azione più alta!
In questa misura tu devi liberarti da tutte le tue attività e ridurre al silenzio tutte le tue facoltà, se vuoi che davvero si realizzi in te questa nascita; se vuoi trovare il Re appena nato, devi lasciar da parte tutte le cose che potrai trovare e abbandonarle dietro di te!
Brani tratti da Meister Eckhart (a cura di Giuseppe Faggin), II Natale dell'anima, La Locusta, Vicenza, 1976, p. 35 sg.
(dal forum I Pitagorici)