Il gruppo che cura Vedanta.it inizia ad incontrarsi sul web a metà degli anni 90. Dopo aver dialogato su mailing list e forum per vent'anni, ha optato per questo forum semplificato e indirizzato alla visione di Shankara.
Si raccomanda di tenere il forum libero da conflittualità e oscurità di ogni genere.
Grazie

Sai Baba - I cervi e il cane

Antichi e moderni
Rispondi
cielo
Messaggi: 897
Iscritto il: 01/10/2016, 20:34

Sai Baba - I cervi e il cane

Messaggio da cielo » 10/04/2018, 18:36

I cervi e il cane

Le persone che si impegnano a osservare determinate discipline con continuità smettono di farlo quando le circostanze non sono loro congeniali.

Un giorno, tutti i cervi di una foresta indissero una conferenza e si chiesero: “Hanno i cani le capacità che abbiamo noi?” .

Uno di loro disse coraggiosamente: “Con un calcio, noi possiamo sventrarli, possiamo davvero farlo!”

Un altro aggiunse: “I cani non possono correre alla nostra velocità. Noi possiamo persino saltare nell'aria” e un terzo proseguì: “Esattamente! I cani non corrono velocemente come noi, e noi siamo più forti e più capaci; d'ora in poi non dobbiamo averne più paura dei cani, dobbiamo affrontarli con tutta la nostra forza e combatterli”.

Avendo deciso così, tutti applaudirono contenti.

Udendo quel suono, un cane, che era ad una certa distanza, abbaiò sonoramente.

I cervi, appena lo udirono, fuggirono tutti senza eccezione.

Il comportamento di coloro che predicano il vedanta al giorno d’oggi è molto simile a quello di quei cervi.

[Sai Baba - raccolta: “Miei cari studenti” vol.3, cap.5, 27 Giugno 1989]


Immagine

Mauro
Messaggi: 1116
Iscritto il: 02/10/2016, 15:06

Re: Equilibrium

Messaggio da Mauro » 10/04/2018, 20:47

E i cani da chi sono rappresentati?

cielo
Messaggi: 897
Iscritto il: 01/10/2016, 20:34

Re: Equilibrium

Messaggio da cielo » 10/04/2018, 21:23

Mauro ha scritto:
10/04/2018, 20:47
E i cani da chi sono rappresentati?
Prova a chiedere a Sai Baba, magari ti risponde interiormente.
Io non lo so, ho ritrovato questa storiella casualmente e ho deciso di ripubblicarla perchè il titolo mi ha colpito e poi l'ho riletta. Era stata pubblicata nel 2014.

cielo
Messaggi: 897
Iscritto il: 01/10/2016, 20:34

Re: Equilibrium

Messaggio da cielo » 11/04/2018, 19:14

cielo ha scritto:
10/04/2018, 21:23
Mauro ha scritto:
10/04/2018, 20:47
E i cani da chi sono rappresentati?
Prova a chiedere a Sai Baba, magari ti risponde interiormente.
Io non lo so, ho ritrovato questa storiella casualmente e ho deciso di ripubblicarla perchè il titolo mi ha colpito e poi l'ho riletta. Era stata pubblicata nel 2014.
ci ho pensato su, secondo me la parola chiave è "predicano" (e si applaudiscono l'un l'alro per quanto hanno predicato), che poi si predichi il vedanta o altro è irrilevante.
Il cane invece, che si trovava lì, (ma potrebbe essere anche un gatto o un altro animale che i cervi temono, predicando la propria superiorità), ha semplicemente seguito la propria natura di cane: ha abbaiato per il rumore.
E i cervi anche, a quel punto, hanno seguito la propria natura: fuggire se sentono abbaiare i cani o se vedono un predatore in agguato.

Ho fatto una ricerca la storiella dei cervi è riportata anche in un discorso di Sai Baba del 1° gennnaio 2001.
La traduzione è lievemente diversa, ma forse è più completa e chiara.
A seguire una parte:

(...)

Il conseguimento della Conoscenza è più importante delle pratiche spirituali. La Conoscenza (jnana) è Dio stesso, è l'atma. La Natura (prakriti) è il conoscibile (jneya). L'uomo è una combinazione di jnana e di jneya, un impasto di Dio e Natura. Siate fermamente convinti di questa verità.
Il corpo fisico, come dice la Bhagavad Gita, è un campo (kshetra). Ma per chi lo è? A che serve un campo, se nessuno lo occupa? Colui che conosce il campo, lo kshetrajna, cioè l'atma, lo Spirito, costituisce insieme al campo stesso il complesso della persona umana. Le Scritture sacre ci parlano del corpo come di un tempio. Ma a che serve un tempio se non vi abita Dio?

È stato anche detto che questo tempio sono io. Io sono questo tempio. Se manca il tempio, non potete collocarvi Dio e, se non c'è Dio, non potete chiamarlo tempio. Ecco perché si è detto che sia il tempio, che Dio sono la stessa cosa: "Io sono la Divinità interiore, sono il tempio, sono l'uno e l'altro."
Anche la semplice comprensione intellettuale di questa verità vi renderà felici.

I propositi vanno mantenuti

Vi sentite felici, quando sentite un fatto simile, ma lo sarete ancora di più quando porterete nella pratica della vita quotidiana ciò che avete capito. Nel momento in cui vi cimentate nella prova, vi accorgete di quanto sia difficile. È un vero peccato che ci si accontenti di formulare dei pii propositi, senza però passare ai fatti concreti con tenacia e decisione. È raro vedere una persona decisa nel suo proposito, mentre è facile imbattersi nell'illuso che afferma di sé: "Chi meglio di me si dedica a delle discipline spirituali?".
In realtà, costui mostra solo a parole e non nei fatti tutta quella bravura.

A questo proposito, c'è una storia interessante. Una volta, tutti i cervi della foresta si diedero convegno. Scopo di quella riunione era dimostrare la loro supremazia sui cani e giungere ad una deliberazione che definisse la loro grandezza.
"Noi siamo più veloci dei cani - dissero nel corso del dibattito - saltiamo più alto di loro. Le nostre zampe sono agilissime e nessun cane può raggiungere la nostra velocità. Ci alimentiamo con vegetali, che sono un cibo sattvico, mentre i cani mangiano carne, che è ragiasica. Perché dovremmo temere i cani, se siamo di sentimenti così nobili e abbiamo un'energia santa?".

Quindi, al termine della discussione, passarono ad una conclusione ben precisa: i cervi decisero all'unanimità, fra gli applausi scroscianti di tutti, che non dovevano avere nessuna paura dei cani. Avevano appena chiuso il convegno che udirono nella foresta dei forti latrati e tutti i cervi si diedero immediatamente alla fuga, per mettersi in salvo. La loro deliberazione era così andata in fumo: non un solo cervo era rimasto nell'aula del convegno!

Questo è anche il destino delle riunioni e dei propositi di molti cosiddetti aspiranti spirituali (sadhata). Decidono risolutamente il dove e il come vogliono seguire questa o quella disciplina. Ma non serve a niente. Se volete fare qualcosa, fatelo per Me. Capiti quel che capiti, non si deve far da breccia a nessun cambiamento. Questa è vera sadhana. Ed è in questo senso che va intesa la parola dhira, "l'eroe che non vacilla". Una persona così coraggiosa verrà più volte e in svariate maniere protetta dal Signore. È la sua stessa devozione, il suo abbandono che lo protegge. Invece, a nulla servono le pratiche di chi oscilla ogni momento come un pendolo. Tenete sempre fede alla parola che avete dato con tanta risoluzione, qualunque sia la difficoltà, il problema, la prova o la tribolazione. Solamente con quel tipo di approccio, avrete stabilità.

KaaRa
Messaggi: 127
Iscritto il: 07/10/2016, 20:31

Re: Sai Baba - I cervi e il cane

Messaggio da KaaRa » 13/04/2018, 11:19

I cani, specificatamente, possono rappresentare i punti di vista dottrinali non vedantici (o sempre vedantici ma con sfumature diverse), a cui a volte i vedantin non sanno rispondere, quando devono affrontarli davvero: il che vuol dire che non hanno approfondito adeguatamente la loro comprensione, non l'hanno interrogata a sufficienza e soprattutto non si sono auto-interrogati in riferimento ad essa, e/o non l'hanno sperimentata.
Più in generale, e forse più in linea con l'inizio del discorso di Sai Baba, i cani sono qualunque evento che metta in discussione la dottrina e le eventuali esperienze del Vedanta: basta qualche fatto che distragga, che preoccupi, che indispettisca (insomma, che "abbaia"), e tutti i principi e tutti i vissuti vedantici svaniscono ("scappano", ovvero emergono sentimenti e pensieri meno non-duali e meno trascendenti).

cielo
Messaggi: 897
Iscritto il: 01/10/2016, 20:34

Re: Sai Baba - I cervi e il cane

Messaggio da cielo » 13/04/2018, 19:15

KaaRa ha scritto:
13/04/2018, 11:19
I cani, specificatamente, possono rappresentare i punti di vista dottrinali non vedantici (o sempre vedantici ma con sfumature diverse), a cui a volte i vedantin non sanno rispondere, quando devono affrontarli davvero: il che vuol dire che non hanno approfondito adeguatamente la loro comprensione, non l'hanno interrogata a sufficienza e soprattutto non si sono auto-interrogati in riferimento ad essa, e/o non l'hanno sperimentata.
Più in generale, e forse più in linea con l'inizio del discorso di Sai Baba, i cani sono qualunque evento che metta in discussione la dottrina e le eventuali esperienze del Vedanta: basta qualche fatto che distragga, che preoccupi, che indispettisca (insomma, che "abbaia"), e tutti i principi e tutti i vissuti vedantici svaniscono ("scappano", ovvero emergono sentimenti e pensieri meno non-duali e meno trascendenti).
Giusta osservazione anche se, secondo me, il vedanta non è ancora "non duale" in quanto indica un percorso codificato per autoindagare nella "propria realtà di esistenza" fino a comprendere che 'l'io", il senso di essere (io sono) fa da base alla consapevolezza, ma non è la Consapevolezza stessa, l'una consapevolezza. Scoprirsi ātman non è ancora il Brahman, unico, assoluto, supremo, nemmeno autoreferente (in quanto essente).

Nel sonno profondo non c'è il senso di essere, ma si esiste lo stesso, e al risveglio si testimonia la propria esistenza, "lo si sa di aver dormito".

Sai Baba nel testo "Dissolvere i dubbi spirituali (Sandeha nivarini) dialoga con un devoto che gli domanda: "Tu hai detto che l'ātma è in tutto; l'ātma è anche in un uomo morto?
Dopo aver scherzato dicendo che è una bella domanda chiede:

R. E' più per risolvere il tuo dubbio o quello di un morto?".

D. Il mio.

R. "L'io c'è anche nello stato di sonno profondo, ma solo quando ne esci ne sei consapevole, non è vero? Capisci allora che l'atma è anche in un cadavere."

D. "Allora come si può definire 'morto', come può esserci la morte se c'è l'atma?"

R. "Se discirmini correttamente, non esiste nè il morire, nè il vivere. Si chiama vivo un corpo che si muove. In sogno si possono vedere innumerevoli corpi vivi e morti, ma al risveglio essi non esistono. Allo stesso modo il mondo, mobile o immobile, è inesistente. La morte rappresenta lo svanire della coscienza dell'"io" e la rinascita avviene quando la coscienza dell'"io" ricompare. Ecco, ragazzo mio! Questo viene chiamato nascita e morte!. Il senso dell'io nasce, il senso dell'io muore. Tutto qui".


Dello stesso tenore un brano dell'Advaita bodha dipikā (cap. IX)

D. "Una volta morta, la mente potrà risorgere?

R. Ciò che muore è il suo dominio, è il suo credersi altro da ciò che è. Ascolta! Come un vetro mostra e deforma, attraverso le impurità e la sporcizia, gli oggetti che riflette, così è la mente. Non è la mente a dover morire, come può morire ciò che non esiste? Riconosciuta quale strumento, la sua attività di presunto dominio termina. Se verrà aperta sul mondo, essa continuerà a catturare e a riflettere le immagini del mondo.".

D. Cosa sarà stato di me? Io non ci sarò più? Avrò smesso di vgare nel saṁsāra solo perché sarò ormai morto? Cosa sarà di tutto?

R. Sarà morta l'idea che hai di te, quella che, creduta, si è resa esistente, ma la tua essenza sarà tutt'altro che morta, essa sarà rimasta intatta e pienamente presente."


Il vedanta conduce, secondo me, a discriminare tra apparenza e realtà, autoindagando gli stati di coscienza (veglia, sogno e sonno profondo) con uno sguardo consapevole, sapendo che "io" è oltre, è l'essenza non condizionata dagli incolucri e affrancata da spazio, tempo e causalità che scandiscono il ritmo del vivere in una forma.

Il vedanta prepara alla visione non duale dell'advaita che realizza, in identità, l'aria fuori dal vaso come una, attualizzando (non predicando) il "nessuno nasce, nessuno muore, nessuno che sia da liberare e nessuno che sia in schiavitù" sintetizzato da Gaudapada e testimoniato da altri "conoscitori" della "materia non duale".
Ma prima si dovranno fermare quell'insieme di movimenti e perturbazioni che siamo abituati a sentire e credere come io-me.
Nel percorso dell'autoindagine si evidenziano oscurità caratteriali, traumi, paure e speranze. I cani abbaiano e noi stessi latriamo.

La madre di tutte le paure è la paura di cessare all'esistenza (morire) ed è da risolvere.
Eppure non abbiamo paura di addormentarci, forse non teniamo conto che domani potrebbe capitare che non ci riprendiamo il corpo come ogni mattina. Il mulo è morto, oibò.

Risolvere la paura di non esistere non è un gioco mentale da risolvere con delle teorie, perchè la paura della morte è insita nella materia grossolana, pervade ogni cellula e ogni molecola del nostro corpo. Anche il minuscolo insetto teme la morte e scappa se sente il rombo di un piede che si avvicina. Tutto ciò che vive in questa apparenza vuole continuare a vivere. Aderisce alla forma. L'aria dentro il vaso, pur nella consapevolezza dell'aria fuori dal vaso, mantiene l'nvolucro finchè è l'ora, finchè è esaurito, cotto e mangiato il riso nel granaio.

Dice Sai Baba: "Una volta compresa la causa della morte, si deve completamente distruggere la coscienza di un "io separato": questa condizione è la liberazione".

Rispondi