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Hatha yoga: corpo invisibile

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cielo
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Hatha yoga: corpo invisibile

Messaggio da cielo » 09/12/2016, 15:49

Lo haṭha yoga sperimenta le posture del corpo (in piedi, seduti, sdraiati, proni o supini, in ginocchio) cercando l'agio, il benessere, la morbidezza, la distensione, ma ci arriva anche attraverso il dolore fisico, lo sforzo, la tensione muscolare, sbagliando e imparando a rimanere consapevoli di entrambi: agio e dolore.

Se si esagera e non si rispetta il bisogno del corpo di essere posto nell'agio, in una posizione, pur "contorta", ma ancora moderatamente comoda e stabile allora non è haṭha yoga, altrimenti è mera performance di gara con se stessi e magari pure con gli altri, più panciuti o legnosi di noi.
E' necessario, secondo me, tenere sempre presente che haṭha yoga è shanti: pace profonda nel corpo, nel respiro, nel gesto, nella concentrazione, nella dissoluzione, quando mero soffio invisibile nel nulla.
Aria fuori dal vaso, uguale all'aria dentro il vaso.
Respirare nello spazio, nell'invisibilità del cielo che pur se incolore, prende infiniti colori dal visibile.

So haṃ
Sono, nell'eternità.
Puro Essere.

Nel frattempo può essere utile praticare haṭha yoga (soli, ma meglio in compagnia) per sperimentare lo sciogliersi delle tensioni (muscolari, posturali, del respiro, del cervello...) contemplando, per qualche pugno di secondi, le tensioni che si sperimentano quando si assumono varie posture con il corpo.
L'obiettivo è semplice, è āsana: una forma.

Può essere anche semplicissima (alzare e abbassare le braccia, tirare quattro pugni al vento), ma dovrebbe essere perfetta.
Eseguita con consapevolezza, presenza, rispetto e amore per se stessi.
Evitare di esprimere il masochismo interiore facendo "yoga", altrimenti poi si rischia di dover sopportare per mesi il dolore di qualche tendine strappato da troppa foga e buona volontà di "fare".

Come esempio di presenza nella forma mi oriento su una posizione facile che possiamo fare tutti a casa, su un tappeto:

da coricati (pancia in su) piegare le gambe e stringere le ginocchia tenendosi i gomiti (o un polso, per chi non ce fa), sollevare la testa verso le ginocchia (senza forzare) e rimanere nella posizione qualche respiro. Ad ogni espirazione il corpo si stringe un pochettino (pochi millimetri sono sufficienti).

Espirando i visceri si contraggono e "fanno spazio".

La posizione è poi "da sigillare": con l'ultima espirazione e l'ultima lieve contrazione dei visceri si resta qualche secondo in apnea espiratoria, contemplando la forma.

Il corpo invisibile si può sperimentare durante savāsana, il rilassamento profondo nella "posizione del cadavere", palmi delle mani volti verso l'alto, in piena accoglienza del flusso della vita e della morte che è venuto con il primo respiro e se ne andrà con l'ultimo.
Ma "io" non sono questo corpo, e neppure questa mente che osserva il corpo e lo pilota qua e là, dunque accetto di fare la morta per un po', di rilassarmi pienamente e volontariamente.
E' anche usanza dire a se stessi di non dormire e di mantenere la piena consapevolezza durante il rilassamento, il nidra, o sonno yogico.

Attenzionando molto a lungo e con concentrazione le diverse parti del corpo, quali gamba destra e braccio sinistro, e viceversa, la cavità pelvica, tutti gli organi interni di addome e torace, il collo, il viso, la testa, lo spazio fuori dal corpo e intorno al corpo, si sperimenta l'immobilità, il corpo è pesante e si fonde nella terra, penetra, cellula dopo cellula, la materia e in essa si fonde fino a scomparire.

L'osservatore è in pace, anch'esso invisibile, non ha più alcuna volontà rispetto al corpo, lo lascia stare, lo contempla, lo accoglie e ne è accolto.
Il respiro sempre più sottile è pronto anch'esso a svanire.
L'aria è invisibile, si riconosce la sua presenza solo tramite il tatto e l'udito.

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