cannaminor ha scritto: ↑17/09/2017, 17:35
Oggi giorno 17 Settembre ricorre la morte di un caro amico, Premadharma (per altri conosciuto come Bodhananda o altri nomi ancora), colui che ispirò e volle questo forum così come le tante altre iniziative sul web ed editoriali prima ancora.
Rileggendo i brani e le citazioni di cui sopra mi sono venute in evidenza le due seguenti:
Qualsiasi conoscenza è per noi stessi, se cerco di spacciarla ad altri diviene una manipolazione.
Il raccontare le cose lette, le proprie credenze, le proprie inferenze da molti viene creduta conoscenza o l'offrire la conoscenza.
Si può offrire la testimonianza, non la conoscenza.
Premadharma (Colloqui privati con Nio)
Untenshudenki II
(Ricordando il bambù crescere)
«Monaco. Se tutto hai fatto, non hai colpe. Se non tutto hai fatto, oramai è accaduto. Nell’uno e nell’altro caso, i fogli sono andati perduti. La parola del Maestro o l’hai realizzata e vive in te, oppure l’hai solo letta ed essa è perduta. Nel primo caso incarnala, nel secondo caso cerca un Maestro, ma basta con i lamenti che voglio ascoltare i sussurri delle stelle».
Erano i tempi in cui Untenshu Chookaryoo parlava.
Si può offrire la testimonianza, non la conoscenza; La parola del Maestro o l'hai realizzata e vive in te (e quindi la incarni nella realizzazione-testimonianza della stessa e di te stesso\a) oppure l'hai solo letta ed essa è andata perduta (e degradata in una "conoscenza" fatta di inferenze e credenze offerte e spacciate come conoscenza, quando invece sono solo manipolazione e manipolatorie della conoscenza)
Da giovane, "volavo di fiore in fiore", succhiando il nettare che vari istruttori mi offrivano nell'ambito del percorso che mi ero scelta: pratica dello yoga, dall'hatha yoga tradizionale indiano, al raja yoga di Patanjali. In quegli anni approcciai anche il Vedanta tenendo come testo di riferimento la Bhagavadgita, così come indicato da un amato anziano Maestro indiano con i voti di povertà che mi orientò e guidò per qualche anno.
Poi incontrai Jean Klein e si spalancò il "mondo" del vedanta advaita. Quella filosofia mi piaceva proprio tanto, la trovavo inscalfibile e diretta, perfetta, la mente si arrendeva volente o nolente a certi assunti. Non li metteva in discussione, non ne cercava altri da contrapporgli.
Su quella scia, incontrai Bodhananda e i fratelli e sorelle delle vecchie mailing list; lì la farfalla si fermò con ancora un paio di svolazzi altrove.
La sensazione era quella di essere tornata a casa, finalmente insieme a persone che proponevano, con la propria testimonianza, un'istruzione che mi risuonava fino in fondo.
Il giardiniere e l'autista che mi ha ben zappato e guidato ci ha lasciato con la forma fisica.
Ma l'istruzione continua, vive in me e sta soltanto a me renderle onore.
Come?
Con quel poco che già facevo quando Bo era vivo, recupero e preparazione testi da archivi vari, collaborazione nella revisione di testi già pubblicati o in preparazione.
Di altro resta, per me, il piacere della comunicazione con altri ricercatori che condividono o sono incuriositi dal percorso vedanta e relativa sadhana.
Mi piacciono i forum, soprattutto questo che è stato pensato da Bodhananda come naturale seguito dei Pitagorici. Un luogo di scambio paritario e a gestione collegiale, senza più moderatori che potessero inebriarsi del loro ruolo oppure essere lapidati per come lo svolgevano. Per quel poco che scrivo, cerco di farlo prima di tutto volentieri, se mi viene qualcosa da dire, e con modalità "aperta", che accolga e sia accolta. Se l'alchimia riesce, ok, altrimenti amen, meglio lasciar perdere le aspettative, soprattutto se rivolte agli altri. Tanto non saranno mai come io li vorrei e come me li sono "pensati".
Non posso che concordare dove dici:
Si può offrire la testimonianza, non la conoscenza; La parola del Maestro o l'hai realizzata e vive in te (e quindi la incarni nella realizzazione-testimonianza della stessa e di te stesso\a) oppure l'hai solo letta ed essa è andata perduta (e degradata in una "conoscenza" fatta di inferenze e credenze offerte e spacciate come conoscenza, quando invece sono solo manipolazione e manipolatorie della conoscenza).
E' responsabilità individuale e personale scorrere in questi binari ed evitare di degradare la conoscenza liberamente ricevuta in inferenze e credenze da ripetere a pappagallo "perchè l'ha detto lui" o peggio ancora cercare di salire in cattedra manipolando soggettivamente quelle "pure" testimonianze per affermarsi come "esperta di..." o peggio ancora: "erede spirituale di..." .
Ma degli altri, anche se la mente è irrefrenabile nel suo bisogno di confrontare, analizzare, giudicare e concludere, so che qualsiasi conclusione tratta è comunque un'inferenza da evitare, un giudizio, pur se positivo, che è sempre e comunque basato su mie percezioni.
E purtroppo la mente, come il corpo, ha memoria delle percezioni. Lo sa bene l'allergico che entrando in contatto con l'allergene comincerà a sentire il prurito sempre negli stessi punti del corpo.
Allo stesso modo, la mente ripropone la medesima conclusione venendo in contatto con il dire dell'altro: "ecco! dice così perchè va a parare là...". Ci vuole una certa onestà interiore e spietatezza per vedere come i giudizi si vadano a incarnare come le unghie.
Le ultime parole pronunciate da Bo prima di schiantarsi furono (rivolte a me, purtroppo):
"Te l'ha detto lui?"
erano l'inevitabile conclusione di un mio pistolotto su quello che ritenevo un positivo cambiamento nella modalità comunicativa di un fratello.
Quelle parole di conoscenza mi ronzano in testa, ogni giorno si presentano alla coscienza.
Prima, ad esempio, di giudicare l'altro dicendo che vuole fare una crociata e ritrovare il Santo Gral perchè l'ho dedotto dal modo trasversale o diretto in cui ha detto o scritto la storia dei crociati, voglio sentirmelo dire da lui o da lei, altrimenti non ci credo.
Come con il prurito, lo ignoro.
Poi il giorno che la persona verrà a dirmi: "Sai, voglio partire per la Crociata e convertire gli infedeli", allora poi ci penso.
shanti