Kṣamā, la tolleranza è una necessità imprescindibile per acquisire l’amore altruistico.
Ogni individuo dovrebbe coltivare questa nobile caratteristica.
Kṣamā non si ottiene leggendo libri o imparando da un insegnante. né si può ricevere come dono da qualcun altro; la virtù primaria di kṣamā si può maturare solamente con lo sforzo personale, affrontando direttamente i problemi e le difficoltà di vario tipo, superando le ansie, le sofferenze e la contrizione.
Se manca di kṣamā, l’essere umano diventa suscettibile a tendenze di ogni tipo; l’odio e la gelosia radicano facilmente in una persona che non ha questa virtù. La Divinità è semplicemente la manifestazione congiunta di prema (amore incondizionato) e kṣamā.
[Sai Baba, dal discorso del 25 Maggio 2000].
Il Brahman è pieno d'amore ed è, infatti, l'incarnazione dell'Amore. Il vostro amore dovrebbe fondersi con Quello.
È Uno senza secondo, è lo stato non-duale. La natura intima dell'amore è il sacrificio e, in qualunque circostanza, non dà spazio all'odio.
È sempre l'amore che può far avvicinare a voi una persona molto lontana e farla diventare vostra intima. È ancora l'amore che allontana il sentimento di divisione ed incoraggia, invece, quello di unità.
L'amore può anche elevare una persona dallo stato animale a quello umano.
L'Amore, prema, è la forza vitale, prana, dell'uomo e la forza vitale stessa è l'amore
L'uomo senza amore è come un freddo cadavere.
L'amore si mostra solo alle persone vive: nessuno amerà mai un cadavere. L'amore e la vita sono, infatti, interdipendenti e intimamente uniti.
I tre aspetti dell'amore costituiscono l'abbandono: prapatti.
Nella vita di tutti i giorni, l'amore si manifesta in diverse forme, come tra madre e figlio, marito e moglie, o come tra parenti. Questo tipo d'amore è basato su rapporti fisici e nasce da scopi egoistici ed interessi personali, ma l'amore del Divino è privo di qualsiasi traccia di interesse egoistico. È solo amore per amore dell'amore. Questa si chiama bhakti o devozione.
La prima caratteristica di questo amore è quella di dare e mai prendere. La seconda è che l'amore non conosce la paura. La terza è che esso esiste unicamente come amore dell'amore e mai per motivi egoistici. Questi tre aspetti, insieme, costituiscono prapatti o abbandono. Solo quando si possiede questa disposizione all'abbandono si sperimenta la beatitudine del Divino. Per questo il primo requisito è il perdono, kṣamā, la virtù più grande.
Solo la persona che possiede la disposizione al perdono si può considerare piena di amore sacro.
Kṣamā non si impara dai libri e nemmeno può essere insegnata dai maestri, ma va coltivata in se stessi nei momenti difficili, quando si è costretti ad affrontare prove e sofferenze.
Le qualità della pazienza e del perdono trovano ragione d'essere solo quando dobbiamo fronteggiare problemi e difficoltà che causano sofferenza e tormento. Quando vi confrontate con problemi e difficoltà, non dovreste mai lasciarvi turbare e diventare vittima di depressioni che sono segno di debolezza. In quei momenti, dovete dar prova di tolleranza e avere una disposizione d'animo incline al perdono, non lasciandovi mai prendere dall'ansia che dà vita a sentimenti d'ira, odio e vendetta.
Voi siete incarnazioni di forza e non di debolezza. Perciò, nei momenti di disperazione, dovrete avere sentimenti di pazienza ed essere pronti a perdonare e dimenticare. La qualità di kṣamā, o perdono, è la forza più grande dell'essere umano: se si perde questa qualità si diventa esseri demoniaci.
Il perdono è verità (satyam). Il perdono è rettitudine (dharma), è non-violenza (ahimsa), è sacrificio (yajna). Il perdono è gioia (santhosha), è compassione (daya). Il perdono è ogni cosa al mondo.
Nel momento in cui si abbandona questa grande qualità, le caratteristiche malvagie di rabbia, odio e gelosia si insinuano lentamente, facendo perdere alla persona la natura umana che gli è propria, e conducendola ad assecondare azioni di natura demoniaca o, addirittura, a degradarsi allo stato animale.
L'essere umano dovrebbe risplendere di qualità umane. Oggi, invece, vediamo che gelosia e odio danzano come demoni in tutto il mondo.
La gente che nutre sentimenti di odio e gelosia sta percorrendo una pessima strada e, prima o poi, andrà inevitabilmente alla rovina. L'esempio migliore ci è dato dai Kaurava del Mahabharata. I fratelli Duryodhana e Dussasana erano le incarnazioni dei peccati dell'odio e della gelosia.
Un giorno, Krhisna disse a Dharmaraja, il più vecchio dei Pandava, che i Kaurava, i quali erano sovraccarichi di qualità demoniache, non avrebbero mai potuto migliorare e acquisire le qualità umane. Karna, che era l'incarnazione dell'ego, li spingeva a frequentare Sakuni, malvagio consigliere ed era come gettare benzina sul fuoco.
Nonostante Duryodhana e Dussasana fossero nati in un'illustre famiglia reale, essi abbandonarono tutte le qualità umane a causa della gelosia e dell'odio, e portarono alla rovina la famiglia e tutta la stirpe.
Krishna aggiunse che la gelosia è un cancro pericoloso che mangia la radice dell'albero della vita, mentre l'odio è un micidiale insetto che ne divora il tronco.
L'albero della vita viene perciò completamente distrutto da questi due flagelli. I Kaurava ne furono vittime e crearono la propria rovina.
[Sai Baba, dal discorso del 1° gennaio 1994]
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