Il gruppo che cura Vedanta.it inizia ad incontrarsi sul web a metà degli anni 90. Dopo aver dialogato su mailing list e forum per vent'anni, ha optato per questo forum semplificato e indirizzato alla visione di Shankara.
Si raccomanda di tenere il forum libero da conflittualità e oscurità di ogni genere.
Grazie

Liberamente ricevuto, liberamente dato.

Teoria e dottrina.
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Fedro
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Re: Liberamente ricevuto, liberamente dato.

Messaggio da Fedro » 26/03/2018, 12:46

latriplice ha scritto:
26/03/2018, 12:18
Fedro ha scritto:
26/03/2018, 11:30
latriplice ha scritto:
26/03/2018, 10:17


Smettete di pensare per qualche istante e ditemi cosa vedete.
Senza consapevolezza di sé, non mi pare si veda niente di particolare; oppure chiarisci questo punto.
Infatti, la consapevolezza di sé, non è niente di particolare. É quella che emerge quando la sovrapposizione io-mondo tramite l'atto pensativo giunge a termine. Quel niente in particolare che vedi é il riflesso speculare di ciò che sei.

Evidentemente, finché non si è compreso il meccanismo che sostiene la proiezione mentale, la speculazione sulla metafora corda - serpente non ha fine.
Ah ok, siccome prima avevi detto che basta sospendere il pensiero quel qualche secondo e...
Diverso è dire che la sovrapposizione deve essere vista (consapevolezza) e ciò non è sempre scontato.
D'altronde siamo il Sé senza pensieri anche nel sonno profondo o in un infante non ancora strutturato come io, eppure manca quel quid che disvela l' avidya e produce la "visione".

latriplice
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Re: Liberamente ricevuto, liberamente dato.

Messaggio da latriplice » 26/03/2018, 14:26

Diverso è dire che la sovrapposizione deve essere vista (consapevolezza) e ciò non è sempre scontato.
Nel momento che diventi consapevole del modus operandi proiettivo-velante (maya) della mente, la sovrapposizione scompare lasciando posto al sostrato sottostante, il niente in particolare (nirguna) a cui si accennava in precedenza.

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Re: Liberamente ricevuto, liberamente dato.

Messaggio da Fedro » 26/03/2018, 14:33

latriplice ha scritto:
26/03/2018, 14:26
Diverso è dire che la sovrapposizione deve essere vista (consapevolezza) e ciò non è sempre scontato.
Nel momento che diventi consapevole del modus operandi proiettivo-velante (maya) della mente, la sovrapposizione scompare lasciando posto al sostrato sottostante, il niente in particolare (nirguna) a cui si accennava in precedenza.
D'accordo, un niente di particolare, ma che è frutto di consapevolezza. Ci siam capiti, ok

Mauro
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Re: Liberamente ricevuto, liberamente dato.

Messaggio da Mauro » 26/03/2018, 15:09

Frequentando questo forum e nel passato anche quello buddista talvolta mi sono reso conto dell'assurdità di certi discorsi.
Si parla di fuffa (perché è fuffa tutto quello di cui si sta parlando), eppure se ne parla con dovizia di particolari, con fare didascalico... tutto molto razionale, dottrinale.

Non ho mai visto qualcosa di più arido di forum come questo e quello buddista (dal quale peraltro da tempo ho tolto l' iscrizione).

Io ancora mi aspetto -ma ormai senza speranza- che in un forum si parli tra gli utenti come in un gruppo di Alcolisti Anonimi, quali d' altronde siamo noi tutti, se chiamiamo Samsara/ sofferenza= Alcol.

Cannaminor, non sei d' accordo con me?

cielo
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Re: Liberamente ricevuto, liberamente dato.

Messaggio da cielo » 26/03/2018, 16:04

Mauro ha scritto:
26/03/2018, 15:09
Frequentando questo forum e nel passato anche quello buddista talvolta mi sono reso conto dell'assurdità di certi discorsi.
Si parla di fuffa (perché è fuffa tutto quello di cui si sta parlando), eppure se ne parla con dovizia di particolari, con fare didascalico... tutto molto razionale, dottrinale.

Non ho mai visto qualcosa di più arido di forum come questo e quello buddista (dal quale peraltro da tempo ho tolto l' iscrizione).

Io ancora mi aspetto -ma ormai senza speranza- che in un forum si parli tra gli utenti come in un gruppo di Alcolisti Anonimi, quali d' altronde siamo noi tutti, se chiamiamo Samsara/ sofferenza= Alcol.

Cannaminor, non sei d' accordo con me?
Comprendo l'esigenza di testimoniare la propria esperienza e le difficoltà sul percorso, al fine di non trasformare il forum in un'ostentazione di conoscenze eruditive sul vedanta e similaria. Personalmente l'ho fatto, ad esempio in un post da te definito "didattico":
Ti parlo testimoniando i metodi pratici che ho utilizzato (e ancora utilizzo) quando mi sono trovata a dover sciogliere un gomitolo della mia vita particolarmente intricato. Questo "lavoro" mi ha tenuta "sotto tiro" per un anno e mezzo e ho dovuto far fronte alle problematiche e al morale a pezzi utilizzando le risorse e le conoscenze che avevo a disposizione, metterle in pratica.
In realtà è un lavoro che prosegue, la sadhana in fondo è la vita, grande maestra, un po' severa a volte.
In quel periodo sono stata sostenuta dall'esterno, dal sanga e dal dharma (per dirla alla buddhista), ossia dai fratelli e le sorelle di percorso e dall'insegnamento ricevuto. E provo gratitudine per i doni e il sostegno che ho avuto.


L'ho rifatto qui, qualche post sopra: E' un percorso durissimo, per me, ricordarmi ogni volta di non essere l'agente e tornare al centro immobile dove "non sono io, ma Tu" e ringraziare il Vento che soffia dove vuole, trascinando le forme in una tromba d'aria senza forma e direzione precisa.

quindi delucidami per favore su che tipo di testimonianza sulle difficoltà di percorso potrebbe sembrarti adeguata. Forse le mie rientrano nella fuffa, troppo generiche? Un forum "filosofico" non è un gruppo di autoterapia, anche se non si esclude che dall'interazione possano scaturire elementi utili ad ognuno "per star meglio".
E' chiaro che su un forum pubblico si evitano dettagli specifici su "dati sensibili personali", ma volendo (forse) qualcosa si può dire oltre la solita fuffa filosofico-didattica.
Concordo sul fatto che invece che leggermi un pistolotto filosofico a seguire il mio post didattico, avrei preferito leggere il post di qualcuno che dicesse, ad esempio: "Anche io quando mi è morto il cane ho sofferto come lui e la conoscenza teorica degli assiomi vedantici non mi ha aiutato per niente (oppure mi ha aiutato per questo aspetto)."

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Re: Liberamente ricevuto, liberamente dato.

Messaggio da latriplice » 26/03/2018, 16:48

"...Non ho mai visto qualcosa di più arido di forum come questo..."
Appunto, il meccanismo alla base della visione speculare di cui sei partecipe (l'aridità), é la fuffa di cui si stava parlando.

Mauro
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Re: Liberamente ricevuto, liberamente dato.

Messaggio da Mauro » 26/03/2018, 20:23

ricordarmi ogni volta di non essere l'agente e tornare al centro immobile dove "non sono io, ma Tu"
Questa è una testimonianza?
un forum "filosofico" non è un gruppo di autoterapia
Ma davvero?
Eppure quante volte sono stato tacciato di "filosofeggiare"?
Me li avete fatti a peperini per anni e adesso mi vieni a dire che il forum è tornato ad essere "di filosofia"?

Pace col cervello, no?

cielo
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Re: Liberamente ricevuto, liberamente dato.

Messaggio da cielo » 27/03/2018, 10:18

Mauro ha scritto:
26/03/2018, 20:23
ricordarmi ogni volta di non essere l'agente e tornare al centro immobile dove "non sono io, ma Tu"
Questa è una testimonianza?
un forum "filosofico" non è un gruppo di autoterapia
Ma davvero?
Eppure quante volte sono stato tacciato di "filosofeggiare"?
Me li avete fatti a peperini per anni e adesso mi vieni a dire che il forum è tornato ad essere "di filosofia"?

Pace col cervello, no?
Spero che le risposte che cerchi siano da qualche parte, anche nel gruppo (questo) con cui interagisci. Mi senso inadeguata a risponderti, non riesco ad andare oltre la percezione della tua sofferenza, espressa con ironia, riguardo ad eventi del passato che ti hanno ferito.

Dire che è difficile ricordarmi ogni volta di non essere l'agente e tornare al centro immobile dove "non sono io, ma Tu" cerca di condividere il dolore personale determinato da quella conoscenza-esperienza (di me nell'azione) che arretra di fronte a quell'abbandono, a quell'arrendersi alla suprema volontà della Vita che dispone che ci chiede la "filosofia", che se ne dimentica continuando a zappettare l'orticello di speranze e paure che non fa che alimentare l'io fantasma che si nutre per sostenersi e continuare a credersi l'agente e il dispositore degli eventi.
Nello specifico si potrebbe richiamare la BG e l'invito a combattere di Krishna ad Arjuna , anche se ne farebbe volentieri a meno, a stare nel film senza farsi domande o pensare di poter mutare il corso degli eventi: "Quelli sono già morti!"
E' il dolore di scoprire che c'è ancora un io che ha bisogno di sostegni, anche filosofici, per stare nel flusso senza lamentarsi, scorrere cercando di aprire il cuore e continuare a condividere con gli esseri che la vita ci ha messo tra i piedi e che incarnano le infinite sfaccettature e diversità del molteplice.

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Re: Liberamente ricevuto, liberamente dato.

Messaggio da cannaminor » 27/03/2018, 13:18

Mauro ha scritto:
26/03/2018, 15:09
Frequentando questo forum e nel passato anche quello buddista talvolta mi sono reso conto dell'assurdità di certi discorsi.
Si parla di fuffa (perché è fuffa tutto quello di cui si sta parlando), eppure se ne parla con dovizia di particolari, con fare didascalico... tutto molto razionale, dottrinale.

Non ho mai visto qualcosa di più arido di forum come questo e quello buddista (dal quale peraltro da tempo ho tolto l' iscrizione).

Io ancora mi aspetto -ma ormai senza speranza- che in un forum si parli tra gli utenti come in un gruppo di Alcolisti Anonimi, quali d' altronde siamo noi tutti, se chiamiamo Samsara/ sofferenza= Alcol.

Cannaminor, non sei d' accordo con me?
Non ho mai frequentato un gruppo di alcolisti anonimi, nè altri gruppi dediti al riscatto da altre forme di dipendenza, quale che sia. Quindi non so come si operi e secondo quali canoni, schemi, modelli in tali ambienti. Se è per questo non so nemmeno come si operi in questo di modello, mi riferisco a questo forum, nè secondo quali modalità, principi o altro. Non so se il fine di questo forum (non so nè posso parlare di altri che nemmeno frequento) sia didattico, filosofico o cosa. Non so nemmeno se abbia un fine o e se l'abbia avuto e se mai l'abbia avuto quale fosse, non lo so davvero ora come ora.

A prescindere dal passato e da come in passato sia stato, qui e sui vari forum e ML, nel qui e ora posso solo dirti che questo luogo per quanto mi riguarda è un luogo di incontro tra varie persone che per un motivo o l'altro, un fine o l'altro, uno scopo o l'altro condividono una ricerca ed un cammino (quale che esso sia anche lui) chiamiamolo in senso lato e generale "spirituale".

Qualche indicazione la puoi trovare nella "Presentazione del Forum" (di cui sopra) in cui si dice tra le altre:

"In questo forum non si indossa alcun magistero, non vengono dati indirizzi, ciascuno porta, se ritiene, la propria esperienza. Chi cercasse indirizzi li può trovare sui siti collegati e i libri pubblicati dalle Editrici I Pitagorici e Parmenides (già Asram Vidya)."

Queste e altre brevi indicazioni venivano date a suo tempo nella presentazione di cui sopra e nel "Galateo" anche esso di cui sopra.

Ad ogni modo se le parole di cui sopra (In questo forum non si indossa alcun magistero, non vengono dati indirizzi, ciascuno porta, se ritiene, la propria esperienza) hanno un senso mi pare evidente che se nessuno indossa (nè è tenuto o investito ad indossare alcun magistero) nè vengono dati indirizzi di alcun genere (non in sede di forum almeno, i siti è già altro discorso e fine evidentemente) resta la sola ed unica esperienza personale, quella che ciascuno porta, se ritiene, a sua scelta e discrezione.

Quindi se il dato fondamentale, almeno da come lo leggo nelle intenzioni originarie del forum fosse quello che ognuno portava, se riteneva, la sua esperienza personale, quindi non la didattica, non il magistero, non i copia-incolla etc etc, ma la sua esperienza, se le parole "esperienza personale" hanno ancora un senso e significato, allora questo è un forum, o dovrebbe essere un forum di incontro, scambio, confronto di "esperienze personali".

Personalmente parlando l'esperienza personale è andata negli anni assumendo la forma ed il significato di "testimonianza", nel senso che in un forum come questo di quale altra esperienza personale si può mai parlare se non di sè stessi? O vogliamo fare passare per esperienza personale, quanto detto, insegnato, istruito da altri, siano pure maestri conclamati della tradizione? Riportare l'insegnamento, l'istruizione, il magistero di qualcun'altro che non sia noi, non è più "personale" non possiamo più dirla e definirla personale, per il solo fatto che noi ne condividiamo il detto, l'assunto, lo scritto etc. Noi possiamo amare anche più di noi stessi qualcuno, il maestro, o chiunque esso sia, ma non possiamo legittimamente voler far passare come personale le parole altrui, gli scritti altrui, gli insegnamenti e magisteri altrui, per nostri e personali.

Se sono nostri e personali allora abbiamo l'onere e la responsabilità di testimoniarli per ciò che siamo, in prima persona, con nostre parole, nostro cuore, e sia pure anche se fosse nostra incapacità, limite e quant'altro. Quindi quando si parla in quella "Presentazione del Forum" di "ciascuno porta, se ritiene, la propria esperienza", per me questo vuol dire quello che dice, testualmete quello che dice, la "propria esperienza", il che aggiungo, nel mio linguaggio assume senso e significato di "testimonianza", che ovviamente è personale, non potendoci essere testimonianza per nome e conto altrui.

Quindi mauro, che risponderti, non lo so; forum come anonima alcolisti? Non lo so, forse, potrebbe anche esserlo in certi suoi aspetti, di certo in passato almeno su altri forum e più ancora nelle Ml precedenti c'era molta più partecipazione e condivisione di sè, c'era molto più "metterci la faccia" e apertura e permettimi di dirlo anche, coraggio e palle di chi vi partecipava, senza il timore di aprirsi e scoprirsi "troppo" (chissà secondo quale misura e canone di privacy e farsi i fatti propri..), forse semplicementi erano altri tempi ed altre circostanze, non lo so più mauro; oggi comunque questo è quanto offre il panorama, e se le parole scritte dall'owner a suo tempo di presentazione di questo forum hanno un senso, io il senso che ci trovo è quello che ho scritto, ovvero che il portare la propria esperienza (se ritenete) sia testimoniale e testimoniarsi. Se questo poi aiuti o meno sia chi si testimonia o sia chi legge e riceve la testimonianza non saprei proprio, non è domanda che mi sono mai posto in seno alla testimonianza.

A mio vedere ci si testimonia così come si è, per come si è (in un dato momento, stato e condizione), non ha fini didattici, non ha fini istruttivi, non ha alcun altro fine se non la pura e semplice testimonianza di sè per sè, ciascuno ne fa poi l'uso che meglio vuole, a cominciare dal buttarla nel cesso se ritiene. Altrimenti se invece nella testimonianza altrui uno ci si ritrova e riconosce anche solo parzialmente, allora quella condivisione e riconoscimento testimoniale può essere terreno comune di proficuo scambio e confronto tra i due. È una possibilità, anche se devo dire accade di rado. Per il resto non saprei che dirti, non credo che qui troverai altro aiuto o confronto di altro genere se è quello che cerchi, anche se a dire il vero io stesso ho le idee abbastanza confuse sul senso di tutto ciò e degli eventi ultimi seguiti alla morte dell'owner; non sono riuscito a farmi e formularmi delle idee, ne ho molte e spesso in conflitto l'una con l'altra, quindi difficile fare un discorso coerente e sensato in merito; posso solo dire non lo so, non so cosa sarà e cosa ne verrà, non lo so e quindi invero non saprei in ultimo rispondere coerentemente alla tua domanda. Davvero non lo so...

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Re: Liberamente ricevuto, liberamente dato.

Messaggio da Mauro » 28/03/2018, 14:07

Gli alcolisti anonimi non sono quei gruppi di persone che si mettono in circolo in una stanza e parlano dei rispettivi problemi che hanno avuto con l'alcol cosicchè anche gli altri interlocutori possano rivivere le medesime esperienze e trovare stimoli per uscire fuori dalla dipendenza?
A me pare che se sostituiamo alla "dipendenza da alcol", la "dipendenza dalla sofferenza", non vedo quale immagine migliore possa esservi nel descrivere le ipotetiche funzioni di forum come questo, sempre che in tutti questi anni non mi sia sbagliato nell' individuarne il senso.

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Re: Liberamente ricevuto, liberamente dato.

Messaggio da cannaminor » 28/03/2018, 21:12

Mauro ha scritto:
28/03/2018, 14:07
Gli alcolisti anonimi non sono quei gruppi di persone che si mettono in circolo in una stanza e parlano dei rispettivi problemi che hanno avuto con l'alcol cosicchè anche gli altri interlocutori possano rivivere le medesime esperienze e trovare stimoli per uscire fuori dalla dipendenza?
Non lo so, come già detto non conosco i circoli o gruppi degli alcolisti anonimi, così come non conosco o ho frequentato altri gruppi di anonimi qualcosa; non so casa fanno, come procedono, come si svolge la loro pratica di disaffezione dalle loro dipendenze, se non per quel poco che ho letto e visto in articoli, documentari etc.
Mauro ha scritto:
28/03/2018, 14:07
A me pare che se sostituiamo alla "dipendenza da alcol", la "dipendenza dalla sofferenza", non vedo quale immagine migliore possa esservi nel descrivere le ipotetiche funzioni di forum come questo, sempre che in tutti questi anni non mi sia sbagliato nell' individuarne il senso.
una dipendenza è una dipendenza, ovvero vuol dire dipendere da qualcosa, far dipendere la propria esistenza-realtà-vita da qualcosa che non sia noi e altro da noi. In tante occasioni si è detto che questo piano è un piano di "necessità", necessitato, che vuol poi dire dipendente, che dipende da qualcosa, che fa dipendere la propria esistenza ed esistere da qualcosa di altro da noi. Ultimamente si stava dicendo "che siamo ciò che pensiamo", anche questa è una dipendenza, dipendere dal proprio stesso pensiero-pensare, essere e crederci ciò che pensiamo è una dipendenza, dal pensiero, dalla credenza, dalla identificazione.

Dipendenza dalla sofferenza? Certo siamo tutti dipendenti dalla sofferenza, siamo tutti sofferenti, sofferento-dipendenti, sofferenti dei desideri inattuati, sofferenti della necessità che ci costringe, sofferenti del nostro stesso stato di dipendenza di\da qualcosa, del non essere autonomi, essenti; esistono, in filosofia, due termini quello di abalietà e quello di aseità:

La metafisica è scienza dell'aseità (proprietà di un essere che ha in sé la ragione e il fine della propria esistenza); mentre la fisica è scienza dell'abalietà (l'essere che trova in altro la ragione della propria esistenza). Potremo ancora dire che la fisica s'interessa del relativo-contingente, il quale dipende da altro, mentre la metafisica s'interessa di ciò che è o dell'Assoluto, in quanto poggia in se stesso, con se stesso e per se stesso.(tratto da "Il sentiero della non-dualità" Ed. Asram Vidya, Raphael, pag 54)

La sofferenza credo sia uno dei cardini motori di molti cammini e percorsi spirituali, a cominciare direi per primo da quello buddhista, tanto per cominciare. Poi volendo anche quello cristiano non passa indifferente dal confronto con la sofferenza. Direi che in fondo non ci sia cammino spirituale che non si confronti, in un modo o nell'altro con la sofferenza.

Però se molti cammini vi si confrontano alla pari e sullo stesso piano (duale) della sofferenza, non ultimo perchè non anche un cammino meramente psicologico-analitico, quello metafisico, nello specifico della metafisica vedanta ne ha un approccio direi molto più radicale di quello duale.

Se per molti cammini il confronto si riduce in ultimo a integrare e cercare di armonizzare-equilibrare l'aspetto sofferenza della vita umana e individuale, la metafisica (vedanta e non) va alla radice del discorso interrogandosi su chi soffre, sul soggetto sofferente e del perchè della sofferenza in sè. Detto in altro modo non si cerca una soluzione sul piano duale dando così credito alla sofferenza al pari del soggetto sofferente e cercando quindi secondo vari punti di vista ottiche e visioni di equilibrare e armonizzare il tutto secondo ottiche di dharma, di regola, di armonia ed equilibrio, ma invero ci si interroga sul soggetto e sulla realtà del soggetto (sofferente quanto gaudente che possa essere, ma comunque dipendente..) e di quanto questa realtà sia in funzione e dipendente della relazione stessa o dipendenza che sia.

Sono, come detto già altre mille volte approcci radicalmente diversi, di cammino e ricerca spirituale, e benchè molte volte l'approccio metafisico sia letto, da chi invece pratica un approccio duale, come una fuga o una risoluzione superficiale delle regole del gioco, non lo è perchè il soggetto non fa altro che cercare fondamentalmente di conoscere chi e cosa sia, ovvero la sua stessa asalietà piuttosto che l'abalietà.

Ad ogni modo, ognuno è libero (e ci mancherebbe altro) di percorrere il cammino che meglio vuole e crede, nel rispetto e spero anche un minimo di conoscenza di quello altrui e dei principi che lo muovono e sospingono (sempre quello altrui). Tornando al discorso iniziale, questo forum credo che abbia (nelle sue note originali, ma potrei anche sbagliarmi) un indirizzo metafisico di base, salvo comunque essere sempre aperto a tutti i cammini che il vedanta prevede e codifica; di fatti tra di noi ci sono ricercatori dei vari cammini previsti, metafisici e non, tra cui si auspicherebbe sempre un civile e rispettoso confronto tra i diretti interessati i vari argomenti che ne scaturiscono di volta in volta.

cielo
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Re: Liberamente ricevuto, liberamente dato.

Messaggio da cielo » 21/10/2018, 10:52

cannaminor ha scritto:
07/01/2018, 23:42
"Liberamente ricevuto, liberamente dato"...
un'affermazione che talvolta viene pronunciata in ambito tradizionale.

Solo che, sovente, nella sua semplicità e sintesi, l'aspirante l'associa immancabilmente ad un soggetto, ad un "soggetto" che la riceve così come la dona.

D'altra parte è il problema base di ogni cammino, di ogni sadhana; tutti all'inzio di ogni cammino quale che esso sia, sono soggetti in cammino, in sadhana, sono e si sentono coloro che stanno percorrendo un cammino, una sadhana. Ogni azione, ogni agire, ogni dare e ricevere presuppone nell'ottica e visione dell'aspirante un chi dona, un chi riceve, un chi percorre ed un chi trascende.

Il termine stesso aspirante, neofita, allievo, etc presuppone un soggetto, in movimento, in divenire, verso qualcosa-qualcuno. Eppure da nessuna parte c'è un ricevere come un dare, essendo il tutto un libero "fluire".

Il fatto stesso che si pensi di dare, significa che crediamo di avere, di possedere qualcosa che possiamo dare. Invero ciascuno di noi non ha nulla da dare, perché nulla possiede. Nessuno possiede la Saggezza, la Conoscenza. La Conoscenza/il Divino è l'unico possessore, è la Conoscenza, la Saggezza a possedere. Noi possiamo solo Esserla in quanto Essenti (Essere-enti), testimoniarla, ma non c'è certo un "noi" che la possiede e che quindi possa mai darla-donarla o viceversa riceverla.

Il punto e' che noi crediamo di essere qualcosa di ben individuato, crediamo di essere un soggetto ben preciso o che per lo meno, esista un soggetto di qualche fatta che possiamo essere.

E' estremamente difficile per un aspirante o per un discepolo riconoscere che la sua vera natura, o meglio tutto cio' che egli e', e' proprio quella "sensazione" di essere.

Siamo così abituati a pensare o credere o sentire di essere "qualcosa" (un qualcosa definito e individuato), che ci rifiutiamo di vivere o vedere che noi siamo proprio e solo quello stato che chiamiamo essere.
La pratica del testimone, di cui così spesso si parla, non serve a trovare il testimone (per il semplice fatto che "questo-costui" non esiste), ma per trovare la testimonianza.
Lo stesso di cui si menziona nella Gita, l'agire nel non agire, l'azione nella non azione.

"Colui che vede il non-agire (akarma) nell'agire (karma) e l'agire nel non-agire, quegli è il più savio tra gli uomini, è uno che ha realizzato lo yoga, che ha tutto compiuto. (Bhagavadgita IV, 18)

E' molto difficile entrare in questo ordine, perché è un ordine interiore, in cui esisti solo per servire; ed è difficile comprenderlo, occorre molto tempo per accettare che il vero cammino è di solo e puro servizio: significa che dell'aspirante rimane solo lo svolgimento karmico che diviene servizio alla Vita, per come essa pone e dispone.

Il servizio diventa essere, l'essere nella manifestazione, l'agire nel non-agire, il non-agire nell'agire.
Dattatreya sottolinea questo paradosso, perchè per tale viene vissuto dall'aspirante:
"Nessuna via può portare al Sè ma se non si percorre alcuna via non si può arrivare al Sè."
Un pò lo stesso paradosso che sosteneva Kodo Sawaki quando diceva...
"Fare la meditazione (zazen) non serve a niente. E finchè non si impara a fare la meditazione che non serve a niente, non serve a niente fare la meditazione".

Ho marcato un passaggio nel brano di cannaminor perchè se da un lato si giunge, con fatica, almeno io, alla consapevolezza che:
"Invero ciascuno di noi non ha nulla da dare, perché nulla possiede. Nessuno possiede la Saggezza, la Conoscenza. La Conoscenza/il Divino è l'unico possessore, è la Conoscenza, la Saggezza a possedere" e che, nel momento in cui accetta l'idea che ogni azione è da offrire come servizio perchè: "Il servizio diventa essere, l'essere nella manifestazione, l'agire nel non-agire, il non-agire nell'agire", ognuno di noi, che si sente interiormente chiamato all'interno di una determinata visione testimoniata da un Conoscitore, debba inevitabilmente fare i conti con i demoni che si mostrano quando "si fa servizio" pur se a una "buona causa".

Demoni che si rivelano su strade lastricate di buone intenzioni, perchè mentre si crede di "fare il bene", di fare servizio a un Maestro in umiltà e donazione di sè, si tenta comunque di proporre la propria interpretazione, la visione scaturita dalla propria sadhana di approfondimento di insegnamenti "altissimi" di Conoscitori qualificati (ad esempio Shankara, Ramana Maharshi o Sai Baba).

Finchè la visione universale non sarà davvero integrata fino al dissolvimento pieno di quella individuale e parziale che si propone nel mondo, si rischia di contnuare a proporre verità "dogmatiche" senza averne fatto esperienza, se non per tentativi, o pur avendone fatto esperienza accidentale, di non averla stabilizzata e pienamente integrata nella vita ordinaria e contingente.

Ecco che si diventa una sirena che canta a marinai storditi tra le onde.

L'obiettivo dell'io, di mettersi al servizio, di costruire un ordine interiore in cui l'io esiste solo per servire accettando che il vero cammino è di solo e puro servizio, è si nobile, ma occorre riflettere costantemente sui rischi di chi pensa di essere pienamente al servizio di un Principio.

E' facile inebriarsi del pensiero che il nostro servizio potrà guarire altri o facilitarne la liberazione in vita.
L'io riprende le redini pensando di poter guidare il carro, ma riesce a vedere gli obiettivi non dichiarati che impulsano l'azione individuale?

L'obiettivo non dichiarato è forse quello di aiutare altri a vedere ciò che si crede giusto?

E' indottrinarlo sinteticamente su verità universali che solo un cieco non vedrebbe essendo rimarcate in mille modi diversi nella sruti e nelle testimonianze dei Conoscitori e degli esseri considerati divini dalle masse?

E' quello di sostituirsi al Guru come un facilitatore autorizzato dal fatto di averne letto i libri, ascoltato i discorsi, incontrato dal vero qualche volta nella vita o ricevuto una alta carica nell'organizzazione/associazione spirituale dei suoi devoti?

Cosa qualifica il servitore come tale e protegge dal diventare una sirena che canta?

Che poi il rischio è doppio, secondo me, perchè: chi lavora per un Guru (semplifico) rischia l'inebriamento del potere di poter "parlare di lui e del suo insegnamento" agli altri, invece chi resta nel silenzio per evitare di diventar sirena, non testimonia un fico secco della propria esperienza e si nega alla condivisione.

Non è facile tenere la rotta.

Vi segnalo in proposito un brano di Premadharma pubblicato nel Quaderno Vedanta n. 160, "Le verità dogmatiche e il dogmatismo"
in cui si precisa che:

Il termine "sirena" è un eufemismo usato per indicare chi propone determinate vie come nuove o le semplifica non tenendo conto delle esperienze pregresse, o senza marcare le eventuali difficoltà secondo le indoli di ciascuno. Proporre la non dualità tout court in qualsiasi ambito, a qualsiasi tipologia di persona, senza tenere conto della maturità di ciascuno, viene ritenuto pernicioso da coloro che l'hanno testimoniata; parimenti viene ritenuto da chi la pratica.
L'insegnamento delle sirene mostra una fragilità e incompletezza, spesso incarnata da loro stesse e dai rispettivi seguaci, pronti a scagliare anatemi,
insinuazioni, accuse varie a coloro che non condividono la loro visione.
Caratteristica di questi seguaci, ma anche di queste "sirene" è di parlare di una Non dualità accessibile e venerabile, molto spesso a pagamento.
Spesso l'essere sirena è una professione.
Noi tutti spereremmo tanto che le sirene abbiano ragione, nulla ci darebbe più gioia di un mondo fantastico ove basta schioccare le dita e tutti saremmo saggi, pacificati e realizzati. Purtroppo facciamo i conti con la nostra pluriennale esperienza, con migliaia di anni di esperienza altrui, con quella dei nostri istruttori.
Ma poiché riteniamo molteplici le possibilità che dona la Vita, non disperiamo e speriamo sempre che se "tutto accade senza causa alcuna", accadrà anche per noi al pari dei seguaci delle sirene. Nel frattempo noi continuiamo a praticare le istruzioni ricevute, compatibilmente con i nostri doveri di figli, genitori, studenti, lavoratori, studiosi, cittadini, persone, nel rispetto di ogni altra persona, pronti a difendere il diritto di professare e praticare la nostra interiorità come meglio riteniamo."


Liberamente ricevuto, liberamente dato.

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Fedro
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Re: Liberamente ricevuto, liberamente dato.

Messaggio da Fedro » 21/10/2018, 14:07

Riguardo il famigerato servizio di cui si parla:
sin quando si crede che vi sia sia un io a scegliere cos'è giusto o sbagliato, da fare o non fare, non credo proprio che se ne possa disquisire in modo utile.
Dire che è la Vita che dispone, non dev'essere una frase fatta, se restiamo strumenti di ciò che ci si pone, senza averlo scelto, accettato o rifiutato.
Fuori da questo disporsi, si spalanca il sentirsi utili, inutili, giusti, sbagliati...quindi ricadiamo nella dinamica del giudizio, ovvero dell'io, e non se ne esce.
L'unica istanza che, da come vedo, non può mai fallire, è quella che scaturisce libera in questo momento, quindi non è frutto di ragionamenti, sensi di colpa, o per dare all'io foraggio per perpetuarsi o darsi senso. E, in quanto libera, non ci appartiene, è dell'Essere.

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Re: Liberamente ricevuto, liberamente dato.

Messaggio da cielo » 23/10/2018, 18:05

Fedro ha scritto:
21/10/2018, 14:07
Riguardo il famigerato servizio di cui si parla:
sin quando si crede che vi sia sia un io a scegliere cos'è giusto o sbagliato, da fare o non fare, non credo proprio che se ne possa disquisire in modo utile.
Dire che è la Vita che dispone, non dev'essere una frase fatta, se restiamo strumenti di ciò che ci si pone, senza averlo scelto, accettato o rifiutato.
Fuori da questo disporsi, si spalanca il sentirsi utili, inutili, giusti, sbagliati...quindi ricadiamo nella dinamica del giudizio, ovvero dell'io, e non se ne esce.
L'unica istanza che, da come vedo, non può mai fallire, è quella che scaturisce libera in questo momento, quindi non è frutto di ragionamenti, sensi di colpa, o per dare all'io foraggio per perpetuarsi o darsi senso. E, in quanto libera, non ci appartiene, è dell'Essere.
Il servizio non è mai famigerato se la persona che lo intraprende lo fa di "cuore", ossia, secondo la mia visione, senza aspettative di risultato, retribuzione, desiderio di lode e di fama, nonchè di apprezzamento, interlocuzione, dialogo, confronto.
E anche senza pensare che sta facendo qualcosa di grande e di nobile (parte difficile perchè il piacere è connesso alla "buona azione")
E' servizio se lo mette semplicemente come un pezzo di pane o una forma di formaggio su una tavolata imbandita, avendo cura di offrire un prodotto sano e digeribile, preparato e cotto con cura.
Fuor di metafora, un servizio "di cuore" è raro e prezioso, onora soprattutto chi lo riceve il quale, spinto dalla gratitudine, cerca in sè stesso un modo per "ricambiare" quanto ricevuto, pur sapendo che non equilibrerà la bilancia tra l'avuto e il dato.
E sarà sempre l'Essere a giocare tra sè e sè.

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Re: Liberamente ricevuto, liberamente dato.

Messaggio da Fedro » 23/10/2018, 19:49

cielo ha scritto:
23/10/2018, 18:05

Il servizio non è mai famigerato se la persona che lo intraprende lo fa di "cuore", ossia, secondo la mia visione, senza aspettative di risultato, retribuzione, desiderio di lode e di fama, nonchè di apprezzamento, interlocuzione, dialogo, confronto.
per chiarezza: ho usato il termine famigerato, sol perchè è emerso spesso questo aspetto, accendendo sempre gli animi
E anche senza pensare che sta facendo qualcosa di grande e di nobile (parte difficile perchè il piacere è connesso alla "buona azione")
E' servizio se lo mette semplicemente come un pezzo di pane o una forma di formaggio su una tavolata imbandita, avendo cura di offrire un prodotto sano e digeribile, preparato e cotto con cura.
Fuor di metafora, un servizio "di cuore" è raro e prezioso, onora soprattutto chi lo riceve il quale, spinto dalla gratitudine, cerca in sè stesso un modo per "ricambiare" quanto ricevuto, pur sapendo che non equilibrerà la bilancia tra l'avuto e il dato.
E sarà sempre l'Essere a giocare tra sè e sè.
concordo sulla rarità da cui scaturisce questa "offerta"

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