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Pensiero del Giorno - Riflessioni

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latriplice
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Re: Pensiero del Giorno - Riflessioni

Messaggio da latriplice » 27/09/2017, 23:10

NowHere ha scritto:
14/09/2017, 7:56
Samadhi vuol dire letteralmente mettere insieme , ed indica la non-separazione tra il percettore ed il percepito. Secondo me in questa non-separazione non c'è spazio per alcun "orgasmo" (è solo una mia opinione, non l'ho realizzato).
Se c'è consapevolezza di un piacere, per quanto cosmico possa essere, c'è ancora il DUE.
Il "mettere insieme" denota un fare che risulta nell'esperienza della non-separazione, letteralmente.

E' il significato in voga negli ambienti spirituali, cioè che il samadhi si riferisce spesso ad uno stato libero dal pensiero, che previa concessione di Ishvara, si esperisce in meditazione.

La conoscenza è la chiave dal momento che la conoscenza è l'unica cosa che rimuove l'ignoranza, che è la mulabandha, la radice del problema.

Ed in questo contesto significa che il samadhi non è una esperienza ma la tua natura essenziale. Il termine indica una mente che valuta tutto allo stesso modo. Sama significa "uguale" e dhi significa buddhi o l'intelletto.

Il che porta a pensare che un saggio valuta allo stesso modo una cacca di vacca e una pepita d'oro a tal punto da recarsi in banca e depositare la cacca di vacca.

Ma non è quello che si intende.

Quando la mente ha assimilato l'auto-conoscenza e riconosce che la moltitudine di nomi e forme (nama-rupa) che costituisce l'universo manifesto condivide la stessa natura essenziale della pura consapevolezza, allora uno "sa" e dimora nel samadhi che è anche la propria essenziale natura.

Qualsiasi esperienza di beatitudine non-duale, che di solito lo si definisce come samadhi, inevitabilmente termina. Mentre la visione non-duale che risulta dall'assimilazione dell'auto-conoscenza rimane permanentemente.

Alla fine è solo un problema di conoscenza.

cielo
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Re: Pensiero del Giorno - Riflessioni

Messaggio da cielo » 28/09/2017, 9:16

latriplice ha scritto:
27/09/2017, 23:10
NowHere ha scritto:
14/09/2017, 7:56
Samadhi vuol dire letteralmente mettere insieme , ed indica la non-separazione tra il percettore ed il percepito. Secondo me in questa non-separazione non c'è spazio per alcun "orgasmo" (è solo una mia opinione, non l'ho realizzato).
Se c'è consapevolezza di un piacere, per quanto cosmico possa essere, c'è ancora il DUE.
Il "mettere insieme" denota un fare che risulta nell'esperienza della non-separazione, letteralmente.

E' il significato in voga negli ambienti spirituali, cioè che il samadhi si riferisce spesso ad uno stato libero dal pensiero, che previa concessione di Ishvara, si esperisce in meditazione.

La conoscenza è la chiave dal momento che la conoscenza è l'unica cosa che rimuove l'ignoranza, che è la mulabandha, la radice del problema.

Ed in questo contesto significa che il samadhi non è una esperienza ma la tua natura essenziale. Il termine indica una mente che valuta tutto allo stesso modo. Sama significa "uguale" e dhi significa buddhi o l'intelletto.

Il che porta a pensare che un saggio valuta allo stesso modo una cacca di vacca e una pepita d'oro a tal punto da recarsi in banca e depositare la cacca di vacca.

Ma non è quello che si intende.

Quando la mente ha assimilato l'auto-conoscenza e riconosce che la moltitudine di nomi e forme (nama-rupa) che costituisce l'universo manifesto condivide la stessa natura essenziale della pura consapevolezza, allora uno "sa" e dimora nel samadhi che è anche la propria essenziale natura.

Qualsiasi esperienza di beatitudine non-duale, che di solito lo si definisce come samadhi, inevitabilmente termina. Mentre la visione non-duale che risulta dall'assimilazione dell'auto-conoscenza rimane permanentemente.

Alla fine è solo un problema di conoscenza.
Quindi tu sei uno di quelli che "sa" e dimori stabilmente nel samadhi savikalpa?
Come te la cavi con la vita quotidiana e con i colleghi, stai evitando che ti erigano degli altarini?

Mauro
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Re: Pensiero del Giorno - Riflessioni

Messaggio da Mauro » 28/09/2017, 11:28

"Non innaffiare la pianta, ed essa morirà".
Cit

ortica
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Re: Pensiero del Giorno - Riflessioni

Messaggio da ortica » 28/09/2017, 12:02

cielo ha scritto:
28/09/2017, 9:16
latriplice ha scritto:
27/09/2017, 23:10
NowHere ha scritto:
14/09/2017, 7:56
Samadhi vuol dire letteralmente mettere insieme , ed indica la non-separazione tra il percettore ed il percepito. Secondo me in questa non-separazione non c'è spazio per alcun "orgasmo" (è solo una mia opinione, non l'ho realizzato).
Se c'è consapevolezza di un piacere, per quanto cosmico possa essere, c'è ancora il DUE.
Il "mettere insieme" denota un fare che risulta nell'esperienza della non-separazione, letteralmente.

E' il significato in voga negli ambienti spirituali, cioè che il samadhi si riferisce spesso ad uno stato libero dal pensiero, che previa concessione di Ishvara, si esperisce in meditazione.

La conoscenza è la chiave dal momento che la conoscenza è l'unica cosa che rimuove l'ignoranza, che è la mulabandha, la radice del problema.

Ed in questo contesto significa che il samadhi non è una esperienza ma la tua natura essenziale. Il termine indica una mente che valuta tutto allo stesso modo. Sama significa "uguale" e dhi significa buddhi o l'intelletto.

Il che porta a pensare che un saggio valuta allo stesso modo una cacca di vacca e una pepita d'oro a tal punto da recarsi in banca e depositare la cacca di vacca.

Ma non è quello che si intende.

Quando la mente ha assimilato l'auto-conoscenza e riconosce che la moltitudine di nomi e forme (nama-rupa) che costituisce l'universo manifesto condivide la stessa natura essenziale della pura consapevolezza, allora uno "sa" e dimora nel samadhi che è anche la propria essenziale natura.

Qualsiasi esperienza di beatitudine non-duale, che di solito lo si definisce come samadhi, inevitabilmente termina. Mentre la visione non-duale che risulta dall'assimilazione dell'auto-conoscenza rimane permanentemente.

Alla fine è solo un problema di conoscenza.
Quindi tu sei uno di quelli che "sa" e dimori stabilmente nel samadhi savikalpa?
Come te la cavi con la vita quotidiana e con i colleghi, stai evitando che ti erigano degli altarini?

Se c'è un atteggiamento che da tempo osservo con un misto di stupore e curiosità è l'ossessione di certuni nel proporsi come maestri e nel cercare a tutti i costi il riconoscimento altrui delle proprie presunte realizzazioni che vanno vantando in giro per il mondo quale coda del pavone.
Temo che costoro ignorino cosa significhi realmente essere un riferimento tradizionale anche per una sola persona, quale ne sia il costo in termini di presenza ed attenzione ferme e costanti.
Se appena appena ne avessero cognizione - anche solo per averne intravisto uno da lontano - sarebbero estremamente riluttanti a qualsivoglia forma di riconoscimento.

latriplice
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Re: Pensiero del Giorno - Riflessioni

Messaggio da latriplice » 28/09/2017, 15:32

Cielo ha scritto:

Quindi tu sei uno di quelli che "sa" e dimori stabilmente nel samadhi savikalpa?
Come te la cavi con la vita quotidiana e con i colleghi, stai evitando che ti erigano degli altarini?
Non è che ci dimori come fosse una esperienza discreta diversa dalle altre. Mi sembra di essere stato chiaro che quel "sapere" escluda questa nozione tipica degli yoghi. E' un "sapere" data dall'auto-conoscenza che io (consapevolezza) non dipendo dall'esperienza ma che questa dipende da me. E se dipende da me, il suo contenuto non può essere altro che me stesso. Questo "sapere" (jnana) porta la mente a valutare tutto allo stesso modo (sama=uguale, dhi=intelletto) indipendentemente dal contenuto dell'esperienza, in una visione non duale. Pertanto è un samadhi naturale e definitivo in conformità alla tua natura essenziale.

Certamente lo yoga può essere un percorso prezioso per preparare la mente all'illuminazione, ma lo yoga non è un mezzo per la liberazione.

Se tu fossi qui per non essere qui, non saresti qui.

La credenza nella non-dualità esperibile è chiamata yoga. Lo yoga è dualità (dvaita) per definizione. Considera il Sé reale ed il mondo reale. La liberazione per costoro (dualisti) comporta la graduale eliminazione del mondo fino a quando il Sé rimane. Se questo è vero non c'è moksha, liberazione, per gli yoghi. Per moksha, devi capire che il mondo e il Sé non sono in conflitto. Se vuoi il moksha esperibile hai bisogno di perfezionare il nirvikalpa Samadhi, ma nessuno vuole il nirvikalpa Samadhi perché se lo sperimenti, non puoi sperimentare la tua vita. Se tu fossi qui per non essere qui, non saresti qui. Non puoi evitare la vita. Inoltre Samadhi termina ad un certo punto e richiede sforzo. E 'impossibile esercitare lo sforzo in modo costante pertanto prima o poi è destinato a cessare.

Il Vedanta d'altro canto ti fornisce linee guida, insegnamenti, che ti aiutano a indagare in modo tale da poter determinare se sei in realtà limitato. Quando indaghi il tuo Sé con l'aiuto di questa saggezza ti rendi conto che sei sempre libero. È per questo che la liberazione è spesso chiamata auto-realizzazione. Non è qualcosa che ottieni che non avevi, piuttosto è un fatto a cui ci si sveglia e ci si rende conto. Se c'è un qualche "fare" in questo percorso, è l'uso della tua intelligenza in modo pratico e discriminatorio per rimuovere i malintesi che hai su di te e sul mondo.

Lo yoga è un termine esperenziale. Significa collegarsi, unirsi e/o ottenere. Che cosa deve essere collegato, unito o ottenuto? Tu, un sé individuale, devi essere collegato o unito al Sé universale. E per fare questo, devi "scioglierti" o "fonderti" nel Sé universale in modo da perdere il senso di limitazione e sperimentare la libertà.

Non è forse questa la tua nozione di moksha?

Il Vedanta però stabilisce che siccome esiste solo un Sé e che non è separato dal mondo, qualunque cosa tu esperisca è sempre e solo il Sé ... pertanto l'idea di cercare un'esperienza speciale e discreta definendola illuminazione è errata. Tuttavia l'esperienza di unione che lo yoga provoca conferma la tesi del Vedanta che si tratta infatti di una realtà non duale nonostante le apparenze dicano il contrario.

Per scoprire se lo yoga funziona dobbiamo esaminare la natura del karma. Karma significa azione. Significa le cose che fai ed i risultati delle cose che fai. La natura del karma è in aperto contrasto con la nozione yoghica della liberazione. Perché? Perché l'azione dipende da un agente e dalle motivazioni dell'agente. Deve esserci qualcuno per compiere l'azione. Secondo lo yoga, il praticante che pratica lo yoga è limitato e vuole diventare illimitato ("fondersi nel Sé" o "diventare uno con Dio") attraverso tale pratica. Quindi questa persona compie certe pratiche per produrre il risultato desiderato. Lo yoga è una disciplina dura e molto lunga che coinvolge molte fasi e pratiche, tra cui la pratica della meditazione e il tentativo di coltivare i samadhi, certi stati sottili della mente.

Ma il problema è: come può una persona limitata produrre un'azione o una serie di azioni che assicurino un risultato permanente illimitato? Anche migliaia di piccole azioni sommandosi non producono l'infinito.
Pertanto come potrai essere libero in questo modo? Infatti, il problema è più grave di quanto sembri perché gli yoghi sono quasi sempre assuefatti dalla beatitudine che provengono da questi sottili stati d'animo e soffrono notevolmente quando la mente torna a stati più grossolani. Questo problema deriva dall'incapacità dello yoga di accettare il fatto che l'esperienza è soggetta al cambiamento.

Non esiste un'esperienza permanente piacevole, non importa quanto sottile, che dura per sempre. Vedanta risolve il problema del karma stabilendo chiaramente che sei il Sé, la consapevolezza illimitata e perciò non sei un agente. Se puoi osservare questo, o osservare chiaramente che l'azione non produrrà la libertà, allora puoi vedere che il problema non è quello di ottenere un'esperienza di illuminazione, ma di eliminare l'ignoranza di Sé.

Significa che seguiamo Vedanta e butto via lo Yoga? Non è così semplice. In realtà lo Yoga è una parte molto necessaria del proprio percorso spirituale. Perché? Perché la realizzazione del Sé dipende dalla natura della mente. La realizzazione del Sé avviene in quella parte del Sé chiamata mente. Il Sé è già libero e lo sa, quindi non c'è bisogno di risvegliarlo, ma una parte di essa ha (improbabile) dimenticato questo fatto. Se la mente è ottusa (tamasica) o passionale (rajasica), la realizzazione del Sé non avrà luogo.

Certamente puoi avere una visione fugace di un risveglio, ma quando la mente ridiventa rajasica o tamasica, inizi nuovamente a sentirti limitata e la realizzazione della non-dualità scompare con essa. Quindi la mente deve essere chiara e molto attenta per accogliere l'auto-conoscenza.

Qui entra in gioco lo yoga che è una serie di pratiche, uno stile di vita che genera una mente chiara e viva, capace di fare un'indagine sostenuta e attenta per vedere se il Sé è limitato o illimitato. Lo yoga funziona perché la mente è limitata e le azioni (karma) può influenzarla. L'unico problema, che è sempre un problema di azione, è che devi continuare a fare le pratiche per ottenere i risultati ... almeno fino a quando diventa stabile e coinvolge poco o nessun sforzo. Pertanto lo Yoga è un mezzo efficace per preparare la mente per l'auto-indagine.

Siccome lo Yoga ha un effetto profondo sull'esperienza di una persona da causare stati estatici (samadhi), si è portati a convincersi che c'è qualcosa oltre la mente, uno stato di unione, una beatitudine infinita, ecc. Quando questi stati vengono esperiti per un certo tempo, succede che molti yoghi iniziano a svolgere una indagine sulla natura del Sé. Cioè pongono domande su questo "stato" o "essere" che è "oltre". Oppure si pongono domande sullo sperimentatore, la persona, che sta avendo l'esperienza dell'unità. È separato dall'esperienza o in realtà sta solo sperimentando il proprio Sé? È la natura della mente di indagare sul significato dell'esperienza. Di solito le persone del mondo spirituale hanno comunque una certa conoscenza del Sé: dalla lettura, dalla frequentazione dei satsang e dall'esperienza diretta. In India, dove l'idea di Yoga si è sviluppata a fianco del Vedanta diverse migliaia di anni fa, molti yoghi hanno familiarità con gli insegnamenti del Vedanta e li trovano assolutamente essenziali per eliminare i dubbi che nascono dalla propria esperienza.

Ramana è un buon esempio di uno yoghi che ha compreso il valore dello Yoga e del Vedanta. È caduto in un samadhi quando era piuttosto giovane e realizzò il Sé, ma sedette in meditazione per molti anni facendo un'indagine sul Sé, rimuovendo i dubbi rimasti, finché non era più necessario sedersi in meditazione (Yoga) o fare un indagine (Vedanta). Ecco perché, come le Upanisad e la maggior parte dei testi vedantici, ha incoraggiato sia la pratica del samadhi che la pratica dell'indagine sul Sé.

Il problema centrale con lo Yoga è che accetta l'idea che il Sé sia ​​uno sperimentatore, un agente e un fruitore. Questo lo rende molto attraente per le persone, perché è proprio come esse si vedono. Certo, lo scopo dello Yoga è quello di "sciogliere" l'agente, lo sperimentatore nell'infinito, "unire" l'onda all'oceano, ma che tipo di dissoluzione è questo? È una dissoluzione di qualche entità solida, una persona reale, in una sottile massa amorfa di coscienza o è semplicemente la negazione della credenza che uno è limitato?

In realtà, non c'è nessun problema perché non si può cessare di esistere ... puoi solo credere che tu lo possa. Quando il tuo ego si scioglie questo non è la fine di niente. È l'inizio di una visione più grande. Vedanta risolve questo problema affermando chiaramente che il Sé non è un agente o un fruitore. Se tu pensi di essere un agente e un fruitore, bene lo stesso. Ma suggerisce di avere uno sguardo più ampio per vedere se non sei ancora qualcosa di più. I suoi insegnamenti rivelano un'identità molto più grande, quella che comprende e trascende l'ego, permettendoti di operare nel mondo come sempre, senza la sensazione di limitazione.

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Re: Pensiero del Giorno - Riflessioni

Messaggio da Fedro » 28/09/2017, 15:53

Insomma, basta non credere allo yoga, basta non credere di essere agente, basta non credere a ciò in cui a sinora creduto, dunque aderendo a delle idee ad esse opposte, che il gioco è già accaduto (anzi mai accaduto, visto che manco questo è, come insegna ogni buon intellettual neodvaita).
Che dire... beato te che ci credi!

Mauro
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Re: Pensiero del Giorno - Riflessioni

Messaggio da Mauro » 28/09/2017, 15:57

Mauro ha scritto:
28/09/2017, 11:28
"Non innaffiare la pianta, ed essa morirà".
Cit
E voi innaffiate, innaffiate... forse sperando che annegherà?

Ritengo che l'ultimo post di latriplice sia molto bello, vero, esaustivo.
Non credo che nessuno qui (a parte Fedro, leggo), possa criticarlo.
Non ha bisogno di correzioni, critiche, obiezioni.
Quello che scrive è condivisibile da chiunque abbia un minimo di esperienza del vedanta e dello yoga.
Quindi credo sia inutile innaffiare qualcosa che è già sbocciato, cresciuto, maturato.
A pena di farlo marcire.

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Re: Pensiero del Giorno - Riflessioni

Messaggio da Fedro » 28/09/2017, 17:50

Mauro ha scritto:
28/09/2017, 15:57
Quello che scrive è condivisibile da chiunque abbia un minimo di esperienza del vedanta e dello yoga.
Mauro contento tu, contenti tutti.
Lo stesso vale per la triplice.
Non ho interesse a criticare alcunché, visto che chiunque se la può raccontare come meglio crede, anche che basti avere "un minimo di esperienza del vedanta " (?) per come dici tu.
Per far cosa, non ho capito...
D'altronde coppe non se ne vincono ne perdono, che non per se stessi, e ciascuno sta bene dove sta ( o laddove presume di essere, fatti suoi)

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Re: Pensiero del Giorno - Riflessioni

Messaggio da Mauro » 28/09/2017, 19:17

Fedro, non credo tu abbia letto l'ultimo post di latriplice.
A me sembra che stai solo battendo i calci come i bambini.
Alimentando il ginepraio di parole che pure tu dici di voler evitare.

cielo
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Re: Pensiero del Giorno - Riflessioni

Messaggio da cielo » 28/09/2017, 19:34

latriplice ha scritto:
28/09/2017, 15:32
Cielo ha scritto:

Quindi tu sei uno di quelli che "sa" e dimori stabilmente nel samadhi savikalpa?
Come te la cavi con la vita quotidiana e con i colleghi, stai evitando che ti erigano degli altarini?
Non è che ci dimori come fosse una esperienza discreta diversa dalle altre. Mi sembra di essere stato chiaro che quel "sapere" escluda questa nozione tipica degli yoghi. E' un "sapere" data dall'auto-conoscenza che io (consapevolezza) non dipendo dall'esperienza ma che questa dipende da me. E se dipende da me, il suo contenuto non può essere altro che me stesso. Questo "sapere" (jnana) porta la mente a valutare tutto allo stesso modo (sama=uguale, dhi=intelletto) indipendentemente dal contenuto dell'esperienza, in una visione non duale. Pertanto è un samadhi naturale e definitivo in conformità alla tua natura essenziale.

Certamente lo yoga può essere un percorso prezioso per preparare la mente all'illuminazione, ma lo yoga non è un mezzo per la liberazione.

Se tu fossi qui per non essere qui, non saresti qui.

La credenza nella non-dualità esperibile è chiamata yoga. Lo yoga è dualità (dvaita) per definizione. Considera il Sé reale ed il mondo reale. La liberazione per costoro (dualisti) comporta la graduale eliminazione del mondo fino a quando il Sé rimane. Se questo è vero non c'è moksha, liberazione, per gli yoghi. Per moksha, devi capire che il mondo e il Sé non sono in conflitto. Se vuoi il moksha esperibile hai bisogno di perfezionare il nirvikalpa Samadhi, ma nessuno vuole il nirvikalpa Samadhi perché se lo sperimenti, non puoi sperimentare la tua vita. Se tu fossi qui per non essere qui, non saresti qui. Non puoi evitare la vita. Inoltre Samadhi termina ad un certo punto e richiede sforzo. E 'impossibile esercitare lo sforzo in modo costante pertanto prima o poi è destinato a cessare.

Il Vedanta d'altro canto ti fornisce linee guida, insegnamenti, che ti aiutano a indagare in modo tale da poter determinare se sei in realtà limitato. Quando indaghi il tuo Sé con l'aiuto di questa saggezza ti rendi conto che sei sempre libero. È per questo che la liberazione è spesso chiamata auto-realizzazione. Non è qualcosa che ottieni che non avevi, piuttosto è un fatto a cui ci si sveglia e ci si rende conto. Se c'è un qualche "fare" in questo percorso, è l'uso della tua intelligenza in modo pratico e discriminatorio per rimuovere i malintesi che hai su di te e sul mondo.

Lo yoga è un termine esperenziale. Significa collegarsi, unirsi e/o ottenere. Che cosa deve essere collegato, unito o ottenuto? Tu, un sé individuale, devi essere collegato o unito al Sé universale. E per fare questo, devi "scioglierti" o "fonderti" nel Sé universale in modo da perdere il senso di limitazione e sperimentare la libertà.

Non è forse questa la tua nozione di moksha?

Il Vedanta però stabilisce che siccome esiste solo un Sé e che non è separato dal mondo, qualunque cosa tu esperisca è sempre e solo il Sé ... pertanto l'idea di cercare un'esperienza speciale e discreta definendola illuminazione è errata. Tuttavia l'esperienza di unione che lo yoga provoca conferma la tesi del Vedanta che si tratta infatti di una realtà non duale nonostante le apparenze dicano il contrario.

Per scoprire se lo yoga funziona dobbiamo esaminare la natura del karma. Karma significa azione. Significa le cose che fai ed i risultati delle cose che fai. La natura del karma è in aperto contrasto con la nozione yoghica della liberazione. Perché? Perché l'azione dipende da un agente e dalle motivazioni dell'agente. Deve esserci qualcuno per compiere l'azione. Secondo lo yoga, il praticante che pratica lo yoga è limitato e vuole diventare illimitato ("fondersi nel Sé" o "diventare uno con Dio") attraverso tale pratica. Quindi questa persona compie certe pratiche per produrre il risultato desiderato. Lo yoga è una disciplina dura e molto lunga che coinvolge molte fasi e pratiche, tra cui la pratica della meditazione e il tentativo di coltivare i samadhi, certi stati sottili della mente.

Ma il problema è: come può una persona limitata produrre un'azione o una serie di azioni che assicurino un risultato permanente illimitato? Anche migliaia di piccole azioni sommandosi non producono l'infinito.
Pertanto come potrai essere libero in questo modo? Infatti, il problema è più grave di quanto sembri perché gli yoghi sono quasi sempre assuefatti dalla beatitudine che provengono da questi sottili stati d'animo e soffrono notevolmente quando la mente torna a stati più grossolani. Questo problema deriva dall'incapacità dello yoga di accettare il fatto che l'esperienza è soggetta al cambiamento.

Non esiste un'esperienza permanente piacevole, non importa quanto sottile, che dura per sempre. Vedanta risolve il problema del karma stabilendo chiaramente che sei il Sé, la consapevolezza illimitata e perciò non sei un agente. Se puoi osservare questo, o osservare chiaramente che l'azione non produrrà la libertà, allora puoi vedere che il problema non è quello di ottenere un'esperienza di illuminazione, ma di eliminare l'ignoranza di Sé.

Significa che seguiamo Vedanta e butto via lo Yoga? Non è così semplice. In realtà lo Yoga è una parte molto necessaria del proprio percorso spirituale. Perché? Perché la realizzazione del Sé dipende dalla natura della mente. La realizzazione del Sé avviene in quella parte del Sé chiamata mente. Il Sé è già libero e lo sa, quindi non c'è bisogno di risvegliarlo, ma una parte di essa ha (improbabile) dimenticato questo fatto. Se la mente è ottusa (tamasica) o passionale (rajasica), la realizzazione del Sé non avrà luogo.

Certamente puoi avere una visione fugace di un risveglio, ma quando la mente ridiventa rajasica o tamasica, inizi nuovamente a sentirti limitata e la realizzazione della non-dualità scompare con essa. Quindi la mente deve essere chiara e molto attenta per accogliere l'auto-conoscenza.

Qui entra in gioco lo yoga che è una serie di pratiche, uno stile di vita che genera una mente chiara e viva, capace di fare un'indagine sostenuta e attenta per vedere se il Sé è limitato o illimitato. Lo yoga funziona perché la mente è limitata e le azioni (karma) può influenzarla. L'unico problema, che è sempre un problema di azione, è che devi continuare a fare le pratiche per ottenere i risultati ... almeno fino a quando diventa stabile e coinvolge poco o nessun sforzo. Pertanto lo Yoga è un mezzo efficace per preparare la mente per l'auto-indagine.

Siccome lo Yoga ha un effetto profondo sull'esperienza di una persona da causare stati estatici (samadhi), si è portati a convincersi che c'è qualcosa oltre la mente, uno stato di unione, una beatitudine infinita, ecc. Quando questi stati vengono esperiti per un certo tempo, succede che molti yoghi iniziano a svolgere una indagine sulla natura del Sé. Cioè pongono domande su questo "stato" o "essere" che è "oltre". Oppure si pongono domande sullo sperimentatore, la persona, che sta avendo l'esperienza dell'unità. È separato dall'esperienza o in realtà sta solo sperimentando il proprio Sé? È la natura della mente di indagare sul significato dell'esperienza. Di solito le persone del mondo spirituale hanno comunque una certa conoscenza del Sé: dalla lettura, dalla frequentazione dei satsang e dall'esperienza diretta. In India, dove l'idea di Yoga si è sviluppata a fianco del Vedanta diverse migliaia di anni fa, molti yoghi hanno familiarità con gli insegnamenti del Vedanta e li trovano assolutamente essenziali per eliminare i dubbi che nascono dalla propria esperienza.

Ramana è un buon esempio di uno yoghi che ha compreso il valore dello Yoga e del Vedanta. È caduto in un samadhi quando era piuttosto giovane e realizzò il Sé, ma sedette in meditazione per molti anni facendo un'indagine sul Sé, rimuovendo i dubbi rimasti, finché non era più necessario sedersi in meditazione (Yoga) o fare un indagine (Vedanta). Ecco perché, come le Upanisad e la maggior parte dei testi vedantici, ha incoraggiato sia la pratica del samadhi che la pratica dell'indagine sul Sé.

Il problema centrale con lo Yoga è che accetta l'idea che il Sé sia ​​uno sperimentatore, un agente e un fruitore. Questo lo rende molto attraente per le persone, perché è proprio come esse si vedono. Certo, lo scopo dello Yoga è quello di "sciogliere" l'agente, lo sperimentatore nell'infinito, "unire" l'onda all'oceano, ma che tipo di dissoluzione è questo? È una dissoluzione di qualche entità solida, una persona reale, in una sottile massa amorfa di coscienza o è semplicemente la negazione della credenza che uno è limitato?

In realtà, non c'è nessun problema perché non si può cessare di esistere ... puoi solo credere che tu lo possa. Quando il tuo ego si scioglie questo non è la fine di niente. È l'inizio di una visione più grande. Vedanta risolve questo problema affermando chiaramente che il Sé non è un agente o un fruitore. Se tu pensi di essere un agente e un fruitore, bene lo stesso. Ma suggerisce di avere uno sguardo più ampio per vedere se non sei ancora qualcosa di più. I suoi insegnamenti rivelano un'identità molto più grande, quella che comprende e trascende l'ego, permettendoti di operare nel mondo come sempre, senza la sensazione di limitazione.
Post interessante con parti condivisibili.
Quello che invece non mi è chiaro è l'uso del "tu", della seconda persona singolare.
A chi ti stai rivolgendo?
Con le cose che scrivi ci vedrei meglio la forma impersonale o tutt'al più un noi, oppure stai vestendo i panni dell'istruttore che si rivolge all'allievo fiducioso, o stai facendo un sunto - cronistoria di parti delle conferenze in inglese di quel giovane Acarya di cui hai linkato dei video? Lo dico perchè ci sono un po' di inglesismi residui nello scritto, anche se, se ben ricordo, sei di madre lingua inglese.

Nessun problema, ognuno scrive come gli pare ed è "perfetto" per un forum di discussione filosofica quando non spara giudizi sminuendo e degradando i Riferimenti altrui, ma quel "tu" crea un senso di distinzione, separa chi "sa" da chi "non sa".
Poi fai tu.
Lasciando perdere le contrapposizioni tra i diversi darshana (yoga, samkya e vedanta mi piace dove dici:

In realtà, non c'è nessun problema perché non si può cessare di esistere ... puoi solo credere che tu lo possa. Quando il tuo ego si scioglie questo non è la fine di niente. È l'inizio di una visione più grande. Vedanta risolve questo problema affermando chiaramente che il Sé non è un agente o un fruitore. Se tu pensi di essere un agente e un fruitore, bene lo stesso. Ma suggerisce di avere uno sguardo più ampio per vedere se non sei ancora qualcosa di più. I suoi insegnamenti rivelano un'identità molto più grande, quella che comprende e trascende l'ego, permettendoti di operare nel mondo come sempre, senza la sensazione di limitazione.

Condivido, anche se per perdere la sensazione di limitazione definitivamente, bisognerebbe mantenere la consapevolezza di quell'Essere immutabile e senza condizioni, h. 24.
Il lavoro di una vita intera (visto che vestiamo un corpo) o forse di più vite, per chi vede un percorso evolutivo da qui a là.
E' importante dirigere sè stessi verso i mezzi idonei a riconoscere il Sè dimenticando il sè, evento che, purtroppo, non accade da solo, per il solo crederci. Anche se il frutto cade dall'albero quando è maturo o per un colpo di vento, ma nella maggior parte dei casi i frutti maturano grazie all'acqua e al sole e con una buona terra dove affondare le radici in profondità.

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Re: Pensiero del Giorno - Riflessioni

Messaggio da Fedro » 28/09/2017, 21:11

Rileggendolo, si percepisce che sia una traduzione, (ad esempio, bisogna conoscere a fondo le abitudini degli yogin dell'India per poterne dare dettagli sull'iter della loro pratica).
Come inoltre dice cielo, il tono è da satsang, da insegnamento quindi.
A me non è mai riguardato lo yoga come pratica, forse per questo non ho considerato in particolare lo scritto e dunque altri potranno trovarlo interessante.
Non fa parte della mia pratica contrapporre questo per eleggere quello, ovvero porre una nuova idea più valida al posto della vecchia. M'interessa il riconoscere il cosa non è, ma lasciando al suo posto un campo libero di possibilità, che non appartengono quindi più ad un me che possa affermare od ad un presunto testimone che debba dirne come suo possesso.
Questo è il neti neti per me, questa la mia pratica, il resto non m' importa. Buona continuazione

cielo
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Re: Pensiero del Giorno - Riflessioni

Messaggio da cielo » 28/09/2017, 22:27

Fedro ha scritto:
28/09/2017, 21:11
Rileggendolo, si percepisce che sia una traduzione, (ad esempio, bisogna conoscere a fondo le abitudini degli yogin dell'India per poterne dare dettagli sull'iter della loro pratica).
Come inoltre dice cielo, il tono è da satsang, da insegnamento quindi.
A me non è mai riguardato lo yoga come pratica, forse per questo non ho considerato in particolare lo scritto e dunque altri potranno trovarlo interessante.
Non fa parte della mia pratica contrapporre questo per eleggere quello, ovvero porre una nuova idea più valida al posto della vecchia. M'interessa il riconoscere il cosa non è, ma lasciando al suo posto un campo libero di possibilità, che non appartengono quindi più ad un me che possa affermare od ad un presunto testimone che debba dirne come suo possesso.
Questo è il neti neti per me, questa la mia pratica, il resto non m' importa. Buona continuazione
Perchè dove vai?
Non continui, ti interrompi?

Mauro
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Re: Pensiero del Giorno - Riflessioni

Messaggio da Mauro » 29/09/2017, 8:15

Nell'ultimo post di latriplice non ho visto contrapporre una visione all'altra ma al contrario una complementarità, come da sempre insegna il vedanta.

E foss'anche una traduzione da un altro testo?
Cos'è che ti urta, Fedro?
Qualche convinzione che hai che non collima con quello che leggi?
Questo basta a criticare quel post da te superficialmente letto (lo hai ammesso tu) e a fare l'indispettito?

Ritengo più giusto criticare alcune modalità con cui latriplice si pone, come ha fatto ortica e in parte cielo, e talvolta il fatto che lui-in sostanza- ripeta pedissequamente la stessa cosa (critica che ho fatto io stesso), e lo faccia spesso in modalità da "istruttore", ma sul contenuto cristallino del suo ultimo post credo nessuno possa obiettare.

Perchè allora continui a sbuffare e minacci di andartene dalla conversazione?
Approfitta di ciò per osservare i tuoi moti, Fedro.

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Re: Pensiero del Giorno - Riflessioni

Messaggio da Fedro » 29/09/2017, 8:38

cielo ha scritto:
28/09/2017, 22:27
Perchè dove vai?
Non continui, ti interrompi?
Ma no, riguardava solo sul fermarmi riguardo un argomentare che non è della propria bisaccia, perquanto spacciato per tale; non m'interessano le monete false, preferisco quelle bucate

Mauro
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Re: Pensiero del Giorno - Riflessioni

Messaggio da Mauro » 29/09/2017, 9:03

Fedro ha scritto:
29/09/2017, 8:38
cielo ha scritto:
28/09/2017, 22:27
Perchè dove vai?
Non continui, ti interrompi?
Ma no, riguardava solo sul fermarmi riguardo un argomentare che non è della propria bisaccia, perquanto spacciato per tale; non m'interessano le monete false, preferisco quelle bucate
Quello che sta facendo carte false in questo caso sei solo tu. Pensaci: chi ha iniziato quell' argomentare "che non appartiene alla tua bisaccia"?

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Re: Pensiero del Giorno - Riflessioni

Messaggio da Fedro » 29/09/2017, 9:21

Mauro ha scritto:
29/09/2017, 9:03
Fedro ha scritto:
29/09/2017, 8:38
cielo ha scritto:
28/09/2017, 22:27
Perchè dove vai?
Non continui, ti interrompi?
Ma no, riguardava solo sul fermarmi riguardo un argomentare che non è della propria bisaccia, perquanto spacciato per tale; non m'interessano le monete false, preferisco quelle bucate
Quello che sta facendo carte false in questo caso sei solo tu. Pensaci: chi ha iniziato quell' argomentare "che non appartiene alla tua bisaccia"?
Rispondo pure, se mi marchi cosa non mi appartiene di quel che ho detto

latriplice
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Re: Pensiero del Giorno - Riflessioni

Messaggio da latriplice » 29/09/2017, 23:14

Cielo ha scritto:

Quello che invece non mi è chiaro è l'uso del "tu", della seconda persona singolare.
A chi ti stai rivolgendo?
Al tuo ego.

Contrariamente alla nozione popolare nel mondo "spirituale", l'ego non ha bisogno, non dovrebbe, e in tutta onestà non può essere eliminato.

Dal momento che la rimozione dell'ignoranza sulla propria vera natura, che è il problema fondamentale che sta alla base di ogni senso di limitazione e conseguente sofferenza, può essere realizzata solo attraverso l'assimilazione della conoscenza, la conoscenza è accessibile solo ad una mente capace di condurre il pensiero e questa facoltà è possibile solo in presenza dell'ego.

Suona strano vero? Abituati come siamo alla castroneria colossale dell'uccidi l'ego. Come puoi immaginare, gli "eterni" aspiranti discepoli abbondano per questo motivo a forza di combattere le supposte inferenze dell'ego. Che poi è sempre l'ego dall'altra parte della barricata. C'è qui un esempio che ogni tanto quando interviene bofonchia qualcosa.

L'ego è il pensiero fondamentale che necessariamente precede tutti gli altri pensieri, pertanto l'ego è utile ed indispensabile alla tua auto-indagine. L'ego deve essere compreso solo per ciò che è, il senso dell'io (ahamkara), che è semplicemente uno trai i tanti pensieri che sorgono nella mente. E' il pensiero fondamentale, "io sono", in assenza della quale nessun altro pensiero è possibile. Nonostante la nozione "io sono" è la base per tutti gli concetti erronei che sovrapponiamo sulla pura consapevolezza, è anche quello che conduce l'auto-indagine per giungere a riconoscersi nella pura consapevolezza, che equivale a moksha, la liberazione.

cielo
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Re: Pensiero del Giorno - Riflessioni

Messaggio da cielo » 30/09/2017, 10:16

latriplice ha scritto:
29/09/2017, 23:14
Cielo ha scritto:

Quello che invece non mi è chiaro è l'uso del "tu", della seconda persona singolare.
A chi ti stai rivolgendo?
Al tuo ego.

Contrariamente alla nozione popolare nel mondo "spirituale", l'ego non ha bisogno, non dovrebbe, e in tutta onestà non può essere eliminato.

Dal momento che la rimozione dell'ignoranza sulla propria vera natura, che è il problema fondamentale che sta alla base di ogni senso di limitazione e conseguente sofferenza, può essere realizzata solo attraverso l'assimilazione della conoscenza, la conoscenza è accessibile solo ad una mente capace di condurre il pensiero e questa facoltà è possibile solo in presenza dell'ego.

Suona strano vero? Abituati come siamo alla castroneria colossale dell'uccidi l'ego. Come puoi immaginare, gli "eterni" aspiranti discepoli abbondano per questo motivo a forza di combattere le supposte inferenze dell'ego. Che poi è sempre l'ego dall'altra parte della barricata. C'è qui un esempio che ogni tanto quando interviene bofonchia qualcosa.

L'ego è il pensiero fondamentale che necessariamente precede tutti gli altri pensieri, pertanto l'ego è utile ed indispensabile alla tua auto-indagine. L'ego deve essere compreso solo per ciò che è, il senso dell'io (ahamkara), che è semplicemente uno trai i tanti pensieri che sorgono nella mente. E' il pensiero fondamentale, "io sono", in assenza della quale nessun altro pensiero è possibile. Nonostante la nozione "io sono" è la base per tutti gli concetti erronei che sovrapponiamo sulla pura consapevolezza, è anche quello che conduce l'auto-indagine per giungere a riconoscersi nella pura consapevolezza, che equivale a moksha, la liberazione.
Ah ecco. Di solito qui ci si rivolge alle persone nella loro integrità di ego e atma, ma evidentemente c'è chi agisce altrimenti e vuole usare la "sua" spina per sradicare quella altrui.
Il resto che scrivi è condivisibile, è vero che nonostante la nozione "io sono" sia la base di tutti i concetti erronei che sovrapponiamo sulla pura consapevolezza, è anche quella che conduce l'auto-indagine per giungere a riconoscersi nella pura consapevolezza stessa. La spina che toglie l'altra spina, piantata nella carne. Da "io sono" a "Sono".
Ti ringrazio per il tuo sforzo di farmi prendere consapevolezza che io sono. Ti aggiornerò in caso di liberazione.

ortica
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Re: Pensiero del Giorno - Riflessioni

Messaggio da ortica » 30/09/2017, 10:20

Mauro ha scritto:
28/09/2017, 15:57
Mauro ha scritto:
28/09/2017, 11:28
"Non innaffiare la pianta, ed essa morirà".
Cit
E voi innaffiate, innaffiate... forse sperando che annegherà?

Ritengo che l'ultimo post di latriplice sia molto bello, vero, esaustivo.
Non credo che nessuno qui (a parte Fedro, leggo), possa criticarlo.
Non ha bisogno di correzioni, critiche, obiezioni.
Quello che scrive è condivisibile da chiunque abbia un minimo di esperienza del vedanta e dello yoga.
Quindi credo sia inutile innaffiare qualcosa che è già sbocciato, cresciuto, maturato.
A pena di farlo marcire.

Non sono d'accordo.
Il post è chiaramente una traduzione (pessima) di un brano piuttosto confuso di cui non si cita la fonte.
Questo costituisce già un primo errore perché impedisce a chi legge di verificare quanto scritto (e da chi) in lingua originale ed è contrario alle regole di questo forum che richiedono, invece, il contrario.
Il brano, inoltre, contiene una serie di affermazioni apodittiche prive di fondamento dottrinario.

Esempi, non esaustivi:
1) definizione di samadhi (sama=uguale, dhi=intelletto), non è così, basta controllare su qualsiasi dizionario sanscrito esistente in rete e sul glossario sanscrito edito dall'Asram Vidya. Non vi è un solo samadhi, nè l'accezione dello stesso è identica secondo i diversi darshana. Quindi, a quale samadhi si riferisce il brano?
2) definizione di yoga, 'la credenza nella non-dualità esperibile è chiamata yoga. Lo yoga è dualità (dvaita) per definizione. Considera il Sé reale ed il mondo reale'. Di quale yoga stiamo parlando? A cosa si riferisce esattamente? Esistono quasi tante definizioni di yoga quanti sono i percorsi, ma quella esposta sopra non è riscontrabile in alcun testo tradizionale.
3) natura del karma, ' la natura del karma è in aperto contrasto con la nozione yoghica della liberazione. Perché? Perché l'azione dipende da un agente e dalle motivazioni dell'agente. Deve esserci qualcuno per compiere l'azione'. Siamo sicuri?
La Bhagavadgita sostiene che in questo mondo è impossibile non agire (intendendo per azione anche il semplice pensare, ovviamente) e ribadisce che l'azione equanime è quella che si disinteressa del risultato, ma nel caso di un Conoscitore 'chi' compie l'azione? E, nel caso della maggioranza dei non-conoscitori, 'chi' compie l'azione?
4) Ramana Maharshi.
'Ramana è un buon esempio di uno yoghi che ha compreso il valore dello Yoga e del Vedanta. È caduto in un samadhi quando era piuttosto giovane e realizzò il Sé, ma sedette in meditazione per molti anni facendo un'indagine sul Sé, rimuovendo i dubbi rimasti, finché non era più necessario sedersi in meditazione (Yoga) o fare un indagine (Vedanta)'.
Qui siamo al ridicolo. Ramana non è uno yogi (si scrive yogi, yoghi e bubu stanno da un'altra parte) essendo questa definizione limitante, ma è uno dei rarissimi casi di auto-realizzazione tradizionalmente accolti che ha avuto bisogno di molti anni per 'stabilizzare' la propria autorealizzazione, dovendola portare nel mondo. Proprio Ramana ha indicato limpidamente le differenze fra i diversi samadhi, fino al sahaja che era lo stato in cui dimorava stabilmente. Essendo egli un Conoscitore era in grado di indirizzare colui che chiedeva alla via più adatta, comprendendole Egli tutte.

Mi fermo qui, anche se si potrebbe proseguire.

Cosa vuole dimostrare latriplice postando questo brano? Nel caso in cui avesse voluto indicare che nulla (nessuna azione, neppure la più pura) puó esser causa della liberazione essendo il Brahman (nirguna) incausato, avrebbe avuto a disposizione diversi testi tradizionali, a cominciare dal Vivekacudamani di Shankara con il commento di Raphael.
Si tratta di un paradosso ben noto al ricercatore spirituale che sa di non poter causare la liberazione, ma allo stesso tempo sa di dover intraprendere una sadhana attraverso la quale purificare i veicoli.
La purificazione dei veicoli è, infatti, conditio sine qua non (qualificazione) per accedere alla via che non è una via.
Ha scritto Pd - vado a memoria senza citare alla lettera - che il Sè è come il sole, c'è sempre, ma se non ci togliamo le cispe dagli occhi non possiamo vederlo (avidya).

Sinceramente non comprendo la necessità di riportare brani di ignota provenienza, tradotti male e contenenti affermazioni quantomai dubbie, quando abbiamo a disposizione testi tradizionali tradotti in chiarissimo italiano sui quali potremmo serenamente riflettere e, eventualmente, commentare fra noi.
Non comprendo, altresì, l'atteggiamento da 'ora ti mostro la via' che latriplice continua ad assumere senza che alcuno gliene abbia fatto richiesta e senza che alcuna realizzazione si mostri in lui salvo quella di una serie di costrutti mentali (intendendo per mente in questo caso manas e citta), che non sono altro che legami (bandha) che avvincono sempre più strettamente all'ignoranza (avidya).
Il fatto è che sarebbe un problema tutto suo se non fosse che continua a propinarceli quasi fossero strumenti di ascesi.

Mauro
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Re: Pensiero del Giorno - Riflessioni

Messaggio da Mauro » 30/09/2017, 14:14

E allora continuate ad innaffiare la piantina delle deduzioni e controdeduzioni, delle affermazioni e delle rettifiche, delle sentenze e delle insofferenze.
A chi giova?
A cosa porta?
Lo sapete solo voi.

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