KaaRa ha scritto: ↑06/09/2018, 1:18
Latriplice ci ha praticamente riportato l'unico modo con cui possiamo parlare vedanticamente di reincarnazione e karma, cioè prendendo in considerazione l'unico punto di vista davvero esistente, il Brahman
Questa affermazione contiene un grave errore metodologico di approccio verso il Vedanta il quale, fra i darshana brahmanici, è punto di vista completo che comprende ogni altro punto di vista e quindi anche quelli per così dire "inferiori" che attengono ai diversi piani dell'essere.
Peraltro il punto di vista del Brahman - ammesso che ve ne sia uno - ci è ignoto ed è per sua stessa natura ineffabile, potendosi accostare ad esso solo
per negationem:
neti neti, ovvero attraverso analogie e simboli.
Chi ne parla, come latriplice fa qui e altrove da anni, sta riportando esclusivamente i rovelli del suo mentale.
Questi errori sono tipici di quel pastrocchio moderno che viene di solito appellato neoadvaita da cui solo equivoci e deviazioni possono scaturire.
(qualunque altro punto di vista di per sé è insenziente, quindi non è veramente un punto di vista).
Sciocchezze, gli altri piani di realtà non sono affatto insenzienti e di certo non lo sono per chi li esperisce.
Fingere di dimenticarsene non li rende meno esistenti e distinguere fra senziente e insenziente ricade evidentemente nella dualità.
Lo ha fatto con una contorsione mentale perché come alternativa avrebbe potuto solo venire ad accarezzarci la pineale per farci avere una esperienza più diretta (ma sarebbe stata mentale anche quella, sarebbe stata solo una contorsione meno complessa). Personalmente ho notato che qualunque contorsione mentale (il mio namasmarana formato da una sola parola, i discorsi fondamentalmente ripetitivi ad ogni riga dei commenti del gruppo Kevala, le analisi grammaticali che costituiscono l'essenza dei commenti di Shankara, le fantasie delle filosofie implicite degli scienziati, gli orpelli degli esoteristi, gli imperativi dei religiosi, le applicazioni sempre imperfette degli ideali alle azioni, e così via) è l'unico modo per mantenere saldi i riverberi di quelle poche esperienze avute che assomigliano alle descrizioni vedantiche. Questo vale per me, che non sono molto portato per le meditazioni formali (che sono comunque un'altra contorsione mentale, anche se particolarmente lieve), almeno per quelle "laicamente" accessibili qui oggi.
E invece la tradizione propone approcci che nulla hanno a che fare con le contorsioni mentali del neo advaita, quali karma e bhakti marga e neppure il jnana marga nella sua realtà tradizionale lo è.
La tradizione, così come testimoniata da millenni, sa perfettamente che non ci sono due cristalli di ghiaccio identici, pertanto saggiamente propone diversi sentieri per diversi aspiranti.
Se qualcuno si prendesse la briga non dico di studiare i testi della tradizione Vedantica piuttosto che disperdersi e tentare di disperdere il prossimo nelle sue circonvoluzioni cerebrali, ma almeno di ascoltare le indicazioni degli Shankaracharya attualmente a capo dei Math fondati da Shankara, ne avrebbe piena contezza.
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