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Il silenzio - note

Teoria e dottrina.
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cielo
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Il silenzio - note

Messaggio da cielo » 30/11/2017, 10:39

In questi brani Sai Baba e Raphael invitano il ricercatore al silenzio spiegandone il valore essenziale nella pratica spirituale.
Capita, stante gli inviti al silenzio da parte dei nostri Riferimenti, di provarci, pieni di buona volontà, a rimanere in silenzio in varie situazioni della vita (in famiglia, sul lavoro, sui forum, nei gruppi - associazioni a cui partecipiamo), cercando così facendo di evitare conflitti e contrapposizioni, di essere più tolleranti e pacifici, amorevoli. E' possibile che si riesca a rimanere in silenzio, allenandosi, però spesso ci si accorge che un silenzio frutto di sforzo e di autodisciplina, non è risolutivo.
Si diminuiscono le parole, ma non i pensieri, così alla prima occasione quel silenzio si "rompe" e ricominciano le parole, fiumi in piena che rompono gli argini, che si sfogano dopo essere stati trattenuti da dighe e muretti di contenimento. Basta una pioggia sostenuta per ingrossare i fiumi che prima o poi trovano il modo di esondare.
Così capita di sentirsi scoraggiati vedendo che il silenzio, duramente conquistato, era "finto" perchè, anche con la bocca chiusa, la mente produce pensieri da sfogare in parole alla prima occasione.

Eppure, il silenzio profondo e autentico è un tesoro preziosissimo da scoprire e chi riesce a gustarlo, anche se per pochi istanti, è fortunato.


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Resteremo calmi. Quello è il nostro punto d’arrivo. Dove le parole si fermano, è il punto in cui la mente può essere facilmente resa stabile. Quando le parole aumentano, anche l’inquietudine della mente aumenta.

Dobbiamo uccidere questa mente. La mente non muore mai. Anche quando il corpo muore, la mente continua a esistere, e ce la portiamo dietro nella vita successiva.

E allora, quand’è che la mente muore? La mente muore quando non ci sono più parole. È allora che muore. Ecco perché nel passato la gente praticava il silenzio. Perciò, praticate il silenzio.

Non si deve mai criticare nessuno. Non dobbiamo prenderci gioco degli altri, né mostrare avversione verso nessuno, né provocare sofferenza al nostro prossimo. Se provocate sofferenza agli altri, essa tornerà a voi, moltiplicata.

Voi pensate: “L’ho sgridato per bene!” No! Verrà qualcuno che sgriderà voi mille volte di più! E dovrete ascoltarlo, non è vero? Dove andrete a nascondere le vostre orecchie? Non si può sfuggire.
Qualsiasi peccato possiate commettere, vi tornerà indietro in modo cento volte peggiore.
Sai Baba, discorso del 26 Maggio 2002.


Occorre imparare a distaccarsi profondamente dalle cose; bisogna saper rinunciare a cibo e bevande, cui eravate tanto attaccati, per ascoltare un discorso divino che vi viene a portata di orecchio. Staccatevi da tutto ciò che vi allontana da Dio.

Quando regna il silenzio, sentite la presenza di Dio; non potete udire i Suoi passi nel chiasso del mercato. Egli è il Shabda-brahman, il "Suono stesso di Dio", e la Sua melodia si può udire quando tutto tace.

Perciò insisto sul silenzio, sulla pratica del parlare a voce bassa e col minimo suono. Parlate piano, poco, in sussurri; siate dolci e veritieri.

Se dovete posare un oggetto pesante sul suolo, non lasciatelo cadere dall'alto con fracasso; non gettare rumorosamente dall'alto il vostro giaciglio, ma chinatevi a terra dolcemente.

Curate che ogni vostro atto produca il minimo di rumore; trattate ogni affare col minimo di parole. Non gridate per parlare con chi è lontano; andategli vicino, o fategli cenno di venire. Il rumore forte è un sacrilegio contro l'akasha, così come ci sono impieghi sacrileghi della terra e dell'acqua.
(...)

Vi si consiglia di passare il tempo in meditazione o nella preghiera o nella ripetizione del Nome fatta in silenzio, perchè la pace e la gioia non si possono trovare nella natura esteriore, ma sono tesori nascosti nello spazio interiore dell'uomo. Quando li avrete trovati, non sarete mai più tristi o agitati.
Sai Baba, discorso del 15 ottobre 1966. Discorsi 1964-67, volume V, Mother Sai publications

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D. Da dove mi viene questa forza psichica, questa energia che mi richiede esperienza sensoriale?

R. E' l'accumulo di milioni di ieri, è l'energia immagazzinata e solidificata, quell'energia ormai qualificata che insiste per essere ascoltata, presa in considerazione ed espressa.

Sono le vāsanā, i samskāra, sono le "direzioni di pensiero" che hanno solcato la nostra sostanza e impresso un certo movimento, un certo ritmo. Osservi il suo andare e venire psichico e veda se ciò risponde a verità.

La più grande gioia che può derivare dalla Conoscenza è quella di sapere che possiamo risolvere e abbattere le nostre costruzioni mentali, le nostre direzioni energetiche, cioè quelle strade che ci hanno portato in un vicolo cieco. Da qui la consapevolezza di rallentare quel movimento che abbiamo impresso nel tempo e che ora, privo di scopo, vogliamo fermare per riprendere la nostra quiete o la nostra gioia senza oggetto.

Il silenzio è la fine del movimento, è la fine della strada, è la fine del conflitto e del dolore. Chi vuole pervenire al silenzio senza fermare il suo "andare", è come chi, volendo restar muto, continua a parlare.

Ci sono alcuni che, in verità, non sono qualificati a fermarsi; la loro inconscia motivazione più che fermarsi, richiede solo un cambio di direzione o di movimento.

Occorre comprendere se si è pronti a fermarsi per essere, oppure si è solo necessitati a realizzare un cambiamento di esperienze.
Raphaeḷ, Di là dal dubbio (pag. 94-95). Edizioni Asram Vidya.


"La pace prende tutte le forme.

Il lieto auspicio assume tutti i nomi.

La forma non dualistica è Verità,

Consapevolezza e Beatitudine,

Verità, Bontà e Bellezza.”

Mauro
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Re: Il silenzio - note

Messaggio da Mauro » 30/11/2017, 20:16

Il silenzio è una buona pratica: ma quale silenzio?
Ad esempio, un silenzio senza pace interiore è come una stanza satura di gas prima che si accenda un fiammifero.

cielo
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Re: Il silenzio - note

Messaggio da cielo » 02/12/2017, 11:09

Mauro ha scritto:
30/11/2017, 20:16
Il silenzio è una buona pratica: ma quale silenzio?
Ad esempio, un silenzio senza pace interiore è come una stanza satura di gas prima che si accenda un fiammifero.
se comincio a fare silenzio interiormente, almeno avrò più facilità a rendermi conto della saturazione del gas.
La mente, quella vecchia scimmia pazza, ha imparato a giocare con i mantra. Osservo-testimonio che mi aiuta a vivere con meno tensione di pensieri affioranti. La mente recita in silenzio, mentre le mani si muovono.
D'altra parte cos’è questa mente?
È lo strumento che crea i pensieri. Se cessa la creazione dei pensieri, anche la mente scompare. Eppure non è facile fermare la creazione di pensieri, la mente continua a galoppare ininterrottamente, dunque visto che si rifiuta di essere eliminata (anche perchè non saprei come fare), almeno la faccio giocare.

Ora è di moda dire: "stai ripetendo questa cosa come un mantra".
Chissà se chi lo dice sa cos'è un mantra per esperienza diretta, conosce la potenza dell'abacadabra.
Riguardo al fiammifero, ogni volta che la stanza esplode c'è un attimo di silente smarrimento, come sempre davanti a una catastrofe, ma il più delle volte si trova in fretta una nuova stanza da saturare di gas

Allego un brano di Premadharma (tratto da agorà - la piazza del forum pitagorico) in cui si evidenzia come il silenzio possa risultare un alibi per la mente che se ne serve per coprire le proprie incoerenze, vantandosi di essere giunta chissà dove nella comprensione del reale.
Passami un fiammifero, va...
Premadharma ha scritto:
La mente esprime facilmente delle castronerie, facendo associazioni a dir poco ridicole, sta a noi applicarla nuovamente con un metodo per vagliare se le sue inferenze stiano in piedi oppure no.

Per quali motivi allora a scuola ci hanno insegnato l'analisi logica del pensiero? O, dopo, l'uso della ragion pura di Kant?
O la consecutio temporis per sequenziare il pensiero?
(...)

Il discorso è semplice. Si vuole fare un certo cammino di conoscenza? Bene, allora si deve lavorare su sé stessi.
Quali strumenti si hanno per trovare il sé stesso? Il proprio pensiero.

Come viene spesso detto "si è/ si diventa ciò che si pensa". Quindi occorre lavorare/osservare ciò che si pensa.

Osservare il reale significato di ciò che viene scritto, osservare come la mente faccia credere di dire una cosa, mentre invece si dice tutt'altro.

Osservare come la mente inserisca il concetto di silenzio per coprire le proprie incoerenze.

Autori come Gaudapada, Shankara, Platone, Plotino, Ramana, Ramakrishna, Raphael hanno ampiamente escusso la metafisica col linguaggio, il silenzio entra in altri aspetti, non c'entra con gli argomenti che la mente dello scrivente sta esponendo.

(...)

Lasciare cadere i frutti dell'azione.
Ogni volta si dovrà osservare la mente secondo la propria esperienza e le sacre scritture e se si avranno dubbi se ne parlerà con altri.

Tanto la mente spara tante e tali di quelle castronerie che si scoprirà che una inferenza dura solo fino alla prossima e spesso non ha nemmeno senso esprimerle per quanto sono inconsistenti.

Mauro
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Re: Il silenzio - note

Messaggio da Mauro » 02/12/2017, 15:23

Allego un brano di Premadharma (tratto da agorà -la piazza del forum pitagorico) in cui si evidenzia come il silenzio possa risultare un alibi per la mente che se ne serve per coprire le proprie incoerenze, vantandosi di essere giunta chissà dove nella comprensione del reale.
Passami un fiammifero, va...
Appunto... :)
È cosa difficile da ammettere, ma a quanti di noi cercatori succede? ;)

cielo
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Re: Il silenzio - note

Messaggio da cielo » 02/12/2017, 16:37

Mauro ha scritto:
02/12/2017, 15:23
Allego un brano di Premadharma (tratto da agorà -la piazza del forum pitagorico) in cui si evidenzia come il silenzio possa risultare un alibi per la mente che se ne serve per coprire le proprie incoerenze, vantandosi di essere giunta chissà dove nella comprensione del reale.
Passami un fiammifero, va...
Appunto... :)
È cosa difficile da ammettere, ma a quanti di noi cercatori succede? ;)
Che importa cosa succede all'altro? Appena visto è già svanito, dimenticato, poi lo ritrovo e di nuovo svanirà.
Restiamo nella consapevolezza di che cosa succede a noi, perchè "questo io", ahimè, ha la sua continuità. Le bollette non sbagliano mai indirizzo, ad esempio.
Sviluppiamo l'insight, la visione profonda di ciò che siamo, ora, la stanza satura, il fiammifero, lo scoppio. Ciò che siamo è destinato a non essere più dopo un istante. La consapevolezza dell'impermanenza dell'io aiuta a liberarsi dal gioco dell'alternanza di piacere e dolore, raga e dvesha e rende evidenti tutte le distrazioni che ci procuriamo, pure quelle "spirituali", utili a non sentire l'odore del gas, o addirittura a farcelo piacere, se non c'è altro da odorare.
Per "ciò che siamo" chiaramente non intendo il para brahman, che pur siamo, risolta l'apparenza nel samsara, ma solo la presa di consapevolezza dell'insieme che ci troviamo a dover, gioco forza, vestire-gestire finchè siamo, più o meno svegli, nel mondo-fenomeno.

Mauro
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Re: Il silenzio - note

Messaggio da Mauro » 03/12/2017, 1:23

Vabbè come non detto: il silenzio carico di gas esplosivo succede solo a me.

cielo
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Re: Il silenzio - note

Messaggio da cielo » 22/04/2021, 12:19

Sai Baba, discorso del 15 ottobre 1966. Discorsi 1964-67, volume V, Mother Sai publications

Resteremo calmi. Quello è il nostro punto d’arrivo. Dove le parole si fermano, è il punto in cui la mente può essere facilmente resa stabile. Quando le parole aumentano, anche l’inquietudine della mente aumenta.

Dobbiamo uccidere questa mente. La mente non muore mai. Anche quando il corpo muore, la mente continua a esistere, e ce la portiamo dietro nella vita successiva.

E allora, quand’è che la mente muore? La mente muore quando non ci sono più parole. È allora che muore. Ecco perché nel passato la gente praticava il silenzio. Perciò, praticate il silenzio.

Non si deve mai criticare nessuno. Non dobbiamo prenderci gioco degli altri, né mostrare avversione verso nessuno, né provocare sofferenza al nostro prossimo. Se provocate sofferenza agli altri, essa tornerà a voi, moltiplicata.

Voi pensate: “L’ho sgridato per bene!” No! Verrà qualcuno che sgriderà voi mille volte di più! E dovrete ascoltarlo, non è vero? Dove andrete a nascondere le vostre orecchie? Non si può sfuggire.
Qualsiasi peccato possiate commettere, vi tornerà indietro in modo cento volte peggiore.

Sai Baba, discorso del 26 Maggio 2002.

Occorre imparare a distaccarsi profondamente dalle cose; bisogna saper rinunciare a cibo e bevande, cui eravate tanto attaccati, per ascoltare un discorso divino che vi viene a portata di orecchio. Staccatevi da tutto ciò che vi allontana da Dio.

Quando regna il silenzio, sentite la presenza di Dio; non potete udire i Suoi passi nel chiasso del mercato. Egli è il Shabda-brahman, il "Suono stesso di Dio", e la Sua melodia si può udire quando tutto tace.

Perciò insisto sul silenzio, sulla pratica del parlare a voce bassa e col minimo suono. Parlate piano, poco, in sussurri; siate dolci e veritieri.

Se dovete posare un oggetto pesante sul suolo, non lasciatelo cadere dall'alto con fracasso; non gettare rumorosamente dall'alto il vostro giaciglio, ma chinatevi a terra dolcemente.

Curate che ogni vostro atto produca il minimo di rumore; trattate ogni affare col minimo di parole. Non gridate per parlare con chi è lontano; andategli vicino, o fategli cenno di venire. Il rumore forte è un sacrilegio contro l'akasha, così come ci sono impieghi sacrileghi della terra e dell'acqua.
(...)

Vi si consiglia di passare il tempo in meditazione o nella preghiera o nella ripetizione del Nome fatta in silenzio, perchè la pace e la gioia non si possono trovare nella natura esteriore, ma sono tesori nascosti nello spazio interiore dell'uomo. Quando li avrete trovati, non sarete mai più tristi o agitati.

Raphaeḷ, Di là dal dubbio (pag. 94-95). Edizioni Asram Vidya.

D. Da dove mi viene questa forza psichica, questa energia che mi richiede esperienza sensoriale?

R. E' l'accumulo di milioni di ieri, è l'energia immagazzinata e solidificata, quell'energia ormai qualificata che insiste per essere ascoltata, presa in considerazione ed espressa.

Sono le vāsanā, i samskāra, sono le "direzioni di pensiero" che hanno solcato la nostra sostanza e impresso un certo movimento, un certo ritmo. Osservi il suo andare e venire psichico e veda se ciò risponde a verità.

La più grande gioia che può derivare dalla Conoscenza è quella di sapere che possiamo risolvere e abbattere le nostre costruzioni mentali, le nostre direzioni energetiche, cioè quelle strade che ci hanno portato in un vicolo cieco. Da qui la consapevolezza di rallentare quel movimento che abbiamo impresso nel tempo e che ora, privo di scopo, vogliamo fermare per riprendere la nostra quiete o la nostra gioia senza oggetto.

Il silenzio è la fine del movimento, è la fine della strada, è la fine del conflitto e del dolore. Chi vuole pervenire al silenzio senza fermare il suo "andare", è come chi, volendo restar muto, continua a parlare.

Ci sono alcuni che, in verità, non sono qualificati a fermarsi; la loro inconscia motivazione più che fermarsi, richiede solo un cambio di direzione o di movimento.

Occorre comprendere se si è pronti a fermarsi per essere, oppure si è solo necessitati a realizzare un cambiamento di esperienze.


Rilancio i brani Sai Baba e Raphael che invitano il ricercatore al silenzio spiegandone il valore essenziale nella pratica spirituale.
Il periodo che stiamo vivendo come umanità sembra che ci abbia fatto riscoprire il silenzio, nelle città vuote, nelle case dove si cerca di andare d'accordo nel condividere gli spazi e i tempi di ognuno...
Eppure chi è davvero in silenzio, interiormente? ...visto che siamo sul web, anche per molte ore. A lavorare, comunicare, scambiare foto, informazioni, ricette, opinioni, visioni, interpretazioni...sui social, sui forum, su blog o in satsang on line...
Silenzio?

Se guardo in me stessa vedo momenti di intensa cacofonia mentale, di ricerca di stimoli, di impulso a comunicare, a esteriorizzarmi, anche se c'è stato un rallentamento, e rimanere in silenzio e in ascolto richiede meno sforzo, è un processo naturale, ci si distacca dalla periferia del cerchio, dalla circonferenza, per puntare al centro, al faro che chiama dentro il porto.

Casualmente sono incappata su una pagina fb di un amico dove ho trovato un brano molto interessante sul silenzio e sulla comunicazione tratto dal libro: "La scomparsa dei riti. Una topologia del presente" di Byung-Chul Han, Editore: Nottetempo, che vi incollo, nella selezione che ha proposto:

Myein, iniziare, significa etimologicamente "chiudere" - gli occhi, ma soprattutto la bocca. All'inizio dei riti sacri l'araldo "comandava silenzio" (epitattei ten siopen).

Il silenzio fa ascoltare, va di pari passo con una particolare ricettività, con un'attenzione profonda e contemplativa.

L'odierna coazione a comunicare fa invece si che non riusciamo più a chiudere né gli occhi, né la bocca - dissacra la vita.

Il silenzio, il tacere non hanno alcun spazio nella rete digitale, che reca una struttura dell'attenzione piatta. Essi presuppongono un ordine verticale, mentre la comunicazione digitale è orizzontale: nulla vi spicca, nulla si approfondisce. Non è intensiva bensì estensiva, il che fa sì che il baccano della comunicazione aumenti. Visto che non riusciamo a tacere, dobbiamo comunicare. Oppure non possiamo tacere perché siamo subordinati alla coazione a comunicare, alla coazione a produrre.
(......)

Il tempo elevato (Hoc-Zeit) è anche il tempo dell'alta scolarità (Hoch Schule). In greco antico scuola si dice scholé, ovvero tempo libero (Hoch-Muke). Oggi tuttavia non lo è più: è diventata anch'essa uno stabilimento che ha il compito di produrre capitale umano.
Buon Shabbat

ImmagineLa zona centrale della Via Lattea vista da Hubble (Credits: Nasa, Esa, T. Brown - STScI)

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