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Osservazione dei sensi

La via senza sostegno, nella pura presenza.
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cielo
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Osservazione dei sensi

Messaggio da cielo » 04/03/2018, 10:19

In questo brano, estratto da una serie di commenti di Bodhananda ai sūtra del Vivekacūḍāmaṇi, viene indicato un percorso per "trovare la mente", il senso dell'io che organizza le percezioni in un continuo movimento di proiezione di sè nel mondo in divenire.
Il mutevole che muta nel mutevole, in un eterno gioco di riflessi.

Viene così indicata l'utilità di una investigazione sui sensi e sulle percezioni da essi derivanti, per arrivare a ciò che esiste in sè come consapevolezza pura, sempre presente a testimoniare una qualche esistenza, sia nella veglia, che nel sogno o nel sonno senza sogni.

E' il percorso di progressiva comprensione, tramite la costante autoindagine, che la nostra non è mera esistenza chiusa in sè stessa (da nascita e morte), ma è l'Esistenza di cui siamo consapevoli, identica alla consapevolezza che non si spegne mai durante il sonno e neppure nella morte, che non sorge nè cessa in quanto non soggetta alla ciclicità del divenire. Sempre consapevole di essere, tra uno stato e l'altro di esistenza.
L'intuizione di una consapevolezza pura, assoluta e dunque illimitata, unica pur mostrandosi particellata, ci conduce all'asparsa: la via senza sostegno dove nulla serve più per essere ciò che sempre si è: il Sostrato stesso, lo schermo, Vastu, la Realtà ultima.


Immagine


12. Solo con la corretta investigazione (Samyagvicaratah) si finisce per comprendere che la corda è stata scambiata per l'illusorio serpente, facendo cessare così ogni timore e sofferenza. (duhkha)

Bodhananda

Osservando i sensi si vedono gli aspetti istintuali, osservando questi si trova la mente.
Osservando il tatto si vede che esso è possibile solo quando esiste un contatto, una differenza sulla superficie corporea, senza il quale non ci sarebbe alcuna conoscenza.
Così potremmo continuare e scopriremmo sempre che la conoscenza attraverso i sensi in realtà non è possibile se non attraverso una dualità.
Troveremmo sempre e comunque questa dualità. Ora, in questa dualità come è possibile la conoscenza? Può l'essere conoscere il non essere?
Posso conoscere ciò che è altro da me? In una indagine "onesta" che tenga conto solo di sé stessa, la risposta è no.
È vero che sembra una risposta assurda, ma osservatevi attentamente e vedrete che non è possibile alcuna conoscenza di ciò che già non conosciamo.
Facciamo risalire ogni conoscenza ad altra conoscenza e così via.
Prova a dimostrazione, è che non potete far comprendere l'odore a chi è privo di olfatto.
Lui non può conoscere, voi non potete trasmettere.
Occorre la percezione, ma nella percezione non c'è conoscenza, c'è semplice percepienza che non è conoscenza.
Perchè, quale che sia l'oggetto dei sensi, esso non è reale in quando non reale in sè, perchè soggetto:
1) al divenire: nasce e muore;
2) scompare durante il sonno: se fosse reale esso sarebbe presente a prescindere dello stato di coscienza del soggetto.

La percepienza può però (si salta una serie di passaggi) condurre al fatto che in tutto ciò ci deve essere un centro.
Quel centro che mai muta, che rimane identico a sé stesso, che testimonia al sonno, alla veglia e al sogno (infatti mica diciamo di essere morti quando i sensi e la mente non operano... sappiamo di avere dormito) quel centro, quel cuore, quell'Essere è quanto cui siamo addivenuti partendo dai sensi.

Però questo centro non lo cogliamo, ne siamo distratti, ci appare mitologico, ci appare meno reale di questo piano di realtà.
Questo perchè preferiamo credere all'abitudine e alla mente, piuttosto che porre un’effettiva attenzione al nostro esperire la vita.
Poniamo attenzione a ciò che crediamo piuttosto a ciò che vediamo.
Alle fantasticherie che ci propina chi vuole venderci qualcosa, chi ha una propria idea da farci credere...
Questo perchè ci hanno convinto che noi siamo qualcosa di diverso da quella sottile nota, quella consapevolezza di essere che abbiamo velato di mille e mille opinioni.
Quello noi siamo, ma ci sembra troppo banale, troppo piccolo, troppo stupido.
È meglio inseguire le proprie proiezioni sul mondo piuttosto che ascoltare/vedere/toccare/udire/gustare ciò che in realtà siamo e che permette/sostiene tutto il mondo che vediamo.
Se la risposta fosse sì, si andrebbe in un paradosso oppure che l'oggetto sia già contenuto in me e qui si andrebbe su un altro discorso.
Se poi parlassimo di conoscere ciò che sono, per lo stesso discorso di prima, dovrei escludere sensi e mente perchè sono una percezione seconda rispetto alla percezione prima di essere.
E allora, cessata la mente, dovremmo parlare di una conoscenza diversa, diretta, Suprema.

cielo
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Osservazione dei pensieri

Messaggio da cielo » 15/08/2020, 11:08

12. Solo con la corretta investigazione (Samyagvicaratah) si finisce per comprendere che la corda è stata scambiata per l'illusorio serpente, facendo cessare così ogni timore e sofferenza. (duhkha)
Vivakacūḍāmaṇi, Śaṇkara. Edizioni Aśram Vidya


Viene così indicata l'utilità di una investigazione sui sensi e sulle percezioni da essi derivanti, per arrivare a ciò che esiste in sè come consapevolezza pura, sempre presente a testimoniare una qualche esistenza, sia nella veglia, che nel sogno o nel sonno senza sogni.

E' il percorso di progressiva comprensione, tramite la costante autoindagine, che la nostra non è mera esistenza chiusa in sè stessa (da nascita e morte), ma è l'Esistenza di cui siamo consapevoli, identica alla consapevolezza che non si spegne mai durante il sonno e neppure nella morte, che non sorge nè cessa in quanto non soggetta alla ciclicità del divenire. Sempre consapevole di essere, tra uno stato e l'altro di esistenza.
L'intuizione di una consapevolezza pura, assoluta e dunque illimitata, unica pur mostrandosi particellata, ci conduce all'asparsa: la via senza sostegno dove nulla serve più per essere ciò che sempre si è: il Sostrato stesso, lo schermo, Vastu, la Realtà ultima.
-.-
Il percorso di osservazione dei sensi e di quel fantasma chiamato mente dovrebbe riportarci a "quel centro che mai muta, che rimane identico a sé stesso, che testimonia al sonno, alla veglia e al sogno (infatti mica diciamo di essere morti quando i sensi e la mente non operano... sappiamo di avere dormito) quel centro, quel cuore, quell'Essere è quanto cui siamo addivenuti partendo dai sensi."

Eppure, osservando, ci si accorge che la rappresentazione mentale di corollario alla percipienza del mondo, non cessa, a volte rallenta, ma c'è come un'ansia di fondo, una tensione a pensare, a creare continuamente rappresentazioni e scenari.
Sogni nella veglia, alternati a sogni durante il sonno, prima che diventi profondo.
Poco cambia.

Questo centro non lo cogliamo, ne siamo distratti, ci appare mitologico, ci appare meno reale di questo piano di realtà.
Questo perchè preferiamo credere all'abitudine e alla mente, piuttosto che porre un’effettiva attenzione al nostro esperire la vita.
Poniamo attenzione a ciò che crediamo piuttosto a ciò che vediamo."


Perdiamo la cognizione del centro mentre aderiamo alle nostre rappresentazioni mentali, al "nostro" mondo.
Focalizziamo ora su un personaggio, ora sull'altro, ora su una situazione ipotetica, ora sull'altra. Costruiamo trame e finali e ci crediamo pure, partecipiamo emotivamente al nostro stesso film, chiedendo spesso aiuto agli altri perchè ci aiutino a cambiare la trama, o il finale.

D'altra parte li abbiamo creati noi stessi quei film, per noi stessi, in noi stessi.
Vogliamo goderne, perfino quando ci provocano sofferenza interiore, o paura.

Pensieri come increspature dell'onda che si è separata dal mare, contenta di essere onda, con di sottofondo quella lieve consapevolezza che il movimento apparente dell'onda sul mare nasce dall'impulso del Mare stesso a cui l'onda inevitabilmente ritornerà, dopo essersi infranta sulla battigia ritornando indietro con nuovi granelli di sabbia e sassolini e alghe, riportando tutto al mare, in un flusso ininterrotto.
Ma l'onda corre e alla spiaggia non ci pensa, pur sapendo che è la sua meta. Sa che c'è, ma fa finta di non saperlo mentre corre veloce e tumultuosa.

L'onda non si può fermare, finchè c'è l'impulso al movimento continua il moto, così come non si può smettere di agire, finche c'è vita manifesta in questo grossolano, con nome e forma, ma occorre esercitarsi, osservando il moto per trovare la quiete, il silenzio, il bianco schermo su cui proiettare tutti i colori, la non azione nell'azione.

"Un eterno frammento di Me, divenuto nel mondo dei mortali un'anima vivente (jivabhuta), attira a sé i [cinque] sensi e la mente (manas), come sesto organo, i quali trovano il loro fondamento in prakrti".

"Quando il Signore [interno] assume un corpo-forma e quando l'abbandona prende seco questi (indriya), come il vento raccoglie i profumi da un luogo [portandoseli dietro]".
(Bhagavad Gita, XV, 7-8. Ed. Asram Vidya)


Considerato che la giornata è di festa: ferragosto, il cuore pulsante dell'estate e l'assunzione della Madre al Cielo, vorrei condividere un insegnamento personale molto essenziale per me, che sto assimilando assaporandolo nella costante riflessione interiore, consapevole che è un sostegno di cui, per ora, mi servo.
Ancora piuttosto "sibillina" per me l'ultima frase, perchè mi accorgo che anche durante il sonno il namasmarana è proseguito, ma la premessa "se non si ha consapevolezza" mi verrebbe solo da completare con: "se non si ha consapevolezza dell'inutilità anche di quel sostegno".
Se qualcuno ha piacere di ripropormela con "parole sue", mi aiuterà certamente a comprenderla.

Nel brano Bodhananda focalizza sull'intensità introspettiva a cui dovrebbe arrivare qualsiasi pratica da noi utilizzata come sostegno per imparare l'autosservazione e autorisvegliarsi a quel mare da cui non ci siamo mai separati, solo mossi per consentire una vita e un riconoscimento di Quello.
(le note esplicative sono mie)

VI. Esso (prajna) è il Signore supremo, l'Onnisciente, l'Ordinatore interno, la Sorgente del tutto; in esso originano e si dissolvono tutte le cose.
Māṇḍūkyakārikā Gauḍapāda. Edizioni Aśram Vidya



Bodhananda:

Se osservi, potresti accorgerti che il 98% dei pensieri è del tutto inutile. Non è parte della preparazione o valutazione di alcuna azione dharmica [conforme al dovere proprio di ognuno].

La pratica del namasmarana [ripetizione interiore di un nome divino, che corrisponde alla focalizzazione sul centro percipiente, sul cuore interiore, sul Sè) diviene qualcosa che valica i momenti dedicati.

Alla fine l'aspirante è in continua meditazione sempre, anche quando opera e non appena la mente si agita la riconduce all'ordine col nanasmarana.

Questo 24 ore al giorno.

Ci si accorge poi, se non si ha consapevolezza, che anche durante il sonno il namasmarana è proseguito.


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Re: Osservazione dei sensi

Messaggio da Fedro » 16/08/2020, 8:51

Ci si accorge poi, se non si ha consapevolezza, che anche durante il sonno il namasmarana è proseguito
Ci si accorge POI, SE non si ha consapevolezza (quindi se non è presente al momento, la consapevolezza di ciò)
che anche il namasmarana è proseguito

cielo
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Re: Osservazione dei sensi

Messaggio da cielo » 16/08/2020, 11:36

Fedro ha scritto:
16/08/2020, 8:51
Ci si accorge poi, se non si ha consapevolezza, che anche durante il sonno il namasmarana è proseguito
Ci si accorge POI, SE non si ha consapevolezza (quindi se non è presente al momento, la consapevolezza di ciò)
che anche il namasmarana è proseguito


Grazie, ma ancora non ho capito, certamente dipende dalla mia dura testa...
Se ho capito il tuo pensiero, la frase sarebbe da riscrivere così?
"Ci si accorge POI, SE (ORA) non si ha (ANCORA QUELLA) consapevolezza, che anche durante il sonno il namasmarana è proseguito.

Nel brano Bo parla di "sonno" non di sogno, ma nel sonno profondo non c'è più un soggetto, un io pensante. Ma se non si ha questa consapevolezza, non si riconosce che il namasmarana è proseguito anche durante il sonno, a prescindere dal soggetto praticante.
Intende questo?

Ho avuto molte volte questa esperienza di continuità della pratica, svegliandomi e riconoscendo sogni in cui stavo recitando mantra, o preghiere o canti di varie tradizioni e ne ero consapevole e anche meravigliata, per la continuità, in entrambi gli stati - veglia e sogno, della pratica.

Anche in assenza delle percezioni corporee conscie sperimentabili quando i sensi sono attivi e la mente pure (stato di veglia), si riconosce POI (proseguendo la pratica) che permane il sostegno, visto che la mente riflette in sè stessa la pratica, la prosegue, come un'abitudine automatica creando sogni in cui un soggetto pratica e usa il sostegno.


Alla fine l'aspirante è in continua meditazione sempre, anche quando opera e non appena la mente si agita la riconduce all'ordine col nanasmarana.

Ci provo, subendo ancora l'agitazione della mia sostanza mentale, che vortica e riconosco l'inutilità del 98% dei pensieri prodotti. Resta quel 2% strumentale a condurre una vita nell'ordine, cercando di adempiere al dharma, aderendo alla propria natura essenziale, ad essere ciò che si è, abbandonando le rappresentazioni mentali superflue.

Questo 24 ore al giorno.

So che non ho questa continuità di pratica, questa consapevolezza piena e costante
Ora, per capire la frase finale ho necessità di inserire un altro "anche":

Ci si accorge poi, [anche] se non si ha consapevolezza, che anche durante il sonno il namasmarana è proseguito.


Spero di aver chiarito la confusione mentale.

latriplice
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Re: Osservazione dei sensi

Messaggio da latriplice » 16/08/2020, 14:32

Ci provo, subendo ancora l'agitazione della mia sostanza mentale, che vortica e riconosco l'inutilità del 98% dei pensieri prodotti. Resta quel 2% strumentale a condurre una vita nell'ordine, cercando di adempiere al dharma, aderendo alla propria natura essenziale, ad essere ciò che si è, abbandonando le rappresentazioni mentali superflue.
La rappresentazione mentale non si riferisce all'immagine in sé, ma che ci sia in effetti una immagine mentale in primo luogo. Questa non è una sottigliezza semantica, ma l'effetto di un malinteso generato dall'ignorare che questa è fondamentalmente una realtà non duale, che c'è soltanto la coscienza brahmanica, e che quello che scambi erroneamente per una immagine mentale, non è altro che questa coscienza.

44. Come per l'ignoranza sulla reale natura della corda questa appare per un momento serpente, così la pura Coscienza, priva di mutamento, appare come universo fenomenico.

Samkara, Aparoksanubhuti, ed. Asram Vidya, pag. 35

In altre parole, ignori di essere l'immutabile, illimitata e ordinaria coscienza non nata, non agente e non duale, e immagini al suo posto di essere ciò che fondamentalmente non sei in un rapporto duale di soggetto-oggetto, tu e la mente.

Questa rappresentazione mentale proietta un'apparente alterità in ciò che veramente sei, l'introduzione dell'altro oltre a te, che sia persona, universo o nella fattispecie le rappresentazioni mentali superflue come le chiami te.

Leggendo forse ti sarai accorta che stai combattendo contro i mulini a vento, che una "cosa" come la mente non è mai esistita, ma credo che questa sia una ipotesi remota vista la nostra reticenza ad abbandonare le abitudini radicate, quella di immaginare invece di essere.

"La vera distruzione della mente è il non riconoscerla come separata dal Sè".

Ramana Maharshi, "Sii ciò che sei" a cura di David Godman

Pertanto la rappresentazione mentale nella sua essenzialità non è inerente alla mente, ma che ci sia per via dell'ignoranza, una mente.

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Re: Osservazione dei sensi

Messaggio da Fedro » 17/08/2020, 9:22

Caro Latriplice, se dal punto A devi recarti al punto B, cercando la via più breve, quale funzione viene utilizzata?

latriplice
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Re: Osservazione dei sensi

Messaggio da latriplice » 17/08/2020, 14:09

Fedro ha scritto:
17/08/2020, 9:22
Caro Latriplice, se dal punto A devi recarti al punto B, cercando la via più breve, quale funzione viene utilizzata?
Vedere oltre le apparenze, che non c'è alcuna distanza da colmare. Almeno per quanto concerne la metafisica dei Grandi Misteri.

La soluzione dell'apparente dualità che è la mente generata dall'ignoranza, non si trova nella dualità che è la mente stessa.

Ignoro di essere la coscienza non duale e pertanto immagino di essere una entità separata da questa coscienza che intendo realizzare. Ma come lo faccio? Dalla prospettiva dell'entità separata che è il prodotto dell'ignoranza succitata. E' il cane che si morde la coda.

Quando dico che c'è una mente, sto alimentando l'alterità che ci sia qualcosa altro da me, ed è fondamentalmente una bugia giacché c'è soltanto la coscienza non duale.

"La vera distruzione della mente è il non riconoscerla come separata dal Sè".

Ramana Maharshi, "Sii ciò che sei" a cura di David Godman

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Re: Osservazione dei sensi

Messaggio da Fedro » 17/08/2020, 15:23

L'assolutezza del personaggio non duale concettuale, finisce con l'annegare nei suoi stessi concetti, incapace di vedere il limite della stessa, ovvero che anche la dualità è un'aspetto della coscienza (non duale).
Comunque non hai risposto in pratica, alla mia domanda

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Re: Osservazione dei sensi

Messaggio da latriplice » 17/08/2020, 15:57

Caro Latriplice, se dal punto A devi recarti al punto B, cercando la via più breve, quale funzione viene utilizzata?
L'iperspazio.

latriplice
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Re: Osservazione dei sensi

Messaggio da latriplice » 17/08/2020, 15:57

Caro Latriplice, se dal punto A devi recarti al punto B, cercando la via più breve, quale funzione viene utilizzata?
L'iperspazio.

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Re: Osservazione dei sensi

Messaggio da Fedro » 17/08/2020, 16:16

latriplice ha scritto:
17/08/2020, 15:57

L'iperspazio.
Prova con più tabacco

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Re: Osservazione dei sensi

Messaggio da latriplice » 02/09/2020, 18:09

Fedro ha scritto:
17/08/2020, 9:22
Caro Latriplice, se dal punto A devi recarti al punto B, cercando la via più breve, quale funzione viene utilizzata?
In tema metafisico, la non dualità che escluda qualsiasi passaggio dalla potenza all'atto.

"In una realtà duale, quindi contraddittoria, le quattro finalità della vita (dharma: adempimento del dovere; artha: aspirazione alla prosperità profana; kama: soddisfacimento del desiderio; moksa: affrancamento dall'ignoranza metafisica) non possono trovare stabile conseguimento, perché in essa esiste sempre l'impermanenza e il conflitto senza fine; siamo, quindi sul piano della relatività. L'uomo è affrancato veramente da ogni traccia di schiavitù ed errore solo quando perviene all'Uno-senza-secondo".

Aparoksanubhuti a cura di Raphael, ed. Asram Vidya, pag. 33-34.

Se lo dice Raphael.......

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Re: Osservazione dei sensi

Messaggio da Fedro » 02/09/2020, 18:29

latriplice ha scritto:
02/09/2020, 18:09
Fedro ha scritto:
17/08/2020, 9:22
Caro Latriplice, se dal punto A devi recarti al punto B, cercando la via più breve, quale funzione viene utilizzata?
In tema metafisico, la non dualità che escluda qualsiasi passaggio dalla potenza all'atto.

"In una realtà duale, quindi contraddittoria, le quattro finalità della vita (dharma: adempimento del dovere; artha: aspirazione alla prosperità profana; kama: soddisfacimento del desiderio; moksa: affrancamento dall'ignoranza metafisica) non possono trovare stabile conseguimento, perché in essa esiste sempre l'impermanenza e il conflitto senza fine; siamo, quindi sul piano della relatività. L'uomo è affrancato veramente da ogni traccia di schiavitù ed errore solo quando perviene all'Uno-senza-secondo".

Aparoksanubhuti a cura di Raphael, ed. Asram Vidya, pag. 33-34.

Se lo dice Raphael.......
Ci azzecca con la mia domanda?

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Re: Osservazione dei sensi

Messaggio da cielo » 03/09/2020, 16:48

Fedro ha scritto:
02/09/2020, 18:29
latriplice ha scritto:
02/09/2020, 18:09
Fedro ha scritto:
17/08/2020, 9:22
Caro Latriplice, se dal punto A devi recarti al punto B, cercando la via più breve, quale funzione viene utilizzata?
In tema metafisico, la non dualità che escluda qualsiasi passaggio dalla potenza all'atto.

"In una realtà duale, quindi contraddittoria, le quattro finalità della vita (dharma: adempimento del dovere; artha: aspirazione alla prosperità profana; kama: soddisfacimento del desiderio; moksa: affrancamento dall'ignoranza metafisica) non possono trovare stabile conseguimento, perché in essa esiste sempre l'impermanenza e il conflitto senza fine; siamo, quindi sul piano della relatività. L'uomo è affrancato veramente da ogni traccia di schiavitù ed errore solo quando perviene all'Uno-senza-secondo".

Aparoksanubhuti a cura di Raphael, ed. Asram Vidya, pag. 33-34.

Se lo dice Raphael.......
Ci azzecca con la mia domanda?
Ci azzecca sì e no.
In una prospettiva metafisica non c'è spazio, tempo, causalità, movimento tra punti separati, nessun soggetto a percorrere un qualsiasi sentiero, nessun obiettivo da raggiungere.
Il Sè è immobile, pur "contenendo" ogni movimento e ogni potenzialità creativa, consente la manifestazione di momenti coscienziali separati da nome e forma, li mantiene per un po' sullo scenario del tempo-spazio e poi li riassorbe.

Usuali le metafore che tutti conosciamo: raggi di sole, gocce di mare, bamboline di sale o di zucchero sciolte nell'acqua, serpenti che erano corde e poi solo cenere di corda bruciata...

Tu hai domandato ponendoti in una realtà duale, "quindi contraddittoria", in quanto relativa, impermanente. non reale in senso assoluto.

Dalla prospettiva del Sè (che non è la nostra, se non "teoricamente" parlando) nulla si muove: è l'eterno presente dell'Essere che è e non diviene, non subisce nascita, crescita, declino e morte. Non c'è un soggetto che vive di "io e tu", di punti da raggiungere o ricongiungere. Nessuno che nasce o muore.

Tu invece hai fatto leva (per come pare di capire a me, magari sto errando) sulla necessità del discernimento del ricercatore che "dovendosi muovere tra i punti A e B", prepara la propria azione discriminando le varie opzioni utilizzando l'intelletto, lasciando dunque la mente sensoriale sempre protesa all'esterno e impulsata dai sensi, per tornare alla riflessione sull''interno, con distacco e sulla base della ragion pura,che riconosce ciò che è reale e ciò che non lo è.

Nella fase successiva alla preparazione il soggetto esegue l'azione al meglio delle proprie possibilità (evita ad esempio, se deve andare da A a B di passare per C, fermandosi lì), poi la valuta (ho raggiunto lo scopo? ho adempiuto alle mie priorità e ai miei compiti?) e infine la lascia andare, non attaccandosi ai frutti. Si ritira dall'azione, consapevole di non esserne l'artefice sulla scenario della Vita, anch'essa da considerarsi come un'unica azione, un percorso da A a B o da nascita a morte.

In questa prospettiva, dove permane un soggetto agente che deve vivere la "sua" vita, occorre utilizzare il discernimento, l'attenzione intelligente sul soggetto che testimonia il vivere (oltre il corpo e la mente sensoriale ed emotiva), piuttosto che trattenere le proprie "competenze" in tema di metafisica, anche se aiuta ricordarsi che non c'è alcun luogo da raggiungere e nulla di fuori posto (nel percorso da A a B).
Sempre attuale il domandarsi "Chi sono io?" Se poi un temerario si risponde: io sono il Sè, ben venga.
Aham brahmasmi: è vero, ma non ci credo. L'esperienza diretta maturerà. Lascio che la mente giochi con questo pensiero, prima o poi svanirà e sarà l'esperienza di ciò che E'.

D'altra parte ognuno rettifica i guna secondo le predisposizioni individuali. I frutti sullo stesso albero non maturano tutti insieme, anche se prendono lo stesso sole.

Qualsiasi azione dovrebbe essere compiuta nell'ambito delle condizioni che determinano la risoluzione del samsara: il conseguimento del benessere (artha) attraverso il dharma (dovere) e il desiderio (kama) per la liberazione (moksha).

Dunque (dal mio punto di vista) occorre stabilire una condizione armonica in cui si utilizza l'intelletto per condurre una vita "a impatto verso lo zero" sul circostante, e di conseguenza anche su sè stessi.

Diverso il caso in cui il desiderio (kama) sia orientato al conseguimento del benessere (artha) e si cerchi di liberarsi (moksha) dal dharma (dovere).
In tal caso l'impatto sul circostante (prossimo, pianeta) non è a impatto zero e il frantumarsi dei desideri può essere logorante e il "benessere" mai abbastanza.

Nella prospettiva di un aspirante discepolo nella tradizione metafisica qualsiasi azione dovrebbe svolgersi nel corretto quadro dei fini dell'esistenza o purushartha, in quanto l'energia che si estrinseca in questo processo è mumuksutva: l'anelito per l'Ordine, per l'Universale, per il Divino, per la Conoscenza, per l'Uno senza secondo.
Un anelito che spesso sembra giacere come mero bagliore di fuoco in braci quasi fredde.

Spero che tu e La Triplice troviate prima o poi un piano di comunicazione comune e vi comprendiate.

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Re: Osservazione dei sensi

Messaggio da Fedro » 04/09/2020, 7:57

No, io spero che, se mi capita di trovarmi nel traffico, e chiedo che strada mi conviene scegliere, non ci sia qualcuno che mi faccia perdere tempo con questi discorsi :)

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Re: Osservazione dei sensi

Messaggio da Fedro » 04/09/2020, 10:32

Riguardo invece la "teoria": non mi pare che basti negare la relatività del piano duale, per dare evidenza (concettuale?) al piano non duale.
Esso (piano non duale) lo comprende in sé, e se lo negasse (si) sprofonderebbe inevitabilmente in una dualità monistica della mente, quindi non più naturale non dualità dell'essere.
I concetti servono fino ad un certo punto, di sicuro sul piano della logica, ad esempio utilissimi o necessari per ottimizzare lo spostamento dal punto A al punto B.
Così la vedo

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