cannaminor ha scritto: ↑13/12/2020, 23:16
blue_scouter ha scritto: ↑13/12/2020, 21:03
Scrivo questa aggiunta – invero un po’ personale... – alla mia presentazione su questo forum sperando che la stessa sia utile. Come ho detto precedentemente, il mio percorso di ricerca interiore è nato principalmente come una ricerca di tipo psicologico. Volevo sciogliere alcuni blocchi emotivi che in un modo o nell'altro mi impedivano di vivere la mia vita così come la sognavo, rendendomi molto solo.
Mi verrebbe da chiedere, visto che ne parli, se quei blocchi hanno trovato poi soluzione oppure no? però permettimi una domanda, quei blocchi di cui parli, erano tali perchè ti impedivano di vivere la vita così come la sognavi? Te la porgo altrimenti; tu vuoi vivere la tua vita così come sogni di viverla, quindi immagino che ora la tua vita non sia come sogni debba essere ma sia quella che è e qualunque cosa sia non è comunque quella che desideri e sogni di vivere. E addebiti questa mancanza di vivere la vita secondo tuo sogno e desiderio a dei "blocchi" che te ne impediscono l'attuazione.
Quindi secondo tuo ragionamento tolgo i blocchi e di conseguenza posso vivere la vita secondo tuo desiderio e sogno...
Circa questo il quadro o sbaglio?
Certo mi verrebbe da chiedere ma perchè la tua vita attuale e presente che ha che non va? e qualunque cosa sia quel che non va non è forse in paragone e confronto di quella che vorresti invece vivere nel tuo sogno e desiderio? va in paragone a quella desiderata e sognata che comunque, allo stato attuale è ancora un sogno e desiderio a venire, quindi non è di fatto qui e ora. E se non lo è perchè porla a paragone? Di reale presente ed esistente hai questa di vita, ora e adesso, questa è reale, presente ed esistente e per di più imparagonabile con nessuna altra vita, perchè di vita qui e ora ce ne è una sola e non due (da confrontare). Non sarebbe più semplice e facile vivere la presente che desiderarne un'altra a venire ma che ancora non è e quindi non è reale ?
Di solito il senso comune di un cammino è un quid che ci porta da qui dove siamo a dove desideriamo andare ed essere, quindi in divenire, rivolto verso il futuro. Un quid che si cammina e percorre, passo dopo passo, tempo dopo tempo, fino alla agognata meta. Salvo scoprire strada facendo che ogni cammino, qualsiasi cammino è fine a se stesso, ovvero che ogni cammino si percorre per percorrerlo, e non per la meta finale cui promette e noi desideriamo giungere. Naturalmente opinione personale, trattabile e sindacabile
blue_scouter ha scritto:
Di questo avvenimento ne parlai molto con il mio amico esperto di Advaita Vedanta, secondo lui era stata una forma di suggestione, mia e dell'istruttore. La cosa mi deluse molto, però forse era stato così..., posso solo dire che per questo mio amico esperto di filosofia indiana il mio istruttore era solo un buon imprenditore di sé stesso. Buona Domenica.
Sai te lo confesso apertamente, a cuore aperto, e credimi senza alcuna intenzione di critica o altro, ma la dizione "esperto di advaita vedanta" mi crea un blocco (anche io soffro di blocchi come vedi o pensavi di soffrirne solo tu?), un qualcosa che mi stona, perdonami, ma è la sensazione proprio che mi suscita. Se uno avesse detto esperto di jnanayoga, di bhaktiyoga, di un qualche yoga dei tanti che ci sono e non solo yoga ma di qualsiasi pratica e disciplina, ancora ancora riesco a starci dentro (al blocco), accostato all'advaita vedanta così come sarebbe stato anche all'ajativada, o all'asparsa, ecco c'è un che che mi stona di fondo, non funzia, non riesco ad accostare il termine esperto da cui esperienza etc etc a termini come advaita, asparsa etc. Non c'è nessuna esperienza in quel contesto, nulla di esperibile e nulla di (peggio ancora) trasmissibile, insegnabile, istruibile.
Dire istruttore di advaita vedanta per me suona bestemmia, volendo dargli una connotazione religiosa, suona nonsenso in termini logici sarebbe come dire zero diviso zero, indeterminata, forma indeterminata. Te ne parlo e ci scherzo sopra e ironizzo, sopravviveremo tutti domani, lo so benissimo, ma era solo per darti una sensazione a pelle di certi accostamenti. Va da sè che detta così io sarei il primo se potessi chiedere e interloquire con questo tuo amico "esperto di advaita vedanta", porre delle domande, che mi verrebbero di fila solo a poterci parlare! Perchè non gli proponi di iscriversi su questo forum così ci porge un pò della sua esperienza in merito? ne trarremmo tutti guadagno e vantaggio, no?
Sì, la locuzione "esperto di advaita vedanta" lascia perplessi, come anche "istruttore di advaita vedanta".
Forse studioso, o aspirante studioso creerebbe meno interpretazioni, soprattutto sul versante del tipo di esperienza a cui ci si riferisce?
Teniamo anche conto che il linguaggio ha i suoi limiti e il povero blu scooter doveva e voleva farci comprendere qualcosa del suo amico a cui aveva chiesto consiglio sulle proprie vicende.
Chiaro che uno si domanda che cosa significa "esperto di advaita vedanta".
Forse una persona che ha esperienza di lettura di testi di Shankara, di Raphael, di Ramana...?
Esperienza di riflessioni concettuali, in solitaria o nell'ambito di gruppi qualificati o autoqualificati, sugli assiomi dei testi delle Upanishad?
Esperienza di discriminazione e distacco, di rinuncia ai frutti dell'azione?
Di servizio al prossimo tramite organizzazione di satsang dal vero o virtuali su specifiche visioni filosofiche come l'advaita vedanta?
Esperienza di percorrenza delle vie tradizionali dello yoga secondo la Bhagavad Gita o del Vedantavada?
Se blue scooter avrà interesse e voglia potrà delucidarci, magari spiegandoci in che cosa consiste l'esperienza dell'advaita vedanta che vede incarnata nel suo amico e suo consigliere sul percorso.
Le esperienze a cui si potrebbe fare riferimento sotto l'etichetta "advaita vedanta" sono molteplici, proprio come coloro che le compiono, tutte diverse e variegate, poco inquadrabili con una etichetta, ma nel mondo di Cesare sappiamo che a volte le etichette si scelgono e si usano a fronte di altrettanto variegate necessità del singolo e del come interpreta le proprie esperienze, qualificandosele.
D'altra parte, è evidente che sul palcoscenico del mondo, a leggi di mercato vigenti, a volte necessitano specifiche etichette, anche riferite a esperienze attinenti la visione metafisica (indicibile e inqualificabile per definizione), considerato che tale visione è di interesse, attualmente.
Vedo difatti aumentare le persone che si interessano del percorso yoga e vedanta.
E anche desiderose di focalizzare sul "passaggio" dalla visione "con forma" (fatta di oggetti da conoscere e da sperimentare , di un Super Amico esterno da invocare e ringraziare) a quella "senza forma", che tratta di Quello, di quel Mistero metafisico da cui le parole e i pensieri recedono, ma su cui se ne fanno tanti (forse anche per imparare come non farseli).
Logico che finchè l'approccio è ancora "fisico" useremo parole e pensieri per tentare di definire il "metafisico".
Ṁission impossible.
La metafisica abbiamo imparato che tratta del Reale Assoluto, al di là di tutte le contingenze, al di là del manifesto e del non manifesto, al di là quindi del tempo-spazio-causa e della manifestazione dei guna nel ciclo nascita-morte, che ci intrappola, essendo ancora identificati con la forma, e conseguentemente necessitati a pensare e a usare parole.
Abbiamo bisogno di qualcosa in cui credere, di un oggetto-soggetto da riconoscere altro, per amarlo e sperare che ci ami (salvandoci dalle nostre stesse credenze o paure).
Forse c'è il bisogno di aiutare e di aiutarsi, di affrancarsi da una vita che riconosciamo sempre di più un po' (fin troppo) effimera, di questi tempi.
Se il relativo ci spaventa è chiaro che la ricerca di qualcosa di "assoluto" ci conforta e ci attrae. Ci dà speranza di coninuità caso mai dobbiamo filarcela in anticipo, con un fuori programma.
Se mi domando come si possa "riconoscere" chi ha "risolto le upadhi", le sovrapposizioni velanti della Pura Realtà dell'Essere che è e non diviene, chi ha integrato (finalmente) la relatività delle esperienze riconducibili all'io e al mio, dimorando stabilmente nel Satcitananda del Senza Forma, e come un essere del genere si rapporti con il prossimo e interagisca con l'altro da sè (che sperimenta in identità), mi rispondo che non ci possono essere dubbi.
Si tratterà di un riconoscimento immediato e si riusciranno a trovare le parole per descrivere l'incontro con un tale essere e la pienezza che ne è scaturita, ricondotta alla limitatezza del recipiente, certamente, perchè se la tazza "ricevente" è troppo piena non si riempirà e i biscotti galleggeranno in un the tiepido....
Ṁa certi esseri hanno la rara capacità di svuotare la tazza al primo momento di distrazione di chi l'ha riempita fino all'orlo del proprio the ritenuto il più buono del mondo.
Le credenze personali vengono strappate come erbacce infestanti e vengono piantati semi che, ove opportunamente innaffiati e in presenza di una terra resa fertile, potranno fruttificare e nutrire.
Per mia esperienza, un incontro con un "esperto di advaita vedanta", è come il vento che spazza via ogni visione del passato e del futuro, che mostra l'essenza e risospinge nel presente, al ciò che si è qui e ora.
Costringe ad aprire gli occhi e poi a spostare la visione un poco fuori dal soggetto che guarda. Mostra un cambio di prospettiva, sempre possibile, a prescindere dalle carte in tavola, in ogni istante rimescolabili.