Il mutevole che muta nel mutevole, in un eterno gioco di riflessi.
Viene così indicata l'utilità di una investigazione sui sensi e sulle percezioni da essi derivanti, per arrivare a ciò che esiste in sè come consapevolezza pura, sempre presente a testimoniare una qualche esistenza, sia nella veglia, che nel sogno o nel sonno senza sogni.
E' il percorso di progressiva comprensione, tramite la costante autoindagine, che la nostra non è mera esistenza chiusa in sè stessa (da nascita e morte), ma è l'Esistenza di cui siamo consapevoli, identica alla consapevolezza che non si spegne mai durante il sonno e neppure nella morte, che non sorge nè cessa in quanto non soggetta alla ciclicità del divenire. Sempre consapevole di essere, tra uno stato e l'altro di esistenza.
L'intuizione di una consapevolezza pura, assoluta e dunque illimitata, unica pur mostrandosi particellata, ci conduce all'asparsa: la via senza sostegno dove nulla serve più per essere ciò che sempre si è: il Sostrato stesso, lo schermo, Vastu, la Realtà ultima.
12. Solo con la corretta investigazione (Samyagvicaratah) si finisce per comprendere che la corda è stata scambiata per l'illusorio serpente, facendo cessare così ogni timore e sofferenza. (duhkha)
Bodhananda
Osservando i sensi si vedono gli aspetti istintuali, osservando questi si trova la mente.
Osservando il tatto si vede che esso è possibile solo quando esiste un contatto, una differenza sulla superficie corporea, senza il quale non ci sarebbe alcuna conoscenza.
Così potremmo continuare e scopriremmo sempre che la conoscenza attraverso i sensi in realtà non è possibile se non attraverso una dualità.
Troveremmo sempre e comunque questa dualità. Ora, in questa dualità come è possibile la conoscenza? Può l'essere conoscere il non essere?
Posso conoscere ciò che è altro da me? In una indagine "onesta" che tenga conto solo di sé stessa, la risposta è no.
È vero che sembra una risposta assurda, ma osservatevi attentamente e vedrete che non è possibile alcuna conoscenza di ciò che già non conosciamo.
Facciamo risalire ogni conoscenza ad altra conoscenza e così via.
Prova a dimostrazione, è che non potete far comprendere l'odore a chi è privo di olfatto.
Lui non può conoscere, voi non potete trasmettere.
Occorre la percezione, ma nella percezione non c'è conoscenza, c'è semplice percepienza che non è conoscenza.
Perchè, quale che sia l'oggetto dei sensi, esso non è reale in quando non reale in sè, perchè soggetto:
1) al divenire: nasce e muore;
2) scompare durante il sonno: se fosse reale esso sarebbe presente a prescindere dello stato di coscienza del soggetto.
La percepienza può però (si salta una serie di passaggi) condurre al fatto che in tutto ciò ci deve essere un centro.
Quel centro che mai muta, che rimane identico a sé stesso, che testimonia al sonno, alla veglia e al sogno (infatti mica diciamo di essere morti quando i sensi e la mente non operano... sappiamo di avere dormito) quel centro, quel cuore, quell'Essere è quanto cui siamo addivenuti partendo dai sensi.
Però questo centro non lo cogliamo, ne siamo distratti, ci appare mitologico, ci appare meno reale di questo piano di realtà.
Questo perchè preferiamo credere all'abitudine e alla mente, piuttosto che porre un’effettiva attenzione al nostro esperire la vita.
Poniamo attenzione a ciò che crediamo piuttosto a ciò che vediamo.
Alle fantasticherie che ci propina chi vuole venderci qualcosa, chi ha una propria idea da farci credere...
Questo perchè ci hanno convinto che noi siamo qualcosa di diverso da quella sottile nota, quella consapevolezza di essere che abbiamo velato di mille e mille opinioni.
Quello noi siamo, ma ci sembra troppo banale, troppo piccolo, troppo stupido.
È meglio inseguire le proprie proiezioni sul mondo piuttosto che ascoltare/vedere/toccare/udire/gustare ciò che in realtà siamo e che permette/sostiene tutto il mondo che vediamo.
Se la risposta fosse sì, si andrebbe in un paradosso oppure che l'oggetto sia già contenuto in me e qui si andrebbe su un altro discorso.
Se poi parlassimo di conoscere ciò che sono, per lo stesso discorso di prima, dovrei escludere sensi e mente perchè sono una percezione seconda rispetto alla percezione prima di essere.
E allora, cessata la mente, dovremmo parlare di una conoscenza diversa, diretta, Suprema.