Capita, stante gli inviti al silenzio da parte dei nostri Riferimenti, di provarci, pieni di buona volontà, a rimanere in silenzio in varie situazioni della vita (in famiglia, sul lavoro, sui forum, nei gruppi - associazioni a cui partecipiamo), cercando così facendo di evitare conflitti e contrapposizioni, di essere più tolleranti e pacifici, amorevoli. E' possibile che si riesca a rimanere in silenzio, allenandosi, però spesso ci si accorge che un silenzio frutto di sforzo e di autodisciplina, non è risolutivo.
Si diminuiscono le parole, ma non i pensieri, così alla prima occasione quel silenzio si "rompe" e ricominciano le parole, fiumi in piena che rompono gli argini, che si sfogano dopo essere stati trattenuti da dighe e muretti di contenimento. Basta una pioggia sostenuta per ingrossare i fiumi che prima o poi trovano il modo di esondare.
Così capita di sentirsi scoraggiati vedendo che il silenzio, duramente conquistato, era "finto" perchè, anche con la bocca chiusa, la mente produce pensieri da sfogare in parole alla prima occasione.
Eppure, il silenzio profondo e autentico è un tesoro preziosissimo da scoprire e chi riesce a gustarlo, anche se per pochi istanti, è fortunato.
Resteremo calmi. Quello è il nostro punto d’arrivo. Dove le parole si fermano, è il punto in cui la mente può essere facilmente resa stabile. Quando le parole aumentano, anche l’inquietudine della mente aumenta.
Dobbiamo uccidere questa mente. La mente non muore mai. Anche quando il corpo muore, la mente continua a esistere, e ce la portiamo dietro nella vita successiva.
E allora, quand’è che la mente muore? La mente muore quando non ci sono più parole. È allora che muore. Ecco perché nel passato la gente praticava il silenzio. Perciò, praticate il silenzio.
Non si deve mai criticare nessuno. Non dobbiamo prenderci gioco degli altri, né mostrare avversione verso nessuno, né provocare sofferenza al nostro prossimo. Se provocate sofferenza agli altri, essa tornerà a voi, moltiplicata.
Voi pensate: “L’ho sgridato per bene!” No! Verrà qualcuno che sgriderà voi mille volte di più! E dovrete ascoltarlo, non è vero? Dove andrete a nascondere le vostre orecchie? Non si può sfuggire.
Qualsiasi peccato possiate commettere, vi tornerà indietro in modo cento volte peggiore.
Sai Baba, discorso del 26 Maggio 2002.
Occorre imparare a distaccarsi profondamente dalle cose; bisogna saper rinunciare a cibo e bevande, cui eravate tanto attaccati, per ascoltare un discorso divino che vi viene a portata di orecchio. Staccatevi da tutto ciò che vi allontana da Dio.
Quando regna il silenzio, sentite la presenza di Dio; non potete udire i Suoi passi nel chiasso del mercato. Egli è il Shabda-brahman, il "Suono stesso di Dio", e la Sua melodia si può udire quando tutto tace.
Perciò insisto sul silenzio, sulla pratica del parlare a voce bassa e col minimo suono. Parlate piano, poco, in sussurri; siate dolci e veritieri.
Se dovete posare un oggetto pesante sul suolo, non lasciatelo cadere dall'alto con fracasso; non gettare rumorosamente dall'alto il vostro giaciglio, ma chinatevi a terra dolcemente.
Curate che ogni vostro atto produca il minimo di rumore; trattate ogni affare col minimo di parole. Non gridate per parlare con chi è lontano; andategli vicino, o fategli cenno di venire. Il rumore forte è un sacrilegio contro l'akasha, così come ci sono impieghi sacrileghi della terra e dell'acqua.
(...)
Vi si consiglia di passare il tempo in meditazione o nella preghiera o nella ripetizione del Nome fatta in silenzio, perchè la pace e la gioia non si possono trovare nella natura esteriore, ma sono tesori nascosti nello spazio interiore dell'uomo. Quando li avrete trovati, non sarete mai più tristi o agitati.
Sai Baba, discorso del 15 ottobre 1966. Discorsi 1964-67, volume V, Mother Sai publications
D. Da dove mi viene questa forza psichica, questa energia che mi richiede esperienza sensoriale?
R. E' l'accumulo di milioni di ieri, è l'energia immagazzinata e solidificata, quell'energia ormai qualificata che insiste per essere ascoltata, presa in considerazione ed espressa.
Sono le vāsanā, i samskāra, sono le "direzioni di pensiero" che hanno solcato la nostra sostanza e impresso un certo movimento, un certo ritmo. Osservi il suo andare e venire psichico e veda se ciò risponde a verità.
La più grande gioia che può derivare dalla Conoscenza è quella di sapere che possiamo risolvere e abbattere le nostre costruzioni mentali, le nostre direzioni energetiche, cioè quelle strade che ci hanno portato in un vicolo cieco. Da qui la consapevolezza di rallentare quel movimento che abbiamo impresso nel tempo e che ora, privo di scopo, vogliamo fermare per riprendere la nostra quiete o la nostra gioia senza oggetto.
Il silenzio è la fine del movimento, è la fine della strada, è la fine del conflitto e del dolore. Chi vuole pervenire al silenzio senza fermare il suo "andare", è come chi, volendo restar muto, continua a parlare.
Ci sono alcuni che, in verità, non sono qualificati a fermarsi; la loro inconscia motivazione più che fermarsi, richiede solo un cambio di direzione o di movimento.
Occorre comprendere se si è pronti a fermarsi per essere, oppure si è solo necessitati a realizzare un cambiamento di esperienze.
Raphaeḷ, Di là dal dubbio (pag. 94-95). Edizioni Asram Vidya.
Il lieto auspicio assume tutti i nomi.
La forma non dualistica è Verità,
Consapevolezza e Beatitudine,
Verità, Bontà e Bellezza.”