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Plotino - Viaggio e fuga

Inviato: 03/06/2021, 18:19
da cielo
"Fuggiamo dunque verso la cara patria, questo è il consiglio più vero che si può dare.

Ma qual è questa fuga? E come risalire? …

La nostra Patria è quella donde veniamo e lassù è il nostro Padre.

Che sono dunque questo viaggio e questa fuga?

Non con i piedi bisogna farlo … neppure c’è bisogno di preparare cocchi o navigli, ma è necessario staccarsi da queste cose e non guardare più,

ma mutando la vista corporea con un’altra ridestare quella facoltà che ognuno possiede, ma che pochi adoperano."

(Plotino Enneadi I, 6, VIII)

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Riflessioni.

Y.
Mutare la vista corporea....
Vedere guardando, con altri occhi che quelli mentali, che comparano.
Dimenticare subito l'oggetto osservato, perchè sempre nuovo nel movimento costante del divenire.
Dimenticare anche l'osservatore osservante, forma e nome nel tempo-spazio-eventi vissuti.
Con tutte le sue preferene, desideri, aspettative di oggetti consoni al suo essere "io sono questo e quello", "io e mio".
Catene da cui si fugge, cercando le chiavi per innnumerevoli lucchetti.
Bozzolo che stringe il bruco grasso per tutte le foglie divorate, prima della sua (auspicabile) trasformazione.

Mollare la presa, aprire la mano, svuotare la tazza...non chiudere porte...
Passare dal dire al fare, e poi lasciare andare qualsiasi fare. L'azione accade nell'Essere (io sono colui che è di biblica memoria).

Un conoscere sè stessi nel Padre, da contemplare come pura presenza in sè stessi.
Il Padre è il Padre, la radice più profonda dell'albero, e anche il Cielo sopra, esistenza omogenea, incolore, illimitata, senza inizio e senza fine.

Io sono nella Luce e la Luce è in me. Nessuna separazione, allora la mente smetterà di piangere.
Un contemplare senza tempo,abbandonandosi al flusso del fiume.
Perchè le acque tornino a mischiarsi.



Si parla di contemplazione, del contemplare, che non è "vista corporea", ma " facoltà che ognuno possiede, ma che pochi adoperano".
La testimonianza, di cui così spesso parliamo, è descrizione letterale di contemplazione; contemplazione è vedere-visione-conoscenza-realizzazione di se stessi.
Conoscere è essere, ma non equivale a fare, al fare.
Conoscere non è fare, non puoi fare la conoscenza, non puoi fare la realizzazione, non puoi fare di essere ciò che sei E' proprio (e solo) in assenza di fare-opinare-pensare che emerge la contemplazione, l'essere, la realizzazione.
È quello che dice per tutta la sua lunghezza l'avadhutagita, non è con le parole che si può dire ciò che è, il Tao che si può pronunciare non è il Tao, infatti su questo piano si usa quasi sempre la negazione per cercare di dire ciò che non si può dire.
Non ci sono modi diretti di descrivere (indirettamente) l'identità diretta di ciò che si è. Si può solo descrivere ciò che non si è, oppure fare uso del paradosso (koan) e della metafora, altre modalità alternative di tentare di descrivere l'indescrivibile.
Lo zen fa ampio uso del koan, del paradosso, e tutti gli aneddoti del caso sono lì a testimoniarlo quale insegnamento ed istruzione per suo tramite.
Non si può dire-descrivere cosa fare, si può solo dire-descrivere cosa non fare, cosa non è.
Cosa "fare", cosa "essere", lo si può solo essere in identità, in realizzazione, in contemplazione (di sè, di Lui).

Re: Plotino - Viaggio e fuga

Inviato: 03/06/2021, 19:44
da Fedro
Ridestare una nuova facoltà poco adoperata, dice Plotino.
Altri occhi, non corporei.
La tazza si svuota, lo spazio dilaga, il cuore si apre
quale posto più per me?