Quello che segue è un brano ricavato da un libro che mi è capitato tra le mani (credo per grazia divina) a distanza di qualche tempo che mi ha aiutato a comprendere e riassumere i meccanismi coinvolti e alla base della follia che vi ho accennato che a quanto pare hanno un carattere universale e che intendo, se siete interessati condividere con voi. Buona lettura.
Nella via che seguite qui non c’è un programma che scandisce la giornata per tutto l’arco dell’anno, come in un’abbazia trappista o in un convento zen. Non ci sono riti, cerimonie, culti e liturgie; nessuna complessa tecnica di meditazione o di visualizzazione di divinità tantriche, né esercizi di respirazione; non ci sono inni, canti, preghiere in comune o uffici religiosi. Non c’è un grande mito come quello di Krishna o di Rama, né una meditazione quotidiana sulla vita di Cristo. Allora, che cosa abbiamo? Io porto soltanto la testimonianza del fatto che dopo avere conosciuto, e conosciuto per anni, dall’interno, vari insegnamenti tibetani, induisti e sufi, per me il più efficace, e di molto, è l’insegnamento di svami Prajnanpad. Ma sapete benissimo che questa via non può consistere soltanto nell’ascoltare di tanto in tanto un discorsetto di Arnaud o nel leggere un libro all’anno, né nel partecipare a incontri di qualche ora o tuffarsi nelle profondità dell’inconscio.
Come fare perché tutto il mondo diventi realmente, e non solo a parole, un asram o un monastero, e tutta la vita sia la pratica del cammino? È imperativo che disponiate di uno strumento da utilizzare dal mattino alla sera, altrimenti passeranno i mesi, passeranno gli anni e voi non cambierete, non scoprirete ciò che va scoperto. Ogni volta che mi sentite parlare o rispondere a una domanda, chiedetevi con grande intensità interiore: che cosa mi dà tutto questo di utilizzabile per conto mio? I progressi non avvengono solo durante i periodi che trascorrete al Bost, avvengono tutto l’anno. Dovete capire ancora una volta, come se non ne aveste mai sentito parlare, che cosa vi è richiesto, che cosa vi è proposto e che cosa è possibile per voi. Potrei riassumerlo in una frase che forse avete letto in vari insegnamenti e che si trova anche nel Vangelo di Tommaso: “Quando farete dei due uno”. Che frase meravigliosa! Conterrà senza dubbio qualcosa di esoterico o di metafisico… La verità è che contiene qualcosa di eminentemente pratico. La grandezza di un vero cammino sta nel rendere metafisico ogni istante della vita. La via non consiste nel compiere azioni ammirevoli, ma nello svolgere le azioni quotidiane in modo ammirevole.
L’esistenza ordinaria di un essere umano avviene nella dualità, come se vivesse due esistenze nello stesso tempo, ed è quello che vorrei farvi toccare oggi con mano. Non indicarvi qualcosa che sta lassù sulle nuvole, ma farvelo toccare con mano.
Mi avete già sentito citare le parole di Eraclito: “I desti hanno un mondo unico e comune, ma ciascuno dei dormienti si ritira in un mondo proprio”. Parole che sono intese diversamente dai filosofi di professione, ma che per me hanno un significato evidente che illustra assai bene l’insegnamento di Svamiji. La natura della mente, questa mente chiamata a scomparire, è quella di creare un secondo e farvi vivere in due mondi. Se riconducete il due a uno, vivrete in un unico mondo, il mondo reale.
Vi farò un esempio molto concreto, e altri ne seguiranno. Le pareti della mia stanza sono tappezzate di stoffa e a un certo punto mi serve una certa metratura di quella stessa stoffa per fare la fodera di un cuscino. Prendo un campione che i miei amici tappezzieri mi hanno lasciato e ne mando un pezzo a ciascuno di voi chiedendovi se potete procurarmi una stoffa uguale. Ricevo i vostri campioni, li paragono al campione che ho conservato, e li accetto o li rifiuto in base alla conformità del modello. Se nel vostro campione ci sono dei fili viola che non ci sono nel mio campione, scarto la stoffa con i fili viola. Un altro campione è troppo scuro e lo rifiuto. Un altro è troppo chiaro e dico di no. Accetterò soltanto la stoffa rigorosamente identica al campione, cioè a quella che copre le pareti della mia stanza. Questo paragone con un campione, in base a cui accettiamo o rifiutiamo, è normale nella vita pratica. Nel campo dell’industria, del commercio, e anche in casa nostra, abbiamo dei campioni, paragoniamo, accettiamo o rifiutiamo. La mente fa la stessa cosa, con la differenza fondamentale che i suoi paragoni sono totalmente illusori. La mente non smette mai (ho detto “mai”, e se osservate con attenzione vedrete che è vero) di fabbricare un mondo parallelo al mondo reale, di paragonare il mondo reale a quello di sua invenzione, e in seguito di accettare o rifiutare il mondo reale a seconda che sia conforme o meno al mondo illusorio di sua creazione.
Sarete salvi quando avreste visto, con tutto il vostro essere, in primo luogo che questo è vero e in secondo luogo che è una stupidaggine che niente può giustificare, eppure è la norma dell’esistenza umana. È questa la causa di tutte le tragedie, di tutte le sofferenze e di tutti i fallimenti. È anche la causa del sonno e della cecità, e della perenne impossibilità di comprendere l’atman, la libera coscienza.
La mente crea un secondo. Dovete rendervi conto, dal mattino alla sera, nelle piccole cose prima ancora che nelle grandi, di essere vittime di questo meccanismo aberrante. Sapete che sono stato un cineasta, che ho lavorato per la televisione e che nei documentari che giravo, nei mesi trascorsi nei monasteri sull’Himalaya o negli asram induisti, ero il mio stesso operatore di macchina. Filmavo con mezzi tecnici molto rozzi, e sapevo bene quale tragico errore potevo commettere durante una missione: mettere due volte la stessa pellicola nella macchina da presa. In fase di sviluppo si ottengono due immagini inestricabilmente sovrapposte e impossibili da separare. Ricordo che ero all’asram di Swamiji quando ho capito con chiarezza quello di cui vi sto parlando e l’immagine di due pellicole sovrapposte mi venne in mente come un perfetto esempio di quello che avevo scoperto. Capii che di fatto vivevo in due mondi, due mondi sovrapposti: il mondo reale, che appare attimo per attimo, e il mondo continuamente inventato dalla mente.
Potrei fare anche un altro esempio. Probabilmente avete avuto in mano una macchina fotografica in cui per mettere a fuoco bisogna far coincidere due immagini, e solo quando coincidono perfettamente nel mirino, la messa a fuoco è perfetta. Oppure, se fate il semplice esperimento di premere un occhio con un dito, la maniglia della porta o qualsiasi altro oggetto stiate guardando si sdoppia, appare una seconda maniglia sovrapposta alla prima, e solo quando smettete la pressione sul globo oculare la maniglia torna a essere soltanto una. È un’immagine semplice e facile da ricordare: prima creo due maniglie, poi le riconduco da due a una.
La mente fa così: crea il due. Quello che dovete fare voi, dal mattino alla sera, in qualunque situazione o circostanza, senza alcuna eccezione, è ricondurre il due a uno. Non commettete il tragico errore, così diffuso e che facciamo in tanti, di credere che la cosa importante sia vivere in un monastero tibetano o restare immobili in meditazione (oppure venire al Bost), ma che il modo di fare colazione o di spogliarsi alla sera non abbia alcuna importanza. Di cosa è fatta l’esistenza? Ogni tanto è una tragedia che si cerca di vivere come farebbe un saggio, chiedendoci come Buddha o Socrate avrebbero vissuto la morte di un figlio, ma il nostro destino non è intessuto di queste tragedie un attimo dopo l’altro. È appunto in questo attimo dopo l’altro, nei piccoli dettagli quotidiani, che si vince o si perde la partita. Qualunque circostanza, anche la più umile e banale, è enorme per chi è impegnato nel cammino. La realtà è sempre presente e non dovete fare altro che scoprirla. Sapete che la tradizione zen è ricca di aneddoti e di piccoli eventi in cui un monaco zen ottiene l’illuminazione spazzando, ascoltando il tonfo di una rana che salta nell’acqua o il rumore di un bastone che cade per terra, e tanti altri casi di questo tipo. Non pensate: “La vita quotidiana è noiosa” e non lasciate che si svolga nella menzogna, cioè nella dualità di cui vi parlo.
Facciamo un esempio molto ordinario e concreto per capire come funziona la mente e come crea di sana pianta la dualità secondo un criterio che non ha assolutamente nessuna realtà. Farò un esempio al maschile, dato che sono un uomo, ma che è applicabile a tutti. Immaginiamo un uomo della classe media che conduce una vita normale e torna a casa alla fine della giornata con un po' di fretta perché ha giusto il tempo di radersi velocemente con il rasoio elettrico prima di andare a una cena da amici a cui è invitato anche il fratello del direttore generale della società per cui lavora. Conoscere il fratello del direttore è una grande occasione e potrebbe rivelarsi utile per la sua carriera. Probabilmente ha pensato per tutto il giorno più alla cena che a svolgere i suoi compiti, perché è tutto teso verso l’incontro di questa sera. Che prenda la metro o che sia in auto, imbottigliato nel traffico parigino, non è nel qui e ora perché è tutto proiettato sul dopo. Supponiamo che abbia trovato parcheggio e rientri di corsa nel palazzo in cui vive. L’ascensore non è al piano terra. Per la fretta, la sua mente ha creato a sua insaputa un mondo in cui l’ascensore è fermo in attesa al piano terra e paragona questo mondo, in cui l’ascensore è lì in attesa, a quello reale in cui l’ascensore si sta spostando tra i piani. La mente rifiuta la situazione reale perché non corrisponde a quella che ha stabilito arbitrariamente.
Riflettete e ricordate l’esempio che ho fatto poco fa: rifiuto dei modelli di tessuto che mi vengono proposti perché non corrispondono esattamente al campione che ho in mano. Questo raffronto è giustificato, perché il campione di stoffa che ho in mano è reale, ma la comparazione permanente della mente non ha nessuna giustificazione, di nessun tipo, perché la mente non ha niente di reale su cui fondare i propri paragoni. Dovete vedere la stupidità e l’insensatezza di questo meccanismo.
Ma continuiamo… Premo il pulsante di chiamata e in genere si accende una spia che mi dice che l’ascensore sta scendendo. La spia non si accende. Immediatamente, la mente crea un mondo in cui la spia si accende, perché ho fretta, sono già un po' in ritardo e devo salire subito al mio piano. Ed è a questo mondo completamente inesistente, privo di qualunque realtà, che la mente si permette di paragonare il mondo reale.
Decido di salire a piedi. Entro nel mio appartamento e, mentre sto per radermi velocemente e cambiarmi la camicia, mia moglie mi dice: “Misura la febbre al bambino”. Nel mondo reale, è questo che c’è. Ma, dato che mi sto preparando per andare a una cena che considero molto importante, queste parole non corrispondono alle mie aspettative e la mente crea un mondo in cui mia moglie non le ha pronunciate affatto. Poi paragona questo mondo illusorio con il mondo reale e lo rifiuta come io rifiutavo i modelli di stoffa che non corrispondevano al mio campione. La mente crea un secondo in cui mia moglie non pronuncia queste parole in questo momento. Avviene con grande rapidità. E la mente rifiuta. Scatta così l’emozione, l’irrealtà, la falsità. Non sono più nel mondo reale e continuo a paragonare il mondo reale a quello completamente inesistente di mia creazione.
Che cosa? “Misura la febbre al bambino”? Se nostro figlio è malato proprio questa sera è una catastrofe. Non dormirà tranquillamente nel suo lettino mentre noi siamo fuori. Ecco l’emozione. La mente immagina all’istante, molto più rapidamente di quanto possa fare il pensiero razionale, tutto un mondo di disgrazie: se il bambino sta male chissà che cosa accadrà, non potremo andare alla cena, di conseguenza non conoscerò il fratello del direttore, di conseguenza non avrò l’opportunità di instaurare un rapporto che potrebbe rivelarsi utile per la mia promozione. Niente va mai come deve, tutto è troppo difficile… In un attimo, la mente crea tutta una serie di conseguenze negative che non hanno nessuna realtà, perché niente di tutto questo è ancora avvenuto.
In realtà, le parole “misura la febbre al piccolo” non contengono nessuna di queste minacce; forse sì, ma non ancora con assoluta certezza. Ma la mente estrapola abusivamente e trasforma le probabilità in certezze. Devo sbrigarmi, non posso perdere tempo, il bambino non deve assolutamente essere malato. Inizio a farmi trascinare via dall’emozione.
Apro il cassetto dell’armadietto del bagno dove dovrebbe trovarsi il termometro, ma il termometro non c’è. La mente ha fabbricato all’istante un mondo, altrettanto chimerico del precedente, il cui termometro è al suo posto nel solito cassetto. Paragona questo mondo totalmente inventato al mondo reale, l’unico esistente, in cui il cassetto è vuoto, e io rifiuto il fatto. La mente nega il cassetto vuoto che non è conforme all’altro con cui lo paragona. Chiamo mia moglie: “Brigitte!”. Ma lei si sta asciugando i capelli e a causa del rumore dell’asciugacapelli non mi sente. Il paragone continua attimo dopo attimo. Nel mondo reale non c’è nessuna risposta da parte di mia moglie, c’è il suo silenzio, ma la mente crea immediatamente un mondo in cui mia moglie mi sente e risponde: “Sì, cosa c’è?”. E permetto ancora una volta di sovrapporre al mondo reale questo mondo illusorio. Grido più forte, mia moglie mi sente e dice: “Ho già tirato fuori il termometro, è sul comodino nella stanza del piccolo”. Gli metto il termometro: un minuto, due muniti. Lo tolgo, lo guardo, la colonnina segna quaranta. Questa è l’unica realtà. Ma la mia mente ha creato istantaneamente un mondo in cui la temperatura non superava i trentasette e due, e dato che “trentasette e due” non ha nessuna realtà, la mente giudica l’unica realtà: il termometro che segna quaranta.
Potrei continuare a descrivere gli eventi minuto per minuto, secondo per secondo, ma continuiamo quel tanto che basta per convincervi completamente. C’è un’unica cosa da fare: chiedere a mia madre se può venire a guardare il bambino. Prendo il telefono, faccio il numero, è occupato. Basta questo perché la mente crei un mondo in cui il telefono non è occupato, lo paragoni alla realtà e rifiuti quest’ultima come “non conforme”. Aspetto tre minuti, faccio di nuovo il numero, questa volta dà libero. Per un attimo, la mente non crea nessun secondo. Uno squillo, due, tre… e la mente ricomincia a creare un mondo in cui alla fine del terzo squillo la voce di mia madre dirà: “Pronto?”. Quattro squilli, cinque… Il mondo mentale si allontana sempre più da quello reale. Otto squilli, dieci… Prima dava occupato, adesso dà libero, ma nessuno risponde… Mia madre stava per uscire per andare a trovare mia zia, perché ha la sera libera, ma in quel momento il telefono ha squillato. È andata a rispondere con il cappotto addosso, poi ha riattaccato ed è uscita. Ha impiegato quindici secondi per chiudere la porta e io ho chiamato proprio dopo quei quindici secondi. Una situazione banalissima. Invece, per me la situazione si fa sempre più grave, perché la cena dai miei amici sembra sempre più compromessa. Immaginate gli sviluppi della serata: arrivo alle nove quando mi avevano fatto giurare che non sarei arrivato oltre le otto e mezzo, oppure rinuncio ad andare del tutto. In entrambi i casi questi due mondi paralleli continueranno a scorrere, attimo dopo attimo.
Tutto questo, lo so bene, può sembrare molto meno straordinario che parlare del risveglio della kundalini, dell’apertura dei cakra, della meditazione sul mandala dell’Hevajra tantra, dello studio delle radici arabe del sufismo o delle radici ebraiche della qabbala. La mente è ghiotta di cose misteriose, mentre il vero cammino, quello che può condurvi realmente al risveglio, passa unicamente per l’istante e nient’altro. La realtà è sempre una senza secondo, indipendentemente dalle condizioni e dalle circostanze; mentre ciò che possiamo chiamare “sonno”, maya, o “mente”, crea un secondo. L’unica possibilità di sfuggire al conflitto, alla contraddizione, all’ignoranza, alla cecità è quella di essere più vigili della mente, di smettere di creare un secondo, oppure, nel caso sia già stato creato, di fare di due uno, cioè far scomparire il mondo illusorio a cui paragonare il mondo reale. Se non vedete fino a che punto tutto questo è vero, non avete mai avuto nemmeno un secondo di vigilanza nella vita! Non ditemi che non vivete così, me ne date le prove tutti i giorni durante ogni incontro. E ho vissuto anch’io in questo modo abbastanza per sapere di cosa parlo.
È esattamente come se, dopo avere creato il nostro mondo irreale, dopo avere trasformato questo niente in una realtà, condannassimo la sola e unica realtà dicendoci continuamente: “Dio ha fatto le cose male un'altra volta”. Se chiedo a Michèle di acquistare per me della stoffa, e se quella che mi spedisce non corrisponde al modello che le ho mandato, posso dire che si è sbagliata. Ma la mente non rifiuta mai sé stessa e afferma con decisione: “E’ Dio che ha fatto le cose male un’altra volta”. Dio ha fatto le cose male un’altra volta: l’ascensore doveva essere fermo al piano terra, la spia della discesa doveva accendersi, il bambino non doveva avere la febbre, e così via dal mattino alla sera! Come pretendete, vivendo in questo modo, che la vita non sia sofferenza? La sofferenza nasce dalla creazione di un secondo da parte della mente. Se viveste in un unico mondo, invece che in due mondi contemporaneamente, non soffrireste. La sofferenza è fatta soltanto di questa comparazione vana e menzognera.
Questo meccanismo è evidente quando il mondo creato da voi e il mondo reale non hanno niente in comune. Secondo voi il bambino doveva stare bene, e il fatto che sia malato vi provoca sofferenza: non potete più andare alla cena che consideravate così importante. Ma se volete trascendere il piano della sofferenza ordinaria, quello che ci fa ricorrere allo psicoterapeuta, e svegliarvi al mondo reale di cui parlano gli insegnamenti iniziatici, dovete essere ancora più vigili e constatare che il meccanismo dei due mondi paralleli è continuamente all’opera, anche se non ne siete consci. Questa stessa scoperta vi richiederà una vigilanza acuminata e sottile. Anche se non è evidente, anche se non provoca in voi nessuna lacerazione, questo meccanismo è continuo. Se non esistesse, non ci sarebbe la mente e non ci sarebbe più io. È qualcosa che scoprirete a poco a poco.
Entrate in questa sala dove ci riuniamo, dalle pareti bianche. Non c’è nessun’altra realtà che questa sala, qui e ora. Ma, inconsapevolmente, la vostra mente ha subito creato un mondo parallelo. Possono essere le case bianche dei butteri della Camargue, se siete del sud della Francia, o i muri bianchi di un ospedale in cui siete stati ricoverati quando avevate sedici anni, e adesso ne avete cinquanta. La modalità è diversa per ciascuno, ma la mente ha inconsciamente offerto a tutti voi un secondo a cui paragonate la realtà. Entrate in un bar. Il cameriere è calvo e ha un paio di baffi enormi, come quelli di un antico celta. Il suo aspetto non cambierà il gusto della vostra cioccolata calda o della vostra birra, questo è certo; eppure, a vostra insaputa, la mente ha creato all’istante un mondo in cui il cameriere ha un po' più capelli e un po' meno baffi, e paragona questo mondo di sua invenzione al mondo reale. Oggi, tutto questo avviene in voi in modo inconscio; ma ricordate questa semplice frase per avere sempre presente come funziona la mente: “Dio ha fatto le cose male un’altra volta, le cose non sono a posto”. Dio non smette di fare le cose male dal mattino alla sera e niente è mai a posto; sia in modo evidente, lacerante, quando siete trascinati via dall’emozione, vi arrabbiate, soffrite, vi ribellate, sia in modi molto più sottili di cui non vi accorgete e che vi impediscono di essere in contatto immediato con la realtà. Se smettete di creare un secondo, la realtà vi apparirà così com’è: una senza secondo. È questa che gli induisti chiamano verità, essere o realtà, sat, ciò che è a esclusione di tutto ciò che potrebbe essere, che dovrebbe essere, che avrebbe potuto essere o che non dovrebbe essere.
Se volete non soltanto sfuggire alle emozioni che avete giorno dopo giorno da tanti anni, ma volete anche accedere a un mondo reale che è la sola porta sulla “grande realtà”, il cammino si riduce a questa semplice frase: fare di due, uno. Se raggiungete la perfezione dell’uno senza secondo qui e ora, potete comprendere il brahman delle Upanisad; ma non lo comprenderete mai se, invece di vivere in un unico mondo, vivete in due mondi, e soprattutto se ai due mondi assegnate la stessa importanza. La cosa più folle è che la mente considera il mondo reale quello di sua creazione, il quale (non lo ripeterò mai abbastanza) non ha alcun tipo di esistenza, e si permette, attraverso questo mondo chimerico, di giudicare il mondo reale. Per la mente, la cosa più importante non è il mondo reale, a cui sovrappone un mondo irreale, ma proprio questo mondo inesistente che paragona al mondo reale. È una situazione completamente rovesciata. Dovete prendere coscienza di questo rovesciamento se volete sottrarvi a questo meccanismo. La vostra vita è fondata su un’enorme menzogna: ciò che dovrebbe essere. Dovete scoprire in voi stessi questa aberrazione, questa follia: ognuno fabbrica il suo mondo. Il mondo reale è lo stesso per tutti, ma il mondo fabbricato è diverso per ciascuno. Proiettate questo mondo illusorio attimo per attimo, a volte in modo palese e altre volte, come ho già detto, in modo inconscio o subconscio.
Dovete essere, quindi, doppiamente vigili. In primo luogo, vigili per riportarvi all’unica realtà, sforzo che vi verrà richiesto a lungo. Ritornate dal due all’uno. Ma questo vi costringerà a un ribaltamento interiore, cioè non dare più la priorità al vostro mondo illusorio, bensì al mondo reale. Poi, con una vigilanza ancora maggiore, metterete in pratica questo principio scoprendo i lati più inconsci. Attraverso una percezione interiore più affilata vedrete che, invece di un uomo con la barba, la mente ve ne propone uno senza barba; invece di una donna con i capelli corti, una donna con i capelli lunghi; invece di una persona di piccola statura, una di statura più grande; invece di un bar con le sedie di plastica rossa, lo stesso bar con le sedie coperte di stoffa marrone. Basta questo perché, invece di avere una visione chiara, davvero presente, di questa realtà, la vediate come attraverso una nebbia. Ricordate che solo questa verità relativa vi rivelerà l’assoluto. Tutto è brahman, tutto. Anche la smorfia di quel tale, lo strano sorriso di quell’altro, le sedie di plastica rossa del bar. La grande realtà vi si offre continuamente, ma la mente preferisce farvi vivere settanta o ottant’anni nel vostro mondo irreale privandovi di ciò che è grande, di ciò che è prezioso, di Quello (tat) che è l’unico grande e l’unico prezioso, che lo chiamiate Dio o atman.
Ritornare da due a uno è sempre possibile, ma potete metterlo in pratica solo se la vostra convinzione è totale. Se vi richiede uno sforzo enorme significa che non avete capito quello che sto dicendo, altrimenti avreste visto in un attimo questo meccanismo potentissimo è talmente forte, talmente ingiustificato e ingiustificabile, talmente folle, che non è possibile alimentarlo oltre. Se le lampadine, il frullatore e il rasoio elettrico saltano ogni volta in pochi secondi, e se capite che l’alimentazione di casa vostra è di 220 volt e non di 110 come pensavate, non acquisterete più apparecchi elettrici a 110 volt o non li regolerete più su questa tensione. Se avete capito realmente, la situazione cambia: non potete più vivere in modo folle e stupido. Non occorre nessun coraggio; non occorre eroismo e non è un merito speciale regolare gli apparecchi elettrici sui 220 se la corrente è a 220; non è eroismo né un merito smettere questa aberrazione che consiste nel creare attimo dopo attimo un mondo illusorio prendendolo a criterio di verità paragonandolo al mondo reale e rifiutando quest’ultimo, come un addetto al controllo qualità di un’industria rifiuta i materiali che non corrispondono alle normative.
È una questione di vigilanza, che vi consente di vedere la facilità con cui la mente impone questo mondo irreale che crea e afferma in continuazione. È un’abitudine che avete sviluppato sin dall’infanzia e di cui oggi siete completamente prigionieri. Potrete liberarvene solo aderendo rigorosamente ad alcuni principi estremamente semplici, mentre la mente cercherà di proporvi qualche via così complicata che non capite nemmeno più che cosa vi chiede. La vita scorre veloce, è un flusso continuo: in ogni momento ci viene proposto qualcosa e in ogni momento la mente crea un altro a cui paragonare il reale. Di conseguenza occorre essere rapidi, molto rapidi, fulminei come un maestro di arti marziali, per tirare un colpo di spada o eseguire una proiezione di judo.
Se cinquanta punti dell’insegnamento vi vengono in mente nello stesso tempo, i pensieri si moltiplicano vorticosamente e non siete più nella realtà immediata. Prima o poi, tutte le nozioni e le formule dell’insegnamento dovranno essere messe da parte e ricondotte a un unico gesto, semplice, immediato, istantaneo: fare di due uno. Tutto l’insegnamento è contenuto in questa formula, i cui termini si completano a vicenda: ciò che è qui e ora. In altre parole, riprendendo il nostro esempio, torno a casa, giro il pomello della porta dell’ascensore e la porta non si apre perché l’ascensore non è al piano terra. Tutto qui. Non so se l’ascensore è al primo piano, se ci metterà tre secondi per scendere o se qualcuno ha lasciato la porta aperta e dovrò fare cinque piani a piedi. Non so niente, ma la mia mente è già saltata a un certo numero di conclusioni irrealistiche: sarò in ritardo, la cena è compromessa, è compromesso l’incontro con il fratello del direttore, è compromessa la mia vita professionale, e così via. È velocissimo: in un attimo la mente vi ha presentato un intero mondo in cui niente funziona ed è sempre colpa di qualcun altro.
Dov’è la realtà? Dov’è il qui e ora? Non è certamente nei vostri sogni che troverete il brahman! “Misura la febbre al bambino”. Per la mente, queste semplici parole hanno messo in questione tutto: i miei problemi professionali, le paure di fallire, la non completa accettazione inconscia di mio figlio e l’idea sempre presente che mia moglie faccia male le cose: “E’ chiaro che se si fosse occupata meglio del piccolo e se gli avesse dato la Bledina invece del Nidal, come le ho sempre detto, il bambino non sarebbe così fragile”.
Se poteste guardare le cose come in una ripresa al rallentatore, vedreste quello che normalmente non vedete, tutto ciò che crea la mente. Viene a galla tutto il passato e tutto un futuro di angosce che nel qui e ora è assolutamente chimerico. Poi vi ricordate più o meno bene dell’insegnamento di Arnaud al Bost e dentro di voi una vocina lamentosa dice: “Devo accettare, devo dire sì a ciò che è”. Che cosa accettate e a cosa dite sì? Al fatto che il bambino è malato? Al fatto che vostra moglie lo alleva o lo nutre male? Al fatto che non abbia saputo mantenerlo in salute? Al fatto che la cena è andata a monte, che la vostra carriera è compromessa, che non ve ne va mai bene una? Dovete dire sì a tutto questo? Ma in che modo? La mente vi ha presentato immediatamente una massa vischiosa, senza contorni definiti, di illusioni, paure, apprensioni, rancori, rimproveri e amarezze che affondano le radici in un inconscio che non avete ancora portato a galla e risolto completamente. Che cosa volete accettare? A che cosa intendete aderire? A che cosa volete dire sì? Non lo sapete nemmeno voi, e l’emozione ha avuto tutto l’agio di aprire le ali. La creazione di un mondo in cui vostra moglie non ha pronunciato quelle parole è totale, e altrettanto totale è la sovrapposizione del vostro mondo immaginario a quello reale. Vi basta vedere che nel cassetto dell’armadietto del bagno il termometro non c’è per spingervi ancora oltre: mia moglie è disordinata, non si trova mai niente, altro tempo perso, la mia carriera è sempre più compromessa. È a tutto questo che devo dire sì, è tutto questo che dovrei accettare? In questo stato interiore non c’è più nessun insegnamento né alcuna possibilità di fare progressi. Trascorrete un periodo di tempo al Bost per poi riprendere a vagare come anime in pena; e alla fine tornerete al Bost soltanto per dedicare i colloqui al racconto delle vostre disgrazie e delusioni, lamentandovi delle ingiustizie della vita e delle incomprensioni di vostra moglie.
Se vedete questo chiaramente questo meccanismo all’opera, capirete ciò che potete fare e, di conseguenza, ciò che vi richiede la verità, non quello che vi chiede l’insegnamento o Arnaud, che sono ancora cose senza senso, ma quello che vi richiede la verità. L’insegnamento serve soltanto a riportare l’attenzione sulla verità. La verità non vi chiede di creare un secondo, di paragonare ciò che è a ciò che non è. Tutto qui. In questo modo siete attimo per attimo nel mondo reale, l’unico esistente.
Questo rigore dell’istante e la convinzione dell’inanità della mente vanno messi in pratica, altrimenti non farete altro che continuare a pensare. Penserete spesso all’insegnamento, ma senza concludere niente. Il cammino è solo nell’istante; non avete nessun altro punto d’appoggio al di fuori dell’istante per posare il piede, fare un passo e farne un altro. È qualcosa che potete fare ed è uno sforzo che non è collegato all’io: questo è un punto che dovete ancora capire. Dato che si tratta di raggiungere la libertà e la spontaneità, di “mettere i bagagli sulla rastrelliera”, come diceva Ramana Maharshi, deporre cioè il fardello dell’esistenza, come potrebbero gli sforzi volti all’ottenimento di risultati condurvi al di là della dualità, al di là dell’io, al di là della paura? Se fate sforzi per ottenere risultati rimanete nella limitazione, nella causalità, nella dualità tra successi e insuccessi.
Ma che cosa vi viene richiesto? Unicamente di liberarvi da un’illusione, di dissolvere un’irrealtà: la creazione di un secondo da parte della mente. È l’unico sforzo assolutamente puro e in grado di condurvi direttamente alla liberazione. Tutti gli altri sforzi sono soltanto preparatori perché fanno intervenire ancora una certa tensione verso uno scopo da raggiungere, verso un risultato da ottenere. In definitiva, che cosa fate? Annullate ciò che non esiste, il secondo che la mente non smette di creare in modo artificiale. È questo il giusto sforzo sempre a disposizione; sarete voi a farlo o a non farlo, nessuno lo può fare al vostro posto. Volete continuare ad affermare, dal mattino alla sera, un mondo illusorio e irreale, pretendendo che il mondo reale vi si adatti? O abbandonerete questa pretesa, comprendendone l’inanità e tornando al mondo reale?
È in questo gesto interiore, in questo atteggiamento così semplice, che gli altri aspetti dell’insegnamento possono aiutarvi. E gli altri aspetti acquistano significato e valore in relazione a tale gesto. Finché non avrete compreso e accettato quello che ho detto oggi, anche le migliori meditazioni non daranno nessun risultato. Tra cinque o dieci anni sarete costretti a riconoscere: non vedo niente che abbia cambiato radicalmente la mia vita. Se camminate sul posto, anche tra dieci anni direte: non vedo nessun cambiamento nel paesaggio che mi circonda; ma se mettete un piede davanti all’altro, in un anno potreste essere già a Gerusalemme! I giorni passano: volete continuare a viverli nei due mondi o unicamente nel mondo reale? È questa la grande sadhana, che significa “fare sforzi”, “sforzarsi”. È la sadhana relativa al nostro cammino. Sono più veloce io della mente, smetto di creare un secondo e ritorno al mondo reale. Non è facile, ma è possibile. Il punto su cui appoggiarvi è ciò che è. È la sola opportunità per progredire. Il cassetto in cui non trovo il termometro quando sono già in ritardo è la mia sola e unica possibilità di progredire, e io me la lascio scappare. Il termometro che, mezz’ora prima dell’inizio della cena, segna quaranta gradi è la mia sola e unica possibilità di progredire, e io me la lascio scappare. Non solo me la lascio scappare, ma ci sputo sopra, la calpesto. Come pensate di progredire in questo modo? Non potete voltare le spalle alla verità e lamentarvi che la verità sia lontana come l’orizzonte, e ancora di più.
Se da Parigi prendete l’autostrada verso nord arriverete a Lille e in Belgio, ma non arriverete mai a Nizza. Questo è sicuro. Altrettanto evidente è l’accettazione della verità: è (in inglese, isness, “il fatto di essere”), senza un secondo. Dio sa che questa espressione, “uno senza secondo” (ekam evam advitiyam), si può comprendere a un livello prettamente metafisico, ossia relegare esclusivamente nelle elevate sfere della metafisica, proclamandosi seguaci dell’advaita vedanta (il vedanta non duale) e creando allo stesso tempo una dualità inventata.
Che cosa è? La frase “Misura la febbre al bambino” è una realtà. La cena rovinata non è ancora una certezza. La mente ve l’ha presentata, voi siete caduti nella trappola che vi ha teso e vi siete lasciati portare via dall’emozione. Metto il termometro al bambino, ma so già che avrà una temperatura così alta? So già che nessuno potrà venire a guardare il bambino per tre ore? Se siete trascinati via dall’emozione vedrete soltanto che vostra madre non può venire, ma dimenticherete che avete una sorella che abita non lontano da voi, che è sempre pronta a darvi una mano, basta telefonarle. E così via. Ma vi chiedo anche di andare al di là di pensieri rassicuranti come: “In fondo, non c’è nessun vero motivo per agitarmi; mi sono agitato per niente; meno mi agito e più sarò tranquillo durante la cena, e meno rischierò di sciupare l’opportunità di conoscere il fratello del mio direttore…”. Superate anche queste argomentazioni. Anche se vostra madre e vostra sorella non potranno venire a guardare il bambino e dovrete rinunciare alla cena, e anche se non andare alla cena avrà delle ripercussioni sulla vostra vita professionale, che altro potreste fare se non vivere nella verità? Non sarete mai più forti di Dio. Per quanto rifiutate il mondo, non avrete mai l’ultima parola.
Non fermatevi lungo il cammino, andate fino in fondo alla follia della mente. La ricompensa è talmente superiore a ciò che credete di poter perdere nella realtà, che è davvero sciocco perseverare in questo errore. La ricompensa, lo sapete, è la pace, la gioia durevole, la certezza, la totale assenza di paura, tutto quello che non osate nemmeno sperare. E dov’è la possibilità, quella di tutti voi (e lo dico guardando ognuno di voi negli occhi, perché conosco la vita di ognuno), di scoprire la realtà? Nello scartare ciò che la nasconde. E che cosa la nasconde? Questo secondo che la mente non smette di creare. Se la mente smettesse totalmente, in modo conscio o inconscio, per un solo momento, di creare un secondo, la grande verità vi si rivelerebbe all’istante. Poi potrà velarsi di nuovo, ma almeno ne avrete avuto un barlume, come attraverso una porta che si è aperta all’improvviso. Avreste avuto appena il tempo di vedere che cosa c’è nella stanza; poi la porta si è richiusa.
Quante volte avete letto, e non solo nei libri di Arnaud; “Non occorre creare qualcosa che non esiste già, siete già l’atman, siete già la natura di buddha. Togliete ciò che la ricopre”. Ma quello che dovete capire è che siete voi che create ciò che ricopre la verità. E siete sempre voi che non smettete di crearlo, che non smettete di giustificare la vostra creazione. Non c’è nient’altro salvo quello di cui ho parlato oggi; tutto il resto è vano, tutto il resto è soltanto alimentare la mente. Potete parlarmi per un’ora o un’ora e mezza degli abomini di vostra moglie o di vostro marito, delle malefatte dei vostri figli e delle ingiustizie del vostro capo, ma parlerete di cose vane, parlerete soltanto per dimostrarmi che Dio commette degli errori e che il mondo reale non corrisponde alle regole stabilite arbitrariamente da voi. Tutto questo non ha niente a che vedere con il cammino, state solo perdendo il vostro tempo. Siatene coscienti. I mesi e gli anni passano: camminate sul vero cammino! Altrimenti ricondurrete l’insegnamento a qualche precetto morale a cui non credete nemmeno e che vivete come una seccatura: “Bisogna accettare, bisogna dire di sì”. Sì, ma di malavoglia; un sì a cui non credete nemmeno per un istante. Che cosa significa accettare? Pensate che accettare e dire sì sia un merito straordinario? No, nessun merito particolare. Il fatto è che non accettare e non dire sì è una grossolana corbelleria, e se non lo capite non avete compreso il significato di accettare e dire sì come lo spiego sempre. Che merito può esserci nello smettere di creare un secondo assolutamente fantasioso e irreale? Che merito c’è nel non regolare su 110 volt un apparecchio alimentato a 220? Nessuno. Voi prendete come criterio la follia della mente, che ritenete la verità e la realtà, dopo di che cercate di raggiungere una sorta di super realtà sublime che vi chiede di rinunciare eroicamente a ciò che c’è. Non si tratta affatto di questo! La realtà è già qui. Che cos’altro cercate? Invece, la coprite immediatamente con qualcos’altro!
La realtà è che l’ascensore non è al piano terra. Questo è il brahman. La realtà è che la spia della discesa non si accende. Questo è il brahman. La realtà sono le parole di mia moglie: “Misura la febbre al bambino”, che percepisco così cariche di minacce, ma che sono il brahman qui e ora, uno senza secondo. Ecco tutto. Ma voi aggiungete, aggiungete! Smettete di aggiungere. Non dovete scoprire la realtà, dovete smettere di ricoprirla, cosa che non fate. L’aberrazione non sta nel non capire che cosa dice la verità, ma nel vivere continuamente nel meccanismo che vi ho appena descritto e accarezzare nello stesso tempo sogni metafisici del tipo “tutto questo mondo di cambiamento e molteplicità è maya…” . Come potete affermare le verità metafisiche contenute nell’insegnamento di Sankara e creare nello stesso tempo un secondo? È una totale contraddizione. Credetemi, ci sono dei ferventi seguaci dell’advaita che non hanno mai messo in discussione la mente, che cercano di arrivare direttamente all’atman attraverso una presa di coscienza immediata e che, come tutti quanti, continuano a coprire ciò che è. Dove pensate di trovare l’atman? Dove pensate di trovare il brahman? Nel silenzio interiore della meditazione? Ho fatto parte anch’io di quelli che in Francia e a Tiruvannamalai, nell’asram di Ramana Maharshi, hanno passato ore e ore nell’immobilità a “meditare”, e metto la parola “meditare” tra virgolette. Nessuno di noi ha trovato l’atman in questo modo. Poi ho aperto leggermente gli occhi e ho visto altre persone che meditavano ancora più di noi, perché godevano di condizioni più favorevoli, ma nemmeno loro hanno scoperto l’atman tanto auspicato.
Ciò che c’è da scoprire è ciò che c’è. Il microfono che ho adesso davanti è il brahman, Jean-Paul è il brahman. Ma voi lo ricoprite continuamente. Scoprite che state ricoprendo: questa è la prima scoperta da fare. Avrei potuto farmi condurre per altri vent’anni dalla mente, che non ha nessuna difficoltà a condurvi; il suo meccanismo è perfettamente oliato. Una volta lanciato, non si ferma più. Ritorniamo alla serata dell’uomo che abbiamo appena preso ad esempio. Che arrivi alla cena in ritardo, nervoso, agitato, convinto che le cose non funzioneranno, o che rinunci ad andarci, in ogni caso si sente finito. Che vada o non vada a quella cena, possiamo essere certi che si è rovinato la serata. Dormirà più o meno male e si sveglierà affaticato, con un’emozione di malessere, disagio e amarezza. Appena sveglio, la sua mente ricomincerà ad affermare ciò che non è: “Dovrei svegliarmi in piena forma, sicuro di me, felice, a mio agio nella mia pelle”. Ma dov’è tutto questo? Da nessuna parte. E con questo illusorio “dovrei svegliarmi in piena forma, sicuro di me, felice, a mio agio nella mia pelle”, la mente riattiva lo stesso meccanismo, non più in relazione ad eventi esterni (mia moglie mi ha detto… l’ascensore non c’era…), ma alla propria condizione interiore. La rifiuta come io ho rifiutato i modelli di tessuto che non corrispondevano al mio campione. E tutto ricomincia da capo.
Nella stanchezza, nella tristezza, nel malessere, qui e ora, potreste scoprire il brahman. Invece, la mente ricomincia le sue produzioni: la giornata è rovinata, il mondo è pieno di minacce… Poi, dopo avere creato questo mondo informe di paure, rifiuto, proiezioni e negatività, la mente sussurra: “Bisogna dire sì, bisogna accettare”. È un meccanismo tragico, terribilmente tragico.
Qui e ora, che cosa c’è? Una certa stanchezza. Non c’è altro. Quanto a sapere se la propria vita professionale è irrimediabilmente compromessa o la giornata sarà piena di dispiaceri, per ora tutto questo non ha alcuna realtà, è unicamente frutto della mente, è pensare invece di vedere. Se capite il significato di queste due espressioni, “uno senza secondo” e “qui e ora”, che avete sentito ripetere tante volte, tutto l’insegnamento è a vostra disposizione, in qualunque momento. Ma la mente vi proporrà di allontanarvi da quello che è e di ricominciare a pensare. Vi sembrerà che su determinati punti l’insegnamento non possa essere messo in pratica, che da qualche parte Arnaud sbagli, che è impossibile chiedervi di accettare che vostro figlio sia malato. “Malato” è un po' vago, quello che dovete accettare è che il termometro segni quaranta gradi. E basta. Non sapete se è un attacco di febbre che due compresse d’aspirina abbasseranno o se è qualcosa di più grave, non lo sapete.
O vi tenete saldamente a questo uno senza secondo qui e ora, mettendo così in pratica l’insegnamento in qualunque situazione, oppure lasciate che la mente intervenga e che l’insegnamento non esista più. Non che diventi difficile applicarlo: non esiste più.